Crimini contro l’umanità: no alla consegna se difettano i gravi indizi di colpevolezza

La carenza dei gravi indizi di colpevolezza nella richiesta di estradizione impedisce di darvi corso anche se il Paese richiedente e quello destinatario hanno sottoscritto una apposita convenzione bilaterale in forza della quale i gravi indizi non sono necessari, perché presunti. Tale presunzione può essere, infatti, superata se i fatti allegati alla richiesta di estradizione appaiono del tutto incompatibili con essa.

Così ha deciso la Suprema Corte, con la sentenza di annullamento senza rinvio n. 43170, depositata il 15 ottobre 2014. La gravità delle accuse non ha inciso sulla decisione. Con una sentenza che farà molto discutere, la Sesta Sezione della Cassazione ha negato l’estradizione di un Italo-Argentino, ex ufficiale dell’esercito del dittatore Videla, sospettato di aver preso parte a numerosi efferati crimini commessi nella seconda metà degli anni settanta del secolo scorso, in pieno regime golpista. Omicidi, associazione per delinquere, lesioni aggravate, sequestro di persona e violazione di domicilio. Questi i reati per i quali l’Argentina voleva processarlo. Le gravi accuse, però, non hanno affatto impressionato gli Ermellini, che hanno bocciato, annullandola senza rinvio, la sentenza della Corte d’appello di L’Aquila favorevole all’estradizione dell’ex ufficiale, sul presupposto della mancanza di gravi indizi di colpevolezza. I gravi indizi di colpevolezza presupposto indispensabile senza eccezioni. La Convenzione di estradizione Italo-Argentina del 1987, così come altri documenti similari, non subordina l’estradizione alla condizione della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Anche la Convenzione europea di estradizione è dello stesso tenore i gravi indizi si presumono, e il giudice del paese che riceve la richiesta non deve accertarne l’effettiva esistenza. Una disciplina sotto certi profili pericolosa, perché in effetti apre le porte, o quantomeno non le chiude del tutto, al rischio che le procedure di estradizione avvengano anche per ragioni pretestuose. Di ben diverso tenore la disciplina del nostro codice di procedura penale che, all’art. 705, subordina l’estradizione ad una attenta verifica della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ovvero ad una sentenza irrevocabile di condanna, emessa dal paese richiedente. Ben più garantista la disciplina nazionale quindi, e ben più rigoroso il controllo che deve compiere la Corte di appello quando riceve una richiesta di consegna da uno stato terzo. La Cassazione, che con questa decisione ha ritenuto di non aderire all’orientamento che dà per scontati i gravi indizi in presenza di una convenzione bilaterale di estradizione una verifica deve comunque essere eseguita. Il controllo del giudice sui gravi indizi deve essere sempre rigoroso. Anche nelle procedure d’estradizione semplificate, tipiche dei paesi che hanno siglato un accordo che non rende necessari i gravi indizi di colpevolezza, il giudice deve valutare l’esistenza di questi ultimi. Per farlo terrà in considerazione i documenti che obbligatoriamente vanno allegati alle domande di estradizione l’esame non dovrà limitarsi alla verifica dell’avvenuta trasmissione dei documenti ovvero ad un controllo meramente formale , ammoniscono i Supremi giudici, proprio perché la presunzione dei gravi indizi può essere superata se i fatti allegati dallo Stato richiedente sono tali da escluderne la sussistenza. Da questi fatti – tutto sta nella precisione con cui vengono descritti dallo Stato che richiede l’estradizione – devono evincersi le ragioni che fanno ritenere probabile la colpevolezza dell’estradando. Si aggiunge così, con questa decisione, un nuovo tassello al filone di pensiero più recente, incline a rifiutare qualunque presunzione assoluta in tema di gravi indizi di colpevolezza. Via le presunzioni dal sistema penale. Sembra essere questo il leit-motiv che anima la decisione della Suprema Corte, del tutto in linea - quanto alle ragioni ispiratrici di fondo - con gli interventi della Consulta sulle presunzioni