Due opposti non inconciliabili: la speditezza del rito abbreviato e l’esigenza d’integrazione probatoria ex officio

L’eventuale integrazione probatoria officiosa disposta nell’ambito del giudizio d’appello, instaurato a seguito d’impugnazione avverso la sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato, trova un solido riferimento normativo nell’art. 603, comma 3, c.p.p. che attribuisce al giudice di secondo grado, anche in detta sede, il potere di disporre la motivata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in presenza di un’assoluta esigenza probatoria.

Il valore probatorio dell’elemento da acquisire va assunto nell’oggettiva e sicura utilità/idoneità del probabile risultato probatorio ad assicurare il completo accertamento dei fatti rilevanti nel giudizio, nell’ambito dell’intero perimetro disegnato per l’oggetto della prova dalla disposizione generale di cui all’art. 187 cod. procomma pen La sentenza n. 38699 del 2014 pronunciata dalla Corte Suprema di Cassazione sottopone al vaglio della Prima Sezione Penale la disciplina normativa dell’istituto della rinnovazione dell’istruzione dibattimentale, previsto dall’art. 603 del codice di rito. Segnatamente, dalle considerazioni avanzate dal Supremo Consesso, è possibile arguire che, nella cornice unitaria del giudizio di secondo grado, le esigenze di celerità e speditezza processuali congenite all’originaria attivazione del rito abbreviato, da un lato, possono ostare ad una rinnovazione del compendio istruttorio sollecitata dalla parte interessata, ma dall’altra lasciano impregiudicato il potere-dovere del giudice di ricorrere all’integrazione probatoria ex officio qualora di stretta necessità. Un possibile nocumento alla garanzia di parità tra le parti processuali. Le doglianze avanzate dalla parte ricorrente, nel reclamare una riforma parziale della decisione del giudice di seconde cure, mirano precipuamente a contestare la ritenuta configurazione dell’aggravante della premeditazione ed il ritenuto disconoscimento dell’attenuante della provocazione, in un caso di omicidio volontario perpetrato dall’imputato in danno di un soggetto presumibilmente dedito ad attività usuraria. In particolare, la Corte di Assise di Appello di Taranto, investita dell’impugnazione del prevenuto, pronunciava due successive ordinanze, entrambe aventi ad oggetto la composizione del quadro probatorio a discarico ed a carico del ricorrente con la prima venivano respinte le richieste istruttorie presentate dalla difesa di esperimento giudiziale, di acquisizione dei verbali di accesso e di descrizione dello stato dei luoghi e documentazione, nonché di assunzione di dichiarazioni di persone informate sui fatti di segno opposto la seconda, la quale disponeva d’ufficio la riapertura dell’istruttoria per procedere ad un duplice esame testimoniale ed alla trascrizione di determinate intercettazioni ambientali eseguite nell’ambito di un separato procedimento penale. L’affermazione di responsabilità penale per la condotta omicidiaria tenuta 575 c.p. veniva fondata su prove di colpevolezza univoche, molteplici ed in toto concordanti. Seguiva l’applicazione della circostanza aggravante a carattere soggettivo della premeditazione art. 577, comma 1, n. 3 , c.p. , sul sostegno anche del materiale istruttorio oggetto d’integrazione probatoria officiosa. Il riconoscimento di detta circostanza, alla stregua dalla pacifica interpretazione dottrinal-giurisprudenziale consegue all’accertamento di due elementi l’uno cronologico, consistente in un apprezzabile intervallo di tempo tra l’insorgenza e l’attuazione del proposito criminoso, sufficiente a far desistere dal proposito criminoso un uomo di media moralità l’altro ideologico, che si estrinseca, nel perdurare dell’arco di tempo de quo , nella risoluzione criminosa nell’animo dell’agente. Da ultimo, la Corte territoriale, appurando l’insussistenza dei relativi presupposti, provvedeva ad escludere la circostanza attenuante comune della provocazione art. 62, comma 1, n. 2 , c.p. , alla cui dimostrazione ed applicazione miravano, invece, le citate richieste istruttorie di parte, respinte con ordinanza. Alla luce delle valutazioni effettuate dall’organo giudicante, la difesa dell’imputato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando in specie che la disposta riapertura officiosa dell’istruttoria dibattimentale concretava non solo una violazione di legge per insussistenza dei relativi presupposti, ma anche una significativa ed indebita alterazione del generale principio di parità delle parti del processo se l’istruttoria era stata approfondita onde verificare la sussistenza della premeditazione, al contempo, non era stato dato ingresso alle prove addotte dalla difesa al fine di dimostrare la configurabilità della provocazione. Il tipo di prova determina la disciplina normativa applicabile in sede di rinnovazione. Le argomentazioni adottate ed utilizzate dalla Prima Sezione del Supremo Consesso Penale in risposta alla questione sollevata dall’imputato muovono anticipatamente dall’analisi della diversa disciplina che, al variare del tipo di prova, il legislatore del codice di rito consente di tracciare in concomitanza dell’istituto della rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, regolamentato ai sensi dell’art. 603 c.p.p Anzitutto, si premetta che tale rinnovazione nel giudizio di appello presenta carattere di eccezionalità, dacché vige il principio processuale per cui, nel sistema accusatorio, l’indagine istruttoria trova la sua sede naturale di esplicazione soltanto nel dibattimento, all’interno del regolare contraddittorio e confronto dialogico inter partes , nonché nel rispetto delle preclusioni probatorie. Si precisi ulteriormente che, qualsiasi sia il mezzo di prova per cui la parte insta, al fine di obbligare il giudice del gravame a disporre conformemente alla richiesta, non è sufficiente la presumibile attitudine del mezzo ad influire sulla decisione del punto controverso, occorrendo invece il rispetto del criterio della non decidibilità allo stato degli atti . Quanto alla distinzione, nell’evenienza in cui si tratti di prove preesistenti o concomitanti al giudizio di primo grado, emerse in un diverso contesto temporale o fenomenico, il giudice d’appello deve disporre la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale solo se, in base alla sua valutazione discrezionale, ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli atti, perché i dati probatori sono incerti ovvero quando l’incombente richiesto riveste carattere di decisività, potendo eliminare le eventuali incertezze oppure sia di per sé oggettivamente idoneo ad inficiare ogni altra risultanza Cass., sez. III, n. 3348/2003 Cass., sez. V, n. 1075/2000 . Invece, l’art. 603, comma 2, c.p.p. si riferisce alla prova nuova sopravvenuta o scoperta dopo la sentenza di primo grado, per essa dovendosi intendere la prova con carattere di novità, rinvenibile laddove essa sopraggiunga autonomamente senza alcuno svolgimento di attività o quando venga reperita dopo l’espletamento di un’opera di ricerca, la quale dia i suoi risultati in un momento posteriore alla decisione Cass., sez. III, n. 11530/2013 . In tale seconda ipotesi, il comma 2 autorizza il giudicante a disporre la rinnovazione nei limiti previsti dall’art. 495, comma 1, c.p.p., che, a sua volta, richiama gli artt. 190, comma 1 e 190- bis , relativi, rispettivamente, al diritto alla prova e ai requisiti della prova nel procedimento per taluno dei delitti indicati nell’art. 51, comma 3- bis , c.p.p. In virtù di tale richiamo interno, il giudice è tenuto a rinnovare con il limite costituito dalle ipotesi di richieste concernenti prove vietate dalla legge o manifestamente superflue od irrilevanti, escludendo perciò quelle destinate a provare un fatto del tutto pacifico ed incontrovertibile e quelle del tutto incongruenti rispetto al thema decidendum . Attivazione ex officio da parte del giudice. L’eventuale integrazione probatoria officiosa disposta nell’ambito del giudizio d’appello instaurato a seguito d’impugnazione avverso la sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato trova un solido riferimento normativo nell’art. 603, comma 3, c.p.p. che attribuisce al giudice di secondo grado, anche in sede di giudizio abbreviato, il potere di disporre la motivata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale in presenza di un’assoluta esigenza probatoria. Il valore probatorio dell’elemento da acquisire va assunto nell’oggettiva e sicura utilità/idoneità del probabile risultato probatorio ad assicurare il completo accertamento dei fatti rilevanti nel giudizio, nell’ambito dell’intero perimetro disegnato per l’oggetto della prova dalla disposizione generale di cui all’art. 187 c.p.p. Valga precisare che il disposto in oggetto di cui al comma 3 dell’art. 603 c.p.p. presenta una formulazione analoga a quella di cui al comma 1 dell’art. 507, in materia di assunzione di nuovi mezzi di prova nel giudizio di primo grado. L’interferenza con il rito abbreviato. Nel caso di specie, si pone il problema di esaminare l’interferenza dei diversi poteri rinnovatori descritti su istanza di parte o in via officiosa con le caratteristiche precipue del giudizio abbreviato. La richiesta di rinnovazione promanante dalla parte deve tener conto delle limitazioni consequenziali alla scelta del rito suddetto, collegabili alle esigenze di speditezza e celerità che esso persegue con esso l’imputato accetta l’utilizzabilità, ai fini della decisione di merito, dell’intero materiale probatorio raccolto fuori del contraddittorio, senza alcuna eccezione in deroga al principio della formazione dialettica della prova previsto dall’art. 111, comma 5, Cost. . Di talché, accedendo al giudizio abbreviato, si accetta volontariamente e consapevolmente una riduzione delle garanzie processuali in cambio dello sconto di pena per l’ipotesi di condanna. Al tempo stesso, tale rito non è incompatibile con l’integrazione probatoria officiosa il potere rinnovatorio esercitato autonomamente dal giudice, non producendo effetti sulle acquisizioni già esistenti, non muta la natura del giudizio abbreviato, ma contribuisce semplicemente ad arricchire il materiale probatorio di cui il giudice deve tenere conto. Sulla scorta di tali argomenti, limitatamente a tale doglianza del ricorrente, non è censurabile la sentenza d’appello impugnata. Essa, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, illustra, da un lato, le ragioni della mancata assunzione di talune prove addotte dalla difesa, rigettate in quanto vertenti su profili già ampiamente documentati, dall’altro, le ragioni per cui si è ritenuto strettamente indispensabile attivarsi con la rinnovazione probatoria ex officio ex art. 603, comma 3, c.p.p

