L’agente di polizia scarta la testimonianza di un teste oculare: semplice leggerezza?

Il reato di falso ideologico, integrato dall’attestazione di una circostanza non vera, sussiste indipendentemente dalle motivazioni che possono aver spinto l’agente a comportarsi secondo la condotta contestata a titolo di falso. Il delitto in questione è connotato da dolo generico, pertanto, si deve escludere il reato solo quando il falso possa dirsi derivato da una semplice leggerezza dell’agente. Esclusa nel caso di specie, poiché l’imputato, per mestiere, rilevava incidenti stradali e la nozione di testimone oculare costituiva un profilo oltre modo noto e niente affatto complesso per chi svolge tale attività.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 2794, depositata il 21 gennaio 2015. Il fatto. La Corte d’appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Milano, concedeva all’appellante il beneficio della non menzione della condanna sul certificato del casellario giudiziale, confermando per il resto la sentenza impugnata, con la quale il Tribunale aveva ritenuto l’imputato responsabile del reato previsto dall’art. 479 c.p. in quanto, in qualità di agente della Polizia Municipale di Milano, aveva dichiarato nella relazione di incidente stradale che fra gli astanti non venivano reperiti testi oculari , così escludendo quale testimone una persona che aveva realmente assistito al sinistro. Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione attesa l’assoluta mancanza di volontà di commettere il reato di falso in quanto il teste era stato escluso dalla verbalizzazione perché ritenuto dall’imputato non attendibile. Il reato di falso ideologico. Il Collegio, sostiene che correttamente la Corte d’appello ha evidenziato l’irrilevanza dei motivi della condotta illecita. Per consolidato orientamento della Corte di legittimità, infatti, il reato di falso ideologico, integrato dall’attestazione di una circostanza non vera, sussiste indipendentemente dalle motivazioni che possono aver spinto l’agente a comportarsi secondo la condotta contestata a titolo di falso. Il delitto in questione è connotato da dolo generico, che consiste nella consapevolezza della immutatio veri , non essendo richiesto l’ animus nocendi vel decipiendi . Pertanto, si deve escludere il reato solo quando il falso possa dirsi derivato da una semplice leggerezza dell’agente. Nel caso di specie, osserva il Collegio, risulta pacifico che il teste non solo aveva informato l’agente di aver assistito all’incidente, ma, sentito dall’imputato, gli avrebbe fornito la propria versione dell’accaduto. Nonostante ciò, non è stata verbalizzata né la sua presenza quale teste oculare, né la dichiarazione sulla dinamica dell’incidente da questi resa al vigile. Valutazione preventiva del contenuto della testimonianza. Pertanto, correttamente la Corte territoriale ha ritenuto che l’imputato ha preventivamente valutato il contenuto della testimonianza, ritenendola non coerente con la ricostruzione dell’incidente ed ha deciso di scartarla, quale elemento dissonante. Non hanno nessuna rilevanza giuridica le motivazioni che hanno spinto l’agente a comportarsi secondo la condotta contestata a titolo di falso. Non è nemmeno possibile affermare, sostiene il Collegio, che tale condotta possa essere derivata da semplice leggerezza dell’agente, poiché l’imputato, per mestiere, rilevava incidenti stradali e la nozione di testimone oculare costituiva un profilo oltre modo noto e niente affatto complesso per chi svolge tale attività. Ciò ha consentito alla Corte di superare la doglianza relativa alla sussistenza di un errore di legge diversa da quella penale. Alla luce di tali considerazioni la S.C. ha dichiarato il ricorso inammissibile e condannato, quindi, il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 22 ottobre 2014 – 21 gennaio 2015, numero 2794 Presidente Ferrua – Relatore Positano Ritenuto in fatto 1. Il difensore di B. G. propone ricorso per cassazione contro la sentenza emessa dalla Corte d'Appello di Milano, in data 23 settembre 2013, che, in parziale riforma della decisione di condanna, pronunziata in data 30 ottobre 2009, dal Tribunale di Milano, concedeva all'appellante il beneficio della non menzione, confermando per il resto la sentenza impugnata, con la quale il Tribunale aveva ritenuto responsabile l'imputato del reato previsto all'articolo 479 codice penale in quanto, nella qualità di agente della Polizia Minicipale di Milano, aveva formando la relazione di incidente stradale del 30 giugno 2007, dichiarando, nella stessa, che fra gli astanti non venivano reperiti testi oculari , così escludendo quale teste, che aveva assistito realmente al sinistro, la persona di M. G 2. Nel corso del dibattimento è stato accertato che il 30 giugno 2007 si era verificato l'incidente descritto nel capo di imputazione e che B. G., quale componente della pattuglia dei Vigili Urbani, era intervenuto quando l'infortunato era già stato trasportato in ospedale. Sul luogo, M. G. aveva contattato l'agente B., spiegandogli di essere il cugino dell'infortunato e di avere assistito alla dinamica dell'incidente. L'imputato, dovendo assumere le dichiarazioni dell'altro protagonista dell'incidente, aveva invitato il teste ad attendere, ma terminato l'ascolto e la verbalizzazione del conducente, aveva congedato il M., affermando che, essendo questi parente dell'infortunato, non sarebbe stato ritenuto attendibile. 3. Avverso la decisione di primo grado ha proposto appello l'imputato, chiedendo l'assoluzione e, in via subordinata, il beneficio della non menzione della condanna 4. La Corte d'Appello ha ritenuto infondata l'impugnazione con riferimento all'oggettiva sussistenza del reato di falso e, in parziale riforma della decisione impugnata, ha concesso all'imputato il beneficio della non menzione della condanna sul certificato del casellario giudiziale. 5. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il difensore di B. G., lamentando violazione di legge e vizio di motivazione riguardo alla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, attesa la particolarità della posizione del teste M. violazione di legge ricorrendo un errore su una legge diversa da quella penale, che escluderebbe la punibilità, attenendo, in particolare, alle norme amministrative che disciplinano le modalità di compilazione del rapporto di incidente stradale. Considerato in diritto La sentenza impugnata non merita censura, per manifesta infondatezza dei motivi. 1. Con il primo motivo il difensore deduce violazione di legge e vizio di motivazione attesa l'assoluta mancanza di volontà di commettere il reato di falso. Infatti, l'imputato era certamente a conoscenza dell'esistenza del teste oculare M., che è stato escluso dalla verbalizzazione perché ritenuto dall'l'imputato non attendibile. In particolare, la difesa censura la motivazione della Corte territoriale secondo cui l'imputato avrebbe ritenuto di non raccogliere la testimonianza del predetto teste, per non sobbarcarsi un ulteriore onere, rilevando che, al contrario, la scelta di escludere il M. non derivava dalla volontà di dichiarare il falso o occultare il vero, ma dalla circostanza che il testimone intendeva riferire circostanze che apparivano incompatibili e assolutamente non vere. 2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, precisando che l'omessa menzione derivava da un errore sulle norme amministrative che disciplinano la compilazione del rapporto di incidente stradale, avendo ritenuto, sulla base di un errore di valutazione, che il teste M. non rientrasse tra quelli da menzionare, poiché l'imputato aveva motivo di dubitare della sua qualità di teste oculare . 3. Le censure possono essere trattate congiuntamente poiché riguardano, entrambe, l'esplicitazione dei motivi per i quali l'imputato ha pacificamente posto in essere il reato di falso contestato, omettendo di annotare le dichiarazioni provenienti da un soggetto presente al momento del sinistro. 4. La Corte territoriale, con motivazione assolutamente puntuale e corretta, ha evidenziato l'irrilevanza dei motivi della condotta illecita, dovendosi ribadire il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui il reato di falso ideologico, integrato dall'attestazione di una circostanza non vera, sussiste indipendentemente dalle motivazioni che possono avere spinto l'agente a comportarsi secondo la condotta contestata a titolo di falso. Infatti, il delitto in questione è connotato da dolo generico, che consiste nella consapevolezza della immutatio veri , non essendo richiesto l 'animus nocendi vel decipiendi . Pur non trattandosi, quindi, di un dolo in re ipsa , in quanto deve essere provato, si deve escludere il reato solo quando il falso possa dirsi derivato da una semplice leggerezza dell'agente Cass. Sez. 5, numero 3504/2013 . 5. Nello specifico, risulta pacificamente che il teste M. G., non solo aveva informato il vigile B. di aver assistito all'incidente, ma, sentito dall'imputato, gli aveva fornito la propria versione degli accadimenti. Nonostante ciò, non è stata verbalizzata la presenza del M., quale teste oculare, nè la dichiarazione sulla dinamica del sinistro da questi -comunque resa all'agente della Polizia Municipale. La ragione risiede, secondo la impostazione della difesa che in ciò modifica prospettiva, rispetto a quanto sostenuto in appello , nelle perplessità manifestate dall'agente il quale, sostituendosi agli organi competenti a definire la dinamica più attendibile ed a valutare la genuinità delle dichiarazioni, aveva ritenuto che il teste, prima facie inattendibile, non avesse ingresso nella relazione di incidente stradale , contenente i dati dei sinistro avvenuto il 30 giugno 2007. La ragione, diversamente da quanto dedotto in appello, non viene ricondotta al rapporto di parentela, tra il teste e l'infortunato, ma al tenore delle dichiarazioni rese dal primo, oltre che all'atteggiamento di questi, che faceva presumere all'imputato che tale soggetto non parlasse sul serio . Come correttamente evidenziato dalla Corte territoriale, l'imputato ha preventivamente valutato il contenuto della testimonianza resa da M., ritenendola non coerente con la ricostruzione dell'incidente, effettuata sulla scorta degli altri elementi oggettivi rilevati sul luogo del sinistro ed ha deciso di scartarla, quale elemento dissonante. Rispetto a tale assunto non hanno alcuna rilevanza giuridica le motivazioni che possono avere spinto l'agente a comportarsi secondo la condotta contestata a titolo di falso. 6. Sotto altro profilo non è possibile affermare che tale condotta possa essere derivata da semplice leggerezza dell'agente poiché, come correttamente evidenziato dalla Corte territoriale, l'imputato, per mestiere, rilevava incidenti stradali e la nozione di testimone oculare costituiva un profilo oltre modo noto e niente affatto complesso per chi svolge tale attività. A riguardo, neppure è possibile sostenere che B. fosse alle prime armi, poiché al contrario, come evidenziato dai giudici di merito, la collega Orlando ha rimarcato la lunga esperienza della pattuglia, della quale entrambi facevano parte. 7. Ciò consente di superare, in quanto palesemente infondata, la doglianza relativa alla sussistenza di un errore sul legge diversa da quella penale, che escluderebbe la punibilità. Infine, va rilevato che, contrariamente a quanto evidenziato nel primo motivo dì impugnazione, la Corte territoriale non ha ipotizzato che l'imputato avesse omesso di raccogliere la testimonianza perché affaticato o troppo impegnato, a causa delle altre attività in corso. 8. Alla pronuncia di inammissibilità consegue ex art. 616 cod. proc. pen, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 1.000,00. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.