di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, ormai ridotte al lumicino, ovvero con altri orientamenti della Cassazione che rimettono in discussione la responsabilità da posizione”, derivante dal semplice far parte di una struttura complessa o dall’esserne a capo. Proprio il rifiuto di un’impostazione del genere ha spinto ulteriormente la Cassazione, nel caso che ci occupa, a rigettare la richiesta di estradizione. L’estradando era un ufficiale di fanteria d’un regime dittatoriale che si macchiò di tremendi crimini contro l’umanità ma dalle carte processuali solo illazioni, e niente elementi concreti riferibili a singoli episodi o a specifiche fonti di prova a suo carico. E l’impianto accusatorio viene declassato a semplice teorema.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 17 luglio – 15 ottobre 2014, n. 43170 Presidente Garribba – Relatore Fidelbo Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d'appello di L'Aquila ha dichiarato la sussistenza delle condizioni per accogliere la domanda di estradizione di M.C.L. , in possesso anche della cittadinanza italiana, formulata dal Governo della Repubblica Argentina per procedere in ordine ad una serie di reati commessi nel corso degli anni 1975, 1976 e 1977, all'epoca in cui aveva la qualifica di tenente di Fanteria nel Reggimento di Fanteria di Montagna n. 22 dell'esercito argentino. La richiesta di estradizione è stata avanzata sulla base di tre distinti ordini di cattura emessi il 15 agosto 2011 dal Tribunale Federale n. 2 della Provincia di San Juan, secondo cui M. avrebbe fatto parte di un gruppo di ufficiali e sottoufficiali che, durante il periodo della dittatura militare in Argentina, combattevano le organizzazioni ritenute sovversive e i dissidenti politici ponendo in essere sequestri di persona, torture e uccisioni. La richiesta di estradizione riguarda tre delitti di omicidio, nonché i reati di associazione per delinquere, lesioni aggravate, violazione di domicilio e sequestro di persona. La Corte d'appello, dopo aver ritenuto rituale la domanda di estradizione, ha riconosciuto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell'estradando, respingendo le considerazioni della difesa in ordine alla mancanza di elementi di prova circa la partecipazione effettiva del M. ai singoli episodi di sequestro, di tortura e di uccisione, rilevando che, in base alla stessa impostazione accusatoria dell'autorità giudiziaria argentina, è stato contestato di aver partecipato, in qualità di coautore , a tali episodi delittuosi, sicché accertare se abbia direttamente preso parte o,se abbia solo concorso e in che grado ai reati in oggetto è questione che compete all'autorità giudiziaria del Paese richiedente, nel processo al quale il M. sarà sottoposto. I giudici aquilani hanno anche respinto l'eccezione di prescrizione dei reati formulata dalla difesa. Preliminarmente la Corte territoriale ha qualificato i reati contestati al M. come crimini contro l'umanità, nella misura in cui sono ricompresi nell'elencazione dello Statuto istitutivo della Corte penale internazionale, in quanto commessi in esecuzione di un disegno organico attuato dalla Giunta Militare argentina e finalizzato alla sistematica eliminazione degli oppositori nel periodo compreso tra il 1976 e 1983 in cui venne realizzato un programma di repressione violenta caratterizzato dalla massiccia violazione dei diritti umani e civili, con l'utilizzo di metodi che comprendevano la privazione della libertà senza accertamento previo di responsabilità, la tortura, gli omicidi, le sparizioni e finanche l'appropriazione di neonati, figli di desaparecidos, ai quali veniva fornita una nuova identità . In secondo luogo i giudici hanno ritenuto che, secondo l'ordinamento argentino, tali crimini contro l'umanità sono da ritenere imprescrittibili, così come affermato dalla Corte Suprema e dalla Corte costituzionale della Repubblica Argentina le cui statuizioni formerebbero una sorta di diritto vivente che non può essere messo in discussione in questa procedura di estradizione. Con riferimento all'ordinamento italiano, la Corte d'appello ha, da un lato, sostenuto che i tre omicidi contestati al M. siano da ritenere imprescrittibili in base alla nostra legge penale perché puniti con la pena dell'ergastolo, dall'altro lato, ha precisato che i residui reati, in quanto delitti contro l'umanità, sono anch'essi imprescrittibili in applicazione di principi di carattere consuetudinario che sono stati recepiti dallo Stato Italiano. 