Operazioni societarie sospette: la mera difficoltà di recuperare le imposte evase autorizza il sequestro

Deve assumersi legittimo il sequestro preventivo del patrimonio societario fraudolentemente dismesso in occasione di un accertamento tributario tramite operazioni di alienazioni o cessioni d’azienda a nulla rilevando la possibilità, per il Fisco, di esperire ogni eventuale azione volta a rendere inefficaci gli atti assunti pregiudizievoli.

Ed invero, l’azione revocatoria così come la prevista responsabilità solidale del cessionario per i debiti assunti dal cedente, pur rappresentando validi strumenti di tutela per gli interessi del Fisco, rendono ciò nondimeno più difficoltoso e incerto il recupero delle imposte evase. Lo ha stabilito la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione con la sentenza n. 39162, depositata il 24 settembre 2014. All’accertamento tributario segue la dismissione del patrimonio societario. Nel caso di specie alcuni beni di pertinenza di due amministratori di società sono stati sottoposti a sequestro preventivo finalizzato alla confisca per un valore di oltre 5 milioni di euro, nell’ambito di un procedimento penale per i reati di omessa dichiarazione, omesso versamento di Iva e sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte di cui, rispettivamente, agli artt. 5, 10- ter e 11, d.lgs. n. 74/2000 . Avverso la misura disposta dal giudice delle indagini preliminari i due indagati hanno proposto istanza di riesame la quale, tuttavia, è stata rigettata dal Tribunale. Quest’ultimo, infatti, ha confermato la bontà del sequestro ponendo l’accento sulla natura fraudolenta di alcune alienazioni immobiliari e cessioni d’azienda rette dall’intento di depauperare il patrimonio della società nel mentre sottoposta ad un accertamento tributario che lasciava presagire un sicuro esito negativo. L’impossibilità per il Fisco di recuperare le imposte evase. Nel corso del giudizio di legittimità, tra vari motivi di censura, è stato contestato l’apprezzamento reso dal Tribunale nella parte in cui questi ebbe a ritenere che le alienazioni immobiliari incriminate avessero effettivamente la capacità di paralizzare il recupero delle somme dovute all’Erario a cagione dell’omesso versamento delle imposte. In dettaglio, è stato rimarcato come la dizione letterale dell’art. 11- ter aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su alcuni beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva debba essere intesa nel senso di una vera e propria impossibilità” materiale del recupero. Tanto, sempre a dir della difesa, non sarebbe accaduto nel caso concreto, posto che le compravendite stipulate - giuste le somme da incamerare quale contropartita dei trasferimenti di proprietà - non potevano assumersi simulate e, ad ogni modo, rimaneva intatta la possibilità di esperire ogni opportuna azione revocatoria né, d’altra parte, la cessione d’azienda si era mostrata lesiva degli interessi dell’Erario, considerata l’aggiunta di un nuovo debitore per Equitalia e l’annessa responsabilità solidale del cessionario per i debiti del cedente espressamente prevista dall’art. 14, d.lgs. n. 74/2000. È sufficiente la difficoltà. Ebbene, non una delle censure prospettate è stata accolta dai giudici del Palazzaccio. La Corte, nel rigettare il ricorso, ha confutato la tesi minimalista prospettata dalla difesa, confermando la giustezza della misura cautelare inflitta, per nulla in contrasto col parametro di legge. Data per provata la natura simulata delle alienazioni desunta dal prezzo irrisorio corrisposto dagli acquirenti , nella sentenza in epigrafe si osserva come la possibilità, per l’Erario, di esperire azioni revocatorie volte a rendere inefficaci gli atti fraudolenti non elida, in ogni caso, la difficoltà nel recupero delle somme evase. La declaratoria di inefficacia degli atti di disposizione pregiudizievoli per i creditori ex art. 2901, cod. civ., infatti, presuppone comunque un giudizio di cognizione, soggetto non soltanto