Il difensore falsifica la firma del cliente: non si torna indietro

Il mancato o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dei doveri funzionali, inclusa la proposizione di eventuali impugnazioni, non è idoneo ad integrare un’ipotesi di caso fortuito o forza maggiore, legittimanti la restituzione in termini.

Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 1186/15 depositata il 13 gennaio. Il tortuoso caso. I fatti devono essere ricostruiti partendo dal decreto penale di condanna emesso a carico del ricorrente, difeso d’ufficio, per il reato di omesso versamento dell’assegno di mantenimento a moglie e figli, come deciso dal giudice civile in sede di separazione coniugale. Avverso tale decreto, veniva proposta opposizione dall’avvocato di fiducia del ricorrente, come risultante dalla nomina sottoscritta in calce al mandato difensivo. Nel giudizio penale istituito, il quale vede anche la partecipazione della moglie quale parte civile, il ricorrente viene condannato alla pena di quattro mesi di reclusione, oltre alla multa e al risarcimento a favore della parte civile. La sentenza di primo grado viene appellata da nuovo e diverso avvocato di fiducia, il quale deduce la nullità della decisione impugnata per la mancata conoscenza, da parte del suo assistito, dell’intero procedimento svoltosi a suo carico, circostanza riconducibile all’assoluta mancanza di conferimento dell’incarico al difensore risultante dall’atto di opposizione e alla palese falsità della sua sottoscrizione ivi apposta. La Corte d’appello ha potuto constatare la pendenza di giudizio penale a carico degli avvocati che inizialmente difendevano il ricorrente, procedimento iniziato su sua denuncia. È emerso così un inquietante scenario che vede l’avvocato apparentemente difensore dell’interessato nel giudizio di opposizione al decreto, vittima, suo malgrado, di una lunga serie di falsificazioni della propria firma, presumibilmente ad opera del titolare dello studio legale con cui collaborava, probabile autore anche della firma del ricorrente di cui era difensore d’ufficio nel primo giudizio. Acquisiti gli atti del procedimento penale pendente, la Corte d’appello ha dichiarato l’”inesistenza” dell’opposizione al decreto penale di condanna con la conseguente eliminazione della sentenza di primo grado che condannava il ricorrente. L’impossibilità di essere rimesso in termini. Nonostante la pronuncia della Corte d’appello abbia completamente travolto il giudizio di opposizione, la Corte medesima ritiene di non poter rimettere in termini il ricorrente, avendo accertato la regolare e personale notificazione del decreto penale di condanna all’interessato. Tale motivazione viene censurata in Cassazione dal difensore del ricorrente, il quale prospetta la configurabilità della situazione di caso fortuito, con conseguente rimessione in termini, ai sensi dell’art. 175, comma 1, c.p.c La circostanza del caso fortuito sarebbe integrata della mancata comunicazione al ricorrente, da parte del suo originario difensore d’ufficio, circa la possibilità di proporre opposizione al decreto penale di condanna. Tale affermazione sarebbe confermata dalla pendenza del procedimento penale a carico dell’avvocato interessato per la falsificazione delle sottoscrizioni sull’atto di opposizione. Il ricorso richiama il supermento dell’originario orientamento della S.C. secondo il quale il mancato o incorretto adempimento da parte del difensore di fiducia dell’incarico non sarebbe idoneo a realizzare l’ipotesi di caso fortuito o forza maggiore, legittimante la restituzione in termini. Sostiene il ricorrente che una recente e diversa pronuncia delle S.U. affermi l’impossibilità di pretendere dall’imputato una puntuale verifica, prima del conferimento dell’incarico al difensore, delle conoscenze circa le ordinarie e basilari regole di diritto. I giudici di merito, con la loro sentenza, avrebbero compromesso la possibilità di scelta del difensore di fiducia da parte del suo assistito, eludendo la garanzia del suo diritto di difesa. La Corte di Cassazione respinge il ricorso, ritenendo infondato il motivo così proposto. L’orientamento interpretativo della Corte di legittimità, viene difatti ritenuto erroneamente superato da parte del ricorrente. La recente sentenza delle