2. Contro questa decisione gli avvocati Franco Sabatini e Augusto Sinagra, nell'interesse del M. , hanno proposto ricorso per cassazione. Con una prima serie di motivi vengono riproposte alcune questioni attinenti alla formalità della richiesta, in particolare - violazione dell'art. 12 lett. c della Convenzione tra Italia e Argentina, in quanto non risulta trasmessa la copia delle disposizioni di legge applicabili nella specie - violazione dell'art. 13 della Convenzione citata per il mancato rispetto dei termini per la trasmissione delle informazioni complementari richieste - violazione degli artt. 22 e 23 della Convenzione per la mancata trasmissione in copia autentica ovvero con attestazione di autenticità dei mandati di cattura - violazione dell'art. 4 della Convenzione che impone di tenere conto della cittadinanza della persona richiesta, avendo il M. anche la cittadinanza italiana. Nel merito si censura la sentenza per avere ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza. A questo proposito si rileva che i c.d. mandati di cattura, che peraltro non indicano i reati per i quali si procede a carico del M. , in realtà non contengono alcuna relazione circa i fatti, il luogo e le modalità delle condotte attribuite all'estradando, caratterizzandosi per una evidente genericità e indeterminatezza che non avrebbe dovuto condurre al riconoscimento della esistenza dei gravi indizi. Il riferimento ai 19 episodi criminosi è effettuato senza che dalla documentazione trasmessa si desumano i gravi indizi, come richiesto dalla giurisprudenza della Corte di cassazione, secondo cui occorre accertare che dalla documentazione trasmessa risultino evocate le ragioni per le quali si ritiene probabile che l'estradando abbia commesso il reato. Si assume che la sentenza impugnata abbia attribuito valore di grave indizio a quelle che sono mere affermazioni apodittiche del giudice federale argentino, precisando inoltre che, contrariamente a quanto è stato ritenuto, il M. non risulta essere stato mai rinviato a giudizio come partecipe ed esecutore di fatti analoghi a quelli per i quali si procede. Indice sintomatico di ciò è la frase contenuta in sentenza secondo cui in quanto ufficiale di un reparto dell'esercito che eseguiva tali azioni M. era in astratto a conoscenza delle ragioni e della finalità della repressione . A riprova della genericità della richiesta proveniente dal giudice federale argentino si sottolinea la vicenda di C.A. , che nelle prospettazioni accusatorie viene presentato come un caso di omicidio, nonostante il certificato medico abbia attestato il suicidio. Sotto un diverso profilo si contesta la sentenza per avere respinto l'eccezione di prescrizione. In particolare, si critica l'adesione alla tesi sostenuta dalla giurisprudenza argentina della imprescrittibilità dei delitti di lesa umanità, ribadendo che secondo la legge penale argentina i reati più gravi si prescrivono nel termine di 15 anni, sicché nel caso in esame l'estinzione per decorso del tempo sarebbe intervenuta sin dal 1992. Su questo tema il ricorso evidenzia - che l'unico reato imprescrittibile è da ritenersi, almeno per l'ordinamento argentino, quello di genocidio - non contestato al M. - di cui alla Convenzione del 1951, ratificata sia dall'Argentina che dall'Italia - che lo Statuto della Corte penale internazionale del 1998, che definisce i delitti contro l'umanità, prevede espressamente che le sue disposizioni siano applicabili solo dopo la sua entrata in vigore 2002 - che l'Argentina, con una riserva, ha previsto che le obbligazioni contratte in virtù della Convenzione avranno effetto riguardo a fatti verificatisi posteriormente alla ratifica - che la Convenzione sulla imprescrittibilità dei crimini di guerra