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 3 luglio – 23 settembre 2014, n. 38699 Presidente Zampetti – Relatore Cassano Ritenuto in fatto 1. Il 25 giugno 2012 la Corte d'Assise d'Appello di Lecce confermava la sentenza emessa, all'esito di giudizio abbreviato, dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce che aveva dichiarato D.S.V. colpevole dei delitti di omicidio volontario aggravato artt. 110, 575, 577 n. 3 c.p. in danno di R.G.A. e di detenzione e porto aggravato di un'arma comune da sparo artt. 110, 61 n. 2 c.p., 2, 4, 7 l. n. 895 del 1967 ed, esclusa l'aggravante di cui all'art. 577 n. 4 c.p., ritenuta la continuazione fra i reati, lo aveva condannato alla pena di trent'anni di reclusione, oltre alle pene accessorie dell'interdizione in perpetuo dai pubblici uffici, dell'interdizione legale durante la pena, alla misura di sicurezza della libertà vigilata per la durata di un anno e al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili. 2. Da entrambe le sentenze di merito emergeva la seguente ricostruzione dei fatti. Il omissis , intorno alle ore 6,30, veniva scoperto il cadavere di R.G. riverso in una pozza di sangue all'interno di un capannone industriale di proprietà della moglie, posto sulla strada provinciale che da conduce a omissis . Dagli accertamenti medico legali risultava che la vittima era stata attinta da cinque proiettili d'arma da fuoco, caricati a munizione singola. Quattro colpi risultavano esplosi da una distanza superiore ai 50-70 cm, mentre il colpo indirizzato alla guancia sinistra era stato esploso da distanza non superiore a trenta centimetri. La morte risaliva a tre - cinque ore antecedenti l'esame autoptico, svoltosi alle ore 9,45 del omissis . I colpi d'arma da fuoco avevano attinto la bocca, i tessuti molli del collo, il torace anteriore con interessamento del pericardio e dell’emidiaframma di sinistra dello stomaco, il polo superiore del rene sinistro, il gluteo superiore con lacerazione dell'ultima ansa dell'intestino tenue e, infine, la regione anteriore della radice della coscia sinistra verso l'esterno. Uno solo di questi colpi, quello che aveva attinto R. al volto, aveva determinato lesioni produttive del decesso per abbondante sanguinamelo e inondazione delle vie respiratorie. Il primo colpo che aveva attinto R. era quello diretto al volto. Il colpo che aveva raggiunto la vittima al collo era stato esploso con la volta dell'arma che quasi fronteggiava la vittima. In base alla perizia balistica i cinque bossoli rinvenuti sul luogo del fatto presentavano tracce diffuse di cameramento, estrazione ed espulsione manuale, dimostrative dell'effettuazione di numerose operazioni di addestramento effettuate con la pistola sequestrata. 3. La Corte d'Assise d'Appello, investita dell'impugnazione proposta dall'imputato, con ordinanza del 23 maggio 2011 confermata il 24 ottobre 2011 e il 9 gennaio 2012 dopo il mutamento della composizione del Collegio , respingeva preliminarmente le richieste istruttorie di esperimento giudiziale e di acquisizione dei verbali di accesso e di descrizione dei luoghi e documentazione e di assunzione di dichiarazioni di persone informate sui fatti, avanzate dalla difesa. Con ordinanza del 14 maggio 2012, disponeva, invece, d'ufficio, la riapertura dell'istruttoria dibattimentale per procedere all'esame di D.S.E. , di S.G. che si avvaleva della facoltà di non rispondere in grado di riferire circa la presenza dell'imputato presso la loro abitazione, in località omissis , la mattina dell'omicidio, nonché la trascrizione delle intercettazioni ambientali eseguite alle ore 11,46 e alle ore 11,52 del omissis nell'ambito di separato procedimento penale. All'esito di tale trascrizione, procedeva all'esame del perito trascrittore e di Salvatore Donno luogotenente dei Carabinieri circa l'identificazione degli interlocutori. Nel merito ravvisava prove univoche di colpevolezza a carico dell'imputato in ordine ai delitti a lui ascritti sulla base delle seguenti risultanze a dichiarazioni confessorie di D.S. b accertamenti medico-legali sull'epoca del decesso della vittima e sulle relative cause c accertamenti balistici sul numero dei colpi esplosi, la loro traiettoria e la posizione reciproca tra aggressore e vittima d esito positivo dello stub effettuato sulla persona dell'imputato e dichiarazioni rese da D.S.G. figlio di V. , destinatario della confessione del padre sulla responsabilità dell'accaduto. I predetti elementi erano, ad avviso dei giudici di merito, ulteriormente confermati dai filmati degli impianti di videosorveglianza installati presso il distributore di carburanti Agip di , posto sulla via principale per omissis , da cui risultavano i seguenti spostamenti dell'imputato e dell'auto della vittima il giorno dell'omicidio ingresso, con provenienza da Gallipoli, alle ore 6.0.6 nell'area di servizio di R. e successiva uscita dalla stessa in direzione di alle ore 6,09 transito alle ore 6,18 dell'auto Mercedes in uso a R. in direzione di omissis transito alle ore 6,19 sullo stesso tratto di strada dell'auto Fiat Uno dell'imputato in direzione di omissis transito della medesima Fiat Uno sul tratto di strada che da omissis conduce, a alle ore 6,25. Le risultanze sinora descritte venivano ritenute coerenti anche con le dichiarazioni rese da C.G. , moglie dell'imputato, la quale riferiva che il omissis il marito si era alzato alle ore 5,30 ed era uscito prima delle ore 6 per andare ad aprire il cancello del cantiere incombente cui abitualmente provvedeva lei stessa e, dopo circa dieci minuti, aveva fatto ritorno a casa per prendere il telefono cellulare, lì dimenticato, uscendo subito dopo. Entrambe le Corti territoriali attribuivano, poi, particolare rilievo, anche ai fini della ricostruzione del movente, al preavviso di rilascio di immobile, emesso nei confronti di D.S. il omissis ossia il giorno precedente l'omicidio e al contenuto del sms inviato in pari data da D.S.V. al Brigadiere dei Carabinieri Co.Da. , del seguente tenore non ho più fiducia alla legge esiste mafia ed esisterà. Abbiamo perso i soldi si perde la vista! Ho perso tutto! Ho fatto più del dovere e rispetto ciao!”. Il suddetto messaggio veniva valutato congiuntamente con l'annotazione di servizio redatta il 7 ottobre 2008 dai Carabinieri della Stazione di Parabita. Dalla stessa risultava che D.S. si era presentato frequentemente in caserma per denunciare, anche formalmente le minacce e le angherie subite ad opera di R.G. e le pressioni esercitate nei suoi confronti da parte di G.R. . Emergeva, inoltre, che la logorante persecuzione subita da R.G. aveva determinato uno stato di profonda prostrazione in tutti i componenti del nucleo familiare D.S. al punto da far maturare, tra il e il omissis , propositi suicidali in D.S.A. figlia dell'imputato , destinataria di alcune proposte oscene di R.G. , incontrato dalla ragazza nei corridoi del palazzo di giustizia di in occasione della vendita all'asta di un primo lotto dei beni dei D.S. . Questi ultimi avevano, infatti, subito una procedura espropriativa immobiliare avente ad oggetto l'intero patrimonio immobiliare l'abitazione rurale posta in contrada omissis , il locale commerciale adibito a macelleria, gestito da D.S.G. e A. , entrambi figli dell'imputato, due abitazioni situate, rispettivamente, in omissis e in , alcuni appezzamenti di terreno a seguito di un debito insoluto di duecento milioni di lire, contratto a suo tempo con la Banca Popolare pugliese. Il omissis la casa rurale e alcuni appezzamenti di terreno erano stati aggiudicati, al prezzo di stima posto a base dell'asta, da Sc.Se. , conducente di autoambulanze presso l'ospedale civile di , prestanome di R.G. , da cui aveva ricevuto una busta prima di entrare nell'aula di udienza. 4. I giudici di secondo grado confermavano la decisione di prime cure in merito alla configurabilità dell'aggravante della premeditazione e all'insussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell'attenuante della provocazione. 4.1. In merito al primo profilo valorizzavano i seguenti elementi contenuto della relazione di servizio redatta dai Carabinieri il 7 ottobre 2008, da cui risultava che D.S. , in plurime occasioni, aveva manifestato l'intenzione di sparare a R. come ai vitelli, ove la vittima non avesse desistito dall'acquisizione dei suo immobili contenuto della frase pronunziata, subito dopo il fatto, dall'imputato nel corso di un colloquio con il fratello E. , cui riferiva di avere sparato al volto a R. proprio come si fa con i vitelli dichiarazioni rese da D.S.A. in merito alle plurime sollecitazioni a rilasciare i beni in favore dell'aggiudicatario rivolte da P.R. , ausiliario del giudice dell'esecuzione, a D.S. notifica in data omissis del preavviso di rilascio dell'abitazione che aveva particolarmente turbato e afflitto l'imputato, come da costui riferito nel corso dell'interrogatorio del omissis contenuto del sms inviato dall'imputato al brigadiere dei Carabinieri Co.Da. appuntamento fissato dall'imputato con R. il giorno 13 settembre 2008 a seguito della possibilità di un pagamento rateale, prospettata da D.S. senza alcun obiettivo fondamento risultanze dei filmati del sistema di videosorveglianza installato presso il distributore di carburanti Agip di , inconciliabili con la versione dei fatti fornita dall'imputato che aveva asserito di essere stato convocato a casa della vittima all'alba del omissis risultanze delle intercettazioni ambientali da cui emergeva che, subito dopo l'omicidio, l'imputato si era recato presso la casa di S.G. e dei suoi familiari per lavarsi e cambiarsi d'abito, così dimostrando un'attenta pianificazione. 4.2. A proposito dell'attenuante della provocazione, invocata dalla difesa, i giudici d'appello osservavano che non sussistevano i relativi presupposti per le seguenti ragioni. La procedura esecutiva immobiliare intrapresa nei confronti di D.S. era pienamente legittima, non era stata promossa dalla vittima, bensì da un istituto di credito e nel corso della stessa D.S. aveva visto garantito il suo diritto di difesa. L'imputato non aveva estinto la propria obbligazione, ma si era attivato peraltro senza successo per far rientrare nel suo patrimonio, con mezzi fraudolenti, i beni messi all'asta. Il legittimo interesse di R.G. a partecipare ad un'asta giudiziaria non poteva rilevare come fatto ingiusto , idoneo a determinare uno stato d'ira nell'imputato ed era da ritenere pienamente legittimo così come pure era stata legittima l'acquisizione, tramite Sc.Se. , del primo lotto di vendita. L'individuazione di R.G. come la persona più temibile delle altre in quanto in possesso delle maggiori disponibilità economiche era avvenuta a seguito dei contatti intercorsi tra l'imputato e G. . Quest'ultimo, interessato all'aggiudicazione della macelleria di D.S. , aveva promesso all'imputato di far lavorare suo figlio almeno per un anno in caso di aggiudicazione e, al contempo, lo aveva messo in guardia nei confronti di R.G. , persona dedita ad attività usuraria e in gradi di rovinarlo immediatamente. Le annotazioni e i servizi d'osservazioni dei Carabinieri non comprovavano in alcun modo l'assunto dell'imputato circa le offese e le proposte oscene a sfondo sessuale rivolte dalla vittima alla moglie e alla figlia di D.S. in occasione dell'asta giudiziaria per l'aggiudicazione del primo lotto di beni, svoltasi il omissis . 5. Avverso la sentenza d'appello ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, l'imputato il quale formula le seguenti doglianze. Denuncia violazione di legge con riferimento alla disposta riapertura officiosa dell'istruttoria dibattimentale di cui non sussistevano i presupposti e che determinava una significativa alterazione del principio di parità fra le parti infatti era stata approfondita l'istruttoria per verificare la sussistenza della premeditazione, mentre non era stato dato ingresso, senza alcuna plausibile e logica motivazione, alle prove addotte dalle difesa, rilevanti per dimostrare la configurabilità della provocazione. Lamenta violazione di legge, vizio della motivazione, travisamento della prova in relazione al diniego dell'attenuante della provocazione, tenuto conto in particolare a del contenuto dell'annotazione di polizia giudiziaria del 7 ottobre 2008, evidenziante che D.S. aveva presentato pregresse denunce nei confronti di R. per le continue vessazioni e offese da lui subite che avevano provocato uno stato di grave prostrazione di tutti i componenti del nucleo familiare D.S. , tanto da far temere all'imputato iniziative suicidarie della figlia b delle risultanze dell'intercettazione ambientale del omissis nel corso della quale l'imputato riferiva al fratello E. le offese rivolte dalla vittima alla figlia e alla moglie. Prospetta, inoltre, violazione di legge e vizio della motivazione con riguardo al riconoscimento dell'aggravante della premeditazione di cui mancavano gli elementi costitutivi in assenza di qualsiasi riscontro probatorio, non essendo stati, tra l'altro, documentati contatti tra la vittima e l'imputato prima del delitto. I giudici territoriali non avevano dato adeguato rilievo alle dichiarazioni rese dalla moglie della vittima, C.G. , il cui esame veniva ingiustificatamente omesso , la quale escludeva la fissazione, fin dal giorno omissis , di un appuntamento tra l'imputato e la vittima. La sussistenza dell'aggravante in esame era stata fondata dal giudice di secondo grado su atti risultati inutilizzabili, in quanti espunti dal fascicolo e su dati cognitivi attinenti solo al post delictum . Era stata, altresì, fornita una lettura erronea dei filmati dell'impianto di videosorveglianza del distributore, considerato che la masseria di contrada dove viveva l'imputato è situata sulla strada omissis , dopo il capannone della vittima, ma in una zona interna, sicché se R. si fosse recato alla masseria appena uscito di casa per incontrare l'imputato, percorrendo strade interne, per poi recarsi presso il capannone, sarebbe stato registrato come in effetti è avvenuto all'ingresso del distributore Agip - prima di ritornare a , per recuperare il cellulare - come proveniente da omissis e diretto a . Denuncia, infine, violazione di legge e vizio della motivazione con riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche. Osserva in diritto 1. Il primo motivo di ricorso non è fondato sotto diversi profili. 1.1. Con riferimento al parametro della non decidibilità allo stato degli atti”, l'art. 603 c.p.p. reca diversità di previsione, a seconda che si tratti di prove preesistenti o concomitanti al giudizio di primo grado, emerse in un diverso contesto temporale o fenomenico, ovvero di prove sopravvenute o scoperte dopo il giudizio. Nel primo caso, il giudice d'appello deve disporre la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale solo se, in base alla sua valutazione discrezionale, ritiene di non essere in grado di decidere allo stato degli atti, perché i dati probatori già acquisiti sono incerti ovvero quando l'incombente richiesto riveste carattere di decisività, potendo eliminare le eventuali incertezze oppure sia di per sé oggettivamente idoneo ad inficiare ogni altra risultanza Sez. 3, n. 3348 del 13 novembre 2003 Sez. 5, n. 1075 dell'I febbraio 2000 Sez. 2, n. 8106 del 7 luglio 2000, n. 08106 Sez. 5, n. 8891 dell'8 agosto 2000 . L'art. 603, comma 2, c.p.p., invece, attribuisce al giudice di seconde cure il potere di disporre la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale nei limiti previsti dall'art. 495, comma 1, c.p.p., norma che, a sua volta, richiama gli artt. 190, comma 1, e 190 bis, c.p.p., relativi, rispettivamente, al diritto alla prova e ai requisiti della prova nel procedimento per taluno dei delitti indicati nell'art. 51, comma 3-bis, c.p.p In conseguenza di tale doppio richiamo deve ritenersi che, nel caso regolato dall'art. 603, comma 2, c.p.p., il giudice, in presenza di istanza di parte e dei presupposti richiesti dalla norma, sia tenuto a disporre la rinnovazione del dibattimento Sez., 6, n. del 10 dicembre 2003, rv. 228462 con il solo limite costituito dalle ipotesi di richieste concernenti prove vietate dalla legge o manifestamente superflue o irrilevanti, in sostanza escludendo le prove del tutto incongruenti rispetto al thema decidendum e quelle che mirano a provare un fatto del tutto pacifico ed incontrovertibile. 1.2. La difesa, nel prospettare le sue doglianze, omette di considerare le peculiarità insite nel giudizio abbreviato, richiesto nel caso in esame dall'imputato, assistito dal difensore di fiducia. Nel momento in cui formula richiesta di giudizio abbreviato l'imputato - come contropartita ad una riduzione di pena nel caso di condanna - accetta l'utilizzabilità, ai fini della decisione di merito, dell'intero materiale probatorio raccolto nelle indagini preliminari fuori del contraddittorio tra le parti, senza alcuna eccezione. Il consenso all'utilizzazione degli atti di indagine, insito nella richiesta di giudizio abbreviato, ricade nell'ambito delle ipotesi di deroga al principio di formazione della prova in contraddittorio considerata dal quinto comma dello stesso art. 111 Cost., con la conseguente esclusione di ogni contrasto tra la nuova disciplina dell'abbreviato e i principi del giusto processo Corte Cost. ord. n. 326 del 12 luglio 2001 . L'art. 438 c.p.p. fa salva Putilizzabilità ai fini della prova degli atti di cui all'art. 442, comma 1-bis, fra i quali sono inclusi quelli indicati all'art. 416 comma 2, c.p.p. fascicolo contenente la notizia di reato, documentazione relativa alle indagini espletate, verbali di atti eventualmente compiuti davanti al g.i.p. . L'eventuale integrazione probatoria officiosa disposta nell'ambito del giudizio d'appello instaurato a seguito d'impugnazione avverso la sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato trova un solido riferimento normativo nell'art. 603, comma 3, c.p.p. che attribuisce al giudice di secondo grado, anche in sede di giudizio abbreviato, il potere di disporre la motivata rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale in presenza di un'assoluta esigenza probatoria. Il valore probatorio dell'elemento da acquisire, va sussunto nell'oggetti va e sicura utilità/idoneità del probabile risultato probatorio ad assicurare il completo accertamento dei fatti rilevanti nel giudizio, nell'ambito dell'intero perimetro disegnato per l'oggetto della prova dalla disposizione generale di cui all'art. 187 cod. proc. pen Tale potere non muta la natura e le caratteristiche proprie del giudizio abbreviato, non esplica la sua influenza sulle acquisizioni già esistenti, ma contribuisce ad arricchire il materiale probatorio di cui il giudice deve tener conto, e può eventualmente incidere sulla valenza probatoria degli altri elementi già ottenuti e non sulla utilizzabilità di questi ultimi. La domanda di accesso al giudizio abbreviato rappresenta, quindi, l'espressione di una scelta consapevole e ponderata caratterizzata dalla volontaria accettazione della riduzione delle garanzie conseguente all'adesione al rito speciale in cambio di una consistente riduzione della pena in caso di condanna Corte Edu 18/10/2006, Hermi c. Italia, p. 78 the applicant, who was assisted by two lawyers of his own choosing, was undoubtedly capable of realising thè consequences of his request for adoption of thè summary procedure”. Tali innegabili vantaggi insiti nella procedura richiesta dall'imputato giustificano, quindi, un'attenuazione delle garanzie processuali offerte dal diritto interno, quali, in particolare, la pubblicità del dibattimento, la possibilità di chiedere la produzione di elementi di prova e di ottenere la convocazione di testimoni Kwiatkowska c. Italia, n. 52868/99, 30/11/2000 . Al riguardo la Corte 17/9/2009, Scoppola c. Italia, p. 135 e ss. osserva che le garanzie sopra indicate costituiscono degli aspetti fondamentali del diritto a un processo equo sancito dall'articolo 6 della Convenzione. Né il testo né lo spirito di questa disposizione impediscono che una persona vi rinunci spontaneamente in maniera espressa o tacita. Tuttavia, per essere presa in considerazione sotto il profilo della Convenzione, tale rinuncia deve essere stabilita in maniera non equivoca ed essere accompagnata da un minimo di garanzie corrispondenti alla sua importanza” Poitrimol c. Francia, 23 novembre 1993, p. 31, serie A n. 211-A, e Hermi, già cit., p. 73 . Inoltre, essa non deve essere contraria ad alcun interesse pubblico importante Hàkansson e Sturesson c. Svezia, 21 febbraio 1990, p. 66, serie A n. 171-A, e Sejdovic, già cit., p. 86 . 