Legittimo il sequestro dell’immobile abusivo parzialmente completo

Nel caso di un immobile abusivo parzialmente completo è legittimo disporne il sequestro preventivo anche rispetto alla porzione ultimata, ciò perché la realizzazione del manufatto va considerata un’operazione economico-giuridica complessiva. Al sequestro non osta il fatto che il bene sia – al momento della applicazione della misura – di proprietà di un soggetto terzo, che, estraneo ai fatti, ne sia venuto in possesso. Il sequestro cautelare, infatti, implica un legame tra la cosa e il reato e non già tra quest’ultimo ed il suo autore.

Così ha deciso la Terza Sezione della Cassazione, con la sentenza di rigetto n. 91, depositata il 7 gennaio 2015. L’edifico abusivo, anche se parzialmente completo, rimane un’unica entità. In Italia non mancano né le opere abusive, né quelle incomplete ve ne sono in abbondanza, e diventano spesso protagoniste delle cronache. Alcune di questi manufatti posseggono entrambe le qualità, sono cioè sia abusivi, sia incompleti. Come va considerato, allora, l’edificio urbanisticamente irregolare parzialmente ultimato? Dicono gli Ermellini che ci si trova di fronte ad un’operazione economico-giuridica complessiva la costruzione va quindi considerata una realtà unitaria, come tale integralmente sequestrabile. La misura cautelare del sequestro preventivo riguarda l’intero immobile. E’ allora legittimo, in base alla valutazione unitaria dell’edificio parzialmente ultimato, disporre il sequestro cautelare dell’intero fabbricato, a nulla rilevando il fatto che esso, in alcune sue parti, sia suscettibile di essere considerato completo”. A giustificare questa conclusione vi è il rilievo secondo cui – in termini di esigenza cautelare – va scongiurato il rischio che la libera disponibilità delle opere ultimate possa in qualsiasi modo agevolare il completamento di quelle ancora in via di definizione. Non va poi dimenticato, sotto il profilo dell’attualità della condotta illecita, che il reato di costruzione abusiva rientra tra quelli c.d. permanenti”, con la conseguenza che la compressione del bene giuridico protetto si deve considerare in atto fin tanto che l’opera non è completa in tutte le sue parti. La Suprema Corte, ad ulteriore sostegno del principio appena espresso, cita un suo ben noto orientamento se l’immobile è totalmente difforme rispetto al titolo abilitativo poiché ne viene realizzata una porzione ulteriore, è consentito il sequestro dell’intero edificio e non soltanto della porzione eccedente” rispetto al permesso di costruire. Nessun dubbio sulla necessità che, per disporre il sequestro, il pericolo debba essere attuale e concreto. Sgombra, quindi, il campo da ogni dubbio la Suprema Corte, affermando che la condizione dell’esistenza, al momento dell’applicazione del vincolo di indisponibilità, di un pericolo concreto e attuale è imprescindibile. Questo principio, già affermato venti anni orsono dalle Sezioni Unite, considera l’attualità e la concretezza del periculum un connotato dell’intera materia cautelare, benché il codice utilizzi l’espressione concreto pericolo soltanto riferendosi alle misure personali, non anche a quelle reali. E’, questa, però una questione devoluta al giudice di merito, che – a condizione che sappia ben motivare sul punto – può legittimamente disporre il sequestro preventivo ove il libero uso dell’edificio abusivo comprometta gli interessi attinenti al territorio. Il giudizio di pericolosità, quindi, è insindacabile nel merito se è sorretto da adeguata motivazione. La buona fede del terzo non indagato è irrilevante. Su questo punto traspare un contrasto ciò si evince dal richiamo ad un orientamento giurisprudenziale, secondo cui la buona fede del soggetto estraneo al reato potrebbe impedire il sequestro del manufatto abusivo. La Terza Sezione Penale sceglie, però, di non considerare decisivo l’accertamento della sussistenza o meno della buona fede del terzo posta l’esistenza di un pericolo, occorre soltanto accertare, ai fini del sequestro, un collegamento tra il bene oggetto della misura cautelare e il reato. Del resto, osserva la Corte, il sequestro preventivo non presuppone nemmeno che il responsabile del reato sia stato individuato. La misura del sequestro, quindi, può legittimamente intervenire per sottrarre alla libera disponibilità di chiunque – anche all’estraneo incolpevole – un bene oggettivamente collegato ad un illecito penale.