Offerta di risarcimento: se sottoposta a termine d’efficacia breve, non è idonea

Non si configura l’attenuante di cui all’art. 62, numero 6, c.p., quando il reo sottoponga la proposta di risarcimento del danno a un termine breve e ravvicinato di efficacia, entro il quale la persona offesa debba accettare. Tale offerta non integrare, difatti, i requisiti di una permanente, effettiva e completa messa a disposizione di un ristoro adeguato e integrale del danno cagionato dal reato.

E’ stato così deciso nella sentenza numero 50088, della Corte di Cassazione, depositata il 1° dicembre 2014. Il caso. Il Gup condannava l’imputato per il reato di omicidio e sottrazione di cadavere. La Corte d’appello riformava parzialmente la decisione di primo grado, rideterminando la pena inflitta. I Giudici territoriali avevano ridotto la pena valorizzando la genuinità della confessione, la condotta collaborativa e l’offerta risarcitoria dell’uomo a favore della sorella della vittima, che pur non risultando idonea ad integrare l’attenuante dell’art. 62, numero 6, c.p. Circostanze attenuanti comuni , giustificava il riconoscimento di una maggiore estensione delle attenuanti generiche. L’uomo ricorreva poi in Cassazione, lamentando la violazione di legge per mancata o erronea interpretazione dell’art. 62 c.p Infatti, il ricorrente, prima della discussione del processo, poneva in essere una proposta irrevocabile, formalizzata con atto notarile, di datio in solutum dei beni immobili dell’imputato a titolo di offerta risarcitoria alla parte civile. L’offerta reale di risarcimento. La Cassazione, nel decidere la questione, ricorda che il riconoscimento dell’attenuante dell’avvenuto risarcimento del danno prima del giudizio, di cui all’art. 62, numero 6 c.p., implica, nel caso in cui la persona offesa dal reato non abbia accettato il risarcimento, che il colpevole provveda a effettuare un’offerta reale nei modi stabiliti dagli artt. 1209 c.c., e cioè che l’offerta della somma di denaro a titolo risarcitorio sia seguita dal relativo deposito o atto equipollente, di modo che la somma sia messa a completa disposizione della persona offesa e il giudice possa quindi valutare l’adeguatezza e la tempestività dell’offerta, al fine di accertare l’effettiva resipiscenza del reo Cass., numero 36037/2011 . Non è sufficiente il mero ravvedimento del reo. L’attenuante di cui all’art. 62 c.p. ha natura soggettiva relativamente agli effetti, mentre ha natura oggettiva relativamente al contenuto ai fini della sua configurabilità è necessario che il pregiudizio patrimoniale subito dalla persona offesa sia pienamente riequilibrato, non essendo sufficiente il solo ravvedimento del reo Cass. numero 21014/2010 . L’offerta deve essere congrua, concreta e determinata Nel caso di specie, l’offerta formulata dall’imputato non prevedeva la corresponsione di una somma in denaro, ma la datio in solutum di beni in natura, non ritenuta dai Giudici di merito idonea a soddisfare i requisiti dell’art. 62, numero 6, c.p Tale decisione è conforme al principio consolidato in sede di legittimità, secondo cui l’offerta di un bene immobile, mediante datio in solutum , può essere ritenuta idonea a integrare l’attenuante, pur nell’ipotesi in cui non sia accettata dalla persona offesa, purché l’offerta, oltre che congrua, sia concreta e determinata, mediante il rilascio di una procura irrevocabile a vendere o la formalizzazione di una proposta ferma ricevuta da un notaio cass., numero 203704/1995 . e non sottoposta a termine di efficacia. L’imputato, invero, aveva sottoposto la proposta a un termine breve e ravvicinato di efficacia, entro il quale doveva essere accettata dalla p.o. pertanto, tale proposta era inidonea a integrare i requisiti di una permanente, effettiva e completa messa a disposizione di un ristoro adeguato e integrale del danno cagionato dal reato. Sulla base di tali argomenti, la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 16 ottobre – 1 dicembre 2014, n. 50088 Presidente Siotto – Relatore Sandrini Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 