S.U. citata si riferiva difatti ad un caso completamente diverso da quello in esame, nel quale non è possibile riscontrare una condotta omissiva del difensore che ha in effetti agito con l’opposizione al decreto penale di condanna, sebbene con un atto falso. L’assistito deve vigilare” sull’adempimento del mandato difensivo. L’inadempimento dei doveri funzionali da parte del difensore, secondo costante giurisprudenza, non è idoneo ad integrare l’ipotesi di caso fortuito che, ai sensi delle disposizioni procedurali, legittima la rimessione in termini. La normale diligenza ed attenzione, giustamente pretesa dall’assistito, comporta un autentico onere di vigilanza circa l’esatta osservanza dell’incarico conferito al proprio difensore. Le argomentazioni proposte dalla Corte d’appello sono dunque pienamente condivise dalla Cassazione, la quale sottolinea inoltre il carattere coscientemente omissivo del comportamento del ricorrente. La regolare notificazione del decreto penale di condanna, avvenuta tramite servizio postale con raccomandata ritirata personalmente dall’interessato, poneva pacificamente la possibilità di avere la piena consapevolezza circa la facoltà di proporre opposizione all’atto grazie allo specifico avviso riportato sulla notificazione stessa. Per questi motivi, la Corte rigetta l’impugnazione proposta.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 29 maggio 2014 – 13 gennaio 2015, n. 1186 Presidente De roberto – Relatore Paoloni Fatto e diritto 1. Con decreto penale del 31.1.2007 il g.i.p. del Tribunale di Taranto condannava M.R., difeso di ufficio, alla pena di euro 1.340 di multa per il reato di omessa somministrazione dei mezzi di sussistenza in favore della moglie e dei figli minorenni, ai quali non versava l'assegno mensile fissato dal giudice civile della separazione coniugale. Avverso il decreto penale di condanna proponeva opposizione l'avv. Pia Grassi quale difensore di fiducia del R., come da nomina sottoscritta in calce al mandato difensivo. Nel susseguente giudizio svoltosi ai sensi dell'art. 464 c.p.p., nel quale si costituiva parte civile la moglie separata dell'imputato, il Tribunale di Taranto con sentenza del 24.2.2010 depositata il 17.5.2010 ha dichiarato il R. colpevole dell'ascritto reato di cui all'art. 570 -co. 2 n. 2 c.p., condannandolo alla pena di quattro mesi di reclusione ed euro 300 di multa nonché al risarcimento dei danni in favore della parte civile da liquidarsi in separato giudizio. 2. La sentenza contumaciale del Tribunale è stata appellata dal nuovo difensore di fiducia dell'imputato, che ha dedotto la nullità della decisione per violazione dell'art. 178, lett. c , c.p.p. sul presupposto che il R. nulla aveva saputo del procedimento penale svoltosi a suo carico, essendo venuto a conoscenza della sua condanna dalla segretaria del suo difensore avv. Cosimo Cavallo e non avendo mai conferito mandato all'avv. Pia Grassi per proporre opposizione al decreto penale di condanna, attesa la palese falsità della sua apparente firma, convalidata dall'avv. Grassi, in calce all'atto di opposizione. 3. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di Appello di Lecce sezione di Taranto, avvalsasi dei poteri di integrazione conoscitiva previsti dall'art. 603 c.p.p., ha dichiarato inammissibile l'opposizione proposta contro il decreto penale di condanna, ha eliminato la sentenza di condanna del Tribunale e dichiarato esecutivo l'anzidetto decreto penale di condanna del 17.5.2007. Decisione fondata sui dati offerti dagli acquisiti atti dei separato procedimento penale scaturito dalla denuncia presentata dal R. nei confronti degli avvocati Cavallo e Grassi la posizione di quest'ultima essendo stata subito archiviata e sull'esame dibattimentale dello stesso avv. Pia Grassi. Evenienze dimostrative della falsità per altro rilevabili ictu oculi sia della sottoscrizione del R. sia di quella dell'avv. Grassi nel mandato difensivo allegato all'atto di opposizione ex art. 461 c.p.p. In particolare è emerso che l'avv. Grassi, già collaboratrice di studio dell'avv. Cavallo fino al 2004, è stata vittima di una lunga serie di falsificazioni della sua sottoscrizione apposta su mandati difensivi di persone a lei dei tutto sconosciute ovvero conosciute soltanto di vista quali clienti