Violazione dello statuto del testimone assistito: sanzione dell’inutilizzabilità o della nullità?

In sede di esame dibattimentale di imputato di reato connesso o collegato, la mancata applicazione delle disposizioni di cui all’art. 210 c.p.p. alle dichiarazioni testimoniali rese da chi avrebbe dovuto essere sentito quale teste assistito, comporta inutilizzabilità della prova, nullità a regime intermedio o altra patologia?

Il caso. La Seconda Sezione Penale – con la sentenza n. 52023 - ha rimesso alle Sezioni Unite un quesito riguardante lo statuto del testimone assistito, quesito generato da un caso di estorsione, quale reato-satellite dell’operare di un clan mafioso. Nello specifico, il materiale esattore e l’esecutore delle pretese estorsive erano giudicati colpevoli e condannati. La persona offesa, nella sua qualità di amministratore dell’impresa di costruzioni vittima dell’estorsione, si trovava ad essere qualificabile quale persona indagata in procedimento connesso, in quanto, avendo esposto i fatti di reato, aveva reiteratamente omesso di riferire che un altro soggetto aveva mediato tra lui e i vertici della famiglia mafiosa per il pagamento del pizzo”, sicché, essendo ipotizzabile a suo carico il reato di favoreggiamento personale aggravato, si trovava a poter essere indagato in procedimento connesso. Emersi indizi di reità. La Corte d’appello aveva affermato che il dichiarante aveva la qualifica sostanziale di testimone assistito giacché erano emersi indizi di reità a suo carico, in quanto in fase investigativa aveva reso dichiarazioni reticenti tacendo il coinvolgimento di un altro soggetto nell’estorsione a suo danno. Lo statuto del testimone assistito. Il dichiarante, anche se persona offesa, alla luce di tali considerazioni, avrebbe dovuto essere sentito secondo quanto dispone il c.d. statuto del testimone assistito. Al contrario, nel procedimento svoltosi in parallelo al giudizio a carico degli imputati/ricorrenti, il dichiarante aveva reso dichiarazioni in assenza del difensore e senza alcun previo avvertimento circa l’eventuale possibilità di avvalersi del diritto al silenzio. Dichiarazioni utilizzabili? Secondo la Corte di merito, però, le dichiarazioni dibattimentali, malgrado fossero state raccolte in modo irregolare, erano utilizzabili, perché dell’assenza del difensore poteva dolersi il solo dichiarante e non gli imputati, atteso che la disposizione violata è volta a tutelare il teste assistito dal rischio di auto-incriminarsi. Contrasti sull’utilizzabilità delle dichiarazioni rese dal dichiarante. Quali siano le conseguenze delle dichiarazioni rese, in assenza del difensore e senza l’avvertimento di cui all’art. 64 co. 3 lett. c c.p.p., dal dichiarante indagato o indagabile per un fatto collegato a quello del giudizio, è argomento oggetto di tre diversi orientamenti giurisprudenziali. Inutilizzabilità. Il mancato rispetto delle regole è sanzionato con l’inutilizzabilità. Questo filone valorizza il richiamo all’art. 64 c.p.p., ritenendo che le dichiarazioni siano affette dalla patologia già estrema. Nessuna patologia. Un altro orientamento ritiene che non vi sia alcuna patologia se le dichiarazioni rese in dibattimento sono assunte in modo irregolare. L’inutilizzabilità, secondo tale tesi, sarebbe sanzione afferente la sola fase investigativa, in quanto, invece, in sede dibattimentale, l’esame è garantito dal fatto di essere svolto in contraddittorio. Nullità. Il terzo orientamento valorizza il fondamento dello statuto del testimone assistito e, quindi la tutela del dichiarante rispetto ad effetti negativi delle dichiarazioni contra se , ritenendo che il mancato rispetto di siffatte regole generi una nullità generale a regime intermedio art. 178 c.p.p. , azionabile esclusivamente dall’interessato che faccia valere la lesione del suo diritto di difesa. Inutilizzabilità o nullità? Questione di ratio perseguita dalla previsione della patologia. Secondo questa giurisprudenza, l’inutilizzabilità può conseguire solo nei casi in cui la prova sia assunta in violazione dei divieti stabiliti dalla legge. L’inutilizzabilità è infatti una regola di esclusione probatoria e consegue alla grave ed inemendabile violazione delle regole di formazione della prova mira dunque ad espellere dal compendio probatorio i dati di conoscenza acquisiti in violazione dei divieti stabiliti ex lege , perché la prova è illegittima in radice. Nel caso in cui la prova sia assunta, perché consentita, ma senza osservare le formalità prescritte, trova applicazione la nullità. Così, anche nel caso in cui ad essere violato è il diritto di difesa del dichiarante, perché rientra nelle regole che governano la modalità di assunzione della prova, non la legittimità della stessa. In sintesi, dunque, se il testimone assistito rende dichiarazioni con modalità irregolari, secondo tali arresti, non si genera una prova inutilizzabile ma una violazione del diritto di difesa sanzionabile con la nullità, che è però patologia che può essere fatta valere dal dichiarante a tutela dei suoi interessi e non di altri, laddove, invece, la sanzione dell’inutilizzabilità, come noto, vale erga omnes . Rimessione alle Sezioni Unite. Il giudice del merito aveva ritenuto che il dichiarante dovesse essere qualificato quale testimone assistito ma altresì che alcuna violazione conseguisse alla mancata proposizione degli avvisi e all’assenza del difensore, atteso che l’avviso non era dovuto in quanto la persona offesa aveva reso dichiarazioni in precedenza e quindi non aveva più diritto al silenzio. Preso atto dei contrasti giurisprudenziali, la Sezione ha rimesso prudentemente la questione alle Sezioni Unite.