all’alea tipica di ogni giudizio civile, ma anche ai tempi di durata del processo”. Lo stesso problema, secondo la Cassazione, si ripropone con riferimento alla cessione d’azienda. È vero – osservano gli Ermellini - che il cessionario risponde dei debiti tributari del cedente tuttavia, ciò non garantisce affatto il Fisco da opposizioni del cessionario , le quali – similmente a quanto riportato sopra – renderebbero parimenti più difficoltoso il recupero del credito tributario. A chiusura del cerchio si ribadisce il severo orientamento maturato con riferimento al reato di sottrazione fraudolenta secondo il quale in detta fattispecie rientra qualsiasi stratagemma artificioso del contribuente tendente a sottrarre, in tutto o in parte, le garanzie patrimoniali alla riscossione coattiva del debito tributario , ivi compresa la cessione d’azienda.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 9 aprile – 24 settembre 2014, n. 39162 Presidente Teresi – Relatore Orilia Ritenuto in fatto Il Tribunale di Viterbo con ordinanza pronunciata in data 13.11.2013 ha rigettato la richiesta di riesame proposta nell'interesse di S.S. , A. e M. , - indagati per i reati di cui agli artt. 11, 10 ter e 5 del D. Lvo n. 74/2000 commessi nella carica di amministratore della Ecoedil srl in cui si erano succeduti - contro il decreto di sequestro preventivo per equivalente finalizzato alla confisca, emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari, avente ad oggetto somme di pertinenza degli indagati, crediti, titoli, obbligazioni, ovvero immobili ad essi intestati, sino a concorrenza della somma di Euro 5.519.866,63, nonché il sequestro preventivo, nel caso di mancato rinvenimento delle somme e dei beni sopra indicati, di una serie di immobili trasferiti alla FIN S.A.G.I.M. con atto per notaio D'Alessandro rep. n. 479638, registrato il 3.11.2008. Il Tribunale del Riesame ha ravvisato il fumus della sottrazione fraudolenta, nello stretto collegamento soggettivo tra i vertici della società alienante e quelle acquirenti dei numerosi immobili e del ramo di azienda, nel rapido susseguirsi delle operazioni, tutte immediatamente successive alla verifica tributaria e nel chiaro scopo di depauperamento della società Ecoedil. Ha ritenuto che anche il trasferimento della sede societaria all'estero, valutato unitariamente alle altre operazioni poste in essere, costituisce un elemento diretto ad ostacolare la procedura di recupero del credito erariale. Ha ritenuto corretta la quantificazione delle imposte evase osservando che la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi e dell'imposta per l'esercizio 2009 non consente di valutare, ai fini della detrazione, il credito IVA peraltro neanche indicato nella dichiarazione dell'anno successivo. Ha ravvisato il profitto del reato nel risparmio di spesa per mancato versamento di imposte, sanzioni e interessi. Ha ritenuto correttamente motivato il provvedimento di sequestro ex 321 cp degli immobili venduti alla Fin SAGIM, trattandosi di frutto di compravendita simulata. Ritenendo trattarsi di beni pertinenti al reato, il Tribunale ha ravvisato il pericolo che la libera disponibilità potesse consolidare gli effetti del reato mediante la cessione a terzi con ciò pregiudicando irrimediabilmente la pretese erariali. Per l'annullamento dell'ordinanza, gli indagati, tramite il difensore, hanno proposto ricorso per cassazione denunziando sei motivi, alcuni dei quali sviluppati in plurime articolazioni. Considerato in diritto 1. Col primo motivo, i ricorrenti denunziano violazione dell'art. 11 del D. Lvo n. 74/2000 innanzitutto sotto il profilo dell'individuazione del momento iniziale della tutela penale, coincidente, a lori avviso, quanto meno con un avviso di accertamento atto di imposizione fondante l'obbligazione tributaria , e non certo col processo verbale di constatazione, mero atto ricognitivo di fatti, oggetto di successivo riscontro di conseguenza, gli atti posti in essere successivamente al p.v.c. ma anteriormente