Funghi extracomunitari ma confezionati in Italia: consumatore buggerato col ‘tricolore’ sulla busta

Evidente la concretezza delle accuse mosse nei confronti del legale rappresentante della società, resasi protagonista della discutibile operazione. Consequenziale, e legittimo, il provvedimento di sequestro non solo dei prodotti, ma anche dei macchinari utilizzati per il confezionamento.

La pubblicità è l’anima del commercio”. Ma anche questa ‘perla’ di saggezza va contestualizzata, definendone i limiti di applicazione. Altrimenti pure il ricorso a strumenti promozionali estremi potrebbe essere ritenuto legittimo E invece è doveroso tutelare la buonafede – eccessiva, a volte – dei consumatori. Per questo motivo, proporre per la vendita un prodotto alimentare – funghi porcini, per la precisione – di provenienza extracomunitaria, collocandolo all’interno di una confezione caratterizzata da una bandiera tricolore, legittima la contestazione del reato di frode commerciale. Consequenziale non solo il sequestro del prodotto ma anche dei macchinari utilizzati per il confezionamento Cass., sent. n. 42874/2014, Terza Sezione Penale, depositata oggi . Bluff tricolore Quadro accusatorio chiarissimo il legale rappresentante della società è finito nel mirino della giustizia per la commercializzazione di funghi porcini di qualità e origine diverse da quelle attestate, in quanto provenienti da Paesi extracomunitari, mentre le confezioni recavano il disegno della bandiera italiana e la dicitura ‘prodotto italiano’ . Ciò legittima, secondo il Giudice per le indagini preliminari e secondo il Tribunale, il sequestro preventivo dei macchinari destinati alla produzione, mediante imbusta mento o altre forme di confezionamento, di funghi, nonché delle stesse buste di funghi già confezionati, esistenti presso lo stabilimento della società . E tale visione, nonostante le obiezioni mosse dall’imprenditore, viene condivisa anche dai giudici della Cassazione sequestro confermato, quindi. Rilevante, innanzitutto, la constatazione che le confezioni di funghi secchi, del tipo ‘porcini’, recavano la dicitura ‘prodotto italiano’ e riproducevano, a margine della confezione, la bandiera italiana, senza, tuttavia, indicare la provenienza della materia prima, imbustata in territorio nazionale e che i funghi provenivano da Paesi extracomunitari . In aggiunta, poi, viene evidenziato che i funghi, una volta confezionati , venivano esportati anche all’estero , e l’esportazione avveniva allegando l’attestazione rilasciata dalla Camera di Commercio circa l’origine italiana del prodotto , col chiaro obiettivo di ingenerare nell’acquirente l’erronea convinzione della loro provenienza dall’Italia . Nessun dubbio, quindi, sulla sussistenza delle contestazioni mosse all’imprenditore, ricordando che il mero imbustamento di alimenti non può essere considerato trasformazione – con conseguente impossibilità di applicazione delle normative comunitarie che definiscono il concetto di ‘trasformazione’ ai fini della provenienza dei prodotti – e soprattutto tenendo presente che nella commercializzazione continuata di funghi porcini privi del requisito della provenienza italiana, veniva falsamente indicato sulla confezione attraverso l’inserimento della bandiera italiana e la dicitura ‘prodotto italiano’ .

