Nessun pericolo della reiterazione del reato? Allora, la misura può essere sostituita

Nei confronti del soggetto sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere, per concorso esterno in associazione mafiosa, si applicai la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e quella assoluta di adeguatezza della custodia in carcere, di cui all’art. 275, comma 3, c.p.p. La presunzione è superata, però, se risulta esclusa, secondo valutazione prognostica, la possibilità del ripetersi della situazione che ha dato luogo al contributo dell’ extraneus al sodalizio mafioso.

E’ stato così deciso nella sentenza n. 50170, della Corte di Cassazione, depositata il 1° dicembre 2014. Il caso. Il Tribunale rigettava l’appello ex art. 310 c.p.p., proposto da un uomo, dipendente della Polizia Municipale, condannato quale concorrente esterno di un clan mafioso, avverso la pronuncia della Corte d’appello di rigetto dell’istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere applicata per i reati di cui agli artt. 110 Pena per coloro che concorrono nel reato e 416 bis Associazioni di tipo mafioso anche straniere c.p Nessuna sostituzione della misura cautelare, perché La Corte di merito non aveva accolto la richiesta di sostituzione della misura più grave con una meno afflittiva, in forza della doppia presunzione ai sensi dell’art. 275, comma 3, c.p.p. Criteri di scelta delle misure . In particolare, l’età dell’imputato non era avanzata e le condizioni di salute erano del tutto compatibili con lo stato di detenzione. I giudici avevano ritenuto irrilevante anche lo stato di incensuratezza. Vi era pericolo di reiterazione del reato? Il soccombente ricorreva allora per cassazione, lamentando vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata in ordine alla ritenuta sussistenza di un concreto pericolo di reiterazione del reato. Secondo il ricorrente il tribunale aveva affermato del tutto apoditticamente che l’imputato potesse ancora utilizzare quei canali confidenziali per trasmettere le informazioni alla cosca mafiosa i Giudici avrebbero dovuto, ai fini della prognosi della ripetibilità della condotta illecita, tener conto dell’attuale condotta di vita del soggetto e della persistenza o meno degli interessi comuni con il sodalizio mafioso. La presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza. La Cassazione, nel decidere la questione in esame, ricorda che nei confronti di soggetto raggiunto da ordinanza cautelare per concorso esterno in associazione mafiosa, continua ad applicarsi la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e quella assoluta di adeguatezza della custodia in carcere, di cui al comma terzo dell’art. 275 c.p.p. Cass., n. 2946/2013 . La presunzione può essere superata se Specifica, poi, il Collegio, però, che, la presunzione è superata se risulta esclusa, secondo valutazione prognostica, la possibilità del ripetersi della situazione che ha dato luogo al contributo dell’ extraneus alla vita della consorteria, la presunzione è vinta solo se siano acquisiti elementi tali da dimostrare in concreto un consistente allontanamento del soggetto rispetto all’associazione Cass., n. 9748/2014 . Il Tribunale del riesame, però, benché avesse tenuto conto di detti principi, aveva motivato in modo carente, quasi apparente, rispetto alla possibilità di reiterazione dei reati da parte dell’imputato. Inoltre, è pacifico in sede di legittimità che nei reati contro la pubblica amministrazione, commessi da funzionari o impiegati pubblici, certamente il giudice di merito può ritenere sussistente il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie ex art. 274, comma primo, lettera c , c.p.p. anche quando il soggetto in posizione di rapporto organico con la pubblica amministrazione risulti sospeso o dimesso dal servizio. In tal caso, però, deve essere fornita adeguata e logica motivazione in merito alla mancata rilevanza della sopravvenuta cessazione del rapporto, con riferimento alle circostanze di fatto che concorrono a evidenziare la probabile rinnovazione di analoghe condotte criminose da parte dell’imputato, pur nella mutata veste di soggetto estraneo ormai alla pubblica amministrazione Cass., n. 285/1997 . Nel caso in esame deve applicarsi, spiega la Corte suprema, tale principio il Giudice doveva fornire una motivazione adeguata della permanenza del pericolo con riferimento alla situazione concreta creatasi e modificatasi in conseguenza del pensionamento. Infatti, il fatto che il giudizio richiesto abbia natura prognostica non esime il Giudice dall’agganciarlo a circostanze concrete. Sulla base di tali argomenti, la Cassazione accoglie il ricorso e cassa con rinvio.