alla notifica dell'avviso di accertamento sono sottratti alla disciplina dell'art. 11. Sotto altro aspetto - relativo alla condotta - osservano che la norma colpisce solo le alienazioni simulate e gli altri atti fraudolenti che siano in grado di rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva, situazione che non si ravvisa nel caso in esame perché non risulta che le vendite siano state simulate non essendo stato censurato il pagamento del prezzo delle due alienazioni immobiliari. Neppure si rientra, ad avviso dei ricorrenti, nel concetto di altri atti fraudolenti perché tale non è certo la vendita di immobili. Rilevano inoltre che, gli atti dispositivi devono rendere inefficace anche parzialmente la procedura di riscossione, ma deve trattarsi di una vera e propria impossibilità per l'agente incaricato della riscossione di soddisfare le ragioni erariali ipotesi, a dire del ricorrenti, insussistente perché è ben possibile per l'Equitalia esperire eventuali azioni revocatorie per far dichiarare inefficaci gli atti di trasferimento. Quanto all'atto di cessione di azienda, osservano che in tal modo si è aggiunto un nuovo debitore solidale rafforzandosi così la garanzia e il trasferimento all'estero della sede è un atto neutro perché le notifiche comunque potranno esse eseguite secondo le convenzioni internazionali. 2. Col altro motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell'art. 14 del d. lgs. N. 472/1997 rimproverando al Tribunale di avere ricavato la natura fraudolenta della cessione d'azienda dal disposto dell'art. 2560 comma 2 cc che pone limiti alla responsabilità del cessionario senza considerare invece che per l'articolo 14 del decreto legislativo 472/1997, norma speciale e quindi prevalente su quella civilistica, il cessionario d'azienda acquista responsabilità solidale per tutti i debiti tributari relativi al periodo di imposta in cui avviene la cessione e per i due anni precedenti nonché per le violazioni già irrogate e contestate nel medesimo periodo anche se riferite a violazioni commesse in epoca anteriore. Senza distinguere tra debiti iscritti o meno nelle scritture contabili. Tali motivi sono infondati con riferimento a tutti i profili in cui si sviluppano. Quanto alla individuazione del momento iniziale della tutela penale di cui si discute nel primo motivo , la tesi dei ricorrenti si scontra con il consolidamento insegnamento della giurisprudenza - a cui si è uniformato il Tribunale - secondo cui il reato previsto dall'art. 11, del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è integrato dall'uso di mezzi fraudolenti per occultare i propri o altrui beni al fine di sottrarsi al pagamento del debito tributario, delle sanzioni e relativi interessi e non presuppone come necessaria la sussistenza di una procedura di riscossione coattiva, essendo, invece, sufficiente l'idoneità, con giudizio ex ante, a rendere in tutto o in parte inefficace l'attività recuperatoria dell'Amministrazione finanziaria cfr. tra le varie, Sez. 3, Sentenza n. 39079 del 09/04/2013 Cc. dep. 23/09/2013 Rv. 256376 Sez. 3, Sentenza n. 36290 del 18/05/2011 Cc. dep. 06/10/2011 Rv. 251076 . Quanto agli altri profili, con essi si prospettano censure sulla motivazione, che sono inammissibili in materia cautelare reale. Infatti, secondo la costante giurisprudenza, è ammissibile il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, pur consentito solo per violazione di legge, quando la motivazione del provvedimento impugnato sia del tutto assente o meramente apparente, perché sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e r'iter logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato tra le varie, Sez. 6, Sentenza n. 6589 del 10/01/2013 Cc. dep. 11/02/2013 Rv. 254893 Sez. U, Sentenza n. 25932 del 29/05/2008 Cc. dep. 26/06/2008 Rv. 239692 . Nel caso di specie, si è certamente al di fuori di tale ipotesi perché il Tribunale pagg. 5 e ss. ha accertato la particolare tempistica degli atti di trasferimento posti in essere