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 26 novembre 2014 – 7 gennaio 2015, numero 91 Presidente Teresi – Relatore Amoresano Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza in data 7.1.2014 il Tribunale di Rieti rigettava le istanze di riesame, proposte nell'interesse di F.G. e di A.A. , avverso il decreto di sequestro preventivo, emesso dal GIP del Tribunale di Rieti in data 18.12.2013 ed avente ad oggetto due porzioni di un fabbricato, sito nel Comune di Rieti, di proprietà di Edilbeta srl e Seasint s.p.a., ipotizzandosi a carico degli indagati il reato di cui all'articolo 44 lett. b DPR 380/2001. Premetteva il Tribunale che i lavori per la costruzione dell'edificio da destinare a struttura alberghiera avevano avuto inizio nell'anno 2000 in forza di concessione numero 864/2000, ma che l'opera era rimasta incompiuta nello stato di scheletro fino al novembre del 2010. Nel novembre 2008, intanto, era stato rilasciato alla Edilbeta nuovo permesso di costruire con cambio della destinazione d'uso da alberghiera a struttura ricettiva temporanea per studenti. Non essendo stati iniziati i lavori nel termine di un anno, il Comune in data 18.11.2010 aveva dichiarato decaduto il permesso di costruire. In data 26.11.2010, però, la Edilbeta presentava al Comune una SCIA con cui si comunicava la realizzazione di opere esterne, divisioni interne, impianti tecnologici, pavimenti e rivestimenti, quali interventi in corso di esecuzione o eseguiti ex articolo 37 commi 4 e 5 DPR 380/2001 . A seguito di ulteriore richiesta, il Comune di Rieti, in data 15.5.2011, rilasciava alla Edilbeta permesso di costruire numero 1531 per il completamento dell'edificio da destinare a studentato ed in data 30.5.2011 veniva concessa, previo frazionamento dell'originaria particella, l'agibilità per la porzione di immobile ultimata, destinata alla vendita alla Provincia di Rieti attraverso leasing finanziario. Successivamente la Provincia di Rieti presentava richiesta di parere preventivo di ammissibilità idraulica del progetto di cui alla concessione edilizia del 18.5.2011 per la parte di immobile diventata di sua proprietà. L'ARDIS in data 11.4.2013 esprimeva parere contenente prescrizioni relative al piano interrato, che risultavano, però, alla data del sequestro, disattese, rendendo quindi di fatto inefficace il N.O Il GIP aveva ritenuto sussistente il fumus dei reati ipotizzati, in quanto, a parte i profili di illegittimità delle opere non riportati nella contestazione, con riferimento alla porzione di fabbricato di proprietà della Provincia di Rieti, il N.O. ARDIS era inefficace, mentre per l'altra porzione di fabbricato il N.O. non era stato neppure richiesto. Secondo il GIP sussisteva il periculum in mora, sia perché le opere non risultavano ultimate, sia, comunque, per l'aggravio del carico urbanistico. Tanto premesso riteneva il Tribunale infondate le doglianze degli istanti. In particolare, quanto, alla posizione del terzo interessato Provincia di Rieti, di cui riconosceva la legittimazione a proporre la richiesta di riesame, riteneva il Tribunale che ricorrendo, le condizioni ex articolo 321 c.p.p. per l'adozione del sequestro, fosse irrilevante la buona fede del terzo acquirente. Peraltro la Provincia di Rieti, non versava neppure in buona fede in quanto, oltre alle plurime ragioni di illegittimità evidenziate dal GIP, il contratto di leasing era stato sottoscritto in data 15.12.2009, quando già il Comune aveva dichiarato la decadenza della Edilbeta dal permesso di costruire numero 982 e prima del rilascio del nuovo permesso di costruire numero 1531 del 2011. In ordine al periculum, secondo il Tribunale l'opera non risultava ancora completata, dovendo essa essere considerata unitariamente, per cui era giustificata l'adozione di sequestro per l'intero immobile. In ogni caso doveva ritenersi sussistente l'ipotizzato aggravio del carico urbanistico, trattandosi di un edificio di mq.5.500,00, con capacità ricettiva altissima. 