Condannata si iscrive al Collegio professionale dichiarando di essere “pulita”: è falsità ideologica

Integra il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico art. 483 c.p. , la condotta della donna che, in sede di autocertificazione dichiari falsamente, nella domanda di iscrizione al registro dei praticanti del Collegio dei Geometri, di non essere gravata da precedenti penali, benché la stessa fosse stata condannata in sede penale. Infatti, gli Ordini e i Collegi nazionali professionali devono considerarsi enti di natura pubblica non economici, sicché le autocertificazioni sono da considerarsi come fatte a pubblico ufficiale”.

E’ stato così deciso nella sentenza n. 48681, della Corte di Cassazione, depositata il 24 novembre 2014. Il caso. La Corte d’appello, in riforma della sentenza di primo grado, condannava l’imputata per il reato di cui all’art. 483 c.p. Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico , per aver dichiarato falsamente nella domanda di iscrizione al registro dei praticanti del Collegio dei Geometri, in sede di autocertificazione, di non essere gravata da precedenti penali, mentre la stessa risultava essere stata condannata dal giudice per i reati di ricettazione e commercio di prodotti con segni falsi. Avverso tale sentenza ricorreva per cassazione l’imputata, lamentando violazione di legge e carenza motivazionale. L’autocertificazione ha valore probatorio. La Cassazione, nel decidere la questione in esame, rileva che i Giudici di merito avevano correttamente ritenuto responsabile del reato predetto la donna, essendo pacifico in sede di legittimità il principio per cui integra il reato di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico, la condotta di colui che nella dichiarazione sostitutiva di certificazione, attesti falsamente di non aver riportato condanne penali, in quanto detta autocertificazione riveste la funzione di provare o fatti attestati, evitando al privato l’onere di provarli con la produzione di certificati nella specie il certificato del casellario giudiziale e così collegando l’efficacia probatoria dell’atto al dovere del dichiarante di dichiarare il vero Cass., n. 6063/2008 . Da considerare la natura pubblica degli Ordini e dei Collegi. La Cassazione, inoltre, chiarisce che gli Ordini e i Collegi nazionali professionali devono considerarsi enti di natura pubblica non economici, perciò la condotta dell’imputata integra gli estremi del reato predetto le dichiarazioni sostitutive, attestanti stati e qualità personali, sono infatti considerate come fatte a pubblico ufficiale” ex art. 46 d.P.R. n. 445/2000 , sicchè l’atto nel quale tali dichiarazioni sono trafuse è destinato a provare la verità dei fatti attestati e a produrre effetti specifici Cass., n. 4970/2012 . In conclusione, la motivazione fornita dalla Corte d’appello risulta, come affermato dalla Suprema Corte, immune da vizi logici, avendo i Giudici territoriali evidenziato come l’imputata avesse affermato oggettivamente il falso nell’autocertificazione che accompagnava la sua domanda di iscrizione al registro del collegio professionale, attestando di non aver riportato condanne, ma il certificato avrebbe dovuto metterla in condizione di una più approfondita verifica del suo stato proprio per il precedente penale di cui era a conoscenza. Sulla base di tali argomenti la Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 13 ottobre – 24 novembre 2014, n. 48681 Presidente Lombardi – Relatore Guardiano Fatto e diritto 1. Con sentenza pronunciata il 2.4.2013 la corte di appello di Genova, in riforma della sentenza con cui il tribunale di Imperia, in data 17.6.2010, aveva assolto S.S. dal delitto di cui all'art. 483, c.p., con la formula perché il fatto non sussiste, affermava la penale responsabilità della S. in ordine al delitto innanzi indicato, per avere dichiarato falsamente nella domanda di iscrizione al registro dei praticanti del Collegio dei Geometri di Imperia, in sede di autocertificazione, di non essere gravata da precedenti penali, laddove la stessa risulta essere stata condannata dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Sanremo, con decreto penale di condanna emesso in data 8.3.2006, divenuto esecutivo il 21.7.2006, in seguito alla mancata opposizione dell'imputata, per i reati di ricettazione e commercio di prodotti con segni falsi. 