Vendita di cibo avariato: il responsabile del punto vendita può puntare il dito contro altri

In caso di vendita di generi alimentari in cattivo stato di conservazione, il legale rappresentante od il gestore di una società sono responsabili per le deficienze dell’organizzazione dell’impresa e per la mancata vigilanza sull’operato del personale dipendente, salvo che il fatto illecito non appartenga in via esclusiva ai compiti di un preposto, appositamente delegato a tali mansioni.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 49995, depositata oggi. Il caso. Il tribunale di Messina condannava, ai sensi dell’art. 5, comma 1, lettere b e d l. n. 283/1962 Disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande , il responsabile di un punto vendita per aver posto in vendita generi alimentari in cattivo stato di conservazione. L’imputato ricorreva in Cassazione, deducendo che, in qualità di responsabile del punto vendita, svolgeva solo un compito di coordinamento, senza avere conoscenza di quanto effettivamente offerto in vendita. Mancati controlli. La Corte di Cassazione ricorda che, secondo l’art. 5 l. n. 283/1962, chiunque detiene per la somministrazione un prodotto non conforme alla normativa deve rispondere a titolo di colpa per non aver fatto eseguire i controlli necessari ad evitare l’avvio del prodotto al consumo. Responsabilità del gestore. Il legale rappresentante od il gestore di una società sono, quindi, comunque responsabili per le deficienze dell’organizzazione dell’impresa e per la mancata vigilanza sull’operato del personale dipendente, salvo che il fatto illecito non appartenga in via esclusiva ai compiti di un preposto, appositamente delegato a tali mansioni. Ed è proprio su questo punto che i giudici di merito cadevano in errore non avevano, infatti, verificato la possibilità che fossero altri ad occuparsi del posizionamento dei prodotti sugli scaffali, sul presupposto che il direttore del punto vendita sia, in ogni caso, tenuto al controllo sull’integrità e sullo stato di conservazione degli stessi. La Corte di Cassazione accoglie perciò il ricorso e rimanda la decisione al tribunale di Messina.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 8 ottobre – 1 dicembre 2014, n. 49995 Presidente Teresi – Relatore Savino Ritenuto in fatto e diritto Con sentenza emessa in data 1.10.2012 il Tribunale di Messina dichiarava A. S. colpevole del reato di cui all'art. 5 co. l lett. b e d l. 283/1962 per aver posto in vendita generi alimentari in cattivo stato di conservazione e, concesse le attenuanti generiche, lo condannava alla pena di euro 1.500,00 di ammenda oltre al pagamento delle spese processuali. Ordinava, inoltre, la confisca e distruzione di quanto in sequestro. Avverso tale sentenza il difensore dell'imputato ha proposto ricorso per cassazione per violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'art. 5 L. 283/62. In particolare al difesa si duole del fatto che il Tribunale avrebbe riconosciuto l'imputato colpevole del reato di cui all'art. 5 co. 1, lett. b e d l. 283/1962 senza considerare che lo stesso, in quanto responsabile del punto vendita, svolgeva solo un compito di coordinamento e non poteva avere alcuna contezza di quanto effettivamente offerto in vendita. Si lamenta inoltre la difesa, con un secondo motivo di ricorso, della non riconosciuta inutilizzabilità della consulenza effettuata dall'Asp. Eseguita, secondo quanto emergerebbe a detta della difesa anche dalla deposizione del teste M., senza alcuna garanzia di legge ed in aperta violazione del diritto di difesa del ricorrente. La difesa aveva eccepito in primo grado tale inutilizzabilità ma, afferma, il Giudice di merito non si sarebbe affatto pronunciato sul punto con conseguente inosservanza di una norma processuale prevista a pena di invalidità. Il ricorso è fondato e deve, pertanto, essere accolto. L'impugnata sentenza, infatti, motiva in maniera del tutto generica limitandosi a richiamare la giurisprudenza in tema di disciplina igienica dei prodotti alimentari D secondo la quale, sulla base della disposizione di cui all'art. 5 l. n. 283/62, chiunque detiene per la somministrazione un prodotto non conforme alla normativa deve rispondere a titolo di colpa per non aver fatto eseguire i controlli necessari ad evitare l'avvio del prodotto al consumo senza far alcun riferimento al caso concreto omissis . Dunque, secondo tale orientamento, il legale rappresentante od il gestore di una società è, comunque, responsabile per le deficienze dell'organizzazione di impresa e per la mancata vigilanza sull'operato del personale dipendente, salvo che il fatto illecito non appartenga in via esclusiva ai compiti di un preposto, appositamente delegato a tali mansioni Cass., Sez. III, n. 36055/2004 . Orbene il giudice di merito non ha adeguatamente verificato tale profilo inerente la possibilità che qualcun'altro si occupasse del posizionamento dei prodotti sugli scaffali sul presupposto che il direttore del punto vendita sia, in ogni caso, tenuto al controllo sulla integrità e sullo stato di conservazione degli stessi. Al pari fondata risulta anche la seconda censura inerente la dedotta inutilizzabilità della consulenza dell'Asp. sulla quale il giudice di merito non è affatto pronunciato. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Messina.