‘Orco’ regala soldi a una bambina per fare sesso: violenza sì, induzione alla prostituzione no

Confermata la condanna nei confronti di un uomo, fermato, per fortuna, dagli addetti alla vigilanza di un centro commerciale. Egli aveva portato sul proprio furgone una bambina di 11 anni, dandole una piccola somma di denaro e proponendole di avere rapporti sessuali. Decade, però, l’ipotesi della induzione alla prostituzione minorile.

Ennesimo caso da ‘cronaca nera’, ennesimo ‘orco’, bloccato, per fortuna, giusto in tempo. Decisivo l’intervento degli addetti alla vigilanza di un centro commerciale, i quali hanno fermato un uomo – di oltre 60 anni – che aveva attirato sul proprio furgone una bambina di appena 11 anni, consegnandole una somma di denaro, col chiaro obiettivo di avere con lei un rapporto sessuale. Episodio disgustoso ricostruito nei dettagli, inequivocabile la condotta dell’uomo. Consequenziale la condanna per il reato di violenza sessuale. Cade, invece, l’ipotesi del reato di induzione alla prostituzione. Cassazione, sentenza n. 55, sez. III Penale, depositata oggi Violenza. Chiarissima la dinamica della vicenda l’uomo ha consegnato una somma di 5 o 10 euro a una bambina di 11 anni per consumare con lei un rapporto sessuale, nella parte posteriore di un furgone, non riuscendo nell’intento, dopo essersi abbassato i pantaloni e avere assunto una posizione idonea ad effettuare toccamenti e ad essere toccato a sua volta, per l’intervento degli addetti alla vigilanza di un vicino centro commerciale. Di fronte a un quadro così netto, il gip prima e i giudici della Corte d’Appello poi non mostrano dubbi è evidente la gravità della condotta dell’uomo, e consequenziale la condanna per il reato di violenza sessuale ai danni della minorenne e per quello di induzione alla prostituzione . Prostituzione. E anche per i giudici della Cassazione, nonostante il ricorso proposto dall’uomo, è acclarata la gravità della sua condotta . Ciò conduce a confermare la condanna. Però, viene aggiunto, solo in parte Per essere chiari, i giudici del ‘Palazzaccio’ ritengono che non vi sono i presupposti per contestare il reato di induzione alla prostituzione minorile , né alla luce della normativa vigente all’epoca del fatto – 2010 – né alla luce della legge 172 del 2012 . Ciò alla luce del principio secondo cui l’induzione deve essere diretta a fare sì che il minore abbia rapporti sessuali con un soggetto diverso dall’induttore, perché altrimenti si risolve nel compimento di rapporti sessuali con minorenne in cambio di denaro o altra utilità economica . In sostanza, esaminando la vicenda, si può affermare, secondo i giudici, che l’offerta di una piccola somma di denaro , da parte dell’uomo, alla minore – per convincerla a compiere con lui atti sessuali poi non effettivamente compiuti – vada collocata nell’ipotesi di reato di atti sessuali con minorenne .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 7 ottobre 2014 – 7 gennaio 2015, n. 55 Presidente Teresi – Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. - Con sentenza del 16 ottobre 2012, la Corte d'appello di Bologna ha confermato la sentenza del Gip del Tribunale di Bologna del 29 ottobre 2010, con la quale l'imputato era stato condannato, all'esito di giudizio abbreviato, per il reato di cui all'art. 600 bis, primo comma, cod. pen., con l'aggravante di cui all'art. 600 sexies, primo comma, per aver indotto la prostituzione una bambina di 11 anni, consegnandole una somma di 5,00 o 10,00 euro al fine di consumare con lei un rapporto sessuale nella parte posteriore di un furgone, non riuscendo nell'intento, dopo essersi abbassato i pantaloni e avere assunto una posizione idonea ad effettuare toccamenti e ad essere toccato a sua volta, per l'intervento degli addetti alla vigilanza del vicino centro commerciale. Nell'imputazione si faceva riferimento, al capo A , al reato di induzione alla prostituzione cui all'art. 600 bis, primo comma, cod. pen. e, al capo B , al reato di violenza sessuale di cui agli artt. 56, 609 bis, secondo comma, n. 1 , cod. pen. Il Gip ha riqualificato il fatto di cui al capo B ai sensi degli artt. 56 e 609 quater cod. pen. e ha ritenuto assorbito tale