Nessun sequestro ai beni dell’imprenditore se il fideiussore paga le sue imposte

Nell’ipotesi che il fideiussore saldi il debito IVA che la società ha nei confronti dell’amministrazione finanziaria il sequestro dei beni dell’imprenditore può essere annullato.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 43811 del 21 ottobre 2014, ha stabilito che è possibile ottenere l’annullamento del sequestro sui beni dell’imprenditore, se il fideiussore paga il debito IVA che la società ha nei confronti dell’amministrazione finanziaria. La fattispecie. Con ordinanza del gennaio 2014, il Tribunale del riesame nel respingere il ricorso dell’imprenditore di una società, confermava l’ordinanza emessa dal GIP del tribunale, disponendo il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, nei confronti di vari indagati, tra cui lo stesso amministratore di una SRL, in relazione al reato di cui all’art. 10- ter del d.lgs. 74/2000, per aver omesso di versare, entro il 27 dicembre 2011, l'IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale 2010, pari ad € 76.800,00. L’imprenditore nel ricorso in Cassazione evidenzia che il Tribunale del riesame non ha tenuto conto del fatto che era intervenuta la sanatoria della posizione tributaria ed il versamento dell’imposta evasa ha fatto venire meno la funzione sanzionatoria della confisca nel caso in esame, il debito tributario della società sarebbe stato assolto da un terzo soggetto, che non avrebbe nemmeno avuto alcuna possibilità di rivalsa sulla società amministrata dall'indagato, né sul medesimo, in virtù di una compensazione con pregressi crediti vantati da quest'ultima. Secondo la tesi dell’imprenditore ricorrente l'adempimento del debito verso l'erario fa venir meno lo scopo principale che si intende perseguire con la confisca, sicché la restituzione del profitto derivante dal reato, elimina in radice lo stesso oggetto su cui dovrebbe incidere la confisca. La circostanza che la misura cautelare/sanzionatoria colpisca la persona dell'amministratore non sarebbe quindi collegata all'illecito arricchimento di quest'ultimo, ma unicamente all’illecito arricchimento della società stessa e le ragioni della cautela verrebbero, meno con l'avvenuto pagamento. Pagato il debito tributario. I giudici di legittimità ricordano preliminarmente la sentenza della Corte Costituzionale n. 80/2014 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 10- ter , d.lgs. n. 74/2000, nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l'omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla relativa dichiarazione annuale, per importi non superiori, per ciascun periodo di imposta, ad euro 103.291,38. I giudici di legittimità osservano che il Tribunale del riesame, ha ritenuto irrilevante, ai fini della richiesta di revoca del sequestro per equivalente, la circostanza del pagamento del debito tributario della SRL da parte del terzo, sulla base dei seguenti rilievi a la produzione documentale della difesa non consentirebbe di ritenere provata la riconducibilità all'indagato del versamento della somma dovuta all'Erario da parte della società debitrice b non sarebbe possibile vincere dagli atti la reale esistenza di rapporti commerciali tra le due società, come la natura e l'entità di asserite posizioni creditorie tra le stesse c il venir meno del vincolo cautelare verrebbe meno esclusivamente a seguito del versamento integrale dell'imposta evasa, costituente l'illecito profitto, ad opera dell'obbligato/autore del reato o del terzo garante, soddisfatto dalla rivalsa d non sarebbe provata l'effettiva diminuzione del patrimonio personale dell'indagato, corrispondente all'illecito profitto La Cassazione dopo una lunga analisi del caso, ritiene che quanto affermato dal Tribunale del riesame debba essere rivisto. In tema di reati tributari, i giudici di legittimità osservano che - da un lato il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto del reato, corrispondente all’ammontare dell’imposta evasa, può essere legittimamente mantenuto fino a quando permane l'indebito arricchimento derivante dall'azione illecita, che cessa con l'adempimento dell'obbligazione tributaria - dall'altro lato, il mantenimento della misura ablativa è giustificato fino al momento in cui si realizza il recupero delle imposte evase a favore dell’amministrazione finanziaria con corrispondente diminuzione del patrimonio personale del contribuente. Nel caso in esame, tuttavia, il terzo che ha provveduto al pagamento del debito tributario della società e ha rilasciato una dichiarazione liberatoria non rilevando la circostanza che la stessa sia o meno priva di data, attesa la produzione del modello F24 attestante il pagamento della somma corrispondente al debito tributario , in cui si precisava che detto pagamento veniva effettuato per conto della SRL , e computato in parziale diminuzione del maggior credito vantato da quest'ultima società, con ciò escludendosi in radice la stessa possibilità di esperire azione di rivalsa nei confronti di quest'ultima, atteso che la stessa risultava ancora creditrice di ulteriori maggiori importi. Decremento patrimoniale per la SRL Per i giudici di legittimità nel caso di specie, pertanto, è documentalmente provato che vi è stato un decremento patrimoniale per la SRL pari al pagamento disposto dalla società terza, sicché il pagamento della somma dovuta all’erario da parte di quest'ultima società elimina l’indebito vantaggio economico conseguito dall'azione delittuosa della SRL, trattandosi di pagamento del debito tributario che, sebbene non avvenuto da parte dell’obbligato principale, non giustificherebbe il mantenimento del sequestro non permanendo in capo all'indagato, debitore verso l'Erario, alcun vantaggio economico indebito arricchimento conseguito dall'azione delittuosa, proprio perché con il pagamento, il terzo, dichiaratosi debitore verso la società debitrice, non ha semplicemente versato la somma all'indagato/creditore, ma ha anche saldato il debito che quest'ultimo aveva nei confronti dell’erario. C onclusioni. Per la Corte di Cassazione il ricorso deve, pertanto, essere accolto, con conseguente annullamento con rinvio dell'impugnata ordinanza al Tribunale che rivaluterà l'istanza di dissequestro delle quote delle predette società alla luce di quanto deciso dalla Corte di Cassazione, anche per quanto concerne la prova dell'effettivo pagamento rilascio della quietanza da parte del creditore erariale .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 17 settembre – 21 ottobre 2014, n. 43811 Presidente Mannino – Relatore Scarcella Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 30/01/2014, depositata in data 12/02/2014, il tribunale del riesame di NAPOLI rigettava l'appello cautelare proposto nell'interesse di C.F. , confermando l'ordinanza emessa dal GIP presso il medesimo tribunale in data 28/10/2013 giova premettere, per migliore intelligibilità della decisione, che con decreto 5/06/2013, il GIP del tribunale di NAPOLI disponeva il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti di vari indagati, tra cui il C. , quale legale rappresentante della società GRICIGNANO 3 s.r.l., in relazione al reato di cui all'art. 10 ter, d. lgs. n. 74/2000, per aver omesso di versare entro il 27 dicembre 2011, l'IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale 2010, pari ad Euro 76.800,00. 2. Ha proposto ricorso il C. a mezzo del difensore fiduciario cassazionista, impugnando la predetta ordinanza e deducendo due motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen. 2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di cui all'art. 606, lett. c c.p.p per violazione ed erronea applicazione degli artt. 321 e 322 ter c.p.p In sintesi, la censura investe l'impugnata ordinanza per non aver il tribunale del riesame tenuto conto del fatto che l'intervenuta sanatoria della posizione tributaria ed il versamento dell'imposta evasa farebbero venir meno la funzione sanzionatoria della confisca nel caso in esame, il debito tributario della società sarebbe stato assolto da un terzo soggetto la MIRABELLA SG S.p.A. che non avrebbe nemmeno avuto alcuna possibilità di rivalsa sulla società amministrata dall'indagato, né sul medesimo, in virtù di una compensazione con pregressi crediti vantati da quest'ultima. 