I clienti dell’albergo si lamentano del mancato riposo: la discoteca paga

Il superamento dei valori soglia di rumorosità stabiliti dalle competenti autorità amministrative effettuato dall’esercizio dell’attività di discoteca, integra il reato di cui all’art. 659 c.p., che tutela la quiete pubblica.

Così ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 52325, depositata il 17 dicembre 2014. Il fatto. Il Tribunale di Chiavari condannava la titolare di una discoteca alla pena di 200 euro di ammenda per il reato di cui all’art. 659 c.p., perché, consentendo di suonare ad alto volume fino ad ora tarda, disturbava il riposo dei clienti di un vicino albergo. La titolare della discoteca ha proposto ricorso per cassazione contro tale sentenza. Con un primo motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 659, comma 1, c.p., poiché la condotta in realtà avrebbe dovuto qualificarsi come illecito amministrativo ex art. 10 della l. n. 447/1995. Condotta acustica di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone. Secondo il Collegio tale censura è priva di fondamento dal momento che l’art. 659 c.p. sanziona proprio la condotta acustica di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone e, come già chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, non è stato implicitamente abrogato dall’art. 10 della l. n. 447/1995. La S.C., sul punto, riporta alcune sue precedenti decisioni in cui veniva affermato che, proprio riguardo all’esercizio dell’attività di discoteca, il superamento dei valori soglia di rumorosità stabiliti dalle competenti autorità amministrative effettuato da tale attività integra il reato di cui all’art. 659 c.p., che tutela la quiete pubblica, e che non è confondibile con la fattispecie di cui al citato art. 10, che tutela il diverso bene della salute. Adempimento obbligo motivazionale del giudice di merito. La ricorrente, lamenta, poi, l’omessa valutazione della relazione degli operatori ARPAL da parte del Tribunale. Anche tale doglianza è ritenuta priva di fondamento dal Collegio, il quale afferma che la descrizione del quadro probatorio effettuata dal Tribunale dimostra come il Giudice di merito, mediante un dettagliato scrutinio di plurime testimonianze di inequivoco contenuto che l’hanno condotto a concludere che i rumori provenienti dalla discoteca superavano la soglia della normale tollerabilità, abbia adempiuto in modo corretto al suo obbligo motivazionale. Quantificazione del danno. In ultimo, la ricorrente si lamenta per la quantificazione, in difetto di prova documentale, del danno riconosciuto alla parte civile, con correlato vizio motivazionale. Per il Collegio, invece la motivazione del Giudice d’appello sussiste ed è esente da vizi motivazionali in quanto la liquidazione della provvisionale è stata connessa sia al danno patrimoniale subito dall’albergo in considerazione della sicura diminuzione delle presenze, sia al danno morale derivante dalla mancanza di riposo notturno. In conclusione, la S. C. ha dichiarato inammissibile il ricorso per manifesta infondatezza con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 20 novembre – 17 dicembre 2014, numero 52325 Presidente Squassoni – Relatore Graziosi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 13 febbraio 2013 il Tribunale di Chiavari ha condannato C.G. alla pena di Euro 200 di ammenda per il reato di cui all'articolo 659 c.p., perché, quale titolare di una discoteca, consentendo di suonare ad alto volume fino ad ora tarda disturbava il riposo dei clienti di un vicino albergo. 2. Ha presentato atto d'impugnazione l'imputata, sulla base di tre motivi. Il primo motivo denuncia violazione dell'articolo 659, comma 1, c.p., poiché la condotta in realtà avrebbe dovuto qualificarsi come illecito amministrativo ex articolo 10 l. 447/1995. Il secondo motivo denuncia mancanza di motivazione quanto alle cause di non punibilità di cui agli articoli 47 e 48 c.p., che avrebbero dovuto essere riconosciute avendo l'imputata fatto il possibile per evitare quanto contestatole. Il terzo motivo denuncia vizio motivazionale quanto al risarcimento del danno alla parte civile, in quanto il Tribunale, pur avendo ammesso l'assenza di documentazione quantificante il danno, ha comunque ritenuto provato un danno di Euro 7000. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato. 3.1 II primo motivo adduce che sarebbe pacifico che la condotta contestata alla sottoscritta è al massimo riconducibile all'articolo 10 della legge quadro sull'inquinamento acustico, cioè della L. 447/1995, e che il Tribunale avrebbe completamente omesso di valutare la relazione degli operatori ARPAL che inevitabilmente oltre ad escludere alla radice il compimento del reato rende assorbita la condotta nella sanzione amministrativa di cui al citato articolo 10. La censura è manifestamente priva di pregio, dal momento che, a tacer d'altro, l'articolo 659 c.p. sanziona proprio la condotta acustica di disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone, e, come ha chiarito da tempo la giurisprudenza di questa Suprema Corte, non è stato implicitamente abrogato dall'articolo 10 L. 447/1995 in tal senso, da ultimo, Cass. sez. I, 7 giugno 2012 numero 33413, che proprio riguardo all'esercizio dell'attività di discoteca rileva che il superamento dei valori soglia di rumorosità stabiliti dalle competenti autorità amministrative effettuato da tale attività integra il reato di cui all'articolo 659 c.p., che tutela la quiete pubblica, e che non è confondibile con la fattispecie di cui al citato articolo 10, che tutela il diverso bene della salute conforme Cass. sez. I, 16 aprile 2004 numero 25103 cfr. pure, sempre a proposito dell'attività di discoteca, Cass. sez. I 26 febbraio 2008 numero 11310, nonché la recentissima Cass. sez. III, 13 maggio 2014 numero 23529 per cui, appunto, integra il reato di cui all'articolo 659 c.p. l'esercizio di una discoteca i cui rumori, in ora notturna, provocano disturbo al riposo delle sole persone abitanti nell'edificio in cui è ubicato il locale, se il fastidio non è limitato agli appartamenti attigui alla sorgente rumorosa, in quanto la propagazione delle emissioni sonore estesa all'intero fabbricato è sintomatica di una diffusa attitudine offensiva e della idoneità a turbare la pubblica quiete . Quanto, poi, alla lamentata omessa valutazione della relazione ARPAL da parte del giudice, non può non ricordarsi che la motivazione di merito non esige la considerazione espressa di ogni elemento probatorio e di ogni argomento difensivo, essendo sufficiente che la sua complessiva struttura indichi in modo congruo e privo di manifeste illogicità il percorso attraverso il quale si è raggiunto l'accertamento fattuale, assorbendosi così implicitamente gli ulteriori dati, tranne nell'ipotesi in cui questi abbiano una forza decisiva atta a scardinare l'apparato motivativo. Nel caso di specie, la descrizione del quadro probatorio effettuata dal Tribunale dimostra ictu oculi come il giudice di merito abbia correttamente adempiuto al suo obbligo motivazionale, mediante un dettagliato scrutinio di plurime testimonianze di inequivoco contenuto che l'hanno condotto a concludere che i rumori provenienti dalla discoteca superavano la soglia della normale tollerabilità. Il motivo risulta pertanto privo di fondatezza. 3.2 Il secondo motivo, che lamenta la non applicazione delle cause di non punibilità di cui agli articoli 47 e 48 c.p. sotto forma di mancanza di relativa motivazione, ripropone la questione della perizia ARPAL e si muove comunque, nonostante la qualificazione attribuitagli di denuncia di vizio motivazionale, sul piano direttamente fattuale, invocando le numerose prove negative che l'imputata avrebbe addotto e che il Tribunale avrebbe ritenuto irrilevanti in modo totalmente apodittico . Comunque si richiama quanto appena osservato in ordine al precedente motivo sull'ampia e congrua motivazione con la quale il giudice di merito ha reso conto del suo accertamento fattuale. Anche questo motivo, pertanto, risulta inaccoglibile. 3.3 Il terzo motivo lamenta la quantificazione, in difetto di prova documentale, del danno riconosciuto alla parte civile, con correlato vizio motivazionale. Ancora una volta, viene contestata direttamente una questione di merito, ovvero la quantificazione del danno. Peraltro, anche se dovesse ritenersi il motivo una effettiva censura motivazionale, la motivazione sussiste ed è esente da vizi anche per quanto concerne la liquidazione della provvisionale di Euro 7000, che specificamente il Tribunale connette sia al danno patrimoniale subito dall'albergo contiguo alla discoteca in considerazione della sicura diminuzione delle presenze così come dimostrato anche da una lettera inviata al Comune da alcuni ospiti dell'albergo che lamentavano i rumori molesti in questione , sia al danno morale, avendo ritenuto il giudice di merito un sicuro patimento morale come derivante dalla mancanza di riposo notturno. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, con conseguente condanna della ricorrente, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, numero 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , si dispone che la ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.