Padre soffocato dal cibo, il figlio lo ‘libera’ col compressore: cade l’accusa di omicidio colposo

Chiarissima la dinamica dell’assurda vicenda. Come extrema ratio, il figlio ha provato a utilizzare il compressore per salvare il padre, a rischio asfissia, ma, come immaginabile, ha provocato effetti drammatici. Riconosciuto, però, lo stato di necessità, vista la disperata situazione.

Prima alcune manovre respiratorie manuali, poi la respirazione bocca a bocca, infine, come extrema ratio , il ricorso a un compressore tutto ciò per provare a salvare la vita del proprio genitore. Ma l’ultima azione, tentata dal figlio, ha avuto effetti terribili Facilmente ipotizzabili le ripercussioni negative prodotte dal ricorso al compressore – sparando aria nello stomaco dell’uomo –, eppure il figlio non è ritenuto responsabile per il drammatico decesso del padre Cassazione, sentenza n. 53070, sez. IV Penale, depositata oggi . Soccorso letale Assolutamente sorprendente la decisione del gup del Tribunale il figlio viene liberato dall’accusa di omicidio colposo . Eppure, a lui era stato addebitato di avere cagionato il decesso del padre per shock emorragico, determinato dallo scoppio dello stomaco a seguito di insufflazione di aria da un compressore, praticata al fine di salvare il padre dal soffocamento per ingestione di cibo Nessun dubbio, sia chiaro, sulla dinamica dell’assurda vicenda, ma, secondo il gup, è configurabile lo stato di necessità , alla luce della considerazione che il figlio non poteva essere chiamato a rispondere solo per non aver ritenuto di assistere inerte alla morte del padre per asfissia . Di fronte a tale decisione è inevitabile la reazione del Procuratore della Repubblica, il quale contesta duramente, col ricorso in Cassazione, le valutazioni del gup, evidenziando, su tutto, il fatto che l’uomo finito sotto accusa conosceva le caratteristiche del compressore , e, pur avendo agito per la necessità di salvare il padre , aveva ecceduto nell’utilizzo di un mezzo inadeguato e pericoloso . Di conseguenza, aggiunge il Procuratore della Repubblica, è da ritenere configurabile un eccesso colposo . Nonostante tutto, però, nonostante le considerazioni espresse nel ricorso, la decisione presa dal gup viene confermata dai giudici del ‘Palazzaccio’ assoluzione definitiva, quindi, per l’uomo ritenuto responsabile, secondo l’accusa, della morte del padre. Per i giudici, ciò che viene messo sul tavolo, ossia l’ asserita conoscenza dello strumento che si assume causa del decesso , o, meglio ancora, la conoscenza, da parte del figlio, degli effetti del compressore che egli in precedenza aveva utilizzato per le pulizie domestiche , ha valore solamente dal punto di vista teorico, perché, a sostegno di questa visione, non sono stati forniti concreti e precisi elementi dell’istruttoria .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 2 ottobre – 19 dicembre 2014, n. 53070 Presidente Foti – Relatore Esposito Ritenuto in fatto Il GUP del Tribunale di Benevento dichiarava non luogo a procedere nei confronti di R.P.E., imputato del reato di omicidio colposo. Al predetto era attribuito di aver cagionato il decesso del padre R.M. per shock emorragico determinato dallo scoppio dello stomaco a seguito di insufflazione di aria da un compressore, praticata al fine di salvare il padre dal soffocamento per ingestione di cibo ed effettuata dopo tentativi di manovre respiratorie manuali e respirazione bocca a bocca. Il giudicante riteneva configurabile lo stato di necessità, sulla scorta del rilievo che il R. non poteva essere chiamato a rispondere solo per non aver ritenuto di assistere inerte alla morte per asfissia del padre. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Benevento. Deduce insufficienza della motivazione, osservando che era da dimostrare che il padre dell’indagato fosse morto per asfissia e non per la rottura dello stomaco e che l’indagato, che pur conosceva le caratteristiche dei compressore, ancorché agisse per la necessità di salvare il padre, aveva ecceduto nell’utilizzo di un mezzo inadeguato e pericoloso, tanto che era configurabile un eccesso colposo nella scriminante. Osserva che non poteva escludersi un’evoluzione in sede dibattimentale tale da superare la ritenuta non colpevolezza dell’indagato. Considerato in diritto L’impugnazione va rigettata. Ed invero il ricorso si fonda sull’asserita conoscenza dello strumento che si assume causa del decesso, i cui effetti si afferma fossero conosciuti dal R., che in precedenza lo aveva utilizzato per le pulizie domestiche. Non sono però indicati gli elementi offerti dall’istruttoria su cui tale assunto si fonderebbe, talché non è dato apprezzare la prospettata prevedibile possibilità che il dibattimento conduca a soluzione differente da quella di assoluzione. Per le ragioni esposte il ricorso va rigettato. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso.