Per la condanna è sufficiente il concreto pericolo di diffusione dei dati incriminati

Ai fini della configurabilità del reato di produzione di materiale pedopornografico non è condizione necessaria la realizzazione dell’ eventus damni, bensì è sufficiente che la condotta criminosa, per le sue modalità, implichi un concreto pericolo di diffusione del materiale predetto. La sussistenza di tale pericolo deve essere accertata di volta in volta dal giudice, mediante il ricorso ad elementi sintomatici della condotta illecita.

La Corte di Cassazione, con la sentenza numero 38967/14, depositata il 23 settembre, in linea con i precedenti arresti giurisprudenziali in materia, torna a ribadire la natura di reato di pericolo della fattispecie delittuosa di produzione di materiale pedopornografico, prevista dall’art. 600 ter c.p Sul punto, è d’uopo rilevare che la disposizione normativa in parola - oggetto negli anni di diversi correttivi, tra cui il più recente operato dalla L. numero 172/2012, di ratifica della Convenzione di Lanzarote – prevede diverse figure criminose, disciplinate nell’ambito di sette commi, miranti a tutelare il bene giuridico delle libertà sessuale dei minori. L’ipotesi delittuosa in esame, prevista dal comma 1 dell’art. 600 ter c.p., richiede per la sua integrazione, in modo precipuo, che il minore venga esposto alla visione od alla percezione sensoriale di una pluralità indeterminata di soggetti e che - anche senza scopo di lucro - il materiale incriminato possa essere destinato al mercato della pedofilia. Tutela anticipata apprestata dall’ordinamento. Proprio in virtù della particolare rilevanza del bene giuridico protetto, il precetto normativo oggetto di indagine è stato motivo di accesi dibattiti dottrinali e giurisprudenziali circa la natura di reato di pericolo o di evento, con le ovvie conseguenze sostanziali e processuali che derivano dal sostenere l’una o l’altra tesi. Tuttavia, almeno nell’ambito della giurisprudenza, ogni dubbio è stato dissipato dalle SSUU con la sentenza numero 13/2000, nell’ambito della quale è stato statuito che il delitto di pornografia minorile, disciplinato al 1° comma dell’art. 600 ter c.p., tende a reprimere quelle condotte che mettono a repentaglio il libero sviluppo personale del minore con la mercificazione del suo corpo, anche senza scopo di lucro, e l’immissione nel mondo abietto della pedofilia. Dunque, la fattispecie criminosa de qua, secondo il dictat in parola, appresta una tutela penale anticipata della libertà sessuale del minore. Il caso. Nella specie, un soggetto adisce la Corte di Legittimità, per annullare la sentenza di condanna pronunciata dalla Corte d’Appello di Torino che, in veste di giudice del rinvio di sentenza già cassata, confermava la condanna del prevenuto per il delitto di produzione di materiale pedopornografico. Il ricorrente, in via principale, lamenta violazione di legge della sentenza pronunciata dalla Corte territoriale in relazione all’art. 600 ter c.p Secondo la tesi difensiva, infatti, non vi sarebbero elementi della condotta idonei a dimostrare che la detenzione da parte dell’imputato di foto e video di natura sessuale di una minore, legata a lui affettivamente, fosse destinata alla percezione sensoriale da parte di più soggetti. Gli indici rilevatori di un pericolo connotato da concretezza. La Suprema Corte, tuttavia, con la decisione in commento, rigetta il ricorso dell’esponente, ritenendo condivisibile l’apparato argomentativo con cui la Corte d’Appello di Torino approdava alla condanna dell’imputato per la sussistenza di chiari indici rilevatori di un pericolo connotato da concretezza. Il Supremo Consesso, sul punto, evidenzia che la sussistenza di dati probatori da cui risulta la esibita volontà di mostrare le riprese video-fotografiche di un minore sono di per sé sufficienti ad integrare il concreto pericolo di una futura diffusione del materiale detenuto, nonché archiviato con modalità tali da renderlo disponibile in avvenire ad una quantità indeterminata di soggetti indeterminatezza da intendere come la non numerabilità ex ante degli stessi . Infine, evidenziano i Giudici di Piazza Cavour, che ai fini dell’integrazione dell’ipotesi delittuosa de qua non è necessaria la presenza di una struttura organizzativa sia pure di tipo rudimentale, ma, al più, tale circostanza, costituirebbe un indice ultroneo e dimostrativo del pericolo concreto di diffusione del materiale pedopornografico. Conclusioni. In definitiva, la condotta incriminata dalla disposizione normativa in esame è punita anche in assenza di scopo di lucro e, soprattutto, anche in mancanza di un evento dannoso in capo alla vittima. Dunque, la tutela anticipata apprestata dall’ordinamento, grazie alla qualificazione giurisprudenziale del delitto in parola come reato di pericolo concreto, potrebbe condurre alla punizione di coloro che facciano un uso improprio di materiale pedopornografico anche per mero atto di vanteria.