Corsa folle in strada: se c’è anche un morto, è tutta un’altra storia

Nell’ipotesi di gara di velocità tra veicoli, la morte costituisce un elemento costituivo della diversa fattispecie di reato ai sensi dell’art. 9- ter , comma 2, c.d.s. e non una mera circostanza aggravante del delitto previsto dal comma 1 dello stesso articolo.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 43832, depositata il 21 ottobre 2014. Il caso. La Corte d’appello di Cagliari condannava un imputato per il reato di cui all’art. 9- ter , comma 2, c.d.s., avendo ingaggiato una gara di velocità con un altro veicolo sulla pubblica via, in cui era morto il conducente di un altro veicolo ed altre persone erano rimaste ferite. L’imputato ricorreva in Cassazione, lamentando la violazione del principio di correlazione inizialmente, l’uomo era stato tratto a giudizio per un delitto colposo, ai sensi dell’art. 589 c.p. omicidio colposo , ed era stato poi condannato per il delitto doloso ex art. 9- ter c.d.s., mediante una modifica d’ufficio dell’imputazione, non consentita nel giudizio abbreviato ai sensi dell’art. 441 c.p.p In più, veniva contestata la qualificazione della morte provocata come reato autonomo e non come circostanza aggravante del reato disciplinato dall’art. 9- ter , comma 1, c.d.s. gara di velocità . Fattispecie autonoma. La Cassazione, innanzitutto, ricorda la natura di reato autonomo del delitto di cui all’art. 9- ter , comma 2, c.d.s. gara di velocità con morte di una o più persone . Infatti, tra le due fattispecie c’è una rilevante sproporzione di pena detentiva nel comma, 1, è compresa tra 6 mesi e 1 anno di reclusione, nel comma 2, invece, tra 6 e 10 anni. La diversità sanzionatoria è giustificata dalla differenza di disvalore dei fatti disciplinati se la morte fosse ritenuta una mera circostanza aggravante, tale disvalore verrebbe reso irrilevante, in quanto sarebbe possibile l’applicazione delle pene più miti previste dal comma 1 in virtù dell’esito positivo del giudizio di comparazione con eventuali circostanze aggravanti. L’autonomia della fattispecie ex art. 9- ter c.d.s. permette di valutare correttamente l’interpretazione data dai giudici di merito, che avevano considerato assorbito l’omicidio colposo nel reato disciplinato dal c.d.s Ritenuta la morte di una o più persone come elemento costitutivo del delitto, non è possibile configurare, ai sensi dell’art. 84 c.p., il concorso tra il reato ex art. 9- ter c.d.s. e quello previsto dall’art. 589 c.p Nessuna violazione del principio di correlazione. Nel caso di specie, il pm, esercitando l’azione penale, aveva formulato l’accusa di omicidio colposo, poi, nel corso dell’imputazione, aveva specificamente contestato, tra gli altri addebiti, la violazione del divieto di gareggiare in velocità con altri veicoli. In seguito, il gup, dopo la discussione delle parti, aveva rinviato il processo, tenuto conto della possibilità di qualificare il fatto ai sensi dell’art. 9- ter c.d.s Infine, alla successiva udienza, le parti avevano rassegnato le proprie conclusioni senza formulare eccezioni sulla possibilità della diversa qualificazione. Il gup, invitando le parti a considerare la possibilità di ricondurre il fatto nel caso dell’art. 9- ter c.d.s., non aveva inteso modificare l’imputazione, ma aveva soltanto applicato l’art. 521 c.p.p., secondo cui è consentito al giudice, in sentenza, dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella descritta nell’imputazione. Perciò, essendo presenti nell’imputazione tutti gli elementi descrittivi del reato ex art. 9- ter c.d.s., compresa la volontarietà della gara di velocità, la diversa qualificazione del fatto resa in sentenza era pienamente legittima, tenendo conto dell’avviso del giudice alle parti sulla possibilità di prepararsi e concludere su tale eventualità. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 16 maggio – 21 ottobre 2014, n. 43832 Presidente Bianchi – Relatore Izzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 12\12\2013 la Corte di Appello di Cagliari confermava la pronuncia di primo grado con la quale, in sede di giudizio abbreviato, S.P. era stato condannato per il delitto di cui all'art. 9 ter C.d.S. per avere ingaggiato una gara di velocità con altro veicolo sulla pubblica via, in occasione della quale decedeva uno dei conducenti dei veicoli C.N. ed altre persone rimanevano ferite acc. in Assemini il 23\7\2011 . La Corte di merito confermava anche la bontà della diversa qualificazione del fatto art. 9 ter C.d.S. originariamente qualificato come omicidio colposo. Osservava la Corte che - non vi erano dubbi sul fatto che lo S. conducente di una Ford Fiesta ed il G.N. conducente di un'Opel Tigra avessero ingaggiato una gara di velocità, con reciproci spericolati sorpassi, come deposto da numerosi testi - il secondo comma dell'art. 9 ter C.d.S. doveva ritenersi reato autonomo, avente come elemento costituivo il verificarsi della morte e\o di lesioni - tale circostanza escludeva che il delitto potesse concorrere con l'omicidio colposo di qui la correttezza della diversa qualificazione - nessuna violazione del principio di correlazione si era maturata, in quanto il G.U.P. all'udienza del 5\6\2012 aveva invitato esplicitamente le parti a prendere posizione sulla possibilità di diversa qualificazione, senza ricevere alcuna eccezione. 2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore dell'imputato, lamentando 2.1. la violazione di legge ed in particolare del principio di correlazione. Infatti l'imputato era stato tratto a giudizio per un delitto colposo, l'art. 589 c.p.p., commesso in cooperazione, e si era visto condannare per un delitto doloso quale quello previsto dall'art. 9 ter C.d.S., modificando d'ufficio l'imputazione in modo non consentito nel giudizio abbreviato ai sensi dell'art. 441 c.p.p. 2.2. l'erronea applicazione della legge laddove la corte aveva ritenuto sussistente l'elemento costituivo della gara in presenza di un mero tentativo di sorpasso ed, inoltre, aveva ritenuto essere presente il dolo del delitto de quo, traendo tale convincimento da prove incerte ed inattendibili 2.3. l'erronea applicazione della legge, laddove la corte di merito ha ritenuto il secondo comma dell'art. 9 ter un reato autonomo e non una mera circostanza aggravante, considerato che dalla lettera della disposizione non emergevano dati testuali in base ai quali ritenere il verificarsi dell'evento morte quale elemento costitutivo e non mera aggravante 2.4. il vizio di motivazione in ordine alla commisurazione della pena laddove a fronte dell'avvenuto risarcimento del danno e della presenza di un concorso di colpa della vittima quantificato nel 50%, il giudice di primo grado non ha fissato la pena vicino al minimo. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato. 2. In primo luogo va affermata la natura di reato autonomo del delitto di cui all'art. 9 ter, comma secondo, C.d.S. gara in velocità con morte di una o più persone come conseguenza della competizione . In favore di tale tesi milita l'osservazione della rilevante sproporzione di pena detentiva prevista tra il primo comma da sei mesi ad un anno di reclusione ed il secondo comma da sei anni ad dieci di reclusione . Tale diversità sanzionatoria trova giustificazione nella rilevante differenza di disvalore dei fatti descritti dai due commi disvalore che verrebbe annichilito se, considerata la morte come mera circostanza aggravante, fosse possibile l'applicazione delle miti pene del primo comma in virtù dell'esito positivo del giudizio di comparazione con eventuali circostanze attenuanti. Non depone contro tale interpretazione, la mera circostanza topografica della successione tra commi in un unico articolo. Invero tale tecnica legislativa è stata adottata anche in altre ipotesi, quali ad esempio il secondo comma dell'art. 449 c.p. disastro ferroviario o naufragio , considerato delitto autonomo rispetto al primo comma disciplinante il disastro innominato cfr. ex plurimis, Cass. Sez. 4, Sentenza n. 26239/2013 Gharby, Rv. 255698 . 