La crisi per la Cassazione non produce effetti, almeno in tema di versamento di ritenuta d’acconto

Il mero verificarsi di una situazione di crisi finanziaria non comporta automaticamente la sussistenza di una condizione riconducibile a quella contemplata dall’art. 45 c.p. assumendo rilevanza la causa e la tempistica di una tale evenienza nonché le scelte in concreto operate dal soggetto agente.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella pronuncia n. 51436, depositata l’11 dicembre 2014. Il caso. il Tribunale di Sassari con ordinanza del 7 aprile 2014 revocava in accoglimento del proposto riesame l’ordinanza resa dal gip del medesimo Tribunale con la quale era stato disposto sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, in danno di un imputato sottoposto ad indagini per il reato di omesso versamento entro il termine per la presentazione della dichiarazione modello 770/10 per l’anno 2009. Veniva dedotto unico motivo di ricorso con il quale si lamentava violazione dell’art. 45 c.p., invocato dal giudice del riesame a scriminante della condotta posta in essere dall’imputato, lamentandosi di fatto l’assoluta impossibilità di invocare la disposizione de qua nel caso di specie. L’art. 45 c.p La disposizione contenuta nell’art. 45, non è punibile chi ha commesso il fatto per caso fortuito o forza maggiore , ha non pochi problemi di carattere interpretativo soprattutto con riferimento all’omesso versamento delle imposte e delle ritenute. La giurisprudenza di merito mi piace in punto ricordare la pregevole sentenza resa dal Tribunale di Novara – dottor F. Filice – che costituisce la prima interpretazione in tema di applicabilità della scriminante all’omesso versamento delle imposte ha inteso interpretare la norma considerandola quale in grado di coprire” le condotte dell’imprenditore che, costretto dalla persistente crisi, abbia omesso di versare le imposte e o le ritenute ai fini di salvaguardare l’attività imprenditoriale medesima. Dunque di fatto ha quasi postergato” l’obbligo tributario, fiscale o previdenziale rispetto agli altri obblighi gravanti sull’impresa pagamento delle retribuzioni, dei fornitori etc finalizzando detta attività al mantenimento in essere dell’impresa. La decisione del Tribunale del riesame di Sassari si muoveva proprio nell’alveo di simili considerazioni ed aveva annullato il sequestro di beni disposto considerando la condotta posta in essere dall’imputato non costituente reato ex art. 45 c.p La Procura ricorrente incentra il proprio ricorso sull’erronea applicazione della causa di giustificazione lagnandosi della decisione del Giudice che considerava l’inadempimento inerente il versamento delle imposte collegato alla mancata riscossione di crediti vantati dall’Azienda nei confronti di terzi, dall’aver considerato quale indice della impossibilità di dar corso al versamento delle ritenute da parte dell’imprenditore la concordata rateizzazione del dovuto con l’Agenzia delle Entrate a distanza di tre anni dal fatto. Alle ritenute erronee valutazioni aggiungeva come le conclusioni cui era pervenuto il Giudice della cautela fossero in contrasto con i principi affermati dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione e come l’intervenuta rateizzazione con l’Agenzia delle Entrate fosse frutto non di spontanea e libera scelta dell’imputato ma di ricevimento di avviso bonario notificato allo stesso dall’ente. Definendo il reato ,che si deve considerare consumato allorché si ometta il versamento delle ritenute, complessivamente risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituti, per un ammontare complessivo superiore ai 50.000,00 euro entro la scadenza del termine finale per la presentazione della dichiarazione annuale, la Corte di Cassazione ne analizza tutti gli elementi in relazione alla condotta che, in astratto, può o deve porre in essere il soggetto obbligato. L’elemento oggettivo. Detta condotta sostanzialmente è equiparabile a quella di appropriazione indebita di somme altrui di cui si ha la detenzione. Proprio la descrizione, sommaria ma efficace della condotta apre il campo ad una serie di osservazioni che appaiono in grado di dominare la scena e costituire unico strumento interpretativo valido in tema almeno per la Corte . È chiaro che nel momento in cui le somme siano detenute per conto di altri la loro distrazione a favore di altro soggetto implicherebbe ex se l’indubbia, totale