La precarietà dell’opera non cancella il pericolo

Il reato di pericolo previsto dall’art. 18 del d.lgs. n. 42/2004 è integrato anche dalla realizzazione di manufatti precari e facilmente amovibili, essendo assoggettabile ad autorizzazione ogni intervento modificativo, con esclusione delle sole condotte che si palesino inidonee a compromettere i valori del paesaggio.

E’ stato così deciso nella sentenza n. 48991, della Corte di Cassazione, depositata il 25 novembre 2014. Il caso. Il Tribunale dichiarava colpevole l’imputata del reato di cui all’art. 181, comma 1 bis , d.lgs. n. 42/2004 Codice dei beni culturali e del paesaggio , per aver, senza autorizzazione, collocato, su un bene paesaggistico di notevole interesse pubblico, un box metallico e un cancello in ferro. La Corte d’appello diminuiva la pena ma confermava nel resto la pronuncia di prime cure. Il manufatto precario era idoneo a danneggiare il bene paesaggistico? L’imputata proponeva allora ricorso per cassazione lamentando la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione. Secondo la ricorrente l’intervento edificatorio realizzato non era idoneo a determinare una concreta e reale violazione del bene oggetto di tutela, trattandosi di un manufatto precario. Inoltre, non era stato provato un pericolo di lesione del bene giuridico protetto. Del tutto irrilevante la precarietà della costruzione. La Cassazione, nell’affrontare la questione in esame, rileva che la Corte di merito aveva correttamente e adeguatamente motivato la decisione. Infatti era stato contestato il delitto ambientale di cui all’art. 181, comma 1 bis , d.lgs n. 42/2004. Pertanto, era del tutto irrilevante la natura precaria dell’opera, alla luce dell’orientamento giurisprudenziale secondo cui il reato di pericolo previsto dall’art. 18, d.lgs. n. 42/2004 è integrato anche dalla realizzazione di manufatti precari e facilmente amovibili essendo assoggettabile ad autorizzazione ogni intervento modificativo, con esclusione delle condotte che si palesino inidonee, anche in astratto, a compromettere i valori del paesaggio Cass., n. 38525/2012 . L’intervento non era di minima entità. E’ altrettanto pacifico che è esclusa la punibilità solo nell’ipotesi di interventi di minima entità”, ovvero quelli inidonei in astratto a porre in pericolo il paesaggio Cass. n. 39049/2013 . Nella fattispecie, non ricorreva il presupposto della minima entità dell’intervento, essendo stato realizzato un box di m. 5, 10 x 2,70 x 2 di altezza oltre ad un cancello sostenuto da montanti in calcestruzzo armato. La Cassazione dichiara quindi inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 21 ottobre – 25 novembre 2014, n. 48991 Presidente Teresi – Relatore Franco Ritenuto in fatto Il giudice del tribunale di B.P.di Gotto, sezione distaccata di Lipari, con sentenza del 21 aprile 2010 dichiarò W.M.colpevole del reato di cui all'art. 181, comma 1 bis, d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 per ché, senza la preventiva autorizzazione, aveva collocato su un bene paesaggisti co dichiarato di notevole interesse pubblico un box metallico e un cancello in ferro, e la aveva condannata alla pena di un anno di reclusione, con l'ordine di demolizione e la sospensione condizionale della pena subordinata alla rimes sione in pristino dello stato dei luoghi, La corte d'appello di Messina, con la sentenza in epigrafe, concesse le atte nuanti generiche, ridusse la pena a mesi otto di reclusione, concesse la non menzione e confermò nel resto la sentenza di primo grado. L'imputata, a mezzo dell'avv. Antonino Rizzo, propone ricorso per cassa zione deducendo mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della moti vazione e violazione di legge. Lamenta che la corte d'appello ha richiamato la sentenza di primo grado senza esaminare i motivi di appello. Lamenta poi che l'intervento edificatorio realizzato non era tale da poter determinare una concre ta e reale violazione del bene oggetto di tutela. Conclude lamentando che la corte d'appello non ha motivato sui motivi di appello con i quali era stato eccepito 1 che si trattava di manufatto precario in quanto l'intervento non era idoneo al la creazione di una nuova opera 2 che non era mai stato provocato un pericolo di lesione del bene giuridico protetto. Considerato in diritto Il ricorso è, per la prima parte generico, perché non vengono specificati quali sarebbero gli specifici motivi di appello sui quali la corte d'appello avreb be omesso di fornire una motivazione, limitandosi a rinviare a quella della sen tenza di primo grado. Per quanto riguarda i due specifici motivi di appello riportati nella parte fi nale del ricorso, la censura è manifestamente infondata, perché al contrario la corte d'appello ha fornito congrua, specifica ed adeguata motivazione sulle ra gioni per le quali ha dichiarato infondate le due eccezioni in questione. E difatti, in ordine alle dette eccezioni, secondo cui si sarebbe trattato di una opera precaria e comunque non idonea, per la sua struttura ed i materiali u sati, alla creazione di una nuova opera ed a mettere in pericolo in astratto il bene giuridico protetto, la corte d'appello ha esattamente, e con congrua ed adeguata motivazione, osservato a che non era stata contestata la violazione edilizia di cui all'art. 44, lett. c , d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, bensì il delitto ambientale di cui all'art. 181, comma 1 bis, d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 b che pertanto era irrilevante la pretesa natura precaria dell'opera perché, secondo la giuri sprudenza di questa Corte, Il reato di pericolo previsto dall'art. 181 del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 è integrato anche dalla realizzazione di manufatti pre cari e facilmente amovibili nella specie, una struttura in ferro con copertura superiore e laterale in plastica di mq. 36 , essendo assoggettabile ad autorizza zione ogni intervento modificativo, con esclusione delle condotte che si palesi no inidonee, anche in astratto, a compromettere i valori del paesaggio sez. 3, n. 38525 del 25/09/2012, Gruosso, Rv. 253690 c che La punibilità del reato di pericolo previsto dall'art. 181, comma primo, D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, è esclusa solo nell'ipotesi di interventi di minima entità e cioè di quelli ini donei, già in astratto, a porre in pericolo il paesaggio, e a pregiudicare il bene paesaggistico-ambientale Sez. 3, n. 39049 del 20/03/2013, Bortini, Rv. 256426 d che nella specie non ricorreva il presupposto della minima entità dell'intervento, essendo stato realizzato un box di m. 5,10 x 2,70 x 2 di altezza oltre ad un cancello sostenuto da montanti in calcestruzzo armato. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile per manifesta in fondatezza dei motivi. In applicazione dell'art. 616 cod. proc. pen., segue la condanna della ricor rente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi che pos sano far ritenere non colpevole la causa di inammissibilità del ricorso, al paga mento in favore della cassa delle ammende di una somma, che, in considerazio ne delle ragioni di inammissibilità del ricorso stesso, si ritiene congruo fissare in € 1.000,00. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.