a partire dal 29.10.2008 e quindi subito dopo la verifica fiscale conclusasi il 4.10.2008 , il collegamento soggettivo tra le società Ecoedil, La Fontaine e Fin S.A.G.I.M., e le modalità di pagamento riconducibile alla stessa cedente Ecoedil, traendo da tali elementi e anche dal prezzo irrisorio della vendita in favore della La Fontaine e dal mancato accollo da parte di quest'ultima dei mutui ipotecari, successivamente trasferiti ad altra società il convincimento della simulazione finalizzata allo svuotamento della Ecoedil per renderla insensibile alle procedure coattive derivanti dal controllo della Finanza. Il rilievo dei ricorrenti - che minimizza la condotta richiamando un eventuale ricorso ad azioni revocatorie - non esclude affatto la difficoltà del recupero, laddove si consideri che la declaratoria di inefficacia degli atti di disposizione pregiudizievoli per i creditori prevista dall'art. 2901 cc, presuppone comunque un ordinario giudizio di cognizione, soggetto non soltanto alle difficoltà e all'alea tipica di ogni giudizio civile, ma anche ai tempi di durata del processo. Quanto alla ritenuta natura fraudolenta della cessione di ramo azienda cantieri del valore di Euro. 130.000,00, attrezzature varie e certificazione ISO , il Tribunale ha considerato il divario tra il valore commerciale e il prezzo rilevando che questo, stabilito in Euro. 50.000,00 oltre IVA, non è mai stato corrisposto. Il richiamo - fatto dai ricorrenti - all'art. 14 del D. Lgs 472/1997 e alla sua specialità rispetto alla norma generale dell'art. 2560 cc, appare corretto, ma irrilevante. Certamente, come affermato dalla sezione tributaria della Corte cfr. Sez. 5, Sentenza n. 5979 del 14/03/2014 Rv. 630640 è vero che, in tema di riscossione dei tributi, l'art. 14 del d.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, introducendo misure antielusive a tutela dei crediti tributari, è norma speciale rispetto all'art. 2560, secondo comma, cod. civ., diretta ad evitare, tramite la previsione della responsabilità, solidale e sussidiaria, del cessionario per i debiti tributari gravanti sul cedente, che, attraverso il trasferimento dell'azienda, sia dispersa la garanzia patrimoniale del contribuente in pregiudizio dell'interesse pubblico. Ne consegue che, nell'ipotesi di cessione conforme a legge commi 1, 2 e 3 ed in base ad un criterio incentivante volto a premiare la diligenza nell'assumere, prima della conclusione del negozio traslativo, informazioni sulla posizione debitoria del cedente, la responsabilità ha carattere sussidiario, con beneficium excussionis , ed è limitata nel quantum entro il valore della cessione e nell'oggetto con riferimento alle imposte e sanzioni relative a violazioni commesse dal cedente nel triennio prima del contratto ovvero anche anteriormente, se già irrogate o contestate nel triennio, ovvero entro i limiti del debito risultante, alla data del contratto, dagli atti degli uffici finanziari e degli enti preposti all'accertamento dei tributi qualora, invece, si tratti di cessione in frode al fisco, la medesima responsabilità è presunta iuris tantum quando il trasferimento sia effettuato entro sei mesi dalla constatazione di una violazione penalmente rilevante , senza che si applichino le limitazioni stabilite dai primi tre commi della norma. Come si diceva, il richiamo alla legge speciale, pur se corretto, è irrilevante nel caso di specie perché non garantisce affatto il Fisco da opposizioni del cessionario - tutt'altro che improbabili proprio per l'avvenuto trasferimento di parte dell'azienda e non della sua totalità, come pure ha osservato il Tribunale v. pag. 11 - opposizioni che, richiedendo un inevitabile accertamento giudiziario, pur sempre renderebbero maggiormente difficoltoso il recupero del credito tributario. Del resto, la decisione impugnata appare corretta in diritto come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, anche le cessioni d'azienda integrano la condotta, rilevante come sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte dovute da società, perché nella fattispecie criminosa indicata rientra qualsiasi stratagemma artificioso del contribuente tendente a sottrarre, in tutto o in parte, le garanzie patrimoniali alla riscossione coattiva del debito tributari Sez. 3, Sentenza n. 19595 del 09/02/2011 Cc. dep. 18/05/2011 Rv. 250471 . La censura, dunque, si risolve in una inammissibile critica su accertamenti in fatto congruamente motivati e giuridicamente corretti. 