e dei crimini di lesa umanità - non ratificata né dall'Argentina né dall'Italia - non introduce alcun principio di diretta efficacia dell'imprescrittibilità, rimettendo agli Stati l'obbligo di adeguare i propri ordinamenti alla regola stabilita dalla Convenzione, adeguamento che la Repubblica Argentina non ha fatto - che le Convenzioni prese in considerazione dalla sentenza impugnata sono state ratificate dopo i fatti contestati al M. e non prevedono la possibilità di applicazione retroattiva delle norme penali - che la Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura e i trattamenti inumani del 10.12.1984 e la Convenzione interamericana sulla sparizione forzata delle persone nulla dispongono in termini di retroattività della legge penale e di imprescrittibilità di reati già prescritti, come nel caso in esame. Per quanto concerne l'imprescrittibilità dell'omicidio aggravato punito con l'ergastolo secondo l'ordinamento italiano, si rileva come dalla documentazione trasmessa non si riesca neppure a desumere se tali reati siano effettivamente aggravati, dal momento che la contestazione appare generica e confusa. Infine, si deduce la violazione dell'art. 5 n. 2 della Convenzione di estradizione italo-argentina in quanto la sentenza impugnata ha immotivatamente escluso che per l'estradando ricorra l'ipotesi di subire trattamenti persecutori per opinioni politiche e, a dimostrazione di ciò, è stata prodotta certificazione attestante la sospensione del pagamento della pensione di ex ufficiale da parte del Dipartimento per il controllo e la prevenzione del riciclaggio argentino. 3. Con una memoria difensiva datata 3 giugno 2013, i difensori hanno ribadito che in Argentina il processo a carico di M. non è ancora iniziato e che l'unico caso in cui la Corte Federale di appello di Mendoza si è occupata del M. riguarda il ricorso, peraltro accolto, contro il diniego di scarcerazione dello stesso. Con una successiva memoria datata 5 giugno 2013, i difensori dell'estradando, dopo aver ribadito che la richiesta di estradizione andava dichiarata improcedibile per le ragioni formali già illustrate, hanno sollevato una questione di costituzionalità della legge n. 219 del 1987 che ha ratificato la Convenzione di estradizione con l'Argentina nella parte in cui, gli artt. 12 e 13 come interpretati dalla giurisprudenza, compromettono il diritto di difesa. Con altre due memorie difensive in data 27 giugno 2013 e 11 luglio 2013 sono stati ribaditi i motivi principali contenuti nel ricorso. 4. All'udienza del 18 luglio 2013 il Collegio ha disposto l'acquisizione di informazioni complementari ai sensi dell'art. 13 della Convenzione, rinviando a nuovo ruolo la trattazione del procedimento. In particolare, ad integrazione della documentazione già inviata, sono stati richiesti i seguenti atti - copia autentica dei mandati di cattura riguardanti M.C.L. , contenenti l'esposizione dei fatti per i quali l'estradizione viene richiesta, con particolare riguardo alle specifiche condotte attribuite a M.C.L. e ai reati e circostanze aggravanti contestate - copia delle disposizioni di legge applicabili e norme sulla prescrizione dei reati, debitamente tradotte - copia autentica della sentenza della Corte federale di Appello di Mendoza riguardante M.L.C. - copia autentica della sentenza della Corte Suprema della Nazione su ricorso dedotto dallo Stato e Governo del Cile nella causa Arancibia Clavel, Enrique Lautaro - relazione sulla giurisprudenza argentina in materia di imprescrittibilità dei delitti di lesa umanità. 