1.3. La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione di questi principi, in quanto, con motivazione immune da vizi logici e giuridici, ha illustrato le ragioni poste a base del diniego dell'assunzione di talune delle prove addotte dalla difesa, vertenti su profili già ampiamente documentati. Al contempo i giudici d'appello, con motivazione puntuale e corretta, hanno illustrato le ragioni per le quali hanno ritenuto indispensabile, ai fini dell'accertamento dei fatti oggetto della prova, procedere all'esame delle persone D.S.E. e S.G. in grado di riferire in merito agli spostamenti dell'imputato il giorno dell'omicidio, nonché alla trascrizione delle intercettazioni ambientali progr. n. 3 del 26 gennaio 2010, ore 11,46 progr. n. 4 del 6 febbraio 2010, ore 11,52 , eseguite nell'ambito di separato procedimento penale n. 344/2010 . Le dichiarazioni delle suddette persone e il contenuto fonico delle conversazioni, peraltro, facevano già parte, come evidenziato dalla stessa difesa, del fascicolo d'ufficio e rappresentavano, quindi, elementi alla cui utilizzazione probatoria l'imputato e il suo difensore di fiducia avevano prestato il consenso formulando la richiesta di giudizio abbreviato. 2. Non fondato è anche il motivo di ricorso riguardante l'aggravante della premeditazione. La premeditazione, configurata come circostanza aggravante nei delitti di omicidio volontario ex art. 577 comma 1 n. 3 c.p. e di lesione personale ex art. 585 comma 1 c.p., è contraddistinta da due elementi costitutivi a un apprezzabile intervallo temporale tra l'insorgenza del proposito criminoso e l'attuazione di esso elemento di natura cronologica 2 la ferma risoluzione criminosa perdurante senza soluzioni di continuità nell'animo dell'agente fino alla commissione del crimine elemento di natura ideologica . La prova della premeditazione deve essere necessariamente tratta da fatti estrinseci e sintomatici, quali la causale, l'anticipata manifestazione del proposito, la predisposizione del mezzo letifero, la ricerca dell'occasione propizia, la violenza e la reiterazione dei colpi inferti. Nel caso di specie la sentenza impugnata appare conforme ai principi giuridici costantemente enunciati dalla giurisprudenza di legittimità, laddove, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha valorizzato, quali elementi univocamente indicativi della premeditazione a le plurime manifestazioni del proposito di uccidere R. dopo l'aggiudicazione del primo lotto di beni nel marzo 2008 cfr. contenuto della relazione di servizio dei Carabinieri del 7 ottobre 2008 b la convergenza delle modalità dell'omicidio preannunciate ai Carabinieri lu sparu come gli scenchi”, ossia lo sparo come i vitelli” e riferite da D.S. , dopo la commissione del fatto, al fratello E. cfr. contenuto delle intercettazioni ambientali , indicative di un disegno criminoso da tempo elaborato c il significativo lasso di tempo intercorso tra il momento dell'aggiudicazione all'asta dei beni, le pressanti sollecitazioni al rilascio dei beni avanzate dall'ausiliario P.R. del giudice dell'esecuzione, la notifica, in data omissis , del preavviso di rilascio dell'abitazione, il messaggio inviato sul cellulare al Brigadiere dei Carabinieri, Co.Da. , il omissis , e la consumazione dell'omicidio, avvenuto il omissis d il carattere pretestuoso e strumentale dell'appuntamento fissato da D.S. con la vittima, cui era stata prospettata, senza alcun obiettivo fondamento, la possibilità di un pagamento rateale al fine di riacquistare la proprietà dei beni aggiudicati a R. e la pianificazione delle fasi successive al delitto mediante l'individuazione di una base logistica e la predisposizione di un cambio di indumenti per cancellare le tracce del delitto. Le censure difensive, pur denunziando formalmente una violazione di legge in riferimento ai principi di valutazione della prova di cui all'art. 192.2 c.p.p. e carenza della motivazione sul punto, non criticano in realtà la violazione di specifiche regole inferenziali preposte alla formazione del convincimento del giudice, bensì, postulando un preteso travisamento del fatto, sollecitano la rilettura del quadro probatorio con particolare riferimento alle dichiarazioni rese da C.G. e ai filmati dell'impianto di videosorveglianza installati presso il distributore di carburanti Agip di , con esso, il sostanziale riesame nel merito, inammissibile invece in sede d'indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione, allorquando la struttura razionale della sentenza impugnata abbia - come nella specie - una sua chiara e puntuale coerenza argomentativa e sia saldamente ancorata, nel rispetto delle regole della logica, alle risultanze probatorie ritualmente acquisite in ordine all'intera condotta realizzata da D.S. , indicative univocamente dell'apprezzabile intervallo temporale tra l'insorgenza del proposito criminoso e l'attuazione di esso e della ferma risoluzione criminosa perdurante senza soluzioni di continuità nell'animo dell'imputato fino alla commissione del delitto. 3. Merita, invece, accoglimento il motivo di ricorso concernente la provocazione. Esso impone una duplice premessa. 