Liquidatore al via: necessario un viaggio nel passato

In tema di omesso versamento IVA da parte di una srl, versa quantomeno in dolo eventuale, e non in mera colpa, il soggetto che, subentrando ad altri dopo la dichiarazione d’imposta e prima della scadenza del versamento, abbia assunto la carica di liquidatore, senza aver prima effettuato un previo controllo, di natura documentale, sugli ultimi adempimenti fiscali.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 38687, depositata il 23 settembre 2014. Il caso. La Corte d’appello di Lecce condannava un imputato per omesso pagamento dell’IVA, dovuta in base alla dichiarazione annuale per il 2005. L’imputato ricorreva in Cassazione, deducendo di essere diventato liquidatore della società pochi giorni prima della scadenza del termine utile per il versamento finale. In più, la dichiarazione era stata presentata da un altro soggetto, all’epoca rappresentante legale della società, per cui il fatto costituivo della fattispecie penale, cioè proprio la presentazione della dichiarazione, erroneamente era stato attribuito al ricorrente. Possibili responsabili. La Corte di Cassazione ricorda che nelle società di capitali, la responsabilità per i reati disciplinati dal d.lgs. n. 74/2000 è attribuita all’amministratore, oppure a coloro che rappresentano e gestiscono l’ente, per cui sono tenuti a presentare e sottoscrivere le dichiarazioni. Quindi, anche il liquidatore, nominato in caso di scioglimento della società, soggiace alla stessa disciplina e può essere ritenuto responsabile per i reati ex d.lgs. n. 74/2000. Dolo eventuale. In tema di omesso versamento IVA da parte di una srl, versa quantomeno in dolo eventuale, e non in mera colpa, il soggetto che, subentrando ad altri dopo la dichiarazione d’imposta e prima della scadenza del versamento, abbia assunto la carica di liquidatore, senza aver prima effettuato un previo controllo, di natura documentale, sugli ultimi adempimenti fiscali. Rischi del liquidatore. Chi assume la carica di liquidatore si espone volontariamente a tutte le conseguenze che possono derivare da pregresse inadempienze. In più, nel caso di specie, si trattava dell’IVA dovuta sulla base dell’ultima dichiarazione, non di un debito occulto o di difficile accertamento. Perciò, l’imputato avrebbe semplicemente dovuto, prima di assumere la carica di liquidatore subentrando alla figlia , chiedere in visione la dichiarazione e l’attestato di versamento all’erario dell’IVA a debito per adempiere nel termine stabilito al pagamento dell’obbligazione. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 4 giugno - 23 settembre 2014, numero 38687 Presidente Squassoni – Relatore Di Nicola Ritenuto in fatto 1. La Corte di appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, con sentenza emessa in data 14 maggio 2013, in parziale riforma di quella resa dal Tribunale della medesima città, riduceva a mesi otto di reclusione la pena inflitta a D.C. , imputato del reato previsto dall'art. 10 ter d.lgs. 10 marzo 2000 numero 74 per aver omesso, nei termini previsti per il versamento dell'acconto relativo al periodo d'imposta successivo, l'imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale per l'anno 2005, per un ammontare complessivo di Euro 525.959,00. 2. Per l'annullamento della sentenza impugnata ricorre, a mezzo del proprio difensore, D.C. , affidando le doglianze ad un unico motivo con il quale deduce violazione dell'art. 606, comma 1, lett. b , cod. proc. penumero in relazione all'art. 10 ter d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74 e art. 2 cod. penumero per violazione del principio di irretroattività della norma penale e violazione del principio della responsabilità personale dell'imputato. Sostiene il ricorrente che il reato che gli è contestato è stato introdotto dall'art. 35, comma 7, del D.L. 4 luglio 2006 numero 223 convertito con modificazioni in L. 4 agosto 2006 numero 248, che ha aggiunto al d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74 l'art. 10 ter. Il ricorrente si mostra consapevole che la questa Corte, nella sua più autorevole composizione, ha stabilito che il delitto di cui all'art. 10 ter d.lgs. numero 74 del 2000 è reato istantaneo con la conseguenza che risponde della violazione colui che