5. Successivamente all'acquisizione della documentazione richiesta, i difensori del M. hanno depositato una memoria difensiva datata 11 marzo 2014, in cui rilevano che le informazioni complementari trasmesse dall'autorità argentina non contengono alcuna specificazione ulteriore circa le condotte attribuite all'estradando e non consentono di desumere la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Infine, con due successive memorie allegano articoli di giornali locali in cui si denunciano attività persecutorie poste in essere dalla magistratura argentina in danno di ex appartenenti alle Forze armate. Considerato in diritto 6. Preliminarmente devono essere respinti i motivi formali dedotti nel ricorso. Al riguardo si osserva che a a seguito di esplicita richiesta da parte della Corte d'appello, risultano trasmesse le disposizioni delle leggi argentine applicabili al caso di specie b la presunta violazione dell'art. 13 della Convenzione di estradizione Italo-Argentina non determina alcuna conseguenza sulla domanda di consegna, dal momento che le norme pattizie non prevedono alcuna sanzione o conseguenza procedimentale in caso di inosservanza del termine per la trasmissione delle informazioni complementari, essendo solo previsto che le Parti ne concordino uno ulteriore e risultano regolarmente trasmessi, in copia, i mandati di cattura d non vi è stata alcuna violazione dell'art. 4 della Convenzione, in quanto la facoltà di rifiuto dell'estradizione del cittadino si assume che il M. abbia anche la cittadinanza italiana , essendo attinente alla dimensione politica della cooperazione tra Stati, può essere esercitata esclusivamente dall'autorità politica, cioè dal Ministro della Giustizia cfr., Sez. VI, 11 giugno 2007, n. 33870, Sanfilippo . 7. Nel merito il ricorso è fondato, in quanto dalla sentenza impugnata e dalla documentazione trasmessa dalla Repubblica Argentina non risultano sussistenti i gravi indizi circa la partecipazione del M. ai fatti oggetto della richiesta di estradizione. La mancanza di tale presupposto nella richiesta di estradizione assorbe tutti gli altri motivi dedotti dalla difesa. 7.1. Nel caso in esame trova applicazione la Convenzione di estradizione Italo-Argentina del 1987. Al pari di altre convenzioni bilaterali e della stessa Convenzione Europea di estradizione essa non replica la formula contenuta nell'art. 705 comma 1 c.p.p. che, nel disciplinare il regime della estradizione extraconvenzionale, condiziona espressamente la decisione favorevole alla consegna dell'estradando alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. Sulla questione la giurisprudenza più risalente ritiene che l'operatività dell'art. 705 comma 1 c.p.p. sia limitata alle sole ipotesi di estradizione extraconvenzionale, escludendo che debbano sussistere i gravi indizi di colpevolezza per la pronuncia favorevole all'estradizione richiesta in base alla Convenzione Europea del 1957 o a convenzioni bilaterali, precisando che il giudice italiano deve valutare i gravi indizi di colpevolezza solo quando non esista convenzione di estradizione o questa non disponga diversamente Sez. VI, 10 gennaio 1999, n. 37, Shabama Sez. VI, 28 gennaio 1999, n. 284, Motger Sez. VI, 20 gennaio 1993, n. 138, Camenisch Sez. VI, 5 febbraio 1993, n. 338, Bouchetof Sez. VI, 10 maggio 1993, n. 1357, Coppola Sez. VI, 16 dicembre 1997, n. 5143, Chatzis, rv 209788 Sez. VI, 9 dicembre 1996, n. 3811, Pettai Sez. VI, 3 marzo 2000, n. 1118, Odigie Obeide Sez. VI, 22 novembre 2005, n. 45253, Haxhiu. In senso contrario Sez. VI, 14 settembre 1995, n. 4407, Aramini Sez. VI, 2 dicembre 2004, n. 49988, Von Pinoci . In sostanza, per gli Stati aderenti alla Convenzione di estradizione Europea e per quelli legati da una convenzione bilaterale, in cui non si richieda la sussistenza dei gravi indizi, l'estradizione viene accordata sulla base dell'esame dei soli documenti allegati alla domanda. 7.2. Tuttavia, secondo un orientamento giurisprudenziale più recente, ciò non significa che si prescinda dai gravi indizi, ma solo che la sussistenza di essi va presunta dai documenti che le convenzioni indicano e che devono essere allegati alla domanda, sulla base di una procedura semplificata - rispetto a quanto previsto dall'art. 705 comma 1 c.p.p. - che trova la sua giustificazione nel reciproco riconoscimento di una comune cultura giuridica e di un rapporto di affidabilità tra Stati che sottoscrivono una comune convenzione in cui è preventivamente operata una scelta in ordine all'effettivo riconoscimento del diritto ad un processo giusto in favore dell'estradando. In tali casi, tuttavia, l'esame non dovrà limitarsi alla verifica dell'avvenuta trasmissione dei documenti