3.1. Ai fini della configurabilità dell'attenuante della provocazione occorrono a lo stato d'ira, costituito da una situazione psicologica caratterizzata da un impulso incontenibile, che determina la perdita dei poteri di autocontrollo, generando un forte turbamento connotato da impulsi aggressivi b il fatto ingiusto altrui, costituito non solo da un comportamento antigiuridico in senso stretto, ma anche dall'inosservanza di norme sociali o di costume regolanti la ordinaria, civile convivenza c un rapporto di causalità psicologica tra l'offesa e la reazione, indipendentemente dalla proporzionalità tra esse Sez. V, 13 febbraio 2004, n. 12558, rv. 228020 . 3.2. Il diritto alla prova, come espressione del diritto di difesa, estende il suo ambito fino a comprendere il diritto delle parti ad una valutazione legale, completa e razionale di tutte le prove. Un'affermazione del genere trova un ulteriore, sicuro conforto nella nuova formulazione dell'art. 606, lett. e , c.p.p., novellato dall'art. 8 della l. 20 febbraio 2006 n. 46, in base al quale il sindacato del giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve essere volto a verificare che la motivazione della pronunzia a sia effettiva e non meramente apparente, ossia realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata b non sia manifestamente illogica , in quanto risulti sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell'applicazione delle regole della logica c non sia internamente contraddittoria, ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute d non risulti logicamente incompatibile con altri atti del processo indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso per cassazione in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico. La Corte di cassazione, senza necessità di accedere agli atti d'istruzione probatoria, prendendo in esame il testo della sentenza impugnata e confrontandolo con le censure difensive e gli atti posti a suo fondamento è chiamata a saggiarne la tenuta, sia informativa che logico-argomentativa Sez. Un., n. 45276 del 30 ottobre 2003 . Una verifica del genere é compatibile con le funzioni della Corte di cassazione, in quanto essa non richiede la individuazione del risultato probatorio, ma comporta unicamente un confronto tra la richiesta di valutazione di una prova e il provvedimento impugnato. 3.3. Nel caso in esame la sentenza impugnata, nell'esaminare le censure difensive in tema di provocazione, non ha esaminato tutti gli elementi acquisiti e non ha valutato integralmente la loro valenza probatoria, così inficiando la completezza e la coerenza logica del discorso giustificativo a causa della negativa verifica di corrispondenza tra il materiale probatorio esistente e il contenuto della pronuncia. In particolare la Corte territoriale ha omesso di valutare il contenuto dell'annotazione di servizio redatta dai Carabinieri della Stazione di il 7 ottobre 2008 ossia in epoca successiva alla consumazione dell'omicidio di R. . La stessa contiene la sintesi delle plurime denunce presentate sia in maniera formale che informale da D.S. in ordine ad asserite minacce ed angherie subite ad opera sia di R.G. , a forme di derisione da quest'ultimo manifestate nei riguardi di D.S. per essersi rivolto ad un legale e alle Forze dell'ordine, nonché in merito a pressioni esercitate da G.R. , ossia dalla persona che - come in precedenza ricordato - era anch'essa interessata all'acquisizione di alcuni dei beni dell'imputato e aveva negativamente delineato la personalità della vittima agli occhi del ricorrente. La suddetta annotazione da atto, infine, dell'esasperato stato d'animo dell'imputato, dei suoi forti sbalzi d'umore e delle forti preoccupazioni manifestate da D.S. per l'equilibrio psichico di tutti i componenti del nucleo familiare, convinti, come lui, di subire una vera e propria persecuzione da parte di R.G. . L'omesso apprezzamento della suddetta annotazione, concernente aspetti di decisivo rilievo, incide, inficiandola, sulla completezza e coerenza dell' iter argomentativo, incentrato prevalentemente sulla legittimità della procedura esecutiva, e rende lacunoso il ragionamento che non si confronta su aspetti importanti ai fini della ricostruzione della sussistenza o meno degli elementi costitutivi dell'attenuante della provocazione. Per queste ragioni s'impone l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla provocazione. 4. L'accoglimento del ricorso in merito alla provocazione assorbe le censure riguardanti il diniego delle circostanze attenuanti generiche ed il complessivo trattamento sanzionatorio che dovranno formare anch'essi oggetto di nuovo giudizio da parte della Corte d'Assise d'Appello di Taranto all'esito della delibazione sulla sussistenza o meno dell'ipotesi di cui al'art. 62 n. 2 c.p 5. L'accoglimento parziale del ricorso proposto dall'imputato comporta la riserva al definitivo della decisione sulle spese sostenute nel presente giudizio dalle parti civili. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla provocazione, alle attenuanti generiche ed al conseguente trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio su tali punti alla Corte d'Assise d'Appello di Taranto. Rigetta nel resto il ricorso. Riserva al definitivo la decisione sulle spese sostenute nel presente giudizio dalle parti civili.