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 5 giugno –23 settembre 2014, n. 38967 Presidente Zecca – Relatore Dovere Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Torino, pronunciando quale giudice del rinvio a seguito di annullamento della decisione di secondo grado con la quale R.R. era stato assolto dal reato di maltrattamenti in danno di G.I. capo A e condannato per il reato di detenzione di immagini pedopornografiche nonché per il reato di produzione di immagini pedopornografiche rispettivamente capi B e C , annullamento limitato a quest'ultimo reato, ha confermato la sentenza di condanna, ritenendo sussistente l'elemento oggettivo del reato di produzione di materiale pedopornografico, ed in particolare l'essenziale dato del concreto pericolo di diffusione del materiale medesimo. Ciò in ragione di alcune circostanze analiticamente indicate dalla Corte distrettuale - l'imputato era solito mostrare le fotografie ed i video pedopornografici ad altri individui interessati a fruirne egli aveva sul proprio cellulare una fotografia in cui compariva una ragazza molto giovane che praticava un rapporto orale e che mostrò alla G. con la quale intratteneva una relazione sentimentale a questa donna egli mostrò filmati e foto memorizzati nel suo computer in cui compariva mentre aveva rapporti sessuali con ragazze minorenni nell'ambito della realizzazione di un video a contenuto pedopornografico egli affermò che stava realizzando tale materiale per il suo dentista. A ciò si aggiunge, per la Corte di appello, l'esistenza di una struttura organizzativa sia pure rudimentale, costituita dal possesso di una pluralità di computer con video ed immagini catalogate ed archiviate, il collegamento con altri soggetti pedofili, potenziali destinatari del materiale pornografico, l'utilizzo nel corso degli anni di una pluralità di minori per la produzione di materiale pornografico. 2. Avverso tale decisione ricorre per cassazione l'imputato a mezzo del difensore di fiducia, avv. Mirella Miano. 2.1. Con un primo motivo deduce violazione di legge in relazione all'articolo 600 ter cod. pen. nonché vizio motivazionale. Rileva l'esponente che la Corte di appello ha ritenuto sussistente il concreto pericolo di diffusione del materiale pedopornografico facendo perno sulle dichiarazioni di G.I. , omettendo di considerare che le stesse non erano attendibili, in quanto la medesima era interessata e non indifferente rispetto al rapporto dell'imputato con la minore comparente nelle fotografie e che ella era stata in grado di apprendere fraudolentemente quanto contenuto nel cellulare e nei computer del R. perché si fermava frequentemente a casa dello stesso. Aggiunge l'esponente che nessun elemento di prova sussiste sul fatto che la foto sul cellulare, alla quale ha fatto riferimento la donna, ritraesse una ragazza minorenne. Sotto altro profilo, rileva che non sussiste la prova del concreto pericolo che l'imputato mostrasse a terzi le foto della minore, perché con questa egli aveva un rapporto affettivo molto forte d'altro canto, le immagini del video al quale fa riferimento la Corte di appello si riferiscono a soggetto sconosciuto all'imputato, del quale questi non conosceva l'età. L'affermazione secondo la quale l'imputato aveva realizzato il video per mostrarlo al proprio dentista contrasta con quanto riferito dalla minore legata al R. da una relazione sentimentale , la quale ha ricordato che l'imputato gli aveva detto di voler rivedere da solo le immagini che stava realizzando, assicurandole che non le avrebbe mostrato ad altri. In generale per l'esponente non sussiste alcun indizio di un pericolo concreto di diffusione materiale pedopornografico ed anzi risultano indizi contrari di un uso puramente affettivo delle fotografie concernenti la minorenne. Sul piano più strettamente giuridico rileva l'esponente che la norma in considerazione richiede che il minore venga offerto alla visione di una pluralità indeterminata di soggetti, e quindi che il materiale medesimo sia destinato al mercato della pedofilia carattere mancante nella condotta contestata all'imputato. Contesta l'esponente anche l'affermazione operata dalla Corte di appello circa l'esistenza di una struttura organizzativa sia pure rudimentale, essendo l'imputato detentore di strumenti, quali computer portatile, computer fisso e telefono cellulare, nella normale disponibilità di chiunque e non essendo questi titolare o detentore di strumenti tecnici di riproduzione o trasmissione idonei a diffondere il materiale in questione. Non è stato dimostrato alcun collegamento con altri soggetti pedofili in quanto non vi è stata alcuna condivisione di file o di mail a contenuto pornografico e neppure la prova che il