2. Ricorre per Cassazione il difensore e procuratore speciale di F.G. , quale legale rappresentante pro tempore della Provincia di Rieti, denunciando, con il primo motivo, la violazione di legge in relazione agli articolo 321 e 324 c.p.p., non sussistendo il periculum in mora in quanto la porzione di fabbricato oggetto di sequestro risultava già ultimata. I lavori di completamento della porzione di fabbricato destinato a convitto, realizzati in forza di permesso di costruire numero 982/2008 e numero 1531/2011, sono stati ultimati in data 30.5.2011 come da comunicazione di fine lavori, acquisita agli atti e collaudo del 18.7.2011 . Non sussistevano, pertanto, le esigenze cautelari di cui all'articolo 321 c.p.p Con il secondo motivo denuncia la violazione di legge in relazione agli articolo 321 e 324 c.p.p., avendo il Tribunale individuato il periculum in modo diverso da quello prospettato dal P.M Il P.M. aveva individuato il periculum, in relazione alla porzione di fabbricato di proprietà della Soc. Leasint, con riferimento al piano SI, particolarmente esposto al rischio di esondazione del fiume Velino, stante il mancato rispetto delle prescrizioni dell'ARDIS. Il GIP, diversificando, aveva ravvisato il periculum, per la porzione di fabbricato ancora da ultimare e da destinare a scuola, nell'impatto sul carico urbanistico, e per il piano seminterrato della porzione di fabbricato già adibita a convitto nel rischio di esondazione del fiume Turano. Il Tribunale, valutando unitariamente le diverse porzioni del fabbricato, ha individuato il periculum nella prosecuzione delle opere non ultimate, appartenenti però ad altro soggetto e, comunque, con l'aggravio del carico urbanistico. Vengono quindi abbandonati i motivi di pubblica sicurezza, prospettati dal P.M La motivazione è comunque erronea nella parte in cui ritiene sussistente un collegamento funzionale tra l'unità immobiliare di proprietà della Provincia adibita a convitto e quella di proprietà della Edilbeta, non ancora ultimata. Con il terzo motivo denuncia la violazione di legge in relazione all'articolo 125 comma 3 c.p.p., avendo il Tribunale motivato in modo apparente in relazione all'aggravio del carico urbanistico. Pur volendo aderire all'indirizzo giurisprudenziale che ritiene legittimo disporre il sequestro anche nell'ipotesi di ultimazione delle opere, è necessario che venga fornita adeguata motivazione in ordine alle conseguenze antigiuridiche della libera disponibilità del bene. Il Tribunale ha omesso ogni riferimento ai requisiti di concretezza ed attualità del periculum. Il piano seminterrato della porzione di fabbricato, di proprietà della Soc.Leasint s.p.p., già completato, non può determinare alcun aggravio del carico urbanistico, essendo al servizio del convitto. Con il quarto motivo denuncia la violazione ed erronea applicazione dell'articolo 125 comma 3 c.p.p., avendo il Tribunale, con motivazione apparente, eluso sostanzialmente i rilievi difensivi in ordine alla buona fede della Provincia di Rieti, soggetto terzo, detentore qualificato della porzione di immobile sequestrato. Il Tribunale ha fatto proprio un orientamento giurisprudenziale non univoco, secondo cui il sequestro preventivo può essere disposto anche nei confronti di un terzo in buona fede. In ogni caso, ha erroneamente escluso la buona fede della Provincia di Rieti. I motivi di illegittimità dei titoli abilitativi cui fa riferimento il Tribunale risultano