dell'avv. Cosimo Cavallo, sospeso dall'esercizio della professione forense e verosimile autore delle plurime falsità documentali l'avv. Grassi ha chiarito di essere stata suo malgrado coinvolta in molti altri casi di irregolari nomine difensive analoghi a quello relativo al R. . La Corte di Appello ha, quindi, evidenziato la inesistenza della opposizione ad apparente firma dell'avv. Grassi avverso il decreto penale di condanna del 2007 con l'ovvio effetto costituendo l'opposizione ex art. 461 c.p.p. un mezzo di gravame sia dell'inammissibilità dell'impugnazione, dichiarata dalla stessa Corte territoriale ai sensi dell'art. 591 co. 4 c.p.p., sia della giuridica inesistenza della decisione di condanna del Tribunale, che per l'appunto è stata eliminata . Nondimeno la stessa Corte non ha ritenuto possibile restituire l'imputato nel termine per proporre rituale opposizione avverso il decreto penale di condanna, risultando lo stesso essere stato notificato in modo regolare personalmente al R 4. Contro la descritta sentenza di appello ha proposto, per mezzo del difensore, ricorso per cassazione M.R., deducendo un unico articolato motivo di censura per violazione dell'art. 175 c.p.p. e per carenza e contraddittorietà della motivazione. Dopo ampia ricostruzione dell'intera già illustrata vicenda processuale, si sostiene in sintesi nel ricorso che nel caso di specie deve reputarsi sussistente una situazione di caso fortuito ex art. 175 co. 1 c.p.p. a favore dell'imputato, integrata dalla M.ta comunicazione al R. da parte dell'allora suo difensore Cosimo Cavallo della possibilità di interporre opposizione avverso il decreto penale di condanna del 17.5.2007. Chiarito che nei confronti dell'avv. Cavallo pende procedimento penale per i reati di cui agli artt. 485 e 380 c.p. in cui R. è costituito parte civile , si osserva che l'orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui il M.to o non corretto adempimento da parte del difensore di fiducia dell'incarico di proporre impugnazione non sarebbe idoneo a realizzare le ipotesi di caso fortuito o forza maggiore legittimanti la restituzione in termini Sez. 5, n. 626 del 1.2.2000, Bettili, Rv. 215490 deve considerarsi superato da più recente indirizzo della S.C., alla cui stregua non può pretendersi che l'imputato, nell'effettuare la scelta del difensore, verifichi previamente la sua conoscenza delle ordinarie regole di diritto, che costituisce il minimo bagaglio tecnico di qualsiasi esercente la professione forense Sez. 6, n. 35149 del 26.9.2009, Rv. 244871 . D'altro canto, se è vero che l'art. 175 c.p.p. come novellato dalla legge n. 60/2005 non vanifica la presunzione di conoscenza derivante dalla rituale notificazione dell'atto decisorio, è altresì vero che ne infirma il carattere assoluto, imponendo al giudice di verificare l'effettività della conoscenza dell'atto stesso e la consapevole eventuale rinuncia del destinatario a proporre impugnazione. L'impugnata sentenza della Corte distrettuale ha implicitamente negato il diritto del R. a operare una scelta in base alla nomina del proprio difensore di fiducia per la proposizione dell'opposizione avverso il decreto penale di condanna . E' stata elusa la garanzia del diritto di difesa dell'imputato artt. 24 Cost., 3 CEDU , non potendosi accedere alla tesi dei giudici di appello dell'avere il R. scientemente deciso di non proporre opposizione contro il decreto penale di condanna dei 2007. 5. Il ricorso va respinto per infondatezza del delineato motivo di censura. 5.1. Erroneamente nel ricorso si considera superato l'indirizzo ermeneutico di questa Corte regolatrice per cui il non corretto adempimento dei doveri deontologici del difensore dell'imputato non costituisce caso fortuito o di forza maggiore per i fini di cui all'art. 175 c.p.p. La decisione di legittimità Sez. 6, n. 35149/2009 menzionata nel ricorso afferisce ad un caso affatto diverso da quello riguardante l'odierno ricorrente, investendo una situazione di patente inosservanza da parte di un legale del mandato ad impugnare espressamente conferitogli dal suo assistito. Nella vicenda che interessa il R. non soltanto non si è in presenza di una condotta omissiva del difensore che, anzi, ha tempestivamente proposto opposizione al decreto penale di condanna, sebbene con un atto falso , ma non viene in nessun modo in rilievo il comportamento del difensore dell'epoca dell'imputato l'avv. Cavallo , quanto piuttosto e unicamente il personale contegno assunto dallo stesso imputato. Contegno scientemente omissivo che non può assurgere a valenze di autoindotta situazione di caso fortuito. 