3. La considerazione della autonomia dell'ipotesi delittuosa del secondo comma dell'art. 9 ter, consente di valutare la correttezza della interpretazione del giudice di merito che ha ritenuto assorbito l'omicidio colposo nella citata disposizione del codice della strada. Invero, una volta ritenuta la morte di una o più persone elemento costitutivo del delitto, ai sensi dell'art. 84 c.p. non è possibile configurare il concorso tra il reato di cui al secondo comma dell'art. 9 ter e di cui all'art. 589 c.p., perdendo l'omicidio colposo la propria individualità nella più grave imputazione. 4. Fatte queste premesse, ritiene la corte che nessuna violazione del principio di correlazione si è maturata. Invero, esercitando l'azione penale il P.M. ha formulato l'accusa di omicidio colposo. Nel corpo dell'imputazione, tra gli altri addebiti, specificamente ha contestato la violazione del divieto di gareggiare in velocità con altri veicoli . All'udienza del 5\6\2012 il G.u.p. dopo la discussione delle parti, ha rinviato il processo al 3\7\2012, tenuto conto della possibilità di qualificare il fatto sub art. 9 ter C.d.S. Alla successiva udienza le parti hanno rassegnato le proprie conclusioni senza formulare alcuna eccezione in rito sulla possibilità della diversa qualificazione. Ciò detto è improprio il richiamo nel ricorso al divieto nel rito abbreviato della modifica dell'imputazione art. 441, comma primo . Infatti il G.u.p., nell'invitare le parti a considerare la possibilità di ricondurre il fatto nell'alveo dell'art. 9 ter, non ha inteso modificare l'imputazione cosa questa peraltro consentita solo al P.M. titolare dell'esercizio dell'azione penale , ma ha fatto applicazione dell'art. 521 c.p.p. che consente al giudice, in sentenza, di dare al fatto una definizione giuridica diversa da quella enunciata nell'imputazione. Pertanto, poiché nell'imputazione erano presenti tutti gli elementi descrittivi della fattispecie di cui all'art. 9 ter, tra cui la volontarietà del gareggiare in velocità , la diversa qualificazione del fatto data in sentenza è pienamente legittima, tenuto anche conto che il giudice ha dato la possibilità alle parti di prepararsi e concludere in ordine a tale eventualità. 5. Quanto al lamentato vizio di motivazione sulla sussistenza del reato, la corte di merito, con esaustiva motivazione ha illustrato nella pagine da 10 a 13, richiamando specifiche deposizioni, le ragioni per le quali ha ritenuto sussistente la condotta dolosa dello S. e della vittima nell'ingaggiare una gara in velocità e non nell'effettuare un mero sorpasso. Sul punto le censure mosse dalla difesa alla sentenza, esprimono solo un dissenso rispetto alla ricostruzione del fatto operata in modo conforme dal giudice di primo e secondo grado ed invitano ad una rilettura nel merito della vicenda, non consentita nel giudizio di legittimità, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata che regge al sindacato di legittimità, non apprezzandosi nelle argomentazioni proposte quei profili di macroscopica illogicità, che soli, potrebbero qui avere rilievo. 6. Infine, infondate sono anche le censure relative al complessivo trattamento sanzionatorio. Invero allo S., con le attenuanti generiche e la diminuente del rito abbreviato, è stata irrogata la pena di anni tre e mesi due di reclusione. La corte di merito, valutata la gravità del fatto, in ragione della condotta tenuta e degli eventi mortali e lesivi prodotti, ha ritenuto di non poter ulteriormente ridurre la pena, nonostante il risarcimento avvenuto in corso di causa. Va ricordato che la determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra nell'ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il suo compito anche se abbia valutato globalmente gli elementi indicati nell'articolo 133 c.p Anzi, non è neppure necessaria una specifica motivazione tutte le volte in cui la scelta del giudice risulta, come nel caso di specie, contenuta in una fascia media rispetto alla pena edittale cfr. ex plurimis, Cass. IV, 20 settembre 2004, Nuciforo, RV 230278 . Segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.