ed integrale adesione alla condotta tipica prevista dal Legislatore. L’elemento soggettivo. In relazione all’elemento soggettivo la Corte richiama quanto affermato nella sentenza resa dalle Sezioni Unite n. 37425/2013 ovvero la necessità del semplice dolo generico che richiede la mera consapevolezza della condotta omissiva. La prova del dolo, sempre secondo la sentenza richiamata è insita nella duplice circostanza del rilascio della certificazione al sostituto e della presentazione della dichiarazione annuale del sostituto MOD 770 che riporta le trattenute effettuate, la loro data ed ammontare nonché i versamenti relativi. L’elemento materiale e quello soggettivo trovano concordanza, rispetto alla fattispecie astratta ed a quella concreta, nell’insorgenza a carico del sostituto di imposta dell’obbligo di provvedere all’accantonamento delle somme dovute all’erario e di organizzazione della propria attività, anche in relazione ai predetti pagamenti, su base annuale in modo da adempiere all’obbligazione tributaria. La sentenza n. 5905/2014 della III Sezione. In questo panorama, la cui ricostruzione appare agli Ermellini pacifica, si abbatte la sentenza citata in epigrafe, resa dalla medesima Sezione, che fa strage della funzione nomofiliaca della Corte. La sentenza in questione, affermando l’applicabilità dell’art. 45 c.p. ha osservato come l’omissione dei versamenti possa dipendere anche integralmente da una causa di forza maggiore la quale tenuto conto della conformazione del reato, ragionevolmente può anche configurarsi, a seconda dei casi concreti, in un’imprevista e imprevedibile indisponibilità del necessario denaro non correlata in alcun modo alla condotta gestionale dell’imprenditore proseguendo in tema di elemento soggettivo, pur non avendo l’imputato onere probatorio, si esige il suo adempimento di uno specifico onere allegatorio qualora eserciti il suo diritto di difesa adducendo la carenza dell’elemento soggettivo in questo caso dovremmo dire l’esistenza della scriminante con il conseguente obbligo probatorio che grava in capo all’imputato invero non essendo possibile dimostrare un elemento negativo se non è convertibile in specifici elementi positivi da cui desumerlo in un caso del genere l’imputato ha onere di allegare indicando all’ufficio gli elementi necessari all’accertamento di fatti ignoti che siano idonei ove riscontrati a volgere il giudizio in suo favore . Dunque deve dar atto dell’esistenza di fatti imprevisti ed imprevedibili. Mancati pagamenti, mancate vendite, inasprirsi della crisi, perdita di quote di mercato, aumento delle materie prime, sono fatti imprevisti ed imprevedibili? I problemi. Teoricamente in tema di economia, micro o macro che sia, ogni effetto è prevedibile analizzandone la causa e dunque, l’imprenditore che opera in area micro economica collegata all’area dl mercato, area macroeconomica, dovrebbe essere perfettamente in grado di prevedere ogni e qualsiasi possibile variazione del mercato e delle conseguenze che essa apporterebbe alla relata aziendale e societaria di sua stretta pertinenza. Con il che ogni riflessione in punto sarebbe terminata. Solo che, così ragionando, non v’è chi non vede come si apra il campo all’ingresso di una forma di responsabilità oggettiva che in fondo, e neppur troppo velatamente, è ciò cui ambisce la pronuncia in commento. La realtà quotidiana dimostra, ahinoi, che l’imprenditore spesso, o meglio sempre più spesso, trasforma le imposte IVA e le ritenute operate, in forma di autofinanziamento allorché gli sono precluse altre e più istituzionali vie. Anzi in tema di sostituto di imposta egli non dispone, al momento del versamento dei compensi, quasi mai delle somme da accantonarsi a titolo di ritenuta, che, operata diviene attraverso le ben note forme di compensazione con altre imposte dovute, un vero e proprio salutare polmone aziendale in grado di far fronte alla carenza di cash flow . Nel far ciò l’imprenditore spera scommette? sulla propria capacità di reperire le risorse finanziarie necessarie ad adempiere gli obblighi impositivi posticipandoli a tempi migliori. Ci si trova nel quotidiano di fronte ad una forma di elemento soggettivo ben diverso da quel dolo generico richiesto dalla norma che, in tempi grami come questi, appare essere più vicino alla forma del dolo eventuale costituito dall’accettazione, cosciente e consapevole, della possibilità di non reperire i fondi necessari a far fronte all’obbligazione tributaria. Ma se così è si tratta di un elemento soggettivo del tutto insufficiente ad integrare la fattispecie. Almeno per me.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 19 novembre – 11 dicembre 2014, numero 51436 Presidente Mannino – Relatore Ramacci Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Sassari, con ordinanza del 7.4.2014, ha revocato, in accoglimento del proposto riesame, l'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale con la quale, in data 14.3.2014, era stato disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente - fino alla concorrenza della somma di Euro 82.788,00 - in danno di M.D. , sottoposto ad indagini per il reato di omesso versamento, entro il termine per la presentazione della dichiarazione modello 770/10, per l'anno 2009, delle ritenute risultanti dalla certificazione dei sostituti di imposta. Avverso tale pronuncia ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Sassari. 2. Con un unico motivo di ricorso deduce la violazione dell'art. 45 cod. penumero , che i giudici del riesame avrebbero erroneamente applicato ritenendo che l'inadempimento fosse collegato alla mancata riscossione di crediti vantati dalla società dell'indagato nei confronti di terzi e che l'aver concordato con l'Agenzia delle Entrate un piano di rateizzazione del dovuto a distanza di tre anni fosse indice di una condotta non realizzabile se non a discapito dei dipendenti. Aggiunge che le conclusioni cui è giunto il Tribunale sarebbero in contrasto con i principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte, non adeguatamente considerata dal Tribunale e che la volontarietà della scelta di non effettuare i versamenti sarebbe chiaramente desumibile dai contenuti della memoria difensiva prodotta in sede di riesame ed allegata al ricorso, dalla quale emergerebbe anche che la rateizzazione del debito con l'Agenzia delle Entrate sarebbe avvenuta non spontaneamente, bensì a seguito di avviso bonario. Insiste, pertanto, per l'accoglimento del ricorso. 3. In data 16.11.2014 la difesa dell'indagato ha depositato in cancelleria una memoria difensiva con la quale richiedeva il rigetto del ricorso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito specificati. Il reato in esame, come è noto, si consuma con il mancato versamento, per un ammontare superiore ad Euro cinquantamila, delle ritenute complessivamente risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti entro la scadenza del termine finale per la presentazione della dichiarazione annuale. La condotta comporta, sostanzialmente, la indebita appropriazione di somme altrui di cui si ha la detenzione e tale evenienza, come pure si è ricordato ritenendo manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della disposizione in esame per asserito contrasto con l'art. 3 Cost. Sez. III numero 10120, 11 marzo 2011 , rende del tutto irrilevanti eventuali difficoltà economiche impreviste, o la circostanza che non sia stata rilasciata al sostituto alcuna certificazione o quella del rilascio di certificazione mendace. Inoltre, quanto all'elemento soggettivo, questa Corte ha già avuto modo di affermare che il reato è punibile a titolo di dolo generico, richiedendo la mera consapevolezza della condotta omissiva sez. III numero 25875, 7 luglio 2010. V. anche SS.UU numero 37425, 12 settembre 2013 . La prova del dolo, secondo la citata pronuncia delle Sezioni Unite, è insita, in genere, nella duplice circostanza del rilascio della certificazione al sostituito e della presentazione della dichiarazione annuale del sostituto Mod. 770 , che riporta le trattenute effettuate, la loro data ed ammontare, nonché i versamenti relativi. Sempre nella medesima decisione, le Sezioni Unite hanno posto in evidenza il collegamento intercorrente tra il debito verso il fisco relativo al versamento delle ritenute e l'erogazione degli emolumenti ai collaboratori, con la conseguenza che, quando queste ultime vengono effettuate dal sostituto d'imposta, insorge a suo carico un obbligo di accantonamento delle somme dovute all'Erario e di organizzazione, su scala annuale, delle risorse disponibili, in modo da poter adempiere all'obbligazione tributaria. 2. Ciò premesso, si osserva che il Tribunale, nel ritenere insussistente il fumus del reato ipotizzato, ha ritenuto configurabile, nella fattispecie, una causa di forza maggiore, individuata in una sopravvenuta illiquidità conseguente alla mancata riscossione di crediti vantati dall'indagato verso soggetti terzi e che la volontarietà della condotta omissiva attribuitagli sarebbe esclusa anche dall'accordo intervenuto con l'Agenzia delle Entrate. Tale assunto, tuttavia, si pone in contrasto con i principi ripetutamente affermati da questa Corte che risultano anche, come pure evidenziato dal Pubblico Ministero ricorrente, non richiamati del tutto correttamente. 3. Va rilevato, in linea generale, come la forza maggiore sia individuabile in un evento di origine naturale o umana imprevedibile o, anche se preveduto, inevitabile. Conseguentemente, essa non è invocabile nel caso in cui l'agente stesso si sia posto in condizioni di illegittimità, ponendo in essere una condotta non conforme alla legge o alle regole generali di prudenza e diligenza v. ad es., Sez. IV numero 10823, 19 marzo 2010 Sez. IV numero 5548, 19 novembre 2009 ed altre prec. e succ. conf. . Inoltre incombe, su colui che invoca l'applicazione dell'esimente, un onere di allegazione di elementi precisi e specifici che consentano al giudice di verificare la sussistenza della forza maggiore o del caso fortuito Cass. Sez. II numero 20171, 10 maggio 2013 . 4. Con specifico riferimento alla rilevanza, ai fini dell'applicabilità dell'art. 45 cod. penumero , delle difficoltà economiche in cui versa il soggetto agente, si è affermato che esse non possono essere ricondotte al concetto di forza maggiore, il quale, presupponendo la sussistenza di un fatto imponderabile, imprevisto ed imprevedibile, che esula del tutto dalla condotta dell'agente, tanto da rendere ineluttabile il verificarsi dell'evento, non può conseguentemente ricollegarsi ad un'azione od omissione cosciente e volontaria dell'agente medesimo Sez. I numero 18402, 24 aprile 2013, citata anche dal ricorrente . Tali principi sono stati enunciati anche in tema di omesso versamento delle ritenute fiscali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti e la questione è stata nuovamente affrontata dopo la pronuncia delle Sezioni Unite di cui si è detto in precedenza SS.UU. numero 37425, 12 settembre 2013 . 5. In particolare Sez. III numero 20266, 15 maggio 2014 , dopo aver richiamato le affermazioni del supremo organo nomofilattico ed i precedenti arresti di questa Sezione Sez. III numero 15416, 4 febbraio 2014, non massimata Sez. III numero 5467, 4 febbraio 2014 Sez. III numero 37528, 13 settembre 2013 sono state ritenute non rilevanti, ai fini dell'applicabilità della forza maggiore o dello stato di necessità, le diverse ipotesi in cui si ritenga di privilegiare il pagamento delle retribuzioni ai dipendenti per evitare licenziamenti, si sia dovuto pagare i debiti ai fornitori, pena il fallimento della società, ovvero si sia verificata la mancata riscossione di crediti vantati e documentati, spesso nei confronti dello Stato V. anche, in tema di crisi di liquidità, Sez. III numero 39880, 26 settembre 2014 non massimata Sez. III numero 30595, 11 luglio 2014, non massimata Sez. III numero 28549, 3 luglio 2014, non massimata Sez. Ili numero 24341, 10 giugno 2014 Sez. III 23532, 5 giugno 2014 Sez. III 23531, 5 giugno 2014 Sez. III numero 28459, 29 maggio 2014, Sez. III numero 19426, 12 maggio 2014, Sez. III numero 13019, 20 marzo 2014 non massimate . Si rilevava, inoltre, che tale orientamento non si pone in contrasto con altre decisioni Sez. III numero 10813, 6 marzo 2014, non massimata Sez. III numero 5467, 4 febbraio 2014. V. anche Sez. III numero 3124, 23 gennaio 2014 nelle quali si ammette la possibilità, in astratto, di casi - il cui apprezzamento è devoluto al giudice del merito e come tale è insindacabile in sede di legittimità, se congruamente motivato - nei quali possa invocarsi l'assenza del dolo o l'assoluta impossibilità di adempiere l'obbligazione tributaria, a condizione, però, che l'imputato dimostri che le difficoltà finanziarie non siano a lui imputabili e che le stesse, inoltre, non avrebbero potuto essere altrimenti fronteggiate con idonee misure anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale. 6. Da tali principi non si discosta neppure la sentenza che il Tribunale menziona a sostegno delle propria decisione Sez. III numero 5905, 7 febbraio 2014 . Tale pronuncia, dopo ampi richiami ai principi giurisprudenziali elaborati in materia di forza maggiore, evidenzia che anche con riferimento al reato di cui