ovvero ad un controllo meramente formale, in quanto la presunzione di sussistenza dei gravi indizi può risultare superata quando i fatti allegati appaiano del tutto inconciliabili con essa l'esame dovrà essere condotto accertando che dalla documentazione trasmessa risultino evocate le ragioni per le quali si ritiene probabile che l'estradando abbia commesso il reato oggetto dell'estradizione. In questo modo, a differenza di quanto accade per il regime previsto dall'art. 705 comma 1 c.p.p., la parte richiesta non deve né valutare autonomamente tale presupposto, né rielaborare criticamente il materiale trasmesso in questo senso, Sez. VI, 23 settembre 2005, n. 34355, Ilie Petre Sez. VI, 3 ottobre 2007, n. 44852, Pallasà Sez. VI, 9 aprile 2009, n. 17913, Mirosevich Sez. VI, 21 maggio 2008, n. 30896, Dosti Sez. VI, 22 gennaio 2010, n. 8609, Maksymenko Sez. VI, 28 maggio 2013, n. 26290, Paredes Morales . La Convenzione Italo-Argentina non contiene alcun espresso riferimento ai gravi indizi, ma all'art. 12 elenca i documenti che devono essere allegati alla domanda di estradizione e tra questi indica il mandato di cattura e un'esposizione dei fatti per i quali la estradizione viene richiesta , con il riferimento al tempo e al luogo della loro consumazione e alla qualificazione giuridica. Si tratta di documentazione che è stata individuata proprio in quanto idonea intrinsecamente a contenere i necessari riferimenti circa l'esistenza degli indizi a carico della persona di cui si chiede l'estradizione. Per questa vocazione naturale della documentazione indicata nel citato art. 12 il giudice italiano non può limitarsi a constatarne solo l'avvenuta trasmissione, secondo un'operazione di mera verifica formale, ma deve quantomeno compiere una sommaria delibazione per accertare che si tratti di documentazione in concreto idonea a rappresentare l'esistenza di elementi a carico dell'estradando, sempre nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente in questi termini, Sez. VI, 3 ottobre 2007, n. 44852, Pallasà, in relazione ad una estradizione richiesta dal governo argentino . 7.3. Nella specie, la documentazione trasmessa, anche in base alla lettura che ne ha fatto la Corte d'appello, non consente di desumere l'esistenza di seri elementi d'accusa a carico. Il M. è richiesto in estradizione perché accusato di concorso in tre delitti di omicidio, nonché nei reati di associazione per delinquere, lesioni aggravate, violazione di domicilio e sequestro di persona, reati che avrebbe commesso, quale ufficiale dell'esercito, negli anni terribili della dittatura argentina seguita al colpo di Stato del generale Jorge Rafael Videla del 1976. Secondo la Corte d'appello aquilana, che ha ripreso l'impostazione contenuta nei mandati di cattura allegati alla domanda di estradizione, sarebbero irrilevanti le considerazioni della difesa in ordine alla carenza di elementi indiziari sulla effettiva partecipazione del M. ai singoli episodi contestatigli, in quanto l'estradando è chiamato a rispondere dei reati quale coautore , avendo agito nell'ambito di un sistema in cui gruppi di lavoro formati da ufficiali e sottoufficiali dell'esercito argentino operavano con metodi criminali contro organizzazioni di dissidenti politici assicurando sempre l'anonimato dei materiali esecutori dei delitti e la loro assoluta fungibilità . A questo proposito la sentenza impugnata riporta - condividendola - una frase contenuta nella documentazione allegata alla richiesta di estradizione che sembra giustificare una sorta di responsabilità di natura oggettiva collegata al ruolo di coautore dei reati attribuito al M. e al fatto che era inserito in una organizzazione che aveva un piano unitario e sistematico finalizzato a porre in essere azioni violente la stessa Corte territoriale, inoltre, afferma, da un lato, che la responsabilità per appartenenza ad un gruppo non è una ipotesi sconosciuta nel sistema penale italiano, dall'altro, che la configurabilità in concreto di una forma di concorso o di compartecipazione del M. ai singoli episodi che egli non dovesse avere materialmente commesso è questione che riguarda il merito della decisione dell'autorità giudiziaria argentina , precisando che il giudice italiano non può interloquire su tali questioni, ma deve limitarsi a verificare la probabilità che l'estradando abbia commesso il reato oggetto dell'estradizione nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente . Si tratta di una impostazione che non può essere condivisa. In questo modo, i giudici abruzzesi finiscono per operare un controllo meramente formale sulla documentazione presentata dallo Stato richiedente, rifacendosi all'orientamento giurisprudenziale più risalente - che questo Collegio non condivide -, secondo cui in presenza di una convenzione bilaterale di estradizione si può prescindere dalla verifica dei gravi indizi. Si è visto, invece, entro quali limiti competa al giudice italiano operare un controllo sulla richiesta di estradizione se è vero che ci si deve muovere nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente, è però altrettanto vero che deve trattarsi non di un mero accertamento formale, ma di una delibazione diretta a verificare che la documentazione sia in concreto idonea a rappresentare l'esistenza di elementi a carico dell'estradando. Ebbene l'accertamento sulla documentazione allegata non consente di individuare alcun elemento a carico del M. , emergendo invece solo una teorizzata responsabilità da posizione , dal momento che si ritiene sufficiente la dimostrazione che all'epoca dei fatti l'estradando facesse parte dell'Esercito argentino e precisamente del Reggimento di Fanteria di Montagna n. 22. Nessun riferimento concreto alla sua partecipazione ad uno degli episodi contestati, nessuna indicazione specifica delle fonti di prova, nessun nome di testimoni dai mandati di cattura e dalla documentazione prodotta dal Governo argentino risulta solo l'elenco delle vittime degli episodi contestati, gli arresti illegali, le terribili violenze e torture a cui furono sottoposte le persone, tutte circostanze che confermano la ferocia del regime instaurato in Argentina a seguito del golpe militare del marzo 1976, che annientò ogni forma di democrazia e di libertà in quel Paese, combattendo il dissenso politico con metodi criminali, utilizzando corpi dell'esercito organizzati in bande che agivano nell'anonimato e nell'illegalità, con il compito di eliminare fisicamente i dissidenti politici e quanti erano ritenuti tali. Ma nessun elemento concreto in ordine al coinvolgimento del M. . Invero, nelle carte trasmesse dal Governo argentino si fa riferimento all'appartenenza del M. ad un gruppo di lavoro dedito a torture e violenze ai danni di detenuti politici desumibile da una sentenza della Corte federale di Appello di Mendoza, sentenza negata dalla difesa e di cui è stata richiesta l'acquisizione, ma non è stata mai prodotta dallo Stato richiedente, sicché la circostanza non risulta minimamente dimostrata. Il fatto che si sia trattato di un vero e proprio sistema autoritario e criminale di repressione del dissenso ad opera di organismi dello Stato che godevano di coperture e di anonimato, non può giustificare il superamento dei principi in base ai quali deve concedersi un'estradizione, principi che, come si è già detto, impongono di accertare che dalla documentazione allegata emergano elementi di accusa che rendano probabile che l'estradando abbia commesso il reato attribuitogli. Nella specie, in base ai dati e agli elementi acquisiti non è possibile formulare un giudizio di questo tipo, in quanto il teorema accusatorio che permea l'intera documentazione acquisita si basa esclusivamente sulla appartenenza del M. al Reggimento n. 22. 8. In conclusione, deve ritenersi che non sussistono, allo stato, le condizioni per l'estradizione del M. verso la Repubblica di Argentina, sicché la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio. La Cancelleria provvederà alle comunicazione previste dall'art. 203 disp. att. c.p.p P.Q.M. Annulla senza rinvio invio la sentenza impugnata e dichiara l'insussistenza delle condizioni per disporre l'estradizione. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 203 disp. att. c.p.p