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 2 – 15 dicembre 2014, numero 52023 Presidente Casucci – Relatore Recchione Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Palermo confermava l'accertamento di responsabilità effettuato, all'esito del giudizio abbreviato, dal Gup presso il Tribunale in relazione a diversi episodi di estorsione consumati avvalendosi della forza di intimidazione di Cosa nostra , e segnatamente della famiglia mafiosa di Palermo centro ai danni di S.F. Classe , amministratore unico della Sanfratello costruzioni. Si contestava al L.P.T. di essere l'esecutore delle pretese estorsive ed al M. di essere il materiale esattore. Al F. veniva imputato un tentativo di estorsione, per avere compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere i soci dell'impresa Sanfratello a consegnare le somme della estorsione già concordata, presentandosi come persona autorizzata a riscuotere il denaro quando il L.P. era in carcere. La Corte territoriale condannava L.P. , ritenuta la continuazione dei fatti per cui si procede con i fatti pregressi indicati nell'ordinanza del 8 aprile 2013, alla pena complessiva di anni 11 di reclusione ed Euro 4600 di multa. In relazione al M. ritenuto sussistente il vincolo della continuazione con il fatto di cui alla sentenza della Corte d'appello di Palermo del 18/11/99, ridotta la pena inflitta dal primo giudice ed applicato l'aumento per la continuazione con la condanna inflitta con la sentenza citata, rideterminava la pena complessiva in anni sette di reclusione ed Euro 2500 di multa. Per quanto riguarda F. ritenuto sussistente il vincolo della continuazione con i reati di cui alla sentenza emessa dalla Corte d'appello di Palermo in data 5/12/2011, aumentava la pena inflitta con tale condanna di un anno di reclusione e rideterminava la pena complessiva in anni nove, mesi otto di reclusione. Condannava gli imputati in solido al risarcimento del danno in favore delle parti civili quantificato in Euro 37.000 ciascuno in favore di S.F. classe e Sa.Fr. classe ed di Euro 20.000 in favore di N.P. , nonché alla rifusione delle spese processuali sostenute dalle parti civili. 2. Avverso tale sentenza proponevano ricorso i difensori degli imputati. 2.1.1 difensori di L.P.T. deducevano 2.1. violazione di legge relazione alla illegittima applicazione dell'articolo 63 e degli articoli 197, 197 bis, 210 cod. proc. penumero . 2.1.1. Ci si doleva del mancato inquadramento del S.F. classe come indagato in procedimento connesso. Tale qualifica, nella prospettazione difensiva, avrebbe dovuto essere riconosciuta al dichiarante sin dal 13 aprile 2010, quando nel corso della prima denuncia e delle successive informazioni rese alla polizia giudiziaria il 15 aprile 2010 l'offeso aveva reiterata mente omesso di riferire che G.A. aveva mediato tra lui ed i vertici della famiglia mafiosa di Porta Nuova per il pagamento del pizzo in relazione all'attività dei cantieri edili della Sanfratello costruzioni S.r.l A sostegno della correttezza dell'inquadramento il difensore evidenziava che il Tribunale di Palermo aveva assolto, all'esito del dibattimento, L.I.D. , accusato del medesimo reato contestato al L.P.T. che non aveva scelto di essere giudicato con il rito a prova contratta , ed aveva ordinato la trasmissione di copia degli atti all'ufficio del Pubblico ministero per procedere nei confronti del S.F. classe in relazione al reato di favoreggiamento personale aggravato dall'art. 7 del d.l. 152 del 1991. Si rimarcava che all'atto della denuncia alla polizia giudiziaria gli inquirenti avevano a disposizione tutti gli elementi per indagare il S. classe in atti vi erano le dichiarazioni dei collaboratori Nu. e Sp. che dettagliavano i profili dell'estorsione per cui si procede e la partecipazione al fatto del G. , sempre negata dal S. . Il coinvolgimento del G. risultava inoltre anche dei pizzini ZD3 e G9 rinvenuti nel covo dei Lo.Pi. . 2.1.2. Violazione di legge relazione agli articoli 63, 197 bis, 210, 192 comma 3 cod. proc. penumero . Vizio di motivazione. Si censurava la carenza della motivazione con riferimento al giudizio di attendibilità delle dichiarazioni del S.F. classe ed, in particolare, la illegittima valutazione della sua attendibilità intrinseca. Si contestava, segnatamente, la violazione dell'articolo 192 comma 3 cod. proc. penumero A sostegno della correttezza della censura si evidenziava a l'assenza di spontaneità delle dichiarazioni accusatorie del S. classe evidenziando come l'estorsione per cui si procede aveva avuto termine nel dicembre del 2008, ovvero un anno e quattro mesi prima della presentazione della denuncia che avveniva solo nell'aprile 2010. Questa evidentemente non poteva avere la finalità di porre fine all'estorsione, come contraddittoriamente affermato dai giudici di secondo grado. b Si censurava la omessa valutazione dei dati emergenti dalla sentenza del Tribunale di Palermo del 15/10/2012 con il quale era stato assolto il coimputato L.I.D. , proprio sulla base della valutazione di inattendibilità del S.F. classe . Sulla base delle emergenze processuali l'attendibilità intrinseca del S. classe . andava vagliata alla luce dei criteri di cui all'articolo 192 comma 3 cod. proc. penumero , visto che la sua posizione processuale, derivante dalla reticenza sull'intervento del G. nell'estorsione l'intervento del G. era stato negato tanto nel corso delle indagini preliminari, quanto nel corso del dibattimento celebrato nei confronti dell'imputato L.I. . A sostegno della pretesa, si rimarcava che l'esame dibattimentale del S.F. classe reso nel corso dell'udienza del 24.9.12 nel processo a carico del L.I. , era stata interrotto perché lo stesso era indagabile per falsa testimonianza ed, inoltre, aveva narrato di un suo coinvolgimento nella estorsione in danno di altro commerciante, tale I. . Si ribadiva la mancata considerazione, ai fini del giudizio di attendibilità del comportamento del S. classe , che decideva di chiamare in correità il G. nei fatti contestati solo dopo aver ascoltato nell'udienza del processo a carico di L.I. i collaboranti Nu. e Sp. . c Si lamentava anche la carente valutazione del fatto, allegato dalla difesa, che L.P. e S. , classe , si conoscevano perché avevano avviato una trattativa per la compravendita di una villa a . Tale circostanza giustificherebbe il riconoscimento fotografico effettuato dal S. nei confronti del L.P. . d Si lamentava che non era possibile che il S. avesse pagato le rate del pizzo presso il bar dato che l'esercizio in questione dal giugno del 2004 era stato posto sotto sequestro. e Il profilo della attendibilità intrinseca veniva ribadito anche dal codifensore del L.P. , che evidenziava, oltre ai profili già richiamati la pesante interferenza del G. sulla valutazione delle dichiarazioni rese dal S. classe nel corso del processo. La reticenza sul coinvolgimento del G. nell'estorsione per cui si procede era elemento di tale rilevanza che non poteva essere giustificato nei termini proposti dalla Corte territoriale. In particolare si evidenziava, circa le modalità dell'estorsione, che dalla lettura del pizzino catalogato ZD3 Sandro L.P. non aveva impartito l'ordine di far pagare il pizzo al S. o di operare una riduzione titolo di sconto, ma aveva ordinato L.P.T. detto il lungo di farlo lavorare indisturbato. Questa circostanza non era stata valorizzata dai giudici territoriali che, invece, sostenevano che l'intermediazione del G. era finalizzata ad ottenere uno sconto sulle estorsione pagina 24 della sentenza impugnata . f Ci si doleva altresì dell'attendibilità dello Sp. che avrebbe reso dichiarazioni de relato non riscontrate da altri elementi. All'udienza del 18 giugno 2012, nel corso del dibattimento a carico del L.I. , lo Sp. aveva infatti dichiarato di avere fissato un appuntamento tra il L.P. e il G. , ma di non avere partecipato allo stesso, sicché gli esiti dell'incontro gli erano stati riferiti dal G. . 2.2. La difesa del F. deduceva 2.2.1. violazione di legge in ordine all'utilizzabilità delle dichiarazioni rese da S.F. classe . a Si ribadivano i motivi già proposti dalla difesa L.P. circa l'illegittimo inquadramento del S. classe come dichiarante semplice. Nella prospettazione difensiva le prime dichiarazioni dello stesso, quelle rese in indagine, erano inutilizzabili per violazione dell'art. 63 comma 2 cod. proc. penumero in quanto il dichiarante era indiziato o indiziabile del reato di favoreggiamento aggravato in favore del G. . b Con specifico riguardo alla attendibilità si evidenziava come il criterio della valutazione frazionata non poteva applicarsi alle testimonianze semplice quale era stata considerata quella resa in fase di indagine dal S. classe ed, in particolare, a quella del danneggiato, stante che costui portatore di rilevanti interessi processuali ed extraprocessuali. Sempre con riferimento alla attendibilità si rilevava che il S. classe non aveva effettuato dichiarazioni spontanee, ma era stato sottoposto ad un pressante interrogatorio mirante a far emergere le responsabilità degli imputati. c Si evidenziava l'illogicità della motivazione nella parte in cui, da un lato, si valutava il S. credibile sotto il profilo intrinseco e, dall'altro, si ammetteva che lo stesso potesse avere negato il vero nel corso del parallelo dibattimento a carico del L.I. . Né la critica attendibilità poteva essere superata sulla base del fatto che il S. aveva ritrattato la dichiarazione falsa resa di fronte al di Tribunale di Palermo nel dibattimento carico di L.I. in ordine al coinvolgimento del G. nell'estorsione. 