Anche il detenuto in regime di trattamento “differenziato” può usufruire del colloquio prolungato

Ricorrendo i presupposti previsti dall’articolo 37, comma 10, d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, anche il detenuto in regime di trattamento speciale ex articolo 41 bis ord.pen. può usufruire del colloquio prolungato. Questa possibilità deriva dall’interpretazione logico-sistematica dei principi regolatori della materia, che deve essere adottata dal magistrato di sorveglianza.

Così ha statuito la prima sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza numero 52545, depositata il 18 dicembre 2014, in materia di regole di trattamento del detenuto in regime di applicazione dell’articolo 41 bis ord. penumero , in conferma di numerosi approdi decisionali in merito già espressi ex multis sent. numero 39537/2013, numero 49732/2013, numero 49733/2013, numero 49734/2013 . La vicenda. La questione in esame trae origine dal reclamo proposto da un detenuto in regime di trattamento penitenziario ex articolo 41 bis ord. penumero , con il quale era richiesta la concessione del beneficio del colloquio prolungato” sino a due ore, eccezionalmente accordato dall’articolo 37, comma 10, d.P.R. 30 giugno 2000, numero 230, nel caso di mancata fruizione del colloquio nel mese precedente ed a condizione che i congiunti risiedano in luogo diverso rispetto a quello di detenzione. Il Magistrato di Sorveglianza di Roma, sulla scorta dell’orientamento positivo già delineato dalla Suprema Corte, accoglieva il reclamo. Avverso tale decisione propone ricorso per Cassazione il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., per mezzo dell’Avvocatura Generale dello Stato, lamentando la violazione della legge regolatrice della materia – costituita dall’ articolo 41 bis ord.penumero e dall’articolo 37, comma 10, d.P.R. 30 giugno 2000 numero 230 - con particolare riferimento alla lesione del criterio di specialità tra le diverse norme poste alla base del trattamento penitenziario ordinario e quello differenziato”. La richiesta di trasmissione della questione alle Sezioni Unite. Più segnatamente, il Ministero della Giustizia insiste per la negazione del colloquio prolungato ai detenuti in trattamento differenziato, al fine di tutelare le esigenze preventive poste alla base della legislazione speciale prevista in materia. Assume, infatti, il ricorrente che effetto primario dell’applicazione del regime differenziato nei confronti del detenuto è, ope legis , la sua allocazione in istituti lontani dal luogo di radicamento delittuoso. Dunque - atteso che in via ordinaria il colloquio prolungato è riconosciuto ai detenuti i cui congiunti risiedono fuori dal luogo di detenzione e che non hanno usufruito dell’incontro nella settimana precedente - ne conseguirebbe che il riconoscimento dell’applicazione dell’articolo 37, comma 10, d.P.R. 30 giugno 2000 numero 230, anche nei casi di cui all’articolo 41 bis ord. penumero , verrebbe a tradursi come regola generale per tutti i detenuti sottoposti a quel tipo di trattamento. Per tali motivi, il ricorrente, edotto dell’orientamento già espresso dalla Corte di legittimità sul punto, insiste per una differente valutazione della problematica o, in alternativa, chiede che siano investite della quaestio le Sezioni Unite. La granitica posizione della Suprema Corte. I Giudici di Piazza Cavour, avallando in pieno i precedenti arresti giurisprudenziali resi in materia, rigettano il gravame e dichiarano insussistente il presupposto per la richiesta di trasmissione del ricorso alle Sezioni Unite. Secondo gli Ermellini, infatti, l’articolo 41 bis , comma 2 quater , ord. penumero , tra le regole di trattamento speciale”, fissa in un solo colloquio al mese il numero di occasioni di incontro dei detenuti con i propri congiunti. Tuttavia, la predetta norma – di natura speciale - non specifica la durata del colloquio. E’ da ritenersi applicabile, dunque, quale criterio regolatore, quello generale contenuto nell’articolo 37, comma 10, d.P.R. 30 giugno 2000 numero 230 che indica durata massima dell’incontro in un’ora . La necessità di un’interpretazione logico-sistematica. Tanto premesso - tenuto conto che la norma generale prevede l’ampliamento della durata del colloquio o in ipotesi di casi eccezionali da valutare di volta in volta, oppure nei casi in cui ricorra l’extraterritorialità del luogo di detenzione rispetto alla residenza dei congiunti e, contestualmente, la mancata fruizione del colloquio nella settimana precedente – è evidente che si rende necessaria un’interpretazione logico sistematica del disposto normativo. Difatti, secondo i Giudici di Piazza Cavour, per i detenuti in regime differenziato, per i quali ricorre per legge la circostanza dell’extraterritorialità, ai fini dell’applicazione del beneficio del colloquio prolungato – posto che l’articolo 41 bis limita i colloqui a cadenza mensile - la condizione di non aver fruito del colloquio nella settimana precedente” deve essere adattata al non aver usufruito dell’incontro nel mese precedente”. Dunque, in definitiva, tale operazione ermeneutica non comporta alcun contrasto con i principi regolatori della materia, né rende vane le più severe previsioni del regime di cui all’articolo 41 bis ord. penumero poste a tutela dell’ordine pubblico. Non si può che concludere per un plauso alla decisione adottata dalla Suprema Corte, che nel caso di specie impone un’attività interpretativa molto elastica, ma sicuramente più aderente ai principi di garanzia dei diritti dei detenuti.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 30 giugno – 18 dicembre 2014, numero 52545 Presidente Siotto– Relatore Magi Ritenuto in fatto 1. In data 28 ottobre 2013 il Magistrato di Sorveglianza di Roma accoglieva il reclamo proposto da O.P. avente ad oggetto la possibilità di usufruire - lì dove le condizioni organizzative lo consentano - del colloquio prolungato sino ad ore due, ai sensi dell'art. 37 comma 10 d.P.R. 30.6.2000 numero 230, nel caso di mancata fruizione del colloquio nel mese precedente, sempre che i congiunti risiedano in comune diverso da Roma. Va premesso che nei confronti dei detenuto risulta emesso decreto di sospensione dell'applicazione delle regole di trattamento penitenziario ai sensi dell'art. 41-bis ord. penumero ma ad avviso del Magistrato di Sorveglianza tale condizione, pur comportando ex lege la riduzione del numero di colloqui fruibile uno al mese non preclude l'applicazione della norma che regolamenta la durata massima dei colloqui art. 37 comma 19 del Regolamento . Si fa riferimento alla decisione emessa da questa Corte, sul tema, in data 24 giugno 2013 numero 39537. 2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, deducendo violazione di legge regolatrice, rappresentata dall'art. 41-bis ord. penumero e dall'art. 37 DPr 230/200. Nel ricorso si rappresenta che l'applicazione dell'art. 37 comma 10 Reg. nella parte in cui consente il prolungamento del colloquio a due ore anche per i soggetti raggiunti dal decreto applicativo del regime differenziato di cui all'art. 41-bis ord. penumero finisce con violare il criterio di specialità tra le diverse norme trattamentali, essendo innegabile che l'applicazione dell'art. 37 comma 10 si tradurrebbe in una regola per tutti i soggetti sottoposti al regime differenziato, dato che la allocazione di tali detenuti è in forza di legge disposta in istituti lontani dal luogo di radicamento criminoso. Lì dove l'art. 37 al comma 10 prevede che il colloquio prolungato è fruibile quando i congiunti risiedono in comune diverso da quello in cui ha sede l'istituto - se nella settimana precedente non vi sono stati colloqui - è evidente che si riferisce ai detenuti posti in regime ordinario e l'applicazione di detta previsione ai detenuti sottoposti al regime differenziato frustrerebbe le esigenze preventive sottese alla previsione legislativa. Si prospetta inoltre la particolare rilevanza della questione interpretativa, non condividendosi l'orientamento richiamato nella decisione impugnata, auspicandone una rivalutazione o, in alternativa, investendo della questione le Sezioni Unite di questa Corte. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato, per i motivi che seguono. Questa Corte si è di recente espressa sul tema oggetto del ricorso non solo con la decisione numero 39537 del 2013 cui si compie riferimento nel provvedimento impugnato ma anche con altre di analogo tenore tra cui numero 49732 dei 2013, 49733 dei 2013, 49734 del 2013 il che rende costante l'orientamento interpretativo seguito e insussistente il presupposto per la richiesta trasmissione del ricorso alle Sezioni Unite. Va dunque ribadito che la norma di legge di cui all'art. 41 bis ord. penumero - nel prevedere espressamente al comma 2 quater i contenuti della sospensione delle regole di trattamento e degli altri istituiti previsti dall'ordinamento penitenziario - fissa, in deroga al regime ordinario, in un solo colloquio al mese il numero delle occasioni di incontro, prevedendo altresì che gli stessi colloqui si svolgano in locali attrezzati, sì da impedire il passaggio di oggetti. E' prevista inoltre la videoregistrazione nonchè - su autorizzazione dell'autorità giudiziaria - il controllo auditivo. Sono esclusi dalla ammissione al colloqui soggetti diversi dai familiari e conviventi salvo casi eccezionali previamente autorizzati dalla autorità penitenziaria o giudiziaria. L'ampiezza della previsione normativa è tale da ritenere - dunque - che ulteriori limitazioni, al di là di quelle previste, non siano possibili, salvo che derivino da una assoluta incompatibilità della norma ordinamentale - di volta in volta considerata - con i contenuti normativi tipici dei regime differenziato. In particolare, l'art. 41 bis ord. penumero non prevede in modo esplicito il limite di durata dell'unico colloquio mensile a differenza di quanto previsto per il colloquio straordinario effettuato, nei casi previsti, a mezzo del telefono, fissato in dieci minuti e pertanto la norma regolatrice va effettivamente individuata nell'art. 37 comma 10 del regolamento d.P.R. 30.6.2000 numero 230 che indica in un'ora la durata massima. Ciò posto, va detto che tale norma prevede due ipotesi di ampliamento della durata dei colloquio, la prima correlata a eccezionali circostanze da valutarsi, dunque, caso per caso, la seconda correlata a due condizioni obiettive rappresentate dalla extraterritorialità del luogo di detenzione rispetto a quello di residenza dei congiunti, unita alla circostanza della mancata fruizione dei colloquio nella settimana precedente e sempre che le esigenze e l'organizzazione dell'istituto lo consentano. Ora, è evidente che mentre la prima previsione circostanze eccezionali non può dirsi in alcun modo in contrasto con le previsioni normative caratterizzanti il regime differenziato e risulta dunque sempre applicabile, ferma restando la valutazione della eccezionalità del caso la seconda previsione va adattata alle caratteristiche ontologiche della detenzione conformata ai sensi dell'art. 41 bis ord. penumero In particolare, ricorrendo tendenzialmente in modo stabile il presupposto della extraterritorialità data l'allocazione dei detenuti sottoposti al regime del 41 bis , è evidente che l'interpretazione del secondo presupposto mancanza di colloquio nella settimana precedente non può essere riferita a tale particolare categoria di detenuti, essendo per definizione assente il colloquio settimanale, sostituito da quello mensile. Detta parte della norma potrà dunque - secondo un criterio interpretativo logico-sistematico - trovare applicazione lì dove il detenuto sottoposto al regime differenziato di cui all'art. 41 bis ord. penumero non abbia effettuato il previsto colloquio nel mese antecedente. Tale operazione interpretativa non si pone in contrasto con alcun principio generale dell'ordinamento - trattandosi di ordinaria individuazione dei nessi logici tra norme di legge tese a regolamentare la condizione della persona detenuta - nè comporta attenuazione alcuna del rigore cui è ispirata la disciplina del trattamento differenziato di cui all'art. 41 bis ord.penumero , posto che le condizioni materiali di esecuzione del colloqui restano immutate così come la durata complessiva massima del medesimo, trattandosi esclusivamente di consentire il 'recupero' temporale della frazione non goduta e non utilizzata il mese antecedente. Le esigenze organizzative dei singoli Istituti sono, inoltre, espressamente valutate e fatte salve nello stesso provvedimento impugnato. Al rigetto del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.