5.2. Al riguardo giova innanzitutto precisare che, come a più riprese statuito da questa S.C. anche in tempi recenti, il M.to o inesatto adempimento da parte del difensore di fiducia dei doveri funzionali ivi inclusa la proposizione di eventuali impugnazioni a qualsiasi causa ascrivibile non è idoneo ad integrare ipotesi di caso fortuito e di forza maggiore che si manifestano come eventi impeditivi non altrimenti superabili legittimanti la restituzione in termini ex art. 175 c.p.p. Tale inadempimento si traduce, infatti, in una falsa rappresentazione della realtà, vincibile mediante la normale diligenza ed attenzione, non potendosi escludere -sia pure in via presuntiva l'esistenza di un onere dell'assistito di vigilare sull'esatta o corretta osservanza dell'incarico conferito, nelle ipotesi in cui il controllo sull'adempimento del mandato difensivo non sia impedito al comune cittadino da un quadro normativo di riferimento caratterizzato da particolare complessità cfr. Sez. U, n. 14991 del 11.4.2006, De Pascalis, Rv. 233419 Sez. 5, n. 43277 del 6.7.2011, Mangano, Rv. 251695 Sez. 4, n. 20655 del 14.3.2012, Ferioli, Rv. 254072 Sez. 3, n. 39437 del 5.6.2013, Leka, Rv. 257221 Sez. 4, n. 31408 del 9.5.2013, Meo, Rv. 255952 La negligenza del difensore nel proporre impugnazione non integra ipotesi di caso fortuito o forza maggiore legittimanti la restituzione nel relativo termine' . In secondo luogo è agevole constatare la piena correttezza delle argomentazioni con cui la Corte di Appello ha negato al ricorrente la restituzione nel termine per opporsi al decreto penale di condanna del 17.5.2007, evidenziando come detto decreto sia stato regolarmente notificato al R. a mezzo del servizio postale con raccomandata ritirata personalmente dallo stesso imputato presso l'ufficio postale il 29.10.2007 e sia stato altresì ritualmente notificato al difensore di ufficio dell'epoca, non risultando l'imputato aver nominato un proprio difensore di fiducia prima dell'emissione del decreto penale. Di tal che l'atto decisorio in questione non può che ritenersi perfettamente valido, possedendone il R. piena consapevolezza e avendo deciso di non opporvisi ovvero di non assumere altre iniziative, quale ad esempio quella di mettersi in contatto con un difensore o con l'avvocato che lo aveva assistito in altre occasioni, cioè con lo stesso più volte citato avv. Cavallo sentenza di appello, p. 4 'l'unico atto di opposizione che risulta presentato è quello recante le firme apocrife dello stesso R. e dell'avv. Grassi, con allegata la falsa nomina in favore di quest'ultima, probabilmente depositati dall'avv. Cavallo, venuto in qualche modo a conoscenza del decreto . Né può realisticamente sostenersi la pretesa ignoranza delle regole procedurali in tema di decreto penale di condanna da parte del R., dal momento che il decreto penale di condanna ritualmente notificatogli, in conformità al disposto dell'art. 460 c.p.p., reca oltre all'indicazione del fatto reato contestato, al dispositivo di condanna e agli altri dati necessari lo specifico avviso che l'imputato ha facoltà di proporre opposizione, personalmente o a mezzo di difensore, nel termine di quindici giorni dalla notificazione del provvedimento, con le ulteriori facoltà connesse alla eventuale opposizione di chiedere in via alternativa l'emissione del decreto dispositivo del giudizio, il giudizio abbreviato, l'applicazione della pena. Un avviso o comunicazione di semplice lettura e immediata comprensione, rispetto alla quale il R. ha consapevolmente deciso di non adottare alcun intervento di contrasto. In guisa da non potere, a posteriori, attribuire tale sua personale inerzia ad un insussistente caso fortuito rappresentato dal contegno professionale, aliunde censurabile, dell'avv. Cavallo. Al rigetto dell'impugnazione segue per legge la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese processuali dei grado. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.