2.2.2. Mancanza contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. a Si rilevava come i due S. , circa la condotta contestata al F. non potessero essere considerati fonti di prova autonome in relazione alla condotta contestata al F. . Il Sa. classe . era infatti teste diretto, mentre il S. classe . era un teste de relato sicché le dichiarazioni non potevano essere reciprocamente confermative costituendo una unica entità”. b Si contestava come l'accusa nei confronti del F. fosse espressa in motivazione con modalità congetturali in quanto non era mai stata spiegata dai testimoni in che modo lo stesso possa avesse posto in essere concretamente la condotta contestata. Il Sa. classe . richiamato dal S. classe . , sosteneva infatti solo di avere compreso che il F. fosse persona che aveva contatti con Cosa nostra , senza indicazioni di fatti determinati cui ancorare tale connessione. 2.2.3. Violazione di legge in relazione all'aggravante di cui all'articolo 628 comma 3 numero 3. Si evidenziava come il capo di imputazione contestato al F. facesse riferimento al singolare aggravante” e non alle aggravanti”, sicché si riteneva che se la aggravante della minaccia posta in essere da parte dell'associazione mafiosa non sia stata mai contestata al l'imputato. Si instava, conseguentemente, per l'annullamento senza rinvio della decisione impugnata, previo eliminazione dell'aumento di pena applicato per la aggravante in parola. 2.2.4. Manifesta illogicità della motivazione in relazione all'omessa valutazione della prova documentale acquisita a discolpa. Si contestava l'emarginazione valutativa di dati probatori rilevanti la documentazione prodotta aveva evidenziato come i rapporti tra l'impresa S. e quella del F. erano regolarmente proseguiti fino all'estate del 2009 il che dimostrerebbe la inverosimiglianze di quanto affermato dalle parti offese circa l'asserita presa di distanza dal F. in coincidenza con il fatto di estorsione contestato. 2.2.5. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla qualifica del fatto. Si evidenziava come F. non avesse mai preso parte alla estorsione consumatasi e che era ipotizzabile nei suoi confronti, al più, il reato di favoreggiamento reale. Il F. , secondo la proposta prospettazione, avrebbe posto in essere una condotta finalizzata esclusivamente a consentire agli autori della estorsione già consumata di conseguire in concreto il profitto. 2.2.6. Violazione della legge penale e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta esclusione della desistenza volontaria. Si evidenziava come la condotta criminosa attribuita ricorrente si sarebbe esaurita nel primo atto nella prospettazione difensiva, non appena constatata la volontà della vittima di non mantenere gli impegni il F. avrebbe desistito. A sostegno di questo inquadramento si evidenziava come non era stato l'arresto del F. nel maggio 2009 ad impedire l'ulteriore sviluppo della condotta criminosa, ma un atto volontario. Si evidenziava come degli atti emergesse che l'incontro tra il F. e la vittima risalisse a gennaio 2009. In considerazione del fatto che l'arresto interveniva solo a maggio dello stesso anno si rimarcava come la dilatazione dei tempi fosse compatibile con la ipotizzata scelta di desistenza. 2.3. La difesa del M. deduceva 2.3.1. Si contestava la valutazione dell'attendibilità intrinseca del S. classe . in coerenza le doglianze espresse nei confronti della posizione dei coimputati. 2.3.2. Con specifico riferimento alla posizione del M. si evidenziava che S.F. classe . aveva reso tre versioni differenti in quanto a in sede di denuncia aveva affermato di avere personalmente consegnato al M. in un paio di occasioni denaro in una busta presso il suo ufficio b nella la deposizione del 15 aprile 2010 aveva affermato che più preciso avrebbe potuto essere il Sa.Fr. classe . c il 28 maggio 2012 nel dibattimento carico di L.I. aveva affermato di avere visto forse M. al bar insieme a L.P. e che, in un'occasione, avrebbe visto attraverso le telecamere del suo ufficio un cugino avrebbe consegnato una busta al ricorrente. 2.3.3. Si contestava l'efficacia dimostrativa delle dichiarazioni del Sa.Fr. classe . che, nella prospettazione difensiva, rendeva dichiarazioni generiche e de relato , avendo riferito di aver appreso dai cugini che durante la detenzione di L.P. classe . detto il OMISSIS un cugino di costui, che non aveva mai visto, avrebbe risposto riscosso le rate del pizzo. 2.3.4. Con riguardo alle dichiarazioni rese da N.P. si evidenziava che lo stesso aveva reso due versioni differenti a nella prima aveva riconosciuto fotograficamente in termini di probabilità il ricorrente b mentre nel dibattimento a carico di L.I. non aveva riconosciuto il M. . 2.3.5. Sempre con riguardo alle dichiarazioni del S.F. classe . si evidenziava la carenza di riscontri, non essendo idonei allo scopo le dichiarazioni del Nu. , le dichiarazioni del Sa. classe . , ed il riconoscimento fotografico del S. classe . . Nessuna delle dichiarazioni invocate a riscontro si presentava individualizzante non quelle del Nu. in quanto generiche, non quelle del Sa. classe . in quanto de relato non varrebbe allo scopo neanche il riconoscimento fotografico effettuato dal S. classe . , dato che lo stesso aveva dichiarato di conoscere il L.P. a prescindere dall'episodio in contestazione. Considerato in diritto 1. Prima di evidenziare il contrasto di giurisprudenza che ha indotto il collegio a rimettere la questione allo scrutinio delle Sezioni unite si ritiene opportuno premettere che si condivide