22.05.2012 il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Parma, all'esito di giudizio abbreviato, condannava l'imputato C.E. , previa concessione delle attenuanti generiche, alla pena di anni 14 di reclusione per i reati, unificati in continuazione, di omicidio e sottrazione del cadavere di G.G.W. , ascritti ai capi A e G della rubrica, commessi nella notte tra il 3 e il 4 aprile 2011, nonché alla ulteriore pena di anni 2 mesi 8 di reclusione e Euro 2.600 di multa per i reati, a loro volta unificati tra loro ex art. 81 capoverso cod. pen., di detenzione illegale, porto abusivo in luogo pubblico e ricettazione della pistola Beretta cal. 7,65 utilizzata per commettere l'omicidio sparando alla vittima due colpi che l'avevano attinta al capo e al torace , priva del numero di matricola perché cancellato e costituente arma clandestina, ascritti ai capi B, C, D, E, F il GUP applicava all'imputato le pene accessorie conseguenti, nonché la misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di anni 3, e lo condannava a risarcire i danni cagionati dal reato alla sorella della vittima costituita parte civile, da liquidarsi in separato giudizio civile con assegnazione di una provvisionale di 50.000 Euro. 2. Con sentenza pronunciata il 21.03.2013 la Corte d'Assise d'Appello di Bologna riformava parzialmente, su appello dell'imputato, la decisione di primo grado, limitatamente alla misura della pena inflitta per i capi A e G, che rideterminava in anni 12 di reclusione, e per gli altri capi, che rideterminava in anni 1 mesi 8 di reclusione, confermando nel resto la sentenza impugnata e condannando il C. a rifondere alla parte civile le ulteriori spese sostenute nel giudizio d'appello. La Corte territoriale, dopo aver ricostruito le circostanze in cui, dopo la denuncia della scomparsa della vittima, che lavorava in un locale notturno, la p.g. era pervenuta a individuare il C. come uno dei frequentatori del locale, che si era infatuato della donna e dai tabulati telefonici risultava essere stato contattato dalla stessa la sera del omissis , dava atto che l'imputato aveva confessato l'omicidio, commesso all'esterno della sua abitazione in località del comune di omissis dove gli inquirenti avevano repertato alcuni bossoli , facendo ritrovare il cadavere che egli aveva seppellito, avvolto in un involucro fissato con nastro adesivo, in una fossa scavata in zona boschiva, nonché la pistola utilizzata per commettere il delitto, che il C. deteneva nell'abitazione allegando di averla trovata, con la matricola già abrasa, in un casolare abbandonato l'imputato dichiarava che la vittima si era fatta consegnare da lui molto denaro circa 45.000 Euro e aveva continuato a chiedergli soldi, fino a intimargli di vendere la casa di proprietà. La sentenza d'appello riduceva la pena inflitta dal GUP valorizzando la genuinità della confessione e la condotta collaborativa del C. , nonché l'offerta risarcitoria dallo stesso effettuata alla sorella della vittima, che, pur non risultando idonea a integrare l'attenuante di cui all'art. 62 n. 6 cod.pen., giustificava, unitamente agli altri elementi favorevoli di valutazione, il riconoscimento con una maggiore estensione delle attenuanti generiche. 3. Avverso la sentenza della Corte territoriale ha proposto ricorso per cassazione C.E. , a mezzo del difensore, deducendo tre motivi di doglianza. Col primo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge per mancata o erronea applicazione dell'art. 62 n. 6 cod.pen. premessa la natura soggettiva dell'attenuante, trovante la sua causa giustificatrice nel ravvedimento del reo dimostrato dalla riparazione del danno, la difesa del C. deduce di aver depositato dinanzi al GUP, prima della discussione del processo, una proposta irrevocabile, formalizzata con atto notarile, di datio in solutum dei beni immobili dell'imputato costituiti da 12 ettari di terreno agricolo su cui insistevano tre fabbricati rurali a titolo di offerta risarcitoria alla parte civile, a disposizione immediata e incondizionata della stessa rileva l'idoneità dell'offerta