dentista, citato dalla Corte di appello, fosse un soggetto pedofilo. Parimenti si contesta l'affermazione secondo la quale l'imputato avrebbe nel corso degli anni utilizzato una pluralità di minori per la produzione di materiale pornografico, non sussistendo alcun elemento probatorio al riguardo. Per il ricorrente, a fronte del principio posto dalla Suprema Corte - secondo il quale anche la realizzazione di un unico prodotto o un'unica esibizione vale ad integrare la fattispecie criminosa quando, per modalità e caratteristiche, la condotta presenti quei caratteri di pericolosità e di offensività che si pongono a fondamento dell'intervento sanzionatori -, deve constatarsi come nella specie siano mancanti i menzionati caratteri di pericolosità e di offensività della condotta, non essendosi realizzata la degradante utilizzazione della minore né la successiva diffusione del materiale. Nel contesto della evidenziazione dell'assenza di danni alla minorenne ritratta, il ricorrente rileva che la liquidazione dei danni al padre della medesima è del tutto immotivata ed illogica, in quanto questi non aveva un rapporto con la figlia, che viveva con la madre, e non era a conoscenza della effettiva situazione personale e di crescita della medesima. 2.2. Con un secondo motivo si deduce violazione vizio motivazionale in punto di mancato accoglimento della richiesta subordinata relativa all'eccessività della pena. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato, nei termini di seguito precisati. 3.1. La giurisprudenza alla quale tanto la Corte di appello che il ricorrente hanno fatto riferimento trova origine nella decisione con la quale le Sezioni Unite hanno risolto il contrasto interpretativo formatesi al riguardo della natura, di pericolo o di danno, del reato di cui all'articolo 600 ter cod. pen Nell'occasione il S.C. ha puntualizzato che poiché il delitto di pornografia minorile di cui al primo comma dell'art. 600 ter cod. pen. - mediante il quale l'ordinamento appresta una tutela penale anticipata della libertà sessuale del minore, reprimendo quei comportamenti prodromici che, anche se non necessariamente a fine di lucro, ne mettono a repentaglio il libero sviluppo personale con la mercificazione del suo corpo e l'immissione nel circuito perverso della pedofilia - ha natura di reato di pericolo concreto, la condotta di chi impieghi uno o più minori per produrre spettacoli o materiali pornografici è punibile, salvo l'ipotizzabilità di altri reati, quando abbia una consistenza tale da implicare concreto pericolo di diffusione del materiale prodotto . È quindi compito del giudice accertare di volta in volta la configurabilità del predetto pericolo, facendo ricorso ad elementi sintomatici della condotta quali l'esistenza di una struttura organizzativa anche rudimentale atta a corrispondere alle esigenze di mercato dei pedofili, il collegamento dell'agente con soggetti pedofili potenziali destinatari del materiale pornografico, la disponibilità materiale di strumenti tecnici di riproduzione e/o trasmissione, anche telematica idonei a diffondere il materiale pornografico in cerchie più o meno vaste di destinatari, l'utilizzo contemporaneo o differito nel tempo di più minori per la produzione del materiale pornografico - dovendosi considerare la pluralità di minori impiegati non elemento costitutivo del reato ma indice sintomatico della pericolosità concreta della condotta -, i precedenti penali, la condotta antecedente e le qualità soggettive del reo, quando siano connotati dalla diffusione commerciale di pornografia minorile, nonché gli altri indizi significativi suggeriti dall'esperienza Sez. U, n. 13 del 31/05/2000 - dep. 05/07/2000, PM in proc. Tove, Rv. 216337 . La fissazione di siffatto principio ha condotto il S.C. ad escludere la ricorrenza del concreto pericolo di diffusione del materiale in un'ipotesi in cui l'agente aveva realizzato e detenuto alcune fotografie pornografiche che ritraevano un minorenne, consenziente, per uso puramente affettivo , anche se perverso. Orbene, l'elemento che in questa sede assume maggiore rilevanza è rappresentato dal concetto di diffusione del materiale pedopornografico. La norma, nella sua corrente interpretazione, mira ad impedire la visione del minore ad una cerchia indeterminata di pedofili sicché non configura la ipotesi di reato la produzione pornografica destinata a restare nella sfera strettamente privata dell'autore Sez. 3, n. 1814 del 20/11/2007 - dep. 14/01/2008, Marchionni, Rv. 238566 . A tal riguardo, la Corte territoriale ha evidenziato condivisibili indici rilevatori di un pericolo connotato da concretezza l'apparato argomentativo sul punto è congruo, logico, corretto e, pertanto, insindacabile in questa sede. Invero, il Collegio distrettuale ha avuto cura di precisare le plurime circostanze dalle quali può