la giurisprudenza della Corte di legittimità che ritiene che la acquisizione dello statuto processuale del testimone assistito non dipende dalla iscrizione del dichiarante nel registro delle notizie di reato, ma dalla sua condizione sostanziale di persona indiziata per un reato connesso o collegato a quello per cui si procede. Secondo le sezioni unite della Corte di cassazione infatti in tema di prova dichiarativa, allorché venga in rilievo la veste che può assumere il dichiarante, spetta al giudice il potere di verificare in termini sostanziali, e quindi al di là del riscontro di indici formali, come l'eventuale iscrizione nel registro delle notizie di reato, l'attribuibilità allo stesso della qualità di indagato nel momento in cui le dichiarazioni stesse vengano rese, e il relativo accertamento si sottrae, se congruamente motivato, al sindacato di legittimità Cass. sez. U, numero 15208 del 25/02/2010, Rv. 246584 . 2. Deve altresì evidenziarsi che la questione che si intende sottoporre all'esame del Supremo collegio concerne l'utilizzo delle dichiarazioni rese in modo irregolare da chi riveste la qualifica di testimone assistito in fase dibattimentale. Si ritiene infatti agevolmente superabile alla luce delle corrette considerazioni svolte dalla Corte territoriale la questione relativa alla utilizzabilità delle dichiarazioni rese dal S. classe . in fase investigativa in quanto è consolidato l'indirizzo secondo cui la disciplina relativa alle dichiarazioni indizianti rese, da persona non imputata né sottoposta alle indagini, all'autorità giudiziaria o alla polizia giudiziaria non trova applicazione nel caso in cui quelle dichiarazioni concretino esse stesse un fatto criminoso Cass. sez. 2, numero 36284 del 09/07/2009, Rv. 245597 Cass. sez. 2, numero 35538 del 05/06/2008 Cc. dep. 17/09/2008 Rv. 240657 . La questione della la utilizzabilità delle dichiarazioni rese da S. classe . nel procedimento parallelo svoltosi a carico del L.I. ed introdotte nel compendio probatorio dalla Corte di appello di Palermo in accoglimento della relativa richiesta difensiva si presenta preliminare ed assorbente rispetto agli altri motivi. Tali dichiarazioni arricchiscono il quadro probatorio, e si pongono in progressione rispetto a quelle rese dallo stesso dichiarante in fase di indagini ed utilizzate in via esclusiva dal Gip per l'accertamento di responsabilità in sede di giudizio abbreviato. Le stesse sono rilevanti, data la natura contratta del giudizio, che richiede la valutazione contestuale di tutte le dichiarazioni rese dall'offeso nel corso del procedimento e del processo, dunque sia di quelle raccolte durante le indagini, che di quelle rese in contraddittorio nel dibattimento celebratosi a carico del L.I. ed acquisite nel giudizio di appello. L'accertamento di responsabilità, considerata la natura del giudizio scelto impone la valutazione contestuale di tutte le dichiarazioni rese dal S. classe . , nella misura in cui esse si ritengano utilizzabili. La rilevanza della valutazione sulla utilizzabilità discende dalla incidenza delle dichiarazioni rese nella sede dibattimentale sulla progressione dichiarativa del testimone principale del processo e sulla conseguente verifica di attendibilità. Le dichiarazioni rese dal S. classe . rese nel corso del dibattimento svoltosi in parallelo al giudizio a carico degli odierni imputati sono state rese in assenza di difensore e senza alcun previo avvertimento sull'eventuale possibilità di avvalersi del diritto al silenzio. La Corte di appello, sul punto chiariva che nel dibattimento a carico del coimputato L.I. il S. classe . aveva la qualifica sostanziale di testimone assistito essendo già emersi indizi di reità a suo carico, emergenti dal fatto che egli aveva reso dichiarazioni reticenti in fase investigativa tacendo il coinvolgimento di G. nella estorsione in suo danno. La Corte riteneva pertanto che il S. classe . fosse indagabile per un reato probatoriamente collegato all'estorsione in giudizio, ovvero per il reato di favoreggiamento personale aggravato a favore di G.A. pag 18 della sentenza impugnata . La Corte di appello riteneva che il S. classe . avrebbe dovuto fin dall'inizio della sua escussione dibattimentale assumere la veste di testimone assistito, con le garanzie indicate dall'art. 197 bis, comma 2, cod. proc. penumero , dunque con la presenza del difensore. Il S. , nella prospettazione offerta dalla Corte territoriale, non doveva però essere destinatario dell'avviso relativo alla facoltà di esercizio del diritto al silenzio, diritto da lui non invocabile a causa del fatto che aveva già reso dichiarazioni eteroaccusatorie in fase di indagine e si inquadrava conseguentemente tra i dichiaranti indicati dall'art. 210 comma 6 primo periodo cod. proc. penumero . La Corte territoriale riteneva le dichiarazioni dibattimentali del S. utilizzabili, sebbene raccolte in modo irregolare dato che del vizio, ovvero dell'assenza del difensore, poteva dolersi il solo il dichiarante e non gli odierni imputati, che non hanno alcun interesse all'osservanza della disposizione violata perché essa tende a tutelare l'imputato o l'indagato del procedimento connesso o collegato dal rischio consapevole di auto incriminarsi” pag 19 della sentenza impugnata . 