Alcool + farmaci: dannoso al corpo, ma non alla mente

Per riconoscere un vizio totale o parziale di mente, sono necessari dei disturbi della personalità che abbiano una consistenza, un’intensità ed una gravità tali da menomare in concreto la capacità di intendere e di volere. In più, deve essere individuato un nesso eziologico diretto tra il disturbo mentale o psicologico dell’imputato e la specifica condotta criminosa, causata proprio dal vizio di mente.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 40301, depositata il 29 settembre 2014. Il caso. Lite familiare in corso, con intervento dei carabinieri. L’uomo, sorpreso a danneggiare la porta d’ingresso della propria abitazione per indurre la moglie a farlo entrare, si avventa contro i militari, provocando ad uno di essi lesioni personali. Scatta, quindi, dopo la mitigazione della pena in appello, la condanna a 3 mesi e 10 giorni di reclusione. In Cassazione, l’imputato rileva il mancato riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, escludente o scemante la capacità di intendere e di volere, da cui egli sarebbe affetto. Disturbo mentale. Tuttavia, i Supremi Giudici ritengono il ricorso inammissibile, in quanto incidenti su profili di mero fatto. E poi – si legge nella sentenza - le conclusioni esposte dalla decisione di appello sono corrette e conformi allo stabile indirizzo della giurisprudenza di legittimità , secondo cui anomalie caratteriali, alterazioni o disarmonie della personalità, che non vengano accompagnate da una storia clinica che le inquadri almeno nel concetto di disturbo mentale, non determinano né un difetto di imputabilità né una compromissione della capacità di partecipazione cosciente al processo. Infatti, per riconoscere un vizio totale o parziale di mente, sono necessari dei disturbi della personalità che abbiano una consistenza, un’intensità ed una gravità tali da menomare in concreto la capacità di intendere e di volere. Non solo, ma i giudici di legittimità aggiungono che debba essere individuato un nesso eziologico diretto tra il disturbo mentale o psicologico dell’imputato e la specifica condotta criminosa, causata proprio dal vizio di mente. Tuttavia, tutti questi elementi non sono stati dimostrati dall’imputato nei giudizi di merito. La conseguenza è la dichiarazione di inammissibilità del ricorso da parte della Corte di Cassazione.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 9 maggio – 29 settembre 2014, n. 40301 Presidente Agrò – Relatore Paoloni Motivi della decisione 1. L'imputato G.S. impugna per cassazione la sentenza della Corte di Appello di Roma che ha confermato in punto di responsabilità la decisione del locale Tribunale, con cui all'esito di giudizio abbreviato è stato riconosciuto colpevole dei reati, unificati dalla continuazione, di resistenza e di lesioni volontarie a p.u., perché -al fine di opporsi ai carabinieri intervenuti presso la sua abitazione per una lite familiare in corso e sorpreso dagli stessi a danneggiare la porta d'ingresso della sua dimora per indurre la moglie a farlo entrare si avventava contro uno dei militari che si adoperavano per ricondurlo alla calma, afferrandolo per un braccio e sbattendolo più volte contro il muro sì da provocargli lesioni personali. La Corte di Appello ha soltanto, in accoglimento parziale del gravame dell'imputato, mitigato la pena allo stesso inflitta, che ha ridotto -esclusa la significatività della recidiva e stimate prevalenti sull'unica aggravante qualificante il reato di lesioni le già riconosciute attenuanti generiche a tre mesi e dieci giorni di reclusione. 2. Con il ricorso si censura per violazione di legge artt. 42, 85 c.p. e difetto e illogicità della motivazione la decisione di appello con specifico riguardo al mancato riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, escludente o scemante la capacità di intendere e di volere, da cui sarebbe stato affetto il prevenuto al momento della commissione dei fatti illeciti integranti la regiudicanda sulla cui oggettiva consumazione non si formulano rilievi . Incongruamente la Corte territoriale non ha valutato con la dovuta attenzione le conclusioni di una consulenza neuropsichiatrica svolta sull'imputato, secondo cui il S. versava al momento dei fatti in stato di grave disturbo della personalità con tratti ciclotimici dell'umore e sintomi ipomaniacali con episodi depressivi stato reso più acuto da congiunta intossicazione alcolica con interazione di psicofarmaci. Una condizione psicologica e soggettiva, quindi, tale da comprometterne totalmente la capacità di intendere e di volere dell'imputato. In via subordinata si lamenta l'irrazionale diniego dei benefici di legge anche in ragione della contenuta misura della pena, della limitata gravità dei fatti criminosi e della loro occasionalità nonché del difficile trascorso di vita del ricorrente sposato e con ben otto figli ancora a suo carico . 3. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza delle prospettate censure, caratterizzate anche da difetto di specificità siccome replicanti pedissequamente motivi di doglianza già sottoposti allo stesso giudice di primo grado e ripresi con l'appello . 3.1.Censure tutte incidenti su profili di mero fatto estesamente analizzati da entrambe le conformi decisioni di merito ovvero su aspetti di valutazione delle fonti probatorie sottratti a sindacato di legittimità, quando si abbia riguardo alla esauriente motivazione attraverso cui l'impugnata sentenza di secondo è pervenuta ad escludere, anche e proprio alla luce dell'acquisita consulenza personologica nonché delle dichiarazioni rese dallo stesso imputato nell'udienza di convalida del suo arresto ha asserito di non aver abusato di alcolici prima dei fatti di causa , che il ricorrente al momento della condotta antigiuridica ascrittagli versasse in stato di non imputabilità totale o ridotta o comunque in stato di inconsapevolezza dell'antigiuridicità del suo contegno sentenza, p. 3 dalla consulenza medica non risulta a carico del prevenuto alcuna patologia che elida o attenui la capacità di intendere e di volere a concedere che effettivamente quel giorno l'imputato avesse assunto insieme agli antidepressivi sostanze alcoliche, in ogni caso non potrebbe escludersi né ritenersi scemata l'imputabilità, avendo lo stesso imputato con la sua condotta determinato l'asserita abnorme reazione aggressiva . Le conclusioni esposte dalla decisione di appello sono corrette e conformi allo stabile indirizzo della giurisprudenza di legittimità, alla cui stregua non determinano un difetto di imputabilità, né compromettono la capacità di partecipazione cosciente al processo, le anomalie caratteriali o le alterazioni o disarmonie della personalità che non siano accompagnate da una storia clinica che permetta di inquadrarle quanto meno nel più ristretto concetto di disturbo mentale. Con la conseguenza che, ai fini del riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, acquistano rilievo soltanto quei disturbi della personalità aventi consistenza, intensità e gravità tali da menomare in concreto la capacità di intendere o di volere escludendola o scemandola grandemente e sempre sia individuabile un nesso eziologico diretto con la specifica condotta criminosa, in base al quale il reato possa ritenuto causalmente provocato dal disturbo mentale o psicologico dell'imputato. Situazioni di cui, come pongono in luce le due sentenze di merito, non si rinvengono dirimenti fonti probatorie nelle evenienze processuali cfr. Sez. U, 25.1.2005 n. 9163, Raso, rv. 230317 Sez. 2, 2.12.2008 n. 2774/13, Di Gaetano, rv. 242710 Sez. 6, 5.4.2012 n. 18458, Bondì, rv. 252686 . 3.2. Palese è l'infondatezza anche delle subordinate doglianze in punto di pena con cui si denuncia l'inadeguata motivazione della sentenza di appello in ordine al diniego all'imputato dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna. Diniego che i giudici del gravame hanno sinteticamente sussunto nella complessiva revisione, ai sensi dell'art. 133 c.p., della pena inflitta al S., pur ridotta in maniera sensibile rispetto alla decisione del Tribunale. Giova ribadire al riguardo che il beneficio della sospensione della pena non costituisce un diritto dell'imputato condannato, essendo rimesso alla discrezionalità del giudice di merito, tenuto ad esperire una positiva prognosi comportamentale di non pericolosità entro il perimetro valutativo delineato dagli artt. 163 e 164. Prognosi favorevole che i giudici del gravame hanno ritenuto non formulabile, se non altro all'implicita stregua del divieto dettato dall'art. 164 -co. 2, n. 1 c.p., avendo l'imputato comunque riportato anteriore condanna per delitto, come precisa la sentenza di primo grado. Ne consegue che -a prescindere dall'originaria genericità della richiesta ex art. 163 c.p. oggetto di subordinato motivo di appello i giudici di secondo grado neppure avrebbero dovuto pronunciarsi sul tema, non potendosi ritenere sussistente un obbligo di motivazione del diniego del beneficio, ove questo non risulti concedibile per mancanza dei presupposti di legge Sez. 6, 21.4.2009 n. 20383, Bomboi, rv. 243881 Sez. 5, 26.5.2011 n. 30410, Albanito, rv. 250583 . Alla declaratoria di inammissibilità dell'impugnazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 mille in favore della cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.