a soddisfare i requisiti di tempestività, concretezza, effettività, permanenza in quanto il termine apposto alla proposta era finalizzato esclusivamente a consentire la monetizzazione dei cespiti qualora la beneficiaria non ne avesse accettato il trasferimento in natura e congruità, avendo il podere agricolo un valore di mercato di almeno 140.000 Euro, a fronte di un danno morale patito dalla sorella della vittima quantificabile tabellarmente in 90.000-100.000 Euro, come confermato dall'ordinanza con cui la Corte territoriale aveva rigettato l'istanza di sequestro conservativo formulata dalla parte civile, sul presupposto che la provvisionale di 50.000 Euro garantiva la gran parte delle aspettative risarcitorie lamenta pertanto l'errore in cui era incorsa la sentenza impugnata nel ritenere che il mancato perfezionamento del risarcimento precludesse il riconoscimento dell'attenuante, nonostante che ciò non fosse imputabile al C. , ma all'ingiustificato diniego dell’ accipiens . Col secondo motivo il ricorrente deduce violazione di legge per erronea applicazione degli artt. 4 e 7 legge n. 895 del 1967 e 23 comma 4 legge n. 110 del 1975, lamentando che la condanna per le violazioni relative al porto dell'arma clandestina utilizzata per uccidere la vittima era stata inflitta sull'erroneo presupposto che lo spazio privato immediatamente antistante il fabbricato rurale in cui era avvenuto l'omicidio, situato a una distanza di soli 3 o 4 metri dall'ingresso al fabbricato e costituente pertinenza stretta dell'abitazione, interdetta all'accesso altrui, fosse idoneo a integrare la nozione di luogo pubblico o aperto al pubblico rileva sul punto che le concrete circostanze di tempo e di luogo del delitto commesso in orario notturno in un isolato luogo montano convalidavano l'assenza di qualsiasi ipotetica offesa all'interesse protetto, derivante dalla maggiore potenzialità offensiva valorizzata dalla sentenza impugnata dell'uso della pistola in luogo diverso dall'interno di un'abitazione caratterizzata da un raggio d'azione definito nello spazio e nei soggetti attingibili. Col terzo motivo il ricorrente si duole dell'errata applicazione dell'art. 541 del codice di rito, con riguardo alla condanna dell'imputato a rifondere alla parte civile le spese del giudizio d'appello, nonostante il gravame non avesse investito il giudizio sulla responsabilità del C. per i capi A e G sui quali si era pertanto formato il giudicato endoprocessuale e la parte civile non avesse perciò interesse a interloquire sulla misura della pena irroganda, costituente oggetto del devolutum al giudice d'appello. 4. Con successiva memoria depositata il 18.06.2014, il ricorrente deduce la sopravvenuta accettazione dell'offerta risarcitoria da parte della parte civile, effettuata in denaro in termini monetari equivalenti all'offerta reale immobiliare tempestivamente formulata dall'imputato, così convalidandone l'originaria congruità agli effetti dei presupposti dell'art. 62 n. 6 cod. pen Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato in ogni sua deduzione e deve essere rigettato. 2. Questa Corte ha affermato il principio per cui il riconoscimento dell'attenuante dell'avvenuto risarcimento del danno prima del giudizio, di cui all'art. 62 n. 6 cod. pen., implica, nel caso in cui la persona offesa dal reato non abbia accettato il risarcimento, che il colpevole provveda a effettuare un'offerta reale nei modi stabiliti dagli artt. 1209 e segg. cod. civ., e cioè che l'offerta della somma di denaro a titolo risarcitorio sia seguita dal relativo deposito o atto equipollente, di modo che la somma sia messa a completa disposizione della persona offesa e il giudice possa quindi valutare l'adeguatezza e la tempestività dell'offerta, al fine di accertare l'effettiva resipiscenza del reo Sez. 2 n. 36037 del 6/07/2011, Rv. 251073 occorre, dunque, che il rifiuto dell'offerta risarcitoria, da parte del soggetto beneficiario, sia oggettivamente ingiustificato, a fronte della messa a disposizione, effettiva e irretrattabile, non soggetta a termini o condizioni, di