3. Lo statuto del dichiarante coinvolto nel fatto non si presenta unitario ma prevede distinti regimi processuali a seconda che chi dichiara sia indagato, o indagabile, per un reato collegato al fatto per cui si procede da connessione forte , piuttosto che debole . La connessione forte si rinviene quando il vincolo tra il fatto imputato al dichiarante ed il fatto giudicando può essere inquadrato tra quelli indicati dall'art. 12 comma 1 lett. a cod. proc. penumero . Tale dichiarante non perde il diritto al silenzio fino a che l'accertamento relativo al fatto in cui è coinvolto non passa in giudicato, deve essere assistito dal difensore e le sue dichiarazioni hanno una efficacia dimostrativa attenuata, dovendo essere valutate nel rispetto dei parametri indicati dall'art. 192 comma 3 cod. proc. penumero . La connessione debole si rinviene quando il vincolo tra fatto di cui il dichiarante è o può essere accusato ed il fatto giudicando può essere inquadrato tra quelli indicati dall'art. 12 comma 1 lett. c o 371 comma 2 lett. b cod. proc. penumero . Si tratta di un collegamento meno intenso, cui segue una attenuazione delle garanzie riservate all'indagato-imputato di reato connesso in quanto, il diritto al silenzio in questo caso non è assoluto, ma patisce una compressione ogni volta che, come stabilisce l'art. 210 comma 6 cod. proc. penumero , il dichiarante abbia reso in precedenza dichiarazioni concernenti la responsabilità dell'imputato. La stessa norma chiarisce che il diritto al silenzio si perde anche per scelta del dichiarante ogni volta che questi scelga di rispondere in seguito all'avvertimento di cui all'art. 64 comma 1 lett. c cod. proc. penumero . In ogni caso, i dichiaranti indagati per fatti collegati assumono lo statuto processuale del testimone assistito indicato dall'art. 197 bis cod. proc. penumero . Vale la pena di sottolineare che il comma 2 dell'art. 197 bis cod. proc. penumero fa riferimento solo ai propalanti che scelgono di dichiarare in seguito all'avviso, ma può ritenersi che il regime indicato si estenda anche ai dichiaranti che hanno perso il diritto al silenzio poiché hanno dichiarato in precedenza, secondo quanto prevede l'art. 210 comma 6 primo periodo cod. proc. penumero come nel caso che ci occupa, relativo alle dichiarazioni del S. classe . . Tale norma prevede l'assistenza del difensore ed un regime di inutilizzabilità relativa delle dichiarazioni che non possono concorrere a fondare l'accertamento di responsabilità contro chi le ha rese art. 197 bis comma 5 cod. proc. pen . Le dichiarazioni del testimone assistito hanno inoltre una efficacia dimostrativa attenuata in quanto soggiacciono alla regola di valutazione indicata dall'art. 192 comma 3 cod. proc. penumero . Se questo è il quadro normativo di riferimento, sul tema della utilizzabilità delle dichiarazioni rese dal dichiarante indagato o indagabile per un fatto collegato a quello giudicando, in assenza del difensore e senza il previo avvertimento indicato dall'art. 64 lett. e si registra un contrasto di giurisprudenza che si è espresso in tre diversi orientamenti giurisprudenziali. a Il primo indirizzo ritiene che il mancato rispetto delle regole indicate nell'art. 197 bis cod. proc. penumero genera un prova da trattare con la regola di esclusione probatoria della inutilizzabilità. Tale orientamento valorizza il richiamo contenuto all'interno dell'art. 197 bis cod. proc. penumero all'art. 64 cod. proc. penumero . Tale rinvio si ritiene esteso anche alla sanzione di inutilizzabilità indicata dall'art. 64 comma 3 bis cod. proc. penumero , che travolge le dichiarazioni dell'interrogato che si presume assistito dal difensore rese senza l'avviso che notifica al dichiarante il suo diritto al silenzio e gli rende noto lo statuto processuale conseguente alla eventuale scelta di rispondere. Secondo questo orientamento l'imputato di reato collegato, non ancora definitivamente giudicato, laddove non abbia reso in precedenza dichiarazioni concernenti la responsabilità dell'imputato, deve essere sentito ai sensi dell'art. 210, comma 6, con l'assistenza del difensore e con gli avvertimenti previsti dall'art. 64, comma 3, lettera e e laddove abbia reso dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilità di altri, assume, in base all'art. 197 bis cod.proc. penumero , la veste di testimone assistito sicché, qualora egli sia sentito come testimone senza le garanzie previste da tali norme, le sue dichiarazioni non sono utilizzabili ex art. 64 bis cod.proc. penumero , comma 3. Sez. V, 27 maggio 2014, numero 29227, Cavallero, rv.260320,Cass. Sez. 5, numero 599 del 17/12/2008 - dep. 12/01/2009, Mastroianni, Rv. 242384 Cass. Sez. 5, numero 39050 del 25/09/2007, Costanza, Rv. 238188 Cass. Sez. I, 24 marzo 2009, numero 29770, Vernengo, Rv. 244462 Cass. Sez. V, numero 1898 del 28/10/2010 - dep.21/01/2011, Micheli Clavier, Rv. 249045 . Nella medesima prospettiva, altre pronunce sono pervenute a conclusioni di inutilizzabilità delle dichiarazioni testimoniali, rese senza garanzie da un imputato di reato collegato, prendendo le mosse dai principi affermati dalle sezioni unite De Simone