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 10 luglio – 14 ottobre 2014, n. 42874 Presidente Teresi – Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. - Con ordinanza dei 24 marzo 2014, il Tribunale di Benevento ha rigettato la richiesta di riesame proposta dall'interessato nei confronti del decreto di sequestro preventivo emesso dal Gip dello stesso Tribunale il 24 febbraio 2014, avente ad oggetto il sequestro preventivo dei macchinari destinati alla produzione, mediante imbustamento o altre forme di confezionamento, di funghi, nonché delle stesse buste di funghi già confezionate, esistenti presso lo stabilimento della società della quale l'indagato è legale rappresentante, in relazione ai reati di cui agli artt. 81, secondo comma, 515, 48, 477 codice penale, relativi alla commercializzazione, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, di funghi porcini di qualità e origine diverse da quelle attestate, in quanto provenienti da paesi extracomunitari, mentre le confezioni recavano il disegno della bandiera italiana e la dicitura prodotto italiano . 2. - Avverso l'ordinanza l'indagato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento. 2.1. - Con un primo motivo di doglianza, si sostiene che il fatto non corrisponde alla motivazione posta a base del provvedimento di sequestro preventivo, sul rilievo che le confezioni sequestrate non recavano la dicitura prodotto di origine italiana , ma semplicemente riportavano un triangolo in basso con i colori stilizzati della bandiera italiana. Secondo la prospettazione difensiva, la dicitura Made in Italy o una dicitura equivalente sarebbero state essenziali ai fini della sussistenza del reato. 2.2. - Si rileva, in secondo luogo, l'irrilevanza della presenza della bandiera italiana sulla busta di confezionamento, alla luce della normativa sul Made in Italy. Non si sarebbe considerato, in particolare, che, ai sensi della normativa vigente, si sarebbe potuto configurare al più un illecito amministrativo, ai sensi del comma 49-bis dell'art. 4 della legge n. 350 del 2003 attualmente vigente, che - ad avviso della difesa - ha trovato attuazione nella circolare del Ministero dello sviluppo economico 9 novembre 2009, n. 124898 e nella nota dell'Agenzia delle dogane 30 novembre 2009 n. 155971. Non si sarebbe considerato, inoltre, che vi era stata istanza di dissequestro formalizzata al pubblico ministero, alla quale era allegata la nuova busta di confezionamento, su cui non erano più riportati nell'angolo in basso i colori della bandiera italiana. 2.3. - In terzo luogo, si sostiene che l'art. 36 del regolamento 450/08/CE, in materia di origine delle merci, sancisce che le merci alla cui produzione hanno contribuito due o più paesi o territori sono considerate originarie del paese o territorio ove hanno subito l'ultima trasformazione sostanziale, precisando che un prodotto è trasformato quando sottoposto ad un'operazione di perfezionamento che può essere la lavorazione. Si tratterebbe, nel caso di specie, di funghi originari di vari paesi che vengono trasformati, controllati, verificati e assemblati in specie diverse anche in ordine al grado di umidità e impostati per la vendita nello stabilimento del quale l'imputato è l'amministratore. La trasformazione attiene ai procedimenti produttivi di pulizia, cernita, miscelazione, assemblaggio di specie diverse, condizionamento e confezionamento tanto che i funghi secchi - prosegue la difesa - hanno caratteristiche fisiche e visive diverse dai funghi freschi ed hanno attitudine essere consumati in un periodo di tempo più ampio. Un ulteriore elemento della presenza di un'attività di trasformazione del prodotto si evincerebbe dai macchinari, abbastanza complessi, elaborati costosi utilizzati per procedere all'attività di essiccamento dei funghi e alla loro preparazione per l'imbustamento e la vendita. La difesa, richiama a tale proposito anche il d.P.R. n. 376 del 1995 e, in particolare, la disciplina dell'art. 9, comma 4, secondo cui i funghi devono essere sottoposti a trattamenti termici atti ad inibire la riproduzione delle spore. 2.4. - Con un quarto motivo di doglianza, si rileva la violazione della normativa regolamentare europea sotto il profilo della tipicità della sanzione, perché il Gip avrebbe valutato la presenza della bandiera italiana stilizzata come equivalente all'attestazione di prodotto di origine italiana. Non si sarebbe considerato inoltre, che il certificato di origine rilasciato dalla Camera di Commercio di Benevento non costituisce indice di merce di qualità o prodotto italiano , come sarebbe stato erroneamente ritenuto dal Gip e dal Tribunale nel caso di specie. 