2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l'annullamento, ha proposto ricorso per cassazione, personalmente, la S.S. , lamentando 1 violazione di legge e vizio di motivazione, in quanto la corte territoriale, venendo meno all'obbligo di motivazione rafforzata che su essa gravava in conseguenza dell'assoluzione di primo grado, non ha adeguatamente motivato in ordine alla circostanza che l'imputata fosse a conoscenza della condanna subita all'atto della presentazione della domanda di iscrizione, non avendo il pubblico ministero fornito alcuna prova sulla esistenza del decreto penale di condanna e della notificazione di tale provvedimento, ai sensi dell'art. 460, c.p.p., né sull'avvenuto pagamento della sanzione pecuniaria, risultando, peraltro, incontestato che nel certificato richiesto dalla S. , dopo il rigetto della sua richiesta di iscrizione, non risultavano precedenti penali a suo carico evidenzia al riguardo la ricorrente che la prova della responsabilità dell'imputata non può essere desunta dal contenuto del certificato del casellario giudiziale in atti, la cui utilizzazione è limitata alla valutazione della personalità del reo 2 violazione di legge e mancanza di motivazione sulla entità del trattamento sanzionatorio, fissato in tre mesi di reclusione, e sulla condanna al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio, anche in considerazione delle modeste condizioni economiche dell'imputata, nonché delle sue condizioni di vita individuale, familiare e sociale, rappresentate nel giudizio di primo grado ed affatto considerate dalla corte territoriale 3 violazione di legge e mancanza di motivazione in relazione al delitto di cui all'art. 483, c.p., in quanto, nel caso in esame, da un lato non si è in presenza di un atto pubblico, poiché con la delibera di iscrizione o di non iscrizione l'organo si limita ad attestare la sussistenza o meno dei requisiti previsti per l'iscrizione all'albo in capo al richiedente, senza riportare le dichiarazioni di quest'ultimo, che, quindi, non sono destinate ad essere trasfuse nell'atto, dall'altro difetta la prova del dolo del delitto in questione 4 violazione di legge in ordine all'art. 2229, co. 2, c.c. e dell'art. 33, ultimo comma, Cost., in quanto la verifica del possesso dei menzionati requisiti costituisce compito precipuo degli Ordini o dei Collegi professionali, soggetti alla vigilanza dello Stato, per cui mai la dichiarazione resa dalla S. avrebbe potuto essere trasfusa nel provvedimento amministrativo 5 violazione di legge in relazione all'art. 2, l. n. 75 del 1985, in quanto la direttiva del Consiglio Nazionale dei Geometri, che impone come condizione per l'iscrizione non avere mai riportato condanne penali, è contraria alla legge, che non prevede tale requisito come necessario per l'iscrizione all'albo, e viola il citato art. 33, ultimo comma, Cost., secondo cui gli Ordini possono darsi ordinamenti autonomi nell'ambito della legge. 3. Il ricorso non può essere accolto. 4. Ed invero, con motivazione approfondita ed immune da vizi logici, la corte territoriale ha evidenziato come l'imputata abbia affermato oggettivamente il falso nella dichiarazione resa ai sensi della l. 4 gennaio 1968, n. 15, che accompagnava la sua domanda di iscrizione al registro dei praticanti geometri presentata il 12.2.2007 presso la segreteria del Collegio dei Geometri di Imperia, attestando di non avere riportato condanne, fidando sulle risultanze di un certificato, che, proprio perché rilasciato a seguito di sua richiesta, avrebbe dovuto metterla in condizione di una più approfondita verifica del suo stato proprio per il precedente penale di cui era bena conoscenza . Ciò sul presupposto incontestabile, osserva la corte territoriale, che la S. ha riportato condanna per i reati di ricettazione e commercio di prodotti con segni falsi, commessi in il omissis , in virtù di decreto penale emesso in data 8.3.2006 dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Sanremo, divenuto esecutivo per mancata opposizione dell'imputata il 21.7.2006, come si evince dal casellario giudiziale in atti cfr. pp. 4-5 dell'impugnata sentenza . Ritiene il Collegio che tale assunto sia condivisibile. Come affermato dall'orientamento dominante in sede di legittimità, infatti, integra il reato di falso ideologico commesso dal privato in atto pubblico, la condotta di colui che nella dichiarazione sostitutiva di certificazione, attesti falsamente di non aver riportato condanne penali, in quanto detta autocertificazione riveste la funzione art. 46 del d.P.R. n. 445 del 2000 di provare i fatti attestati, evitando al privato l'onere di provarli con la produzione di certificati nella specie certificato del casellario giudiziale e così collegando l'efficacia probatoria dell'atto al dovere del dichiarante di dichiarare il vero cfr. Cass., sez. V, 25/11/2008, n. 6063, rv. 243324 Cass., sez. V, 9/7/2010, n. 37237, rv. 248646 . Nel caso in esame, pertanto, stante l'incontestata natura di enti pubblici non economici degli Ordini e dei Collegi nazionali professionali, inclusi tra le pubbliche amministrazioni, giusta la previsione dell'art. 1, comma 2 d.lg. n. 29 del 1993, poi trasfuso nel d.lg. n. 165 del 2001, cfr. Cass. civ., sez. I, 14.10.2011, n. 21226 , la condotta della S. integra gli estremi del delitto previsto dall'art. 483 c.p., in quanto, da un lato le dichiarazioni sostitutive, attestanti stati e qualità personali, ex art. 46 d.P.R. n. 445 del 2000, sono considerate come fatte a pubblico ufficiale , d'altro canto, l'atto nel quale tali dichiarazioni sono trasfuse è destinato a provare la verità dei fatti attestati e a produrre specifici effetti cfr. Cass., sez. II, 12/01/2012, n. 4970, rv. 251815 