Cass. Sez. U, 17 dicembre 2009, numero 2067/2010, De Simone, Rv. 246375 , secondo cui l'imputato in procedimento connesso ai sensi dell'art. 12, comma primo lett. c , cod. proc. penumero o collegato probatoriamente, anche se persona offesa dal reato, deve essere assunto nel procedimento relativo al reato connesso o collegato con le forme previste per la testimonianza cosiddetta assistita Cass. Sez. V, 13 marzo 2014, numero 26016, Bivona, non mass., e Cass. Sez. V, 10 ottobre 2013, numero 3524/2014, Guadalaxara, non mass. . Nella sentenza Guadalaxara, il principio è stato affermato in relazione ad un'ipotesi in cui al dichiarante, che pure era stato esaminato ai sensi dell'art. 210 cod. proc. penumero con l'assistenza del difensore, non era stato dato l'avviso di cui all'art. 64, comma terzo, lett. e, del codice di rito. b Il secondo orientamento nega che le dichiarazioni rese in dibattimento dal dichiarante indagato o indagabile per un fatto collegato a quello per cui si procede siano affette da alcuna patologia se assunte in modo irregolare. Tale interpretazione circoscrive l'efficacia della sanzione dell'inutilizzabilità all'area degli interrogatori resi in fase investigativa, ritenendo che l'esame dibattimentale sia garantito dal fatto di essere svolto in contraddittorio. Le sentenze che seguono questo orientamento non riguardano, invero il caso in cui la testimonianza sia assunta in assenza del difensore, ma quello in cui la raccolta delle dichiarazioni avvenga in assenza dell'avviso previsto dall'art. 64 cod. proc. penumero . Tale indirizzo valorizza il fatto che sia l'art. 197 bis cod. proc. penumero , sia l'art. 210, comma sesto, del codice di rito applicabili a seconda che il soggetto abbia o meno reso, in precedenza, dichiarazioni erga alios si riferiscono ad esami destinati, come tali, a svolgersi nel contraddittorio delle parti, mentre l'art. 64 cod.proc. penumero si riferisce al solo interrogatorio , e cioè ad un atto che, per sua natura, si svolge al di fuori del contraddittorio, razionalmente legittimando il maggior rigore del legislatore a tutela dei diritti dei terzi eventualmente coinvolti nelle dichiarazioni rese dall'interrogato così, in motivazione, Cass. Sez. V, 29 settembre 2013, numero 7595/2014, p.c. in proc. Zannelli, Rv. 259032, relativa ad una fattispecie in cui l'indagato per reato reciproco, pur escusso in dibattimento ai sensi dell'art. 210, comma sesto, cod. proc. penumero , non aveva ricevuto l'avviso di cui all'art. 64, comma terzo, lett. e, dello stesso codice, in senso analogo, cfr. Sez. V, 24 settembre 2013, numero 41886, Perri, Rv. 257839 e, da ultimo, Cass. Sez. I, 23 settembre 2014, numero 41745, Ubaldini, non mass., Cass. Sez. V, 17 febbraio 2014, numero 23578, Finazzi, non mass. Cass. Sez. V, 31gennaio 2012, numero 12976, Belotti ed altri, Rv. 252317. In senso analogo, nonché Cass. Sez. V, 5 novembre 2013, numero 18837/2014, Corso ed altri . La Quinta Sezione ha comunque ulteriormente precisato che, quand'anche volesse ritenersi che il richiamo dell'art. 197 bis all'art. 64, comma 3, lett. c comporti anche l'obbligo dell'avviso, la sua inosservanza non potrebbe comunque determinare l'inutilizzabilità della deposizione testimoniale acquisita, dal momento che il predetto richiamo non si estende al comma 3 bis dell'art. 64 cod. proc. penumero allo stesso modo l'art. 210, comma sesto, cod. proc. penumero si limita a prevedere l'obbligo dell'avviso di cui all'art. 64, comma terzo, lett. c , omettendo tuttavia il richiamo della sanzione di inutilizzabilità prevista dal successivo comma 3 bis. Il mancato richiamo della sanzione di contenuta nel comma 3 bis dell'ari .64 è stato valorizzato anche dalla seconda sezione Cass. Sez. 5, 4 febbraio 2014, n 18990, Manca, non mass. , la quale ha conferito rilievo anche al fatto che i difensori dei dichiaranti, presenti all'esame, non avevano sollevato alcuna eccezione. Vale la pena di rimarcare che si tratta di un filone giurisprudenziale formatosi in relazione a casi in cui, presente il difensore, il testimone assistito rendeva dichiarazioni in assenza delle formalità indicate dall'art, 197 bis cod. proc. penumero che richiama l'art. 64 cod. proc. penumero . c il terzo orientamento valorizza la ratio dello statuto del testimone assistito che appare rivolto alla tutela del dichiarante dagli effetti negativi delle dichiarazioni rese contra se e ritiene che il mancato rispetto delle regole per l'assunzione delle dichiarazioni del testimone assistito generi una nullità generale a regime intermedio, attivabile esclusivamente dal dichiarante che intenda far valere la lesione del suo diritto di difesa nella declinazione specifica di diritto ad evitare l'autoincriminazione . Secondo questo orientamento fatto proprio dalla Corte di appello di Palermo nel caso che ci occupa , nell'ipotesi in cui, pur esistendone i presupposti, non si procede all'applicazione dell'art. 210 cod. proc. penumero , la conseguenza della inosservanza non è la inutilizzabilità della deposizione testimoniale ex art. 191 cod. proc. penumero , ma piuttosto la nullità della medesima ex art. 178 cod. proc. penumero , lett. c , atteso che la legge non vieta l'esame dell'imputato in un processo connesso o collegato, ma semplicemente prescrive che esso sia assunto secondo determinate formalità Cass. sez. 6, 22 gennaio 2014,numero 10282, Romeo, Rv. 259267, In senso conforme, v. Sez. 5, 1 aprile 2014, numero 29561, Racco, non mass. Sez. I, 10 luglio 2014, numero 43622, Fusar Bassini, non mass. Sez. 6, 23 maggio 2014, numero 41004, Saviano . A sostegno di tale interpretazione si rimarca che la giurisprudenza della Corte di cassazione ha costantemente chiarito che l'inutilizzabilità di una prova ai sensi dell'ari . 