2.5. - Un quinto motivo di doglianza è dedicato al richiamo dei criteri fissati dal diritto comunitario in materia di origine della merce. Tra questi vi sarebbe il criterio dell'ultima lavorazione o trasformazione sostanziale, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione. Potrebbe essere considerata sostanziale, in tale quadro, una trasformazione che determini un incremento in valore pari ad almeno il 45% del prezzo franco fabbrica del prodotto finito. La difesa ribadisce, poi, le deduzioni già svolte circa la violazione principio di legalità, sotto il profilo della tassatività del concetto di trasformazione. Considerato in diritto 3. - Il ricorso è inammissibile. La difesa svolge, infatti, ampie considerazioni in punto di diritto che non si attagliano alla fattispecie concreta come delineata dal Gip e dal Tribunale del riesame. Dall'ordinanza impugnata emerge che le confezioni di funghi secchi del tipo porcini recavano la dicitura prodotto italiano e riproducevano, a margine della confezione, la bandiera italiana, senza tuttavia indicare la provenienza della materia prima imbustata in territorio nazionale. Emerge altresì che i funghi provenivano da paesi extracomunitari e, una volta confezionati, venivano esportate anche all'estero. L'esportazione avveniva allegando l'attestazione rilasciata dalla Camera di Commercio circa l'origine italiana del prodotto, frutto della documentazione prodotta dall'imputato da qui la contestazione artt. 48 e 477 cod. pen. . Lo stesso Tribunale - con valutazione in punto di fatto pienamente logica e coerente e comunque insindacabile in forza del disposto dell'art. 325, comma 1, cod. proc. pen., che limita il ricorso per cassazione avverso il provvedimento di sequestro i servizi diverse di legge - evidenzia che nel caso di specie non vi è stata alcuna trasformazione sostanziale in territorio italiano, perché tale non può ritenersi la mera attività di imbustamento della materia prima proveniente da altri paesi. Tale circostanza è stata accertata attraverso la relazione tecnica della Agenzia regionale per l'ambiente dei 6 dicembre 2011 dalla quale emerge che lo stabilimento non era attrezzato per alcuna trasformazione sostanziale, ma effettuava soltanto il frazionamento e il confezionamento dei funghi. Ed è proprio la falsa dichiarazione dell'indagato circa lo svolgimento di un'attività di trasformazione e lavorazione sostanziale del prodotto allo scopo di ottenere certificati d'origine dalla Camera di Commercio ad integrare la contestata fattispecie di falso. Tale essendo il quadro probatorio allo stato degli atti, le considerazioni relative alla mancata applicazione delle normative comunitarie che definiscono il concetto di trasformazione ai fini della provenienza dei prodotti per la cui individuazione da parte del ricorrente si fa rinvio al ritenuto in fatto risultano irrilevanti, dal momento che il mero imbustamento di alimenti non può essere considerato trasformazione alla luce di nessuna di tali normative. Né può sostenersi, come cerca di fare il ricorrente con i primi due motivi di impugnazione, che le confezioni non recavano /a dicitura prodotto italiano e che la fattispecie sarebbe depenalizzata ai sensi della legge n. 350 del 2003, art. 4, comma 49-bis. Come correttamente evidenziato dal Tribunale con valutazione in punto di fatto insindacabile in questa sede, allo stato degli atti emerge che la fattispecie in esame integra il reato di cui all'art. 515 cod. pen., perché consiste nella commercializzazione continuata di funghi porcini privi del requisito della provenienza italiana, che veniva falsamente indicato sulla confezione attraverso l'inserimento della bandiera italiana e la dicitura prodotto italiano . E a ciò deve aggiungersi che - contrariamente a quanto ritenuto dal ricorrente - il certificato di provenienza emesso dalla Camera di commercio che accompagnava i funghi contribuiva ad ingenerare nell'acquirente l'erronea convinzione della loro provenienza dall'Italia. Del resto, come questa Corte ha più volte chiarito, il richiamato comma 49-bis comma va interpretato nel senso che attualmente costituiscono infrazioni penalmente irrilevanti e integranti solo un illecito amministrativo non le indicazioni false, ma esclusivamente le indicazioni fallaci da cui possano derivare situazioni di incertezza indotte dalla carenza di indicazioni precise ed evidenti sull'origine o provenienza estera o comunque sufficienti ad evitare qualsiasi fraintendimento del consumatore sull'effettiva origine dei prodotto ex multis, sez. 3, 27 gennaio 2012, n. 19650 sez. 3, 5 febbraio 2014, 21256, quest'ultima riferita all'apposizione della bandiera italiana sul prodotto quale falsa e non semplicemente fallace indicazione della sua provenienza . 4. - Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello dei versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 1.000 P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.