fondatamente trarsi il convincimento della disponibilità dell'imputato a mostrare il materiale in questione ad una pluralità indeterminata di soggetti indeterminatezza che va intesa non come implicante un elevato numero di soggetti ma piuttosto la non numerabilità ex ante degli stessi . Assume rilievo, sotto tale profilo, in particolare il video nel quale l'imputato mostra ad un uomo di mezza età un video pedopornografico vantandosi di averlo fatto vedere ad un terzo soggetto, la sottoposizione alla visione di G.I. di materiale pedopornografico, la esibita volontà di mostrare la ripresa del rapporto sessuale con la minore all'amico dentista. Si tratta di elementi di per sé sufficienti a integrare il pericolo concreto di una futura diffusione del materiale detenuto ed archiviato con modalità tali da renderlo disponibile in avvenire. A tal riguardo appare opportuno precisare che il ricorrere di una struttura organizzativa sia pure rudimentale non è richiesto ai fini dell'integrazione del reato in parola ma costituisce ulteriore possibile elemento dimostrativo dell'esistenza del menzionato pericolo come tale esso ben può essere assente e sostituito da altro idoneo indice probatorio. Pertanto la motivazione sul punto offerta dalla Corte di appello, quand'anche esposta ai rilievi mossi dal ricorrente, non vale a determinare l'annullamento della sentenza. La irriducibilità degli elementi valorizzati dalla Corte di appello al solo contributo della G. rende in ogni caso non decisivo il tema, sul quale si dilunga il ricorso, della motivazione in ordine alla attendibilità della teste. 3.2. Le ulteriori censure mosse dalla ricorrente attengono alla valutazione della prova, che viene criticata contrapponendole un diverso apprezzamento, senza neppure evidenziare in quella fratture logiche o travisamenti probatori. Pertanto trattasi di rilievi irricevibili in questa sede. Come irricevibile è la censura che si indirizza al riconoscimento al padre della minore di una somma a titolo di risarcimento del danno. La Corte di appello ha esplicitato che a motivo della statuizione vi è la sofferenza patita dal padre nel veder compromessa la personalità della giovane figlia e nel veder frustata la propria funzione educativa. Trattasi di elementi che rimandano esattamente al soggetto in capo al quale è stato riconosciuto il diritto al risarcimento e che rispetto a questo risultano del tutto congruenti. Ogni ulteriore apprezzamento da parte di questa Corte implicherebbe lo sconfinamento nel dominio proprio del giudice del merito. 3.3. Manifestamente infondato è poi il secondo motivo, caratterizzato da aspecificità. Ai sensi dell'art. 581, co. 1 lett. c cod. proc. pen., l'impugnazione deve enunciare, tra gli altri, i motivi, con l'indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta . L'art. 591, co. 1, lett. c cod. proc. pen., commina la sanzione dell'inammissibilità dell'impugnazione quando venga violato, tra gli altri, il disposto dell'art. 581 cod. proc. pen Come costantemente affermato da questa Corte tra le altre, sez. 6, 30/10/2008, Arruzzoli ed altri, rv. 242129 , in materia di impugnazioni, l'indicazione di motivi generici nel ricorso, in violazione dell'art. 581 lett. c c.p.p., costituisce di per sé motivo di inammissibilità del proposto gravame. Nel caso di specie, l'atto di impugnazione omette qualsivoglia indicazione degli elementi di fatto che, sulla scorta della ricostruzione giuridica offerta, dovrebbero rendere palese il vizio della decisione impugnata. Mette conto rammentare che la Corte di appello ha rimarcato come la pena fosse stata determinata dal primo giudice prendendo le mosse dal minimo edittale e senza effettuare alcun aumento per la continuazione c.d. interna, applicando poi la massima diminuzione consentita dalle attenuanti generiche e un aumento modestissimo per la continuazione c.d. esterna. Risulta pertanto del tutto pertinente il richiamo al principio giurisprudenziale secondo il quale la specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti essere sufficienti a dare conto dell'impiego dei criteri di cui all'art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo pena congrua , pena equa o congruo aumento , come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere Cass. Sez. 2, sent. n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv. 245596 . 4. in conclusione il ricorso deve essere rigettato. Segue al rigetto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Va infine disposto che, in caso di diffusione del presente provvedimento, vadano omesse le generalità o gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d.lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. in caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità o gli altri dati identificativi, a norma dell'art. 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.