191 cod. proc. penumero consegue soltanto nei casi in cui questa sia stata assunta in violazione dei divieti stabiliti dalla legge , e non nei casi in cui l'assunzione della prova, pur consentita, sia stata assunta senza l'osservanza delle formalità prescritte in questi ultimi casi, può trovare applicazione soltanto il diverso istituto della nullità Cass. Sez. 1, 11 maggio 1992, numero 6922, Cannarozzo, Rv. 190570 Cass. Sez. 1, 9 giugno 1994, numero 2825, Lo Cascio, Rv.198961 Cass. Sez. 1, 21 febbraio 1997, numero 2690, Mirino, Rv. 207271 Cass. Sez. 3, 30 aprile 1999, numero 7747, Leone D, Rv. 214162 Cass. Sez. 6, numero 40973 del 08/10/2008, dep. 31/10/2008, Rv. 241318 . Con specifico riguardo alla mancanza dell'avviso ex art. 64 cod. proc. penumero , a sostegno dell'interpretazione che alla violazione della regola che impone l'avvertimento consegua solo una nullità, milita anche la lettera della norma, dato che l'art. 197 bis cod. proc. penumero che definisce lo statuto processuale del testimone assistito non richiama il comma 3 bis dell'art. 64 cod. proc. penumero , che prevede l'inutilizzabilità erga omnes, ma solo l'art. 64 comma 3 lett. c cod. proc. penumero Cass. Sez. 5, numero 26206 del 27/03/2013 Ud., Rv. 257575 . La regola di esclusione probatoria consegue alla grave ed inemendabile violazione delle regole di formazione della prova ed ha come estremo risultato quella di espungere dal compendio valutabile ai fini dell'accertamento della responsabilità i dati di conoscenza acquisiti in violazione dei divieti stabiliti dalla legge. Si tratta di una sanzione estrema, riservata ai casi in cui la prova è in radice illegittima e non a quelli in cui la violazione del diritto di difesa discende dalla violazione delle regole che governano le modalità di assunzione della prova. Tale patologia, nell'interpretazione proposta, deve essere invece ricondotta alla nullità prevista dall'art. 178 comma 1 lett. c cod. proc. penumero Sicché nei casi in cui il testimone assistito rende in dibattimento dichiarazioni con modalità irregolari può sostenersi che non si genera una prova inutilizzabile, ma si produce una violazione del diritto di difesa del dichiarante che può essere da questi fatta valere a tutela dei suoi interessi, ovvero al fine di lucrare la inutilizzabilità relativa prevista dall'art. 197 comma 5 cod. proc. penumero Tale nullità non può invece essere eccepita dall'imputato del processo principale perché non ha interesse all'osservanza della disposizione che asserisce essere stata violata, dato che lo statuto del dichiarante assistito è orientato alla tutela dalla autoincriminazione recentemente, in tal senso, Sez. IV, 8 luglio 2014, numero 36259, Barisone, non mass. . L'interesse dell'imputato deve essere invece individuato nel rispetto della regola di valutazione indicata dall'art. 197 bis comma 6 cod. proc. penumero che depotenzia la capacità dimostrativa dei contenuti provenienti dal teste assistito, la cui dichiarazione non può essere autosufficiente. 4. La Corte di appello di Palermo riteneva che il S. classe . nell'ambito del dibattimento svoltosi nel processo a carico del L.I. dovesse essere qualificato come testimone assistito e che nessuna violazione fosse conseguente alla mancata proposizione degli avvisi ed alla assenza del difensore. Nella prospettazione offerta dalla Corte territoriale l'avviso non era dovuto in quanto il S. avendo reso dichiarazioni in precedenza, non aveva più diritto al silenzio in ossequio a quanto previsto dall'art. 210 comma 6 primo periodo cod. proc.penumero , le altre garanzie e la assistenza del difensore in particolare, erano previste a tutela del dichiarante e non degli imputati che non potevano dolersene. Tale punto della sentenza costituisce oggetto delle doglianze dei ricorrenti che invocano il riconoscimento della inutilizzabilità erga omnes delle dichiarazioni rese dal S. classe . nel dibattimento a carico del L.I. . Il contrasto evidenziato ha indotto il collegio a rimettere allo scrutinio delle Sezioni unite la questione, che può essere sintetizzata nei seguenti termini se la mancata applicazione - in sede di esame dibattimentale di un imputato di reato connesso o collegato a quello per cui si procede - delle Esposizioni di cui all’art. 210 cod. proc. penumero relativamente alle dichiarazioni testimoniali rese da chi avrebbe dovuto essere sentito come teste assistito, perché imputato in un procedimento connesso o di un reato collegato, determina inutilizzabilità, nullità a regime intermedio o altra patologia della deposizione testimoniale”. P.Q.M. Visto l'art. 618 cod.proc. penumero . Rimette il ricorso alle sezioni unite.