inficiati dalla valutazione unitaria degli interventi da eseguirsi sull'intero fabbricato. La Provincia di Rieti è interessata soltanto alla porzione di fabbricato di proprietà della Leasint, della quale è conduttrice in forza di contratto di leasing mentre è del tutto indifferente rispetto al completamento dei lavori sull'altra porzione di fabbricato di proprietà della Edilbeta. Rispetto alla porzione di fabbricato adibita a convitto i titoli abilitativi sono legittimi e conformi agli strumenti urbanistici di tale legittimità non hanno dubitato né l'Agenzia del territorio, né il Notaio rogante. Quanto all'altro elemento indicato dal Tribunale, a sostegno della mala fede del terzo vale a dire la sottoscrizione del preliminare di vendita prima del rilascio del permesso di costruire numero 982/2008 , si omette di considerare che, a norma dell'articolo 5 del contratto, l'efficacia del preliminare era subordinata alla condizione sospensiva del rilascio dei provvedimenti abilitativi anche sotto il profilo del mutamento della destinazione d'uso. In ordine, infine, alla sottoscrizione del contratto di leasing dopo che il Comune aveva già dichiarato la decadenza del permesso di costruire numero 982, il Tribunale non tiene conto che dagli atti non risulta che la Provincia fosse stata, sia pure informalmente, informata di siffatta decadenza. Con il quinto motivo denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 321 c.p.p. e 44 DPR 380/2001, non essendo l'attività edificatoria, oggetto del reato ipotizzato, riconducibile alla Provincia gli aspetti di illegittimità dei titoli abilitativi non riguardano infatti il piano seminterrato . Con il sesto motivo, infine, denuncia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 321 c.p.p. e degli articolo 1376, 1140 e 832 c.c., in quanto il disposto sequestro impedisce l'uso dei locali del seminterrato adibiti a deposito biancheria, deposito attrezzature ed arredi, magazzino per derrate alimentari non deperibili, posti macchina, celle frigorifere, spogliatoi e servizi , indispensabili per il funzionamento del convitto. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato. 2. In ordine al fumus commissi delicti peraltro non oggetto di specifica doglianza da parte del ricorrente, soggetto non indagato , il Tribunale con motivazione pertinente ed adeguata, ha accertato che le opere erano state realizzate in assenza di titoli abilitativi legittimi, stante la mancata acquisizione del N.O. dell'ARDIS e, quanto alla porzione di fabbricato ultimata, anche dei VV.FF. Inoltre il completamento delle opere era avvenuto in mancanza di un titolo efficace, in quanto il permesso di costruire del 2008 era decaduto, la richiesta di proroga era stata rigettata e la SCIA non era idonea a consentire la realizzazione di lavori di quel tipo erano state realizzate facciate esterne in precedenza inesistenti . Ha osservava ancora il Tribunale che l'efficacia del parere dell'ARDIS era indiscutibilmente condizionato all'adempimento delle prescrizioni. 3. In relazione al periculum i rilievi del ricorrente riguardano a l'ultimazione delle opere in relazione all'immobile di pertinenza della Provincia di Rieti e, comunque, l'insussistenza dell'aggravio del carico urbanistico b l'individuazione del periculum in modo difforme dalla richiesta cautelare avanzata dal P.M 3.1. A norma dell'articolo 309 comma 9 c.p.p. richiamato dall'articolo 324 comma 7 c.p.p. il Tribunale può annullare il provvedimento impugnato o riformarlo in senso favorevole all'imputato anche per motivi diversi da quelli enunciati ovvero può confermarlo per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso . E, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il potere-dovere attribuito al giudice del riesame dall'articolo 309, comma nono, ultima parte, cod.proc.penumero , di confermare le ordinanze impugnate per ragioni diverse da quelle indicate nella motivazione del provvedimento stesso non è