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 28 ottobre – 1 dicembre 2014, n. 50170 Presidente Siotto – Relatore Rocchi Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 16/6/2014, il Tribunale di Napoli rigettava l'appello ex art. 310 cod. proc. pen. proposto da S.D avverso quella della Corte di appello di Napoli di rigetto dell'istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere applicata per i reati di cui agli artt. 110 e 416 bis cod. pen La Corte aveva condannato Silvestro alla pena di anni sei di reclusione, come concorrente esterno del clan M., tuttora operante, coadiuvato dall'imputato in qualità di appartenente alla Polizia Municipale di Arzano. La richiesta di sostituzione della misura più grave con altra meno afflittiva non poteva essere accolta, in forza della duplice presunzione posta dall'art. 275, comma 3, cod. proc. pen. l'età dell'imputato non è particolarmente avanzata e le sue condizioni di salute erano compatibili con la detenzione, per come descritte nella relazione sanitaria acquisita dal Tribunale. Lo stato di incensuratezza e il decorso del tempo erano ininfluenti per il venir meno delle esigenze cautelari il Tribunale riteneva che anche l'intervenuto pensionamento di Silvestro - con conseguente uscita dal Corpo di Polizia Municipale - non fosse circostanza idonea a superare la presunzione di esistenza delle esigenze cautelari infatti, l'ausilio al clan M. non era stato prestato con riferimento a specifici atti di indagine, ma fornendo informazioni confidenziali, evidentemente apprese da canali di informazioni privilegiati a disposizione del soggetto. Si trattava, in definitiva, di condotta ripetibile. 2. Ricorre per cassazione il difensore di S.D , deducendo violazione degli artt. 274 e 275, comma 3, cod. proc. pen. e vizio della motivazione. Richiamando la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari ex art. 275 comma 3 cod. proc. pen. per il concorrente esterno all'associazione mafiosa può essere esclusa nel caso in cui una valutazione prognostica ritenga impossibile il ripetersi della situazione che ha dato luogo alla condanna, il ricorrente contesta la motivazione dell'ordinanza impugnata in ordine alla ritenuta sussistenza di un concreto pericolo di reiterazione del reato. In effetti, la prognosi di ripetibilità della condotta illecita deve tenere conto dell'attuale condotta di vita del soggetto e della persistenza o meno di interessi comuni con il sodalizio mafioso. Il Tribunale aveva affermato del tutto apoditticamente che Silvestro potesse accedere ancora a quei canali confidenziali che gli avevano fornito le informazioni trasmesse alla cosca l'affermazione non trovava riscontro in fatti e comportamenti recenti, ma solo in vicende risalenti, nelle quali, per di più, l'esistenza di fonti di informazione era stata oggetto di vanteria, senza essere affatto provata. Il Tribunale aveva, poi, aveva ritenuto la circostanza della collocazione in quiescenza dell'imputato priva di valore, omettendo una verifica attuale e concreta sulla reale capacità di Silvestro di reiterazione dei reati. Il ricorrente conclude per l'annullamento dell'ordinanza impugnata. Considerato in diritto Il ricorso merita accoglimento. Questa Corte ha sì affermato, come ricorda il Tribunale, che nei confronti di soggetto raggiunto da ordinanza cautelare per concorso esterno in associazione mafiosa, anche dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 57 del 2013, continua ad applicarsi la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelare e quella assoluta di adeguatezza della custodia in carcere, di cui al comma terzo dell'art. 275 cod. proc. pen. Sez. 1, n. 2946 del 17/10/2013 - dep. 22/01/2014, Palumbo, Rv. 257774 , ma ha successivamente specificato che la presunzione è superata se risulta esclusa, secondo una valutazione prognostica, la possibilità dei ripetersi della situazione che ha dato luogo al contributo dell'extraneus alla vita della consorteria, a differenza di quanto rileva con riferimento alla partecipazione all'associazione mafiosa, giacché in tal caso, atteso l'evidenziarsi di una situazione di affectio societatis, la presunzione è vinta solo se siano acquisiti elementi tali da dimostrare in concreto un consistente allontanamento del soggetto rispetto all'associazione Sez. 6, n. 9748 del 29/01/2014 - dep. 27/02/2014, Ragosta, Rv. 258809 . Il Tribunale del riesame, per la verità, prende lo spunto da questi principi, giungendo ad esprimere la valutazione prognostica in ordine alla possibilità di reiterazione dei reati ma proprio su questo punto la motivazione è decisamente carente, se non apparente. In effetti, l'ordinanza osserva che il ruolo in concreto svolto da Silvestro - secondo quanto ricostruito dalla sentenza di condanna - è stato dallo stesso portato a termine non in relazione ad atti di indagine a lui assegnati bensì molto più in generale rispetto a notizie da lui apprese nell'ufficio di appartenenza ove evidentemente vanta canali di informazione privilegiati e confidenziali che non può ritenersi siano venuti meno in ragione del suo mero pensionamento . Emerge con chiarezza la natura congetturale dei ragionamento espresso sul punto decisivo la contrapposizione tra rivelazione di notizie apprese nel corso di indagini specificamente delegate a Silvestro e notizie apprese nell'ufficio di appartenenza costituisce, in realtà, una sottolineatura su un aspetto non decisivo in sostanza, il Tribunale opina che Silvestro, il quale, in conseguenza del pensionamento, non riceverà più deleghe di indagine, potrebbe continuare a trasmettere informazioni al clan camorristico in relazione ai canali di informazione privilegiati che ha all'interno della Polizia Municipale di cui ha fatto parte ma, appunto, si tratta di un'affermazione che prescinde del tutto dalla circostanza dell'avvenuto pensionamento del ricorrente - con conseguente allontanamento dal Corpo di appartenenza - ed è quindi astratta. Appare opportuno ricordare la massima di questa Corte, secondo cui nei reati contro la pubblica amministrazione, commessi da funzionari o impiegati pubblici, certamente il giudice di merito può ritenere sussistente il pericolo di reiterazione di reati della stessa specie ex art. 274, comma primo, lettera c , cod. proc. pen. anche quando il soggetto in posizione di rapporto organico con la pubblica amministrazione risulti sospeso o dimesso dal servizio. In tal caso, però, deve essere fornita adeguata e logica motivazione in merito alla mancata rilevanza della sopravvenuta cessazione del rapporto, con riferimento alle circostanze di fatto che concorrono a evidenziare la probabile rinnovazione di analoghe condotte criminose da parte dell'imputato, pur nella mutata veste di soggetto estraneo ormai alla pubblica amministrazione Sez. 6, n. 285 del 28/01/1997 - dep. 14/05/1997, Ortolano, Rv. 208889 il principio allora affermato è perfettamente applicabile anche al caso in esame il Giudice deve fornire una motivazione adeguata della permanenza del pericolo con riferimento alla situazione concreta creatasi e modificatasi in conseguenza del pensionamento. Il fatto che il giudizio richiesto abbia natura prognostica non esime il giudice dall'agganciarlo a circostanze concrete, come dei resto l'art. 274, comma 1, lett. c cod. proc. pen. indica esplicitamente. L'ordinanza impugnata deve, quindi, essere annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Napoli. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Napoli. Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento al direttore dell'Istituto penitenziario, ai sensi dell'art. 94, comma 1-ter, disp. att.