sarebbe obbligato ad eseguire i versamenti al momento della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione d'imposta ma nel caso di specie occorre considerare, secondo l'assunto del ricorrente, come gli omessi versamenti parziali fossero, da un lato, precedenti l'entrata in vigore della norma mentre, nel caso di specie, l'imputato era diventato liquidatore il 18 dicembre 2006 qualche giorno prima della scadenza del termine utile per il versamento finale e come, dall'altro, la dichiarazione IVA 2005 sia stata presentata da altro soggetto, all'epoca legale rappresentante della società sicché egli risponderebbe di un fatto non compiuto da lui, con la conseguenza che l'affermazione della responsabilità penale del De Cataldo poggerebbe sull'attribuzione a lui di un fatto costitutivo della fattispecie penale la presentazione della dichiarazione annuale Iva per l'anno 2005 dallo stesso non commesso. Considerato in diritto 1. Il ricorso è manifestamente infondato. 2. Occorre premettere che nelle società di capitali, come nel caso di specie, la responsabilità per i reati previsti dal d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74 è attribuita all'amministratore individuato secondo i criteri ex artt. 2380 e ss. cod. civ., 2455 cod. civ. e 2475 cod. civ. , ovvero a coloro che rappresentano e gestiscono l'ente e, in quanto tali, sono tenuti a presentare e sottoscrivere le dichiarazioni rilevanti per l'ordinamento tributario art. 1, lettera e ed e del d.lgs. numero 74 del 2000 , adempiendo agli obblighi conseguenti. Alla medesima disciplina soggiace quindi il liquidatore ex artt. 2276 e 2489 cod. civ., nominato in caso di scioglimento della società, passibile della responsabilità per i delitti previsti dal d.lgs. 10 marzo 2000, numero 74 in virtù della espressa previsione dell'articolo 1, comma 1, lettera e , del decreto in combinazione con le norme che ne definiscono poteri e responsabilità. Tanto premesso, va ribadito il medesimo principio affermato da questa Corte in relazione alla figura dell'amministratore di società Sez. 3, numero 3636 del 09/10/2013,dep. 27/01/2014, Stocco, Rv. 259092 secondo il quale, in tema di omesso versamento dell'IVA da parte di una società a responsabilità limitata, versa quantomeno in dolo eventuale, e non in mera colpa, il soggetto che, subentrando ad altri dopo la dichiarazione di imposta e prima della scadenza del versamento, abbia assunto la carica di liquidatore, senza aver compiuto il previo controllo, di natura puramente documentale, sugli ultimi adempimenti fiscali. Va infatti considerato che colui che assume la carica di liquidatore si espone volontariamente a tutte le conseguenze che possono derivare da pregresse inadempienze. Nel caso in esame, non si verteva in materia di debito verso l'erario particolarmente remoto, occulto o di difficile accertamento poiché si trattava dell'IVA dovuta sulla base dell'ultima dichiarazione presentata nello stesso anno 2006 e quindi era sufficiente, prima di assumere la carica di liquidatore, subentrando peraltro al posto della figlia, di chiedere in visione la dichiarazione e l'attestato di versamento all'erario dell'IVA a debito per adempire nel termine stabilito al pagamento dell'obbligazione tributaria. Lo stesso ricorrente si è mostrato avvertito del fatto che il reato di omesso versamento dell'imposta sul valore aggiunto art. 10-ter D.Lgs. numero 74 del 2000 , entrato in vigore il 4 luglio 2006, che punisce il mancato adempimento dell'obbligazione tributaria entro la scadenza del termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo di imposta dell'anno successivo, è applicabile anche alle omissioni dei versamenti relativi all'anno 2005, senza che ciò comporti violazione del principio di irretroattività della norma penale Sez. U, numero 37424 del 28/03/2013, Romano, Rv. 255758 . 3. Sulla base di tali presupposti, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, numero 136 della Corte costituzionale e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, alla relativa declaratoria, segue, a norma dell'art. 616 cod. proc. penumero , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma, ritenuta congrua, di Euro mille alla cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla cassa delle ammende.