2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di cui all'art. 606, lett. c c.p.p per violazione dell'art. 322 ter c.p.p. con riferimento al rapporto tra l'obbligato, l'autore del reato ed il terzo garante. In sintesi, la censura investe l'impugnata ordinanza per aver il tribunale del riesame operato confusione tra i diversi soggetti coinvolti nel procedimento orbene, osserva sul punto la difesa del ricorrente, l'illecito profitto dei reati tributari non è mai appannaggio dell'amministratore della società, sicché non rileva - come invece sembrerebbe emergere dall'impugnata ordinanza - né da dove provenga la provvista per il pagamento né se vi sia stato o meno un decremento del patrimonio personale dell'amministratore indagato. Diversamente, si aggiunge in ricorso, l'adempimento del debito verso l'Erario fa venir meno lo scopo principale che si intende perseguire con la confisca, sicché la restituzione del profitto derivante dal reato, elimina in radice lo stesso oggetto su cui dovrebbe incidere la confisca. La circostanza che la misura cautelare/sanzionatoria colpisca la persona dell'amministratore non sarebbe quindi collegata all'illecito arricchimento di quest'ultimo, ma unicamente all'illecito arricchimento della società stessa e le ragioni della cautela verrebbero meno con l'avvenuto pagamento nel caso del C. , questo non avrebbe fruito personalmente degli indebiti vantaggi conseguenti all'omesso versamento IVA da parte della società da lui amministrata, né tantomeno la stessa GRICIGNANO s.r.l. conserverebbe tale illecito profitto, avendo pagato il debito tributario, con conseguente decremento definitivo del suo patrimonio. Infine, si sottolinea nel ricorso, del tutto inconferente appare il richiamo agli altri sequestri operati in danno di altre società del Gruppo C. , con particolare riferimento ai provvedimenti riguardanti altre società MIRABELLA S.p.A. e PROGETTO INDUSTRIE s.r.l. con cui al medesimo indagato sono stati sequestrati tutti i beni personali in quanto ritenuto amministratore di fatto di tali società la circostanza che tali società non abbiano provveduto al pagamento dei debiti erariali costituisce un dato di fatto del tutto estraneo al presente procedimento, non comprendendosi in che modo esso possa sminuire di significato l'avvenuto pagamento dell'imposta dovuta dalla GRICIGNANO 3 s.r.l In definitiva, quindi, la ricostruzione operata dall'ordinanza impugnata porterebbe all'illogica conclusione secondo cui al pagamento dei debiti tributari della società debba provvedere solo l'amministratore con il proprio patrimonio personale diversamente il pagamento dell'imposta da parte della società debitrice grazie all'intervento dalla MIRABELLA SG S.p.A., con il relativo decremento patrimoniale in capo alla prima, rappresenterebbe condizione necessaria e sufficiente alla revoca del disposto sequestro a carico del C. . Considerato in diritto 3. Il ricorso è fondato per le ragioni di cui si dirà oltre. 4. Deve, anzitutto, essere ricordato in questa sede che la Corte costituzionale, con sentenza 7-8 aprile 2014, n. 80 Gazz. Uff. 16 aprile 2014, n. 17 - Prima serie speciale , ha dichiarato, l'illegittimità costituzionale dell'art. 10 ter, d. Igs. n. 74/2000, nella parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011, punisce l'omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla relativa dichiarazione annuale, per importi non superiori, per ciascun periodo di imposta, ad Euro 103.291,38. La Corte Costituzionale, chiamata a valutare la compatibilità dell'assetto previgente alla luce del principio di uguaglianza, ha ricondotto non i livelli più alti attinenti agli illeciti di dichiarazione infedele e di dichiarazione omessa verso il margine di cinquantamila Euro fissato per la figura delittuosa delineata nell'art. 10-ter in collegamento con l'art. 10-bis, bensì, proprio quest'ultima soglia, ai valori scriminanti superiori e, in particolare, a quello di Euro 103.291,38 duecento milioni di lire , cristallizzato nella dimensione testuale dell'art. 4, come anteriore alla mini-riforma del 2011. Con l'incostituzionalità parziale dell'art. 10-ter, dunque, si è creata un'ampia area di impunità in tema di omesso versamento Iva, tale da impedire l'irrogazione della pena per i mancati pagamenti per importi compresi tra Euro 50.000,00 il limite di cui alla disposizione ed Euro 103.291,38 riscontrabile nell'originaria versione dell'art. 4 del D.Lgs. n. 