un quantum realmente satisfattivo del danno cagionato dal reato. L'attenuante de qua, infatti, ha natura soggettiva solo relativamente agli effetti, mentre, quanto al contenuto, è qualificabile come oggettiva, giacché, ai fini della sua configurabilità, è necessario che il pregiudizio patrimoniale subito dalla persona offesa sia pienamente riequilibrato, non essendo sufficiente il solo ravvedimento del reo Sez. 2 n. 21014 del 13/05/2010, Rv. 247121 , con la conseguenza che nel conflitto di interessi tra reo e vittima del reato, la prevalenza dell'interesse di quest'ultima all'integralità della riparazione non lascia alcuno spazio a pur eloquenti manifestazioni di ravvedimento del reo Sez. 2 n 12366 del 24/03/2010, Rv. 246673 . Nel caso di specie, l'offerta risarcitoria formulata dall'imputato alla sorella della vittima dell'omicidio, costituita parte civile nei suoi confronti, prima della celebrazione del giudizio abbreviato, non prevedeva la corresponsione di una somma in denaro, ma la datio in solutum di beni in natura, mediante la proposta irrevocabile formalizzata per atto notarile di trasferimento della proprietà di un terreno agricolo sul quale insistevano dei rustici, non accettata dalla parte civile e subordinata nella sua efficacia a un termine - quello del 31.05.2012 - di cui non era specificata la ragione, e che entrambe le sentenze di merito hanno ritenuto ingiustificato, ed eccessivamente ravvicinato, così da escludere l'idoneità della proposta a soddisfare i requisiti richiesti dall'art. 62 n. 6 cod. pen Il risarcimento del danno aquiliano, quando non possa effettuarsi in forma specifica, deve normalmente avvenire mediante corresponsione dell'equivalente in denaro art. 2058 cod. civ. questa Corte ha ritenuto, peraltro, che anche l'offerta di un bene immobile, mediante datio in solutum che non costituisce, alla stregua del diritto civile, un mezzo ordinario di pagamento e di estinzione dell'obbligazione, presupponendo l'accettazione del creditore vedi art. 1197 cod. civ. e art. 67 legge fall. , può essere ritenuta idonea a integrare l'attenuante, pur nell'ipotesi in cui non sia accettata dalla persona offesa, purché l'offerta, oltre che congrua, sia concreta e determinata, mediante il rilascio di una procura irrevocabile a vendere o la formalizzazione di una proposta ferma ricevuta da un notaio Sez. 1 n. 1723 del 29/11/1995, Rv. 203704 . Nel caso di specie, la sottoposizione, da parte dell'imputato, della proposta di cessione immobiliare a un termine breve e ravvicinato di efficacia, entro il quale doveva essere accettata dalla prossima congiunta della vittima, è stata ritenuta dai giudici di merito concretamente inidonea a integrare i requisiti di una permanente, effettiva e completa messa a disposizione di un ristoro adeguato e integrale del danno cagionato dal reato, con una motivazione che non risulta di per sé illogica né incongrua, alla stregua dei criteri e dei principi di diritto - sopra indicati - che presiedono al riconoscimento dell'attenuante del danno risarcito, secondo un tipico giudizio di fatto insindacabile in sede di legittimità. Non può, infatti, sottacersi che la decisione di accettare una proposta risarcitoria come quella formulata dal C. richiedeva, da parte del destinatario, una ponderazione e una valutazione di opportunità ben più impegnative della semplice accettazione dell'offerta di una somma di denaro, ingiustificatamente compresse dalla concessione di un ristretto spatium deliberando incompatibile con le necessarie verifiche da compiersi in ordine in particolare alla piena ed esclusiva titolarità in capo all'imputato dei beni offerti in cessione, alla presenza di eventuali comproprietari o di vincoli giuridici, di natura reale od obbligatoria, incidenti sulla loro libera disponibilità, o comunque sul loro valore effettivo, nonché in ordine agli oneri economici anche di natura fiscale che l'operazione poteva comportare a carico dell' accipiens correttamente, pertanto, il diniego dell'offerta non è stato ritenuto ingiustificato, secondo una valutazione che ha trovato puntuale conferma, a posteriori, nella successiva accettazione - attestata nella memoria da ultimo depositata dal ricorrente - di una somma equivalente se non addirittura inferiore all'asserito valore degli immobili, allorché il C. si è infine risolto a formulare un'offerta in denaro, a dimostrazione dell'assenza di intenti speculativi della parte civile. Il primo motivo di ricorso si rivela, dunque, privo di fondamento. 