esercitabile solo quando la motivazione di quest'ultimo sia radicalmente assente o meramente apparente, dovendo in tali ipotesi, essere rilevata la nullità del provvedimento impugnato per violazione di legge Cass.penumero sez. 2 numero 12537 del 4.12.2013 . È illegittima, pertanto, l'ordinanza con cui il Tribunale, in sede di riesame del sequestro preventivo disposto su conforme richiesta del pubblico ministero ai sensi del primo comma dell'articolo 321 cod.proc.penumero , confermi la misura cautelare reale per finalità del tutto diverse, atteso che in tal modo lo stesso non si limita - come è nel suo potere - ad integrare la motivazione del decreto impugnato, ma sostanzialmente adotta un diverso provvedimento di sequestro in pregiudizio del diritto al contraddittorio dell'interessato Cass. sez. 6 numero 30109 del 12.7.2012 . 3.1.1. Il GIP, con riguardo alla porzione di edificio di proprietà dell'Edilbeta srl, non essendo le opere ultimate, aveva ritenuto concreto il pericolo che la libera disponibilità delle stesse potesse agevolare la prosecuzione dei lavori e che in ogni caso, anche a voler considerare ultimate le opere, sussistesse indiscutibilmente, per la destinazione d'uso convitto e per le notevoli dimensioni edificio di sei piani , un rilevante aggravio del carico urbanistico. Quanto alla parte dell'edificio di proprietà della Leasint s.p.a., già ultimato ed adibito a convitto, il requisito del periculum era rappresentato limitatamente al piano seminterrato dal rischio dall'elevato rischio di esondazione del fiume , stante il mancato rispetto delle prescrizioni dell'Ardis in particolare l'entrata del piano seminterrato si trovava a quota inferiore a quella indicata dall'Autorità di Bacino come quota di sicurezza in relazione a possibili esondazioni . Il Tribunale si è limitato a precisare e ad integrare la motivazione del provvedimento del GIP, partendo correttamente dalla valutazione unitaria dell'immobile. Con accertamento in fatto, adeguatamente argomentato, ha rilevato, infatti, che ci si trovava in presenza di un unico edificio, la cui realizzazione sottende un'operazione economico-giuridica complessiva, penalmente ascritta agli stessi soggetti, anche se l'iter che ha condotto all'ultimazione di una prima sua porzione e all'avvio dei lavori di completamento della seconda si è suddiviso in due segmenti paralleli pag.13 ord. . Assume, quindi, il Tribunale che gli illeciti edilizi, posti in essere, erano relativi all'intero immobile, a prescindere dal fatto che soltanto una parte fosse stata già ultimata ed una parte ancora in via di ultimazione. Il che giustificava ampiamente l'adozione della misura cautelare estesa all'intero immobile, trattandosi di condotta ancora permanente in relazione ad un'opera, nel suo complesso, non ancora ultimata. Tale assunto risulta corretto in diritto ed adeguatamente argomentato in fatto. Sotto il primo profilo va rilevato che, secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, anche quando risulti realizzato un immobile in totale difformità dal titolo abilitativo stante la realizzazione di un corpo di fabbrica ulteriore è consentito il sequestro preventivo dell'intero edificio e non soltanto della parte edificata in eccedenza rispetto al progetto approvato cfr. ex multis Cass. sez. 3 numero 28065 del 9.2.2011, Rv. 260627 Cass. sez. 3 numero 1104 di 18.3.1999, Rv. 213744 . Sotto il secondo profilo, il ricorso ex articolo 325 cod.proc. penumero può essere proposto soltanto per violazione di legge. E, secondo le Sezioni Unite di questa Corte sentenza numero 5876 del 28.1.2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710 , nella nozione di violazione di legge rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, quali ad esempio l'articolo 125 c.p.p., che impone la motivazione anche per le ordinanze, ma non la manifesta illogicità della motivazione, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico ed autonomo motivo di ricorso dall'articolo 606 lette c.p.p. Tali principi sono stati ulteriormente ribaditi dalle stesse Sezioni Unite con la sentenza numero 25932 del 29.5.2008-Ivanov,Rv. 25932, secondo cui nella violazione di legge debbono intendersi compresi sia gli errores in iudicando o in procedendo , sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidonee a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice. Ma, come si è visto, la motivazione sulla unitarietà dell'immobile non può dirsi certo apparente o apodittica. 