74/2000, e preso a riferimento poiché valore più alto di quello fissato nell'art. 5 del medesimo decreto . Pertanto, se la decisione di condanna non è ancora divenuta res iudicata , si determina la salvezza per quei mancati pagamenti, per importi superiori a Euro 50.000,00 ma non oltre Euro 103.291,38, concernenti i periodi d'imposta 2005 per la cui attrazione al reato ex art. 10-ter, pur tra i dubbi avanzati da certa dottrina, basti rammentare Cass. pen., SS.UU., sent. n. 37424 del 12 settembre 2013 , 2006, 2007, 2008 e 2009, ma non anche il 2010 che, considerando la scadenza riferibile al 27 dicembre 2011 cfr. art. 6, comma 2, della L. n. 405/1990, nonché la circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 28/E del 4 agosto 2006 , rientra già nel nuovo regime agganciabile alla riforma del 2011 e, quindi, alla dimensione testuale e ormai armonizzata della soglia di Euro cinquantamila. Ne discende, pertanto, che, nel caso in esame, la predetta sentenza della Corte costituzionale non esplica i propri effetti, atteso che si tratta di fatti successivi al 17 settembre 2011 omesso versamento IVA relativo all'anno 2010, con conseguente individuazione del termine per il pagamento in data 27 dicembre 2011 per un importo di Euro 76.800,00, superiore quindi alla soglia avente rilevanza penale di Euro 50.000,00. 5. Può quindi procedersi all'esame dei motivi di ricorso che, attesa l'intima connessione dei profili di doglianza mossi, possono essere esaminati congiuntamente. Gli stessi appaiono fondati. Ed invero, il tribunale del riesame di NAPOLI, decidendo in sede di appello cautelare, ha ritenuto irrilevante, ai fini della richiesta revoca del sequestro per equivalente, la circostanza del pagamento del debito tributario della società GRICIGNANO 3 s.r.l. da parte del terzo la MIRABELLA SG S.p.A. , sulla base dei seguenti rilievi a la produzione documentale della difesa consistente in una nota, priva di data, a firma dell'amministratore delegato della predetta S.p.A., in cui questi dichiara di aver provveduto il 30/08/2013 al pagamento del debito IVA della GRICIGNANO 3 s.r.l., con modello F24 per un importo pari all'imposta evasa, specificandosi che tale pagamento è riferibile a crediti di natura commerciale e va considerato in parziale deconto del maggior credito vantato dalla società debitrice verso l'Erario non consentirebbe di ritenere provata la riconducibilità all'indagato del versamento della somma dovuta all'Erario da parte della società debitrice b non sarebbe possibile vincere dagli atti la reale esistenza di rapporti commerciali tra le due società, come la natura e l'entità di asserite posizioni creditorie della GRICIGNANO 3 s.r.l. nei confronti della MIRABELLA SG S.p.A. c il venir meno del vincolo cautelare verrebbe meno esclusivamente a seguito del versamento integrale dell'imposta evasa, costituente l'illecito profitto, ad opera dell'obbligato/autore del reato o del terzo garante, soddisfatto dalla rivalsa d non sarebbe provata l'effettiva diminuzione del patrimonio personale dell'indagato, corrispondente all'illecito profitto e infine, alla luce dell'attività investigativa svolta e in considerazione del sequestro preventivo emesso il 5/07/2013 delle partecipazioni societarie facenti capo al C. , la restituzione all'indagato delle quote sociali della GESTIONE COPPOLA HOTELS S.p.A. e TECNOCAMPUS s.r.l. oggetto di sequestro preventivo nel presente procedimento per una valore complessivo di Euro 77.900,00 , finirebbe per eludere le esigenze preventive poste a fondamento dei sequestri preventivi per equivalente disposti dal GIP nel separato procedimento. 