3. Il mancato perfezionamento del risarcimento del danno per fatto non imputabile alla parte civile e il motivo d'appello specificamente proposto sul punto dall'imputato, diretto invece a lamentare l'ingiustificato diniego di una proposta risarcitoria ritenuta congrua e concretamente satisfattiva, legittimavano di per sé l'interesse della parte civile la cui presenza nei gradi di giudizio successivi al primo deve ritenersi immanente ex art. 76 comma 2 cod.proc.pen., a seguito dell'avvenuta tempestiva costituzione Sez. 5 n. 39471 del 4/06/2013, Rv. 257199 a partecipare al giudizio di secondo grado per far valere i propri diritti in contrasto col motivo d'impugnazione, giustificando la conseguente condanna del C. , da parte della Corte territoriale, alla rifusione delle ulteriori spese sostenute dalla G. nel giudizio d'impugnazione. Il terzo motivo di ricorso, che deve essere esaminato in stretta connessione al primo, è perciò a sua volta infondato. 4. Anche il secondo motivo di ricorso del C. , diretto a censurare la ritenuta sussistenza dei reati di cui ai capi C ed E della rubrica, è privo di fondamento. Questa Corte ha affermato in modo costante che, ai fini della configurabilità del delitto di porto illegale di arma da fuoco, per luogo aperto al pubblico deve intendersi quello al quale chiunque può accedere a determinate condizioni, ovvero quello frequentabile da un'intera categoria di persone o comunque da un numero indeterminato di soggetti che abbiano la possibilità giuridica e pratica di accedervi senza legittima opposizione da parte di chi eserciti sul luogo un potere di fatto o di diritto Sez. 5 n. 22890 del 10/04/2013, Rv. 256949 , come si verifica nel caso di accesso a un fondo rustico non stabilmente recintato, che può essere percorso da cacciatori o da altri estranei che transitino per i campi per motivi leciti Sez. 1 n. 16690 del 27/03/2008, Rv. 240116 . Dal testo della sentenza impugnata risulta che l'imputato ha dichiarato di aver sparato alla vittima, uccidendola, all'esterno del casolare abitativo, sul terreno immediatamente circostante lo stesso, e che la pistola utilizzata per commettere il delitto è stata successivamente rinvenuta dagli inquirenti, sulla base delle indicazioni fornite dal C. , nascosta in un vicino pozzo artesiano, nella medesima località boschiva la frazione del comune montano di omissis in cui era stato consumato l'omicidio la detenzione illegale dell'arma è stata, infatti, contestata in permanenza fino al 9 aprile 2011 . Correttamente, dal punto di vista giuridico, il GUP e la Corte territoriale, pertanto, hanno ritenuto integrati i delitti di cui agli artt. 4 e 7 legge n. 895 del 1967 e 23 comma 4 legge n. 110 del 1975 in relazione alla natura dei luoghi in cui la pistola avente il numero di matricola cancellato era stata portata per commettere l'omicidio e, quindi, per essere occultata, corrispondenti alla nozione di luogo aperto al pubblico enucleata dalla giurisprudenza di questa Corte la qualificazione giuridica del luogo, che integra uno degli elementi costitutivi della fattispecie criminosa, non può d'altronde variare, come preteso dal ricorrente, in relazione alle concrete circostanze di commissione del reato, ritenute in tesi connotate da una minore o nulla potenzialità offensiva rispetto all'interesse tutelato dalla previsione normativa dell'elemento materiale in questione, posto che un luogo pubblico o aperto al pubblico conserva la sua natura a prescindere dall'ora notturna, dall'ubicazione isolata e dalla maggiore o minore presenza virtuale di frequentatori che ne può conseguire. 5. Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.