all'articolo 10-bis d.lgs. 74/2000 non può escludersi in assoluto che la omissione dei versamenti possa derivare in toto da una causa di forza maggiore, la quale, tenuto conto della conformazione del reato, ragionevolmente può anche configurarsi, a seconda dei casi concreti, in una imprevista e imprevedibile indisponibilità del necessario denaro non correlata in alcun modo alla condotta gestionale dell'imprenditore ”. Riguardo all'elemento soggettivo si osserva, poi, che pur non avendo l'imputato onere probatorio, si esige il suo adempimento di uno specifico onere allegatorio qualora eserciti il suo diritto di difesa adducendo la carenza dell'elemento soggettivo. Invero, non essendo possibile dimostrare un elemento negativo se non è convertibile in specifici elementi positivi da cui desumerlo e quindi la dimostrazione dell'assenza del dolo direttamente quale prova negativa sarebbe probatio diabolica in un caso del genere l'imputato ha onere di allegare indicando all'ufficio gli elementi necessari all'accertamento di fatti ignoti che siano idonei, ove riscontrati, a volgere il giudizio in suo favore così, da ultimo Cass. sez. II, 7 febbraio 2013 numero 20171 e prec. conformi ”. La decisione in esame, tuttavia, non manca di ricordare come la configurabilità della forza maggiore sia correlata ad ipotesi in cui la causa della condotta criminosa non sia attribuibile a chi materialmente la pone in essere e, data tale necessaria premessa, non esclude la possibilità, in astratto, che ciò possa avvenire anche per contingenti difficoltà economiche opportunamente documentate. Le conclusioni cui giunge la citata sentenza sono, dunque, del tutto coincidenti con le altre decisioni in precedenza menzionate, i cui contenuti sono pienamente condivisi dal Collegio. 7. Ciò posto, pare evidente che il mero verificarsi di una situazione di crisi finanziaria non comporta automaticamente la sussistenza di una condizione riconducibile a quella contemplata dall'art. 45 cod. penumero , assumendo rilevanza le cause e la tempistica di una tale evenienza, nonché le scelte in concreto operate dal soggetto agente. 8. A tale proposito paiono pienamente pertinenti le osservazioni formulate dal Pubblico Ministero ricorrente, laddove osserva che l'inadempimento dei propri debitori è un'eventualità insita nel rischio di impresa, così come la utilizzazione degli importi relativi alle ritenute per lo svolgimento dell'attività imprenditoriale o il pagamento delle retribuzioni dei dipendenti costituisce una deliberata scelta dell'imprenditore. Nondimeno, assume rilievo anche l’imprevedibilità della crisi finanziaria, a differenza di ciò che avverrebbe se la mancanza di liquidità fosse nota all'imprenditore, difettando così un necessario presupposto per la configurabilità della forza maggiore. Si tratta, dunque, di dati fattuali non indifferenti ai fini della valutazione sulla sussistenza in concreto di una ipotesi di forza maggiore, valutazione che, nella fattispecie, il Tribunale non ha effettuato. 9. I giudici del riesame, invero, tenendo conto delle condizioni di difficoltà dell'impresa conseguenti alla mancata riscossione di crediti, danno pacificamente atto del fatto che, a fronte di tale situazione, l'indagato aveva privilegiato la scelta ” di corrispondere le retribuzioni ai propri dipendenti, circostanza che, come rileva il ricorrente, lo stesso indagato aveva esplicitato negli stessi termini in una memoria difensiva prodotta in sede di riesame. Nella stessa memoria, osserva sempre il P.M. ricorrente, si afferma testualmente che l'accordo con l'Agenzia delle Entrate era avvenuto in adesione all'avviso bonario ” allegato in copia analoghe considerazioni vengono svolte nella memoria difensiva depositata il 16.11.2014 . Tali evenienze non consentivano, dunque, di porre in diretta correlazione la crisi finanziaria con l'impossibilità, determinata da forza maggiore, di effettuare o dovuti versamenti, ostando, come si è detto, all'applicazione dell'art. 45 cod. penumero , né permettevano di escludere comunque la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato. 10. Vanno conseguentemente ribaditi i principi dianzi ricordati, annullando l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Sassari, che ad essi dovrà attenersi procedendo ad un nuovo esame della vicenda sottoposta al suo giudizio. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Sassari in diversa composizione.