6. Sul punto gli argomenti del giudice del riesame non convincono. Anzitutto, in quanto il principio di diritto cui si richiamano i giudici campani non appare applicabile alla fattispecie in esame. Ed infatti, se è ben vero, da un lato, che in tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto del reato, corrispondente all'ammontare dell'imposta evasa, può essere legittimamente mantenuto fino a quando permane l'indebito arricchimento derivante dall'azione illecita, che cessa con l'adempimento dell'obbligazione tributaria Sez. 3, n. 46726 del 12/07/2012 - dep. 03/12/2012, Lanzalone, Rv. 253851 e che, ancora, dall'altro lato, il mantenimento della misura ablativa è giustificato fino al momento in cui si realizza il recupero delle imposte evase a favore dell'amministrazione finanziaria con corrispondente deminutio del patrimonio personale del contribuente momento superato il quale non ha più ragione di essere mantenuto in vita il sequestro preventivo , è altrettanto vero che - come risulta nel caso in esame - il terzo che ha provveduto al pagamento del debito tributario la MIRABELLA SG S.p.A. ha rilasciato una dichiarazione liberatoria non rilevando la circostanza che la stessa sia o meno priva di data, attesa la produzione del modello F24 attestante il pagamento della somma corrispondente al debito tributario in data 30/08/2013 , in cui si precisava che detto pagamento veniva effettuato per conto della GRICIGNANO 3 s.r.l., e computato in parziale deconto del maggior credito vantato da quest'ultima società, con ciò escludendosi in radice la stessa possibilità di esperire azione di rivalsa nei confronti di quest'ultima, atteso che la stessa risultava ancora creditrice di ulteriori maggiori importi. Nel caso di specie, pertanto, è documentalmente provato che vi è stato un decremento patrimoniale per la GRICIGNANO 3 s.r.l. pari al pagamento disposto dalla MIRABELLA SG S.p.A., sicché il pagamento della somma dovuta all'Erario da parte di quest'ultima società elimina l'indebito vantaggio economico conseguito dall'azione delittuosa della s.r.l., trattandosi di pagamento del debito tributario che, sebbene non avvenuto da parte dell'obbligato principale, non giustificherebbe il mantenimento del sequestro non permanendo in capo all'indagato, debitore verso l'Erario, alcun vantaggio economico indebito arricchimento conseguito dall'azione delittuosa, proprio perché con il pagamento, il terzo, dichiaratosi debitore verso l'indagato rectius , verso la società debitrice , non ha semplicemente versato la somma all'indagato/creditore, ma ha anche saldato il debito che quest'ultimo aveva nei confronti dell'Erario. Il pagamento, in altri termini, è stato sì eseguito dal terzo, ma all'indagato non è residuato alcun illecito vantaggio economico, in quanto questi avrebbe dovuto percepire quella somma dal suo debitore la MIRABELLA SG S.p.A. , ma a seguito del conseguente pagamento da quest'ultimo all'Erario ha definito il debito nei confronti dell'Amministrazione finanziaria, senza che si sia verificato alcun ingiustificato arricchimento. Quanto, infine, all'incidenza dei fatti emersi nel separato procedimento con riferimento alla presente vicenda cautelare il riferimento al decreto di sequestro preventivo del luglio 2013 , la stessa non assume rilievo con riferimento all'effetto solutorio conseguito all'adempimento integrale del debito tributario da parte della GRICIGNANO 3 s.r.l., sicché le argomentazioni espresse nell'ordinanza impugnata esplicano più un effetto suggestivo che reale con riferimento alla questione prospettata in sede di appello cautelare dalla difesa del ricorrente del resto, si noti, il sequestro delle quote delle società TECNOCAMPUS s.r.l. e della GESTIONE COPPOLA HOTEL S.p.A., disposte nel presente procedimento, è antecedente al sequestro del luglio 2013, sicché l'argomento sostenuto dal tribunale del riesame in sede di appello cautelare - che si riferisce alla salvaguardia di esigenze cautelari relative a diverso procedimento - incorre in un evidente errore di diritto, atteso che, data la finalità ablativa-sanzionatoria, il sequestro per equivalente non richiede specifiche esigenze cautelari, essendo sufficiente soltanto il fumus criminis e la corrispondenza tra il valore dei beni oggetto del sequestro e il profitto o il prezzo dell'ipotizzato reato tributario v., da ultimo sez. Ili, sentenza n. 19034/13, depositata il 2 maggio 2013, non massimata . 7. Il ricorso dev'essere, pertanto, accolto, con conseguente annullamento con rinvio dell'impugnata ordinanza al tribunale di Napoli che rivaluterà l'istanza di dissequestro delle quote delle predette società alla luce di quanto deciso da questa Corte, anche per quanto concerne la prova dell'effettivo pagamento rilascio della quietanza da parte del creditore erariale . P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di NAPOLI.