Eliminazione dei danni: il giudice lascia campo aperto alla fantasia del condannato

L’art. 165 c.p. obblighi del condannato stabilisce la possibilità di subordinare la sospensione della pena a determinate condizioni tra cui l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero, se il condannato non si oppone, la prestazione di attività retribuita a favore della collettività per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna . L’indicazione delle modalità, da parte del giudice nella sentenza di condanna, si riferisce soltanto alla prestazione di attività retribuita a favore della collettività.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza n. 50004, depositata il 1° dicembre 2014. Il caso. Il tribunale di Messina condannava, ai sensi dell’art. 6- bis l. n. 401/1989 Lancio di materiale pericoloso, scavalcamento ed invasione di campo in occasione di manifestazioni sportive , un imputato a 10 mesi di reclusione, subordinando il beneficio della sospensione all’eliminazione delle conseguenze dannose del reato. L’uomo ricorreva in Cassazione, contestando la mancata indicazione delle modalità con cui avrebbe potuto provvedere all’eliminazione delle conseguenze dannose, fatto che inciderebbe sulla possibilità di fruire del beneficio. La Corte ricorda che l’art. 6- bis l. n. 401/1989 punisce chiunque, nel corso o in occasione di manifestazioni sportive salvo che il fatto costituisca più grave reato lanci oggetti fumogeni, razzi, o corpi contundenti atti ad offendere. La clausola di riserva non permette di invocare l’art. 635 c.p., che disciplina il delitto di danneggiamento aggravato e contiene un obbligo specifico di subordinazione del beneficio nel caso di commissione del delitto di danneggiamento. L’art. 165 c.p. obblighi del condannato stabilisce, comunque, la possibilità di subordinare il beneficio a determinate condizioni tra cui l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero, se il condannato non si oppone, la prestazione di attività retribuita a favore della collettività per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna . L’indicazione delle modalità, da parte del giudice nella sentenza di condanna, si riferisce soltanto alla prestazione di attività retribuita a favore della collettività infatti, solo in questo caso è ipotizzabile una indicazione dei criteri e delle regole per rendere la prestazione dell'attività idonea al reinserimento del condannato e alla fruizione di benefici nel trattamento sanzionatorio. Invece, l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato non ha bisogno di particolari specificazioni da parte del giudice, essendo inequivoco ed insuscettibile di indicazioni delle modalità il fatto di eliminare le conseguenze dannose. Anche perché, si chiede la Cassazione rigettando il ricorso, quali modalità avrebbe potuto indicare il giudice per eliminare le conseguenze dannose del reato, che nel caso specifico erano consistite nell’infrazione del parabrezza di una macchina della polizia, se non – in via implicita – la sostituzione del parabrezza medesimo ?

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 8 maggio – 1 dicembre 2014, n. 50004 Presidente Fiale – Relatore Grillo Ritenuto in fatto 1.1 Con sentenza emessa ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen. in data 11 settembre 2013 il Tribunale di Messina in composizione monocratica applicava nei confronti di RAPISARDA Michele imputato del delitto di cui all'art. 6 bis della L. 401/89 la pena di mesi dieci di reclusione subordinando il beneficio della sospensione all'eliminazione delle conseguenze dannose del reato . 1.2 Per l'annullamento del detto provvedimento nella parte relativa alle statuizioni riguardanti la sospensione condizionale della pena ricorre l'imputo a mezzo del proprio difensore, deducendo carenza di motivazione in ordine alla mancata indicazione delle modalità con le quali il RAPISARDA avrebbe dovuto provvedere alla eliminazione delle conseguenze dannose del reato e rilevando che tale assenza di motivazione refluirebbe sulla stessa possibilità per il RAPISARDA di fruire del beneficio concesso vista l'incertezza circa il modo di adempiere alla obbligazione. Considerato in diritto 1. II ricorso non può essere accolto. Va, anzitutto, chiarito che al RAPISARDA è stato contestato il delitto di cui all'art. 6 bis della L. 401/89 che sanziona, al primo comma, la condotta violenta di chi, nel corso o in occasione di manifestazioni sportive salvo che il fatto costituisca più grave reato lanci oggetti fumogeni, razzi, o corpi contundenti atti ad offendere, con la pena edittale compresa tra un minimo di un anno ed un massimo di quattro anni di reclusione. La cd. clausola di riserva enunciata nella prima parte del comma 1 dell'art. 6 bis citato fa sì che non possa invocarsi, come invece ha prospettato il ricorrente, l'art. 635 cod. pen. disciplinante il delitto di danneggiamento aggravato che contiene un obbligo specifico di subordinazione del beneficio nel caso di commissione del delitto di danneggiamento su una delle cose comprese nel comma 2° dello stesso articolo. 2. Ciò detto va però segnalato che la norma di carattere generale prevista dall'art. 165 cod. pen,. prevede, al primo comma, la possibilità, in via generale, della subordinazione del beneficio a determinate condizioni tra le quali l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero, se il condannato non si oppone, la prestazione di attività retribuita a favore della collettività per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna . 2.1 Ora, ferma restando la distinzione della ipotesi contemplata dall'art. 635 cod. pen. da quella delineata nell'art. 165 stesso cod., tenuto anche conto del fatto che nel primo caso la subordinazione è obbligatoria e nel secondo caso semplicemente facoltativa, l'espressione secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna non può che riferirsi, per ragioni di ordine sistematico e logico alla seconda delle due forme di subordinazione cioè quella della prestazione di attività retribuita a favore della collettività , in quanto solo per quest'ultima è ipotizzabile una indicazione dei criteri e delle regole per rendere la prestazione dell'attività idonea al reinserimento del condannato e alla fruizione di benefici nel trattamento sanzionatorio. Va da sé che l'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato non abbisogna di particolari specificazioni da parte del giudice essendo inequivoco ed insuscettibile di indicazioni delle modalità il fatto di eliminare le conseguenze dannose. Mentre quindi quest'ultima espressione va intesa tout court, la seconda necessita di specifiche indicazioni da parte del giudice circa tempi, luoghi, e modi di esplicazione della attività retribuita prestandosi essa a prescrizioni preventive tali da rendere idonea la misura allo scopo che la norma si prefigge. 2.211el caso in esame, peraltro, così come sostenuto dal Procuratore Generale requirente, non si vede quale specifica modalità avrebbe potuto o dovuto indicare il giudice per eliminare la conseguenza dannosa costituita dalla infrazione del parabrezza dell'autovettura della Polizia di Stato, se non - in via implicita - la sostituzione del parabrezza medesimo. 2.3 II ricorso va, conseguentemente, rigettato. Segue la condanna dei ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, l'8 maggio 2014