L’avvocato fa scadere i termini per l’appello: al cliente il diritto di critica

Se effettivamente l’imputato è stato danneggiato dalla condotta professionalmente negligente e/o imperita del suo avvocato, è suo diritto censurare l’operato del professionista.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 47103, depositata il 13 novembre 2014. Il fatto. Il Giudice d’appello confermava la sentenza di primo grado, con la quale l’imputato fu condannato alla pena di giustizia e risarcimento del danno perché ritenuto colpevole dei delitti di ingiuria e diffamazione nei confronti del suo avvocato. L’imputato aveva, infatti, inviato una lettera raccomandata al suo avvocato con la quale rappresentava la inopportunità della sua appartenenza alla classe forense e una lettera al consiglio dell’ordine in cui esprimeva i medesimi concetti. Altra lettera, dallo stesso contenuto, inviò all’avvocato di controparte. Ricorre per la cassazione di tale decisione l’imputato, deducendo violazione di legge e carenze motivazionali, in quanto sostiene di aver correttamente esercitato il suo diritto di critica nei confronti del legale, il quale aveva lasciato scadere i termini per appellare la sentenza del Tribunale monocratico, con la quale egli era stato condannato. Il diritto di critica. Il Collegio afferma che se effettivamente l’imputato era stato danneggiato dalla condotta professionalmente negligente e/o imperita del suo avvocato, era suo diritto censurare l’operato del professionista sia presso l’ordine professionale cui il predetto apparteneva, sia rappresentando allo stesso il suo disappunto. Per quanto riguarda, poi, il delitto di diffamazione, la comunicazione con più persone vi fu, ma la lettera spedita all’avvocato di controparte, avendo la funzione di ottenere una dilazione, necessitava la denuncia della pretesa grave omissione dell’avvocato per giustificare tale richiesta. Carenza motivazione. La manchevolezza della sentenza impugnata sta proprio nel non aver accertato se l’imputato abbia legittimamente esercitato il diritto di critica nei confronti del professionista che, come ricorda la Corte, deve essere esercitato in presenza della effettiva sussistenza del fatto criticato e della sua attribuibilità alla persona che si intende criticare. Pertanto la Cassazione annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame, sul punto, al Tribunale di Ferrara.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 26 settembre – 13 novembre 2014, n. 47103 Presidente Bevere – Relatore Fumo Ritenuto in fatto 1. II tribunale di Ferrara in funzione di giudice di appello ha confermato la sentenza di primo grado, con la quale B.S. fu condannato alla pena di giustizia e risarcimento del danno perché riconosciuto colpevole dei delitti di ingiuria e diffamazione nei confronti dell'avvocato Giuseppina D.B., reati commessi per via epistolare. 2. Ricorre per cassazione l'imputato tramite il difensore e deduce violazione di legge e carenze dell'apparato motivazionale in quanto B. ha correttamente esercitato il diritto di critica nei confronti del legale sopraindicato, il quale, con scarsa diligenza e professionalità, aveva lasciato scadere i termini per appellare una sentenza del tribunale monocratico di Ferrara, con la quale B. era stato condannato. Nella lettera inviata al consiglio dell'ordine peraltro non vi erano espressioni incontinenti e comunque lesive della personalità dei legale, mentre la lettera inviata dall'avvocato di controparte conteneva semplicemente la richiesta di una dilazione del versamento della somma dovuta a titolo di risarcimento dei danni. Peraltro non vi è stata comunicazione con più persone, atteso che l'avvocato Frignani, di sua iniziativa, ha diffuso il contenuto della lettera in questione. Considerato in diritto 1. II ricorso è fondato e merita accoglimento. 2. B. è imputato di ingiuria per aver offeso l'avvocatessa D.B. inviandole una lettera raccomandata con la quale rappresentava la inopportunità della sua appartenenza alla classe forense e di diffamazione per aver inviato una lettera al consiglio dell'ordine degli avvocati di Ferrara in cui esprimeva i medesimi concetti a proposito della D.B Altra lettera, dal medesimo contenuto, e gli inviò all'avvocato di controparte. Al proposito, premesso che, per quel che riguarda il delitto di diffamazione, la comunicazione con più persone vi fu, in quanto, come giustamente si nota in sentenza, l'avvocato di controparte per dar corso alla richiesta di dilazione avanzata dal B., doveva necessariamente rendere nota ai suoi clienti la ragione di tale richiesta, resta da accertare e in tanto la sentenza impugnata è manchevole se l'imputato abbia legittimamente esercitato il diritto di critica nei confronti della professionista. 3. Invero, se effettivamente l'imputato era stato danneggiato dalla condotta professionalmente negligente e/o imperita del suo avvocato, egli era certamente nel suo diritto di censurare, con espressioni non inurbane, l'operato del professionista innanzitutto presso l'ordine professionale cui la predetta apparteneva, in secondo luogo rappresentando alla stessa il suo disappunto. 3.1. La lettera spedita, poi, all'avvocato di controparte, per quel che si apprende in sentenza, aveva essenzialmente la funzione di ottenere una dilazione. La denuncia, pertanto, della pretesa grave omissione della D.B. era necessaria per supportare e giustificare la richiesta stessa. 4. Naturalmente il diritto di critica deve essere esercitato in presenza della effettiva sussistenza del fatto criticato e della sua attribuibilità alla persona che si intende criticare. Nel caso di specie, si tratta, come più volte chiarito, della pretesa condotta professionalmente poco accorta della avvocatessa D.B 4.1. Di tanto dovrà farsi carico, nel corso di nuovo esame, il giudice di rinvio, vale a dire il tribunale di Ferrara. P.Q.M. annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al tribunale di Ferrara. Così deciso in Roma 26 settembre 2014.