Cass., sez. V, 07/03/2008, n. 13556, rv. 239827 , consistenti nell'ammissione della S. al registro dei praticanti del Collegio dei Geometri di Imperia, articolazione locale del Consiglio Nazionale dei Geometri e dei Geometri Laureati, condizionata, ai sensi dell'art. 2 delle direttive del suddetto Consiglio Nazionale, come riconosciuto dalla stessa ricorrente, al requisito di non avere riportato condanne penali. Previsione quest'ultima che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, non integra nessuna violazione dell'art. 2 della legge 7 marzo 1985 n. 75, recante Modifiche all'ordinamento professionale dei geometri , secondo cui, anzi, le modalità di iscrizione e svolgimento del praticantato, nonché la tenuta dei relativi registri da parte dei collegi professionali dei geometri saranno disciplinate proprio dalle direttive che il Consiglio nazionale professionale dei geometri dovrà emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge . Priva di pregio risulta, poi, la censura di cui al n. 4 , apparendo evidente che il reato risulta consumato nell'avere la S. rappresentato all'articolazione territoriale dell'ente pubblico una falsa circostanza di fatto, non incidendo sulla oggettiva falsità di quanto rappresentato l'esercizio dei poteri di verifica sul possesso dei requisiti prestabiliti da parte del Collegio dei Geometri. Né sussistono dubbi sulla esistenza dell'elemento soggettivo del delitto di cui si discute, costituito dalla volontà cosciente e non coartata di compiere il fatto e nella consapevolezza di agire contro il dovere giuridico di dichiarare il vero cfr. Cass., sez. V, 31/05/2012, n. 33218 . La circostanza di essere stata destinataria di un decreto penale di condanna, con cui le era stato concesso il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale spedito a richiesta di privati, non per ragione di diritto elettorale, ai sensi dell'art. 175, co. 1, c.p., infatti, in considerazione della conoscenza da parte della S. di tale condanna e del relativo beneficio, che si desume dalla notifica del provvedimento a quest'ultima, ai sensi dell'art. 460, co. 3, c.p.p., condizione necessaria affinché il decreto venisse dichiarato esecutivo per mancata opposizione della ricorrente, giusta la previsione dell'art. 461, co. 5, c.p.p., rende evidente che l'imputata abbia scientemente affermato il falso nel dichiarare di essere immune da precedenti penali, nella piena consapevolezza di violare il dovere di rappresentare il vero in sede di autocertificazione. Sul punto, dunque, le censure della ricorrente, che non ha provato, come sarebbe stato suo onore specifico, l'omessa notifica nei suo confronti del richiamato decreto penale di condanna, non colgono nel segno. Al riguardo va ribadito il principio, affermato in condivisibili arresti del Supremo Collegio, secondo cui l'onere di provare il fatto processuale, dal quale dipenda l'accoglimento dell'eccezione procedurale nel caso in esame la mancata notifica alla S. del decreto penale di condanna , grava sulla parte che ha sollevato l'eccezione stessa cfr. Cass., sez. V, 17.12.2008, n. 600, RV. 242551 Cass., sez. V 18.11.2010, n. 1915, rv. 249048 . Del tutto legittimamente, inoltre, la corte territoriale, per ritenere dimostrata la responsabilità penale dell'imputata, ha fatto riferimento alla condanna indicata nel certificato del casellario giudiziale in atti, in quanto, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, non è ammissibile limitare il rilievo probatorio del contenuto di tale documento, che, ai sensi dell'art. 431, co. 1, lett. g , c.p.p., fa parte del fascicolo per il dibattimento, ed è quindi pienamente utilizzabile ai fini della decisione, giusto il disposto dell'art. 511, c.p.p., richiamato dall'art. 598, c.p.p., esclusivamente ai fini della valutazione della personalità dell'imputato. Infondati sono, altresì, i rilievi sulla omessa motivazione in tema di trattamento sanzionatorio, che la corte territoriale ha fissato in mesi tre di reclusione, ritenendo tale pena equa, alla luce dei criteri di cui all'art. 133, c.p Come affermato da un condivisibile orientamento della Suprema Corte, infatti, non è necessaria una specifica motivazione tutte le volte in cui la scelta del giudice risulta contenuta in una fascia medio-bassa rispetto alla pena edittale, come nel caso in esame, in cui il massimo della pena per il delitto di cui all'arti. 483, co. 1, c.p., è pari a due anni di reclusione cfr. Cass., sez. IV, 14/07/2010, n. 36358, T.V. Cass., sez. IV, 05/11/2009, n. 6687, C. e altro Cass., sez. Ili, 08/10/2009, n. 42314, E. . Manifestamente infondata, infine, è la censura relativa alla condanna dell'imputata al pagamento delle spese processuali per entrambi i gradi di giudizio, che consegue ex lege all'affermazione della sua responsabilità penale, ai sensi dell'art. 597, co. 2, lett. b , c.p.p 5. Sulla base delle svolte considerazioni, dunque, il ricorso va rigettato, con condanna della ricorrente, ai sensi dell'art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.