3.1.2. In ogni caso, ha rilevato il Tribunale, anche a voler scomporre la parte dell'edificio ultimata da quella non ancora completata, sussisteva concreto il pericolo che la libera disponibilità del bene potesse pregiudicare gli interessi attinenti alla gestione del territorio ed incidere pesantemente sul carico urbanistico, trattandosi della realizzazione di un edificio di ben mq.5.500, con capacità ricettiva altissima, unico del territorio del Comune e della Provincia di Rieti per dimensioni e potenzialità pag. 14 ord. . Anche sul punto il Tribunale ha fatto corretta applicazione dei principi enunciati da questa Corte. In ordine al periculum , invero, non c'è dubbio che esso debba presentare i caratteri della concretezza e dell'attualità. In tal senso si sono pronunciate espressamente le Sezioni Unite Cass. Sez., U. 14.12.1994 - Adelio , sottolineando che, ancorché manchi per le misure cautelari reali una previsione esplicita di concretezza come quella codificata per le misure sulla libertà personale alla lettera c dell'articolo 274 c.p.p., è nella fisiologia del sequestro preventivo di cui all'articolo 321 c.p.p., quale misura anch'essa limitativa di libertà costituzionalmente garantite, che il pericolo debba essere contrassegnato dalla effettività e dalla concretezza. Pertanto, spetta al giudice di merito con adeguata motivazione compiere una attenta valutazione del pericolo derivante dal libero uso della cosa pertinente all'illecito penale. In particolare, vanno approfonditi la reale compromissione degli interessi attinenti al territorio ed ogni altro dato utile a stabilire in che misura il godimento e la disponibilità attuale della cosa da parte dell'indagato o di terzi possa implicare una effettiva ulteriore lesione del bene giuridico protetto, ovvero se l'attuale disponibilità del manufatto costituisca un elemento neutro sotto il profilo della offensività. In altri termini, il giudice deve determinare, in concreto, il livello di pericolosità che la utilizzazione della cosa appare in grado di raggiungere in ordine all'oggetto della tutela penale, in correlazione al potere processuale di intervenire con la misura preventiva cautelare. Per esempio, nel caso di ipotizzato aggravamento del c.d. carico urbanistico va delibata in fatto tale evenienza sotto il profilo della consistenza reale ed intensità del pregiudizio paventato, tenendo conto della situazione esistente al momento dell'adozione del provvedimento coercitivo Cass. Sez. Unumero numero 12878 del 2003 . Anche la giurisprudenza successiva ha costantemente ribadito che il sequestro preventivo di cose pertinenti al reato può essere adottato anche su un'opera ultimata, se la libera disponibilità di essa possa concretamente pregiudicare gli interessi attinenti alla gestione del territorio ed incidere sul carico urbanistico , il pregiudizio del quale va valutato avendo riguardo agli indici di consistenza dell'insediamento edilizio, del numero dei nuclei familiari, della dotazione minima degli spazi pubblici per abitare, nonché della domanda di strutture e di opere collettive cfr. Cass. penumero sez. 3 numero 6599 del 24.11.2011 ed in precedenza Cass. sez. 3 numero 19761 del 25.2.2003 sez. 4 numero 15821 del 31.1.2007 Sez. 3 numero 4745 del 12.12.2007 sez. 2 numero 17170 del 23.4.2010 . 3.1.3. Da una lettura complessiva della motivazione risulta che il Tribunale abbia, comunque, preso in esame anche il periculum connesso al rischio di esondazione del fiume, nell'esaminare e nel ritenere vincolanti le prescrizioni cui era sottoposto il N.O. dell'Ardis cfr. pag. 11 ord. . 