MAE: Mai Automatica Estensione, serve il consenso

Il principio di specialità opera anche in fase esecutiva ed impedisce che l’estradato, che non abbia espresso formale e inequivoco consenso all’estensione dell’estradizione, in mancanza o in attesa dell’estradizione suppletiva, sia sottoposto a limitazioni della libertà personale, per effetto, ad esempio, del cumulo di una sentenza resa per fatti diversi da quelli per cui è stata concessa l’estradizione.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 38637, depositata il 22 settembre 2014. Il caso. Con ordinanza, il Tribunale di sorveglianza respingeva il reclamo proposto nell’interesse dell’imputato avverso il provvedimento con il quale il Magistrato di sorveglianza aveva dichiarato lo stesso delinquente abituale, applicando la misura di sicurezza della casa di lavoro per due anni. Proponeva ricorso per cassazione l’imputato, deducendo violazione di legge in relazione agli artt. 666 e 699 c.p.p. e 14 della Convenzione europea sull’estradizione del 13/12/1957, nonché vizio di motivazione. In particolare, tramite il suo difensore, lamentava che il procedimento di sorveglianza per la dichiarazione di delinquenza abituale fosse viziato da carenza di condizione di procedibilità, non avendo mai l’estradato prestato il consenso all’estensione dell’estradizione anche alla domanda di delinquenza abituale e di applicazione della misura di sicurezza, né risultava mai richiesta l’estradizione anche per tale giudizio. Il principio di specialità. In tema di mandato di arresto europeo, il principio di specialità opera anche in fase esecutiva ed impedisce che l’estradato, in mancanza o in attesa dell’estradizione suppletiva, sia sottoposto a limitazioni della libertà, per effetto, ad esempio, del cumulo di una sentenza resa per fatti diversi da quelli per cui è stata concessa l’estradizione Cass., Sez. I, n. 3791/13 Cass., Sez. VI, n. 39240/11 . Il principio di specialità di cui all’art. 26 l. n. 69/2005 non si applica con riferimento alle misure di sicurezza che comportino una semplice limitazione della libertà personale e non una restrizione della stessa Cass., Sez. I, n. 35768/13 . Nel caso di specie, considerato che l’interessato non risulta aver mai prestato in modo espresso e formale, così da risultare inequivoco Cass., Sez. I, n. 14005/07 , il consenso alla sottoposizione a una misura di sicurezza detentiva non accessoria alla sentenza di condanna oggetto della concessa estradizione, la Corte di Cassazione ritiene che l’ordinanza impugnata sia incorsa nella violazione di legge. Per questi motivi la Corte accoglie il ricorso e annulla con rinvio l’ordinanza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 8 luglio– 22 settembre 2014, n. 38637 Presidente Siotto– Relatore Casa Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 26.9.2013, il Tribunale di Sorveglianza di Milano respingeva il reclamo proposto nell'interesse di M.S.P.N. avverso il provvedimento con il quale il Magistrato di Sorveglianza della stessa sede aveva dichiarato il predetto M.S. delinquente abituale, applicando la misura di sicurezza della casa di lavoro per due anni. 1.1. Il Tribunale condivideva il giudizio di infondatezza, espresso dal Magistrato di Sorveglianza, della preliminare eccezione d'improcedibilità dedotta dal detenuto a norma dell'art. 14 della convenzione Europea di estradizione del 13.12.1957, atteso che l'estradizione era stata concessa in relazione a sentenza di condanna emessa per tentato omicidio dal Tribunale di Milano in data 5.5.2005 irrevocabile il 4.11.2008 , condanna che aveva indotto il P.M., anche alla luce del certificato penale - riportante condanne per reati contro il patrimonio ed altro a pene superiori ad anni quindici di reclusione - a richiedere ed ottenere ai sensi dell'art. 103 c.p. la dichiarazione di delinquenza abituale con applicazione della sopra menzionata misura di sicurezza, per la pericolosità sociale con carattere di attualità del condannato. Sulla questione dell'eccezione preliminare in rito, osservava, inoltre, il Tribunale di Sorveglianza che il M.S. non avrebbe mai potuto dare il consenso alla ipotetica applicazione della misura di sicurezza, perché al momento della concessione della estradizione non era possibile sapere se vi sarebbero stati in futuro i presupposti per la sua applicabilità. 2. Ha proposto ricorso per cassazione M.S.P.N. , per il tramite del suo difensore di fiducia, deducendo violazione di legge in relazione agli artt. 666 e 699 c.p.p. e 14 della Convenzione Europea sull'estradizione del 13.12.1957, nonché vizio di motivazione. Premette il difensore ricorrente che il M.S. in data 17.2.2012 era stato estradato dalla Spagna per l'espiazione della pena di cinque anni di reclusione inflitta con sentenza del Tribunale di Milano in data 5.5.2005 irrevocabile il 4.11.2008 per il reato di tentato omicidio e altro commesso nel 1994. Il M.S. , dopo essere stato consegnato all'autorità italiana, aveva prestato il consenso a che fossero eseguite nei suoi confronti anche le restanti condanne risultanti dal provvedimento di cumulo a suo carico, ma non comprese nel Mandato di Arresto Europeo per il quale era stato estradato. Si avviava, poi, l'attuale procedimento di sorveglianza per la dichiarazione di delinquenza abituale e per l'applicazione della misura di sicurezza della casa di lavoro. Detto procedimento - deduceva il difensore - era viziato da carenza di condizione di procedibilità, non avendo mai l'estradato prestato il consenso all'estensione dell'estradizione anche alla domanda di delinquenza abituale e di applicazione della misura di sicurezza, né risultava mai richiesta l'estensione anche per tale giudizio. 3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, nella sua requisitoria scritta, in adesione ai motivi di ricorso, ha concluso per l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato. Evidenzia, in particolare, che il procedimento di sorveglianza de quo è stato iniziato dopo l'esecuzione del M.A.E. e che non risulta che la misura di sicurezza fosse già espressamente contemplata nella sentenza di condanna per la quale era stato concesso il predetto mandato sottolinea, inoltre, che per la misura di sicurezza implicante una restrizione della libertà personale è applicabile il principio di specialità. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e, pertanto, merita accoglimento. 1.1. Osserva la Corte che il principio di specialità, già sancito dall'art. 14, comma 1 della Convenzione Europea di estradizione del 13 dicembre 1957, ratificata con L. 30 gennaio 1963, n. 300, e previsto dall'art. 721 c.p.p., è stato ribadito dalla L. 22 aprile 2005, n. 69, art. 32, recante Disposizioni per conformare il diritto interno alla decisione quadro 2002/5 84/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato di arresto Europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri . In forza di tale disciplina la consegna della persona ricercata è soggetta ai limiti del principio di specialità, con le eccezioni previste, relative alla procedura di consegna passiva, dall'art. 26 , ed è, cioè, sempre subordinata alla condizione che, per un fatto anteriore alla stessa e diverso da quello per cui è stata concessa, la persona non venga sottoposta ad un procedimento penale, né privata della libertà personale in esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, né altrimenti assoggettata ad altra misura privativa della libertà personale . La disposizione di cui al comma 1 dell'art. 26 citato non si applica quando a il soggetto consegnato, avendone avuta la possibilità, non ha lasciato il territorio dello Stato al quale è stato consegnato decorsi quarantacinque giorni dalla sua definitiva liberazione ovvero, avendolo lasciato, vi ha fatto volontariamente ritorno b il reato non è punibile con una pena o con una misura di sicurezza privative della libertà personale c il procedimento penale non consente l'applicazione di una misura restrittiva della libertà personale d la persona è soggetta a una pena o a una misura che non implica la privazione della libertà, ivi inclusa una misura pecuniaria, anche se può limitare la sua libertà personale e il ricercato ha acconsentito alla propria consegna, oltre a rinunciare al principio di specialità con le forme di cui all'articolo 14 f dopo essere stata consegnata, la persona ha espressamente rinunciato a beneficiare del principio di specialità rispetto a particolari reati anteriori alla sua consegna. Tale rinuncia è raccolta a verbale dall'autorità giudiziaria dello Stato membro di emissione, con forme equivalenti a quelle indicate ali1 articolo 14 . L'interpretazione di tali disposizioni è stata sempre nel senso che il principio di specialità opera anche in fase esecutiva ed impedisce che l'estradato, in mancanza o in attesa dell'estradizione suppletiva, sia sottoposto a limitazione della libertà, per effetto, ad esempio, del cumulo di una sentenza resa per fatti diversi da quelli per cui è stata concessa la estradizione v., tra le più recenti, Sez. 1, n. 3791 del 7/11/2013, dep. 28/1/2014, Allegro, Rv. 259163 Sez. 6, n. 39240 del 23/9/2011, Caiazzo, Rv. 251366 o comunque di qualsiasi provvedimento successivo, che renda eseguibile una sentenza. 1.2. Questa Corte ha, di recente, affermato e il Collegio condivide l'assunto che il principio di specialità di cui all'art. 26 L. n. 69 del 2005 non si applica con riferimento alle misure di sicurezza che comportino una semplice limitazione della libertà personale e non una restrizione della stessa Sez. 1, n. 35768 del 5/7/2013, Marotta, Rv. 256298, in fattispecie relativa alla applicazione della libertà vigilata a soggetto consegnato in Italia in esecuzione di mandato di arresto Europeo . 2. Tanto premesso, considerato che la misura di sicurezza dell'assegnazione a una casa di lavoro applicata dal Magistrato di Sorveglianza al M.S. ha carattere indubbiamente detentivo v. l'espressa formulazione dell'art. 215, comma 1 e comma 2 n. 1 , c.p. che detta misura non risulta applicata con la sentenza di condanna per la quale venne emesso a carico del ricorrente il mandato di arresto Europeo che l'interessato non risulta aver mai prestato in modo espresso e formale, così da risultare inequivoco Sez. 1, n. 14005 del 22/2/2007, Cavallin, Rv. 236435 , il consenso alla sottoposizione a una misura di sicurezza detentiva non accessoria alla sentenza di condanna oggetto della concessa estradizione, si ritiene che l'ordinanza impugnata sia incorsa nella violazione di legge denunciata e, conseguentemente, debba essere annullata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Milano, che dovrà attenersi al suenunciato principio di diritto, provvedendo, peraltro, ad accertare i presupposti di applicabilità della misura di sicurezza in parola anche in relazione ad eventuali circostanze sopravvenute. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sorveglianza di Milano.