3. Con un ulteriore motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell'art. 10 ter del d. Igs 74/2000 erroneamente indicando, nel titolo del paragrafo, l'art. 10 bis, ndr rilevando che l'elemento materiale del reato di omesso versamento iva è rappresentato dalla dichiarazione dei redditi, agli atti inesistente, non potendosi attribuire rilievo all'allegato 10 all'informativa di PG del 26.6.2013, trattandosi della stampa di una videata contenente alcuni elementi della dichiarazione, ma che non è la dichiarazione, elemento essenziale del reato. La deduzione è fondata ma irrilevante in questa sede come già affermato da questa Corte, il D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 10 ter prevede che la disposizione di cui all'art. 10 bis si applica anche a chiunque non versa l'imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo di imposta successivo. Pertanto, la norma è chiarissima nell'individuare quale presupposto del reato la presentazione della dichiarazione annuale IVA cfr. sul punto Sez. 3, n. 6293 del 14/1/2010, dep. 16/2/2010, Ioele, non massimata, nonché Sez. 3, Sentenza n. 19099 del 06/03/2013 Cc. dep. 03/05/2013 Rv. 255327 . Nel caso di specie, il Tribunale stesso ha accertato la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto per l'anno 2009 pag. 12 . Tuttavia, ciò può rilevare nel giudizio di merito, ma non incide sul provvedimento cautelare, atteso che risulta contestato anche il reato di omessa dichiarazione art. 5 D. Lgs. n. 74/2000 ed il Tribunale ha comunque accertato che l'imposta evasa è stata quantificata correttamente sulla scorta della dichiarazione dei dati IVA presentata dalla società Ecoedil riferita all'esercizio 2009, da cui risulta che l'IVA esigibile, determinata sulle operazioni imponibili attive, ammontava ad Euro. 913.043,00 pag. 12 . 4. Con ulteriore censura i ricorrenti lamentano la violazione dell'arti lett. f e 5 del d.lgs. 74/2000 e 83 TUIR. A loro avviso, il Tribunale, nel ritenere dovuta un'IVA di Euro. 913.043,00 incorre in gravissimi vizi metodologici e svicola dalle censure mosse avverso il decreto di sequestro. Denunciano la violazione del concetto di imposta evasa rilevando la mancanza totale di attività investigativa di ricerca di eventuali versamenti, attività doverosa anche ex art. 358 cpp, poiché funzionale ad una corretta ricostruzione dell'imposta. Segnalano che la comunicazione annuale dei dati IVA non è presente nel materiale depositato e quindi non può esser posta a base dell'ipotesi dei reato. Ancora, rilevano oscillazioni nell'indicazione della quantità di IVA evasa, e richiamano il principio fondamentale della detraibilità affermato dalla giurisprudenza Europea, deducendo inoltre la mancanza di certezza sull'esistenza e sulla consistenza di un debito di imposta superiore alla soglia di punibilità. Rilevano errori nel metodo di calcolo in relazione alle previsioni dell'art. 83 TUIR e dell'art. 2425 cc con riferimento in particolare ai costi della produzione, come i costi dei dipendenti, che non sono soggetti ad IVA. Anche questa censura è infondata sotto tutti i profili in cui si articola. Ed infatti a innanzitutto, per il principio di specificità dei motivi di impugnazione art. 581 lett. c cpp sarebbe stato preciso onere dei ricorrenti indicare se e in che misura fossero stati eseguiti versamenti di imposta, attività certamente rientrante nella conoscenza del contribuente, ma ciò non è avvenuto. b in secondo luogo, come si è detto, il Tribunale ha rilevato la presentazione dei dati IVA