reato in quello sub A , applicando, in relazione a quest'ultimo, l'aggravante di cui all'art. 600 sexies, primo comma, cod. pen. 2. - Avverso la sentenza l'imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento. 2.1. - Con un primo motivo di doglianza, si deduce la manifesta illogicità della motivazione quanto al reato di prostituzione minorile, perché la Corte distrettuale avrebbe attribuito piena efficacia probatoria alle dichiarazioni dei testi senza prendere in considerazione le contraddizioni evidenziate nell'atto di appello, e avrebbe negato efficacia probatoria sia alle dichiarazioni dell'imputato relativamente all'avvenuta consegna di 5,00 euro alla bambina per un gesto di mera liberalità sia alle conclusioni del consulente tecnico di parte. Secondo quanto sostenuto dalla difesa del ricorrente, la bambina sarebbe entrata nel furgone di sua spontanea volontà e ciò escluderebbe l'elemento soggettivo del reato di induzione alla prostituzione. Si sarebbe trascurato il fatto che il furgone era parcheggiato in un luogo non nascosto e che la consegna del denaro era del tutto sganciata dagli atti sessuali. Non si sarebbe considerato, inoltre, che la bambina aveva negato di essersi abbassata i pantaloni e di averli visti abbassare all'uomo e che vi fosse stato contatto fisico fra loro. Le dichiarazioni degli addetti alla sicurezza circa l'esistenza di vetri oscurati e circa lo stato dell'imputato e della bambina all'uscita dal furgone sarebbero state travisate e sarebbero, comunque, contraddittorie. Inoltre, le portiere posteriori sarebbero rimaste aperte, consentendo l'accesso dall'esterno a chiunque. 2.2. - In secondo luogo, si deduce l'erronea applicazione dell'art. 600 bis, primo comma, cod. pen., anche con riferimento alla sussistenza dell'elemento soggettivo. Non sarebbe provata in atti la connessione fra la consegna della piccola somma alla bambina e gli atti sessuali. Non si sarebbe considerato, inoltre, che da quanto affermato dal consulente tecnico di parte, era emerso che l'imputato era stato frainteso nei suoi intenti, perché non aveva voluto ledere la bambina, la quale voleva solo parlare con lui dei suoi problemi familiari. 2.3. - Con un terzo motivo di doglianza, si eccepisce la nullità della sentenza per violazione dell'art. 522 cod. proc. pen. in relazione all'applicazione della circostanza aggravante di cui all'art. 600 sexies cod. pen., trattandosi di un fatto nuovo non incluso nell'imputazione ed essendo stata detta aggravante abrogata dalla legge n. 172 del 2012. 2.4. - Con una quarta censura, proposta in via subordinata, si deduce l'erronea applicazione dell'art. 600 bis, primo comma, cod. pen. in relazione alla sussistenza della forma tentata del delitto, perché l'iter criminoso avrebbe dovuto essere considerato frazionato e la consumazione del reato avrebbe dovuto essere ritenuta esclusa, per la mancata consumazione dei rapporto sessuale. Considerato in diritto 3. - Il ricorso non è fondato. Nondimeno, la sentenza deve essere annullata senza rinvio con riferimento al reato di induzione alla prostituzione minorile, di cui al capo A dell'imputazione, perché il fatto non sussiste. La condotta contestata all'imputato - di avere consegnato a una bambina di 11 anni la somma di 5,00 o 10,00 euro al fine di consumare con lei rapporti sessuali all'interno di un furgone, poi effettivamente non consumati per l'intervento di un addetto alla vigilanza del vicino centro commerciale - non è riconducibile alla fattispecie di cui all'art. 600 bis, primo comma, cod. pen., né nella formulazione vigente all'epoca del fatto 24 febbraio 2010 né in quella attuale, introdotta dalla legge n. 172 del 2012. Entrambe tali formulazioni fanno, infatti, letterale riferimento all'induzione alla prostituzione, fattispecie che, alla luce di quanto chiarito dalle sezioni unite di questa Corte con la sentenza 19 dicembre 2013, n. 16207, rv. 258757, non è configurabile nel caso di specie. Con tale pronuncia si è superato un precedente contrasto interpretativo, affermando che la condotta di promessa o dazione di denaro o altra utilità, attraverso cui si convinca una persona di età compresa tra i quattordici ed i diciotto anni ad intrattenere rapporti sessuali esclusivamente con il soggetto agente, integra gli estremi della fattispecie di cui al comma secondo e non di quella di cui al comma primo dell'art. 600 bis cod. pen. E la diversa condotta di induzione alla prostituzione minorile, di cui al comma primo dello stesso articolo, può riguardare anche l'attività di mercimonio esercitata nei confronti di un solo soggetto, purché terzo rispetto all'induttore. In altri termini, si è evidenziato che l'induzione, per essere tale, deve essere diretta a fare sì che il minore abbia rapporti sessuali con un soggetto diverso dall'induttore, perché altrimenti si risolve nel compimento di rapporti sessuali con minorenne in cambio di denaro o altra utilità economica. Stando al capo di imputazione fatto proprio dai giudici di merito, in cui si fa riferimento all'offerta di una piccola somma di denaro da parte dell'imputato alla minore per convincerla a compiere con lui atti sessuali poi non effettivamente compiuti, deve, in conclusione, rilevarsi che la stessa va sussunta nell'ipotesi di reato di atti sessuali con minorenne di cui agli artt. 56 e 609 quater, n. 1 , cod. pen. La persona offesa aveva, infatti, al momento del fatto un'età inferiore ai quattordici anni, con la conseguenza che non può trovare applicazione la fattispecie, sanzionata meno gravemente, di cui all'art. 600 bis, secondo comma, perché quest'ultima si riferisce al compimento di atti sessuali dietro corrispettivo con un minore dì età compresa tra i 14 e i 18 anni. 4. - Venendo all'esame dei primo motivo motivi di ricorso, deve rilevarsi che lo stesso si riferisce a profili di fatto, già compiutamente esaminati dai giudici di primo e secondo grado, e non contiene puntuali critiche ai passaggi motivazionali essenziali. Del resto, il Gip e la Corte d'appello sono pervenuti all'accertamento della responsabilità penale dell'imputato per il reato di cui al capo B , riqualificato ai sensi degli artt. 56 e 609 quater, n. 1 cod. pen., sulla base di risultanze istruttorie correttamente ritenute decisive, univoche e concordanti. L'imputato è stato infatti colto nella flagranza del tentativo di atti sessuali con la minorenne da due addetti alla sorveglianza le cui versioni dei fatti sono state ritenute, non solo dettagliate e ampiamente concordanti, ma anche pienamente riscontrate dalle immagini registrate dal sistema di videosorveglianza. È emerso, in sintesi, che l'imputato si era calato i pantaloni e si era messo riverso sulla bambina, aveva tentato di occultare la stessa alla vista dei due sorveglianti e aveva fornito a questi, nell'immediatezza del fatto, una versione sostanzialmente autoaccusatoria, basata sulla sua pretesa impossibilità di avere rapporti sessuali, in ragione di un problema di impotenza. Del pari correttamente è stata ritenuta non verosimile la spiegazione fornita dall'imputato – e reiterata con il ricorso per cassazione - secondo cui egli aveva dato alla bambina una piccola somma di denaro e l'aveva fatta salire sul furgone per parlare con lei di problemi familiari che questa aveva. Si tratta, infatti, di una dinamica degli accadimenti che è in palese contrasto con le risultanze dell'istruttoria. 5. - Quanto agli altri motivi di ricorso, deve rilevarsi che gli stessi - anche a prescindere dalla generica formulazione di quelli sub 2.2. e 2.4. - sono comunque riferiti al reato di induzione alla prostituzione minorile, la cui sussistenza deve essere esclusa in forza di quanto già osservato sub 3. Essi non sono, dunque, neanche in astratto idonei ad intaccare il costrutto logico-argomentativo della decisione relativamente al residuo reato di cui al capo B . 6. - In conclusione, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al reato di cui al capo A , perché il fatto non sussiste, con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Bologna, perché determini la pena quanto al residuo capo B . Il ricorso deve essere nel resto rigettato. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo A , perché il fatto non sussiste, con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Bologna per la determinazione della pena quanto al residuo capo B . Rigetta nel resto il ricorso.