4. Va esaminata, infine, la dedotta buona fede del terzo non indagato. Va ricordato, innanzitutto, che oggetto del sequestro preventivo può essere qualsiasi bene - a chiunque appartenente e, quindi, anche a persona estranea al reato - purché esso sia, anche indirettamente, collegato al reato e, ove, lasciato in libera disponibilità, idoneo a costituire pericolo di aggravamento o di protrazione delle conseguenze del reato ovvero di agevolazione della commissione di ulteriori fatti penalmente rilevanti cfr. Cass. penumero sez. 5 numero 11287 del 22.1.2010 conf. Cass. penumero sez. 4 numero 32964 dell'1.7.2009 sez. 3 numero 17865 del 17.3.2009 . Il sequestro preventivo non finalizzato alla confisca implica, invero, l'esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa e non tra il reato e il suo autore, sicché possono essere oggetto del sequestro anche le cose in proprietà del terzo estraneo se la loro libera disponibilità possa favorire la prosecuzione del reato stesso Cass. Sez. 3 numero 1806 del 4.1.2008 . Conseguentemente, in relazione al sequestro disposto ai sensi dell'articolo 321 comma 1 c.p.p., da un lato, non è neppure necessario l'individuazione del responsabile del reato cfr. Cass. penumero sez. 2 numero 19105 del 28.4.2011 e, dall'altro, è irrilevante la buona fede del terzo cfr. Cass. penumero sez. 3 numero 40480/2010 . È necessario, però, che si accerti, come emerge dalle pronunce sopra richiamate, il collegamento specifico del bene, oggetto del sequestro, medesimo con il reato ed il periculum in mora e si è visto in precedenza come tali elementi debbano ritenersi sussistenti . Peraltro, non può parlarsi neppure di buona fede del terzo non indagato, potendo questi, attraverso il ricorso alla normale diligenza, rendersi conto che si trattava di un immobile abusivo . Ha evidenziato ineccepibilmente, in proposito, il Tribunale che anche l'orientamento giurisprudenziale che tende a valorizzare la buona fede del terzo, esclude la configurabilità della stessa qualora l'acquirente dell'immobile abusivo non abbia assunto deliberatamente o per trascuratezza tutte le necessarie informazioni sulla sussistenza di un titolo abilitativo, nonché sulla compatibilità dell'immobile con gli strumenti urbanistici Cass. sez. 6 numero 45482/2010 . A parte le plurime ragioni di illegittimità dei titoli abilitativi, il contratto di leasing era stato sottoscritto dalla Provincia di Rieti in data 15.12.2009, quando già il Comune aveva dichiarato la decadenza del permesso di costruire numero 982 e prima del rilascio del nuovo permesso di costruire numero 1531 del 2011. I rilievi svolti sul punto dal ricorrente non colgono nel segno, in primo luogo, perché l'illegittimità dei titoli, per le ragioni in precedenza esposte, riguardava l'intero immobile e quindi anche la parte di esso di pertinenza della Provincia. Inoltre non valeva certamente ad esonerare il terzo dall'onere di diligenza ed informazione, la circostanza che la Provincia non fosse stata resa edotta dell'avvenuta decadenza del permesso di costruire numero 982 o che l'efficacia del preliminare fosse subordinata alla condizione sospensiva del rilascio dei provvedimenti abilitativi. Trattasi, invero, di questioni di natura civilistica che la Provincia di Rieti potrà far valere nelle competenti sedi nei confronti del dante causa. Perfino in relazione all'ordine di demolizione dell'immobile abusivo, si è costantemente affermato che non rileva che esso sia stato alienato o locato, stante la possibilità da parte del terzo di ricorrere agli strumenti civilistici per far ricadere in capo ai soggetti responsabili dell'attività abusiva gli eventuali effetti negativi sopportati in via pubblicistica cfr. ex multis Cass. sez. 3 numero 37051 dell'9.7.2003 . P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.