da parte della Ecoedil riferita all'esercizio 2009 trattasi di tipico accertamento in fatto, qui non sindacabile, a meno di non stravolgere il giudizio di legittimità attraverso una attività di acquisizione, ed esame degli atti del procedimento. c nessun contrasto si rinviene con la giurisprudenza Europea il principio della detraibilità non è affatto negato, ma anzi è riconosciuto nel nostro ordinamento purché vi sia il titolo necessario per il riconoscimento. La sezione tributaria di questa Corte ha costantemente affermato che in materia di I.V.A., il titolo necessario per riconoscere il diritto del contribuente alla detrazione è rappresentato dalla presentazione della dichiarazione annuale delle operazioni imponibili, entro il termine di trenta giorni previsto dall'art. 37 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, posto che, a mente di tale disposizione, la dichiarazione presentata con ritardo superiore a trenta giorni costituisce titolo per la riscossione dell'imposta, ma deve considerarsi omessa a tutti gli altri effetti, e quindi anche ai fini del disconoscimento della detrazione cfr. Sez. 5, Sentenza n. 16341 del 28/06/2013 Rv. 627068 Sez. 5, Sentenza n. 1845 del 29/01/2014 Rv. 629500 Sez. 5, Sentenza n. 25477 del 2013 Sez. 5, Sentenza n. 11737 del 27/05/2011Rv. 618227 Sez. 5, Sentenza n. 11737 del 27/05/2011 Rv. 618228 nel caso in esame il giudice di merito ha accertato la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi e dell'imposta sul valore aggiunto per l'anno 2009 e, in base a tale rilievo, ha ritenuto di non poter valutare il credito IVA ai fini della detrazione e, quanto al calcolo IRES, ha osservato che nessun elemento di fatto è stato addotto dai ricorrenti per contestare il dato emergente dalle risultanze investigative. È un accertamento in fatto sorretto da adeguata motivazione e come tale non sindacabile in questa sede. 5 Ancora si deduce, con altro motivo, la violazione del combinato disposto degli artt. 240 cp e 321 cpp sotto il profilo della nozione del profitto del reato. Secondo i ricorrenti la nozione di profitto del reato deve essere limitata alla sola imposta evasa e non anche interessi e sanzioni. Il motivo è infondato. Come già affermato da questa Corte, anche a sezioni unite cfr. Sez. U, Sentenza n. 18374 del 31/01/2013 Cc. dep. 23/04/2013 Rv. 255036 Sez. 5, Sentenza n. 1843 del 10/11/2011 Cc. dep. 17/01/2012 Rv. 253480 , in tema di reati tributari, il profitto, confiscabile anche nella forma per equivalente, del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, di cui all'art. 11 del d.lgs n. 74 del 2000, è costituito da qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione del reato e può, dunque, consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi, sanzioni dovuti a seguito dell'accertamento del debito tributario. La decisione impugnata appare dunque corretta nella individuazione del profitto del reato. 6. Con un ultimo motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell'art. 321 cpp sotto il profilo della nozione di beneficiario delle irregolarità tributarie. Osservano al riguardo che i fatti reati sarebbero stati commessi nell'interesse della Ecoedil srl e non della Fin S.A.G.I.M. srl destinataria del provvedimento cautelare , sicché si rivela inconferente la giurisprudenza ricamata dal Tribunale secondo cui è consentito il sequestro preventivo ex art. 321 cpp a carico della persona giuridica beneficiarla delle irregolarità tributarie. Ribadiscono che la Fin S.A.G.I.M srl è un soggetto diverso, estraneo al reato ed esistente sin dal 13.3.1992. Chiedono pertanto la restituzione degli immobili alla Fin S.A.G.I.M. srl. Il motivo è inammissibile per difetto di interesse art. 591 lett. a cpp perché investe il tema del sequestro disposto nei confronti di un terzo del quale pertanto solo questi potrebbe dolersi, cioè - nel caso di specie - la Fin S.A.G.I.M srl che però non risulta avere proposto impugnazione. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali.