Annullamento parziale: la Cassazione pianta i paletti, il giudice di rinvio non può sradicarli

In caso di annullamento parziale da parte della Cassazione, che abbia ad oggetto statuizioni diverse dall’accertamento del fatto reato e della responsabilità dell’imputato, la pronuncia di condanna diventa irrevocabile. Secondo il principio di formazione progressiva del giudicato, ai sensi dell’art. 624 c.p.p., è da escludere l’operatività di criteri di rideterminazione della pena, non in rapporto essenziale di connessione con le parti annullate, ma con quelle su cui si è formato il giudicato, come l’individuazione della pena base per il reato più grave.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 37689, depositata il 15 settembre 2014. Il caso. In seguito al rinvio da parte della Corte di Cassazione, la Corte d’appello di Firenze ricalcolava la pena, stabilita la riconoscibilità dell’attenuante di cui all’art. 630 c.p. ai danni di un imputato per il reato tentato di sequestro di persona a scopo di estorsione, in 10 anni di reclusione al posto di 12 anni e 6 mesi pena stabilita dal precedente giudice d’appello . Il P.G. della Repubblica ricorreva in Cassazione, deducendo che i giudici di merito avrebbero dovuto semplicemente applicare, una volta riconosciuta la sussistenza dell’attenuante speciale già prevista dall’art. 311 c.p. lieve entità , la diminuzione derivante dall’inserimento della stessa nel calcolo della pena, senza rimodulare anche la pena base, fissata per il reato tentato. Da ciò sarebbe derivata un’illegittima riduzione della pena irrogata. Le conseguenze dell’annullamento parziale. I giudici di legittimità ricordano che, in caso di annullamento parziale da parte della Cassazione, che abbia ad oggetto statuizioni diverse dall’accertamento del fatto reato e della responsabilità dell’imputato, la pronuncia di condanna diventa irrevocabile. Secondo il principio di formazione progressiva del giudicato, ai sensi dell’art. 624 c.p.p., è da escludere l’operatività di criteri di rideterminazione della pena, non in rapporto essenziale di connessione con le parti annullate, ma con quelle su cui si è formato il giudicato, come l’individuazione della pena base per il reato più grave. Ciò vale, anche quando l’annullamento parziale riguarda le circostanze del reato, in quanto il giudicato si forma comunque sull’affermazione di responsabilità e sulla determinazione della pena base nel caso di specie del reato tentato di sequestro di persona a scopo di estorsione , poiché quest’ultima non ha connessione con la parte oggetto di annullamento, cioè, nel caso in commento, il mancato riconoscimento dell’attenuante ex art. 311 c.p Nel caso specifico, con la sentenza di annullamento parziale, l’affermazione di responsabilità per il reato tentato ritenuto più grave, e su cui era stata determinata la pena base, era divenuta irrevocabile. Perciò, il giudice di merito avrebbe dovuto semplicemente valutare l’entità della rideterminazione della pena conseguente al riconoscimento del fatto di lieve entità, tenendo però a base del calcolo la pena base ritenuta per il reato più grave dalla prima sentenza della Corte d’appello. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 8 luglio – 15 settembre 2014, n. 37689 Presidente Gentile – Relatore Diotallevi Ritenuto in fatto Il P.G. della Repubblica di Firenze ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza in data 24 maggio 2013, della Corte d'appello di Firenze pronunciata nei confronti di D. N., nato a Poggibonsi il 14 agosto 1986 e C.E., nato a Firenze il 10 settembre 1980, quale giudice dei rinvio individuato dalla sentenza della Corte di cassazione in data 19 luglio 2012, in base alla quale ha provveduto sul punto della riconoscibilità della circostanza attenuante di cui all'art. 630 c.p., come modificato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 68 del 2012, ricalcolando la pena in ordine al reato tentato di sequestro di persona a scopo di estorsione e altro, in anni dieci di reclusione anziché in anni dodici e mesi sei come determinata dal precedente giudice d'appello. Chiedendo l'annullamento del provvedimento impugnato l'Ufficio ricorrente deduce a Violazione dell'art. 624 cod. proc. pen. Secondo l'Ufficio ricorrente La Corte si sarebbe dovuta limitare ad applicare, una volta accertata la sussistenza dell'attenuante speciale già prevista dall'art. 311 c.p., la diminuzione derivante dall'inserimento della stessa nel calcolo della pena, senza intervenire anche sulla rimodulazione della pena base, fissata per il reato tentato. L'erroneità del metodo utilizzato ha comportato una illegittima riduzione verso il basso della pena irrogata. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. Osserva il collegio che costituisce principio giurisprudenziale ormai consolidato quello per cui, in caso di annullamento parziale da parte della Corte di Cassazione, che abbia ad oggetto statuizioni diverse dall'accertamento del fatto reato e della responsabilità dell'imputato, la pronuncia di condanna diviene irrevocabile, con conseguente preclusione per il giudice del rinvio, a norma dell'art. 624 c.p.p. di intervenire sui punti della sentenza non oggetto dell'annullamento. Infatti, il principio di formazione progressiva del giudicato, desumibile da una corretta interpretazione dei citato art. 624, comma 1, che ne importa la configurabilità in ordine alle parti della sentenza non annullate, concernenti la sussistenza del reato e la responsabilità dell'imputato e la quantificazione della pena non in rapporto essenziale di connessione con le parti annullate, legittima la conclusione che esclude la operatività di criteri di rideterminazione della medesima, relativamente alle parti della decisione che la riguarda, come l'individuazione della pena base per il reato più grave, sulle quali si è formato il giudicato, non potendo l'ambito di operatività dell'annullamento, superare la barriera del giudicato, essendosi per quelle parti della sentenza che tale autorità hanno acquistato, ormai concluso, in modo definitivo, il loro iter processuale si veda anche Cass. S.U. 19/1/1994, Cellerini . 3. Tale principio è stato ritenuto applicabile anche nel caso in cui l'annullamento parziale della sentenza riguardi le circostanze del reato, poiché ciò implica ugualmente la formazione del giudicato relativamente alla parte della sentenza concernente la affermazione di responsabilità, e, per quello che qui interessa, anche per la determinazione della pena base sub specie del reato tentato del sequestro di persona a scopo di estorsione, in quanto quest'ultima non ha connessione essenziale con la parte oggetto dell'annullamento, né tale connessione è stata rilevata dalle parti ed è stata esclusa dallo stesso giudice di legittimità in sede di rinvio si vedano in particolare i paragrafi 3.5 e 3.6 della sentenza di annullamento , e cioè il mancato riconoscimento dell'attenuante già prevista per l'art. 311 c.p. Orbene, con la sentenza di annullamento parziale, resa dalla VI sezione di questa Corte, n. 37102/2012, la affermazione di responsabilità in ordine al reato tentato ritenuto più grave e in ordine al quale è stata determinata la pena base, è divenuta irrevocabile, per cui il giudice di rinvio, correttamente, avrebbe dovuto ottemperare al dictum riesaminando il caso esclusivamente se, sulla base delle doglianze di varia natura concernenti direttamente la valutazione dell'asserita scarsa gravità della vicenda ai fini del riconoscimento solo della concedibilità o meno di talune circostanze attenuanti, per rendere operativo quanto previsto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 68 del 2012, di accoglimento a contenuto additivo, pubblicata in epoca successiva alla scadenza del termine per proporre il ricorso per cassazione. Secondo il Collegio tale conclusione non si pone in contrasto con la già avvenuta concessione delle attenuanti generiche, che hanno propri e distinti presupposti di applicabilità, ben individuati nella sentenza di primo grado, rispetto ai parametri da considerare per l'applicazione dell'attenuante del fatto di lieve entità ex sentenza della Corte costituzionale citata, quando appunto per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell'azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità, e che, ovviamente, nella pluralità dei parametri di riferimento mantiene una sua specificità rispetto ai criteri di dosimetria con la quale era stata originariamente individuata la pena base per il reato più grave, escludendo quindi qualsiasi automatica sovrapposizione, di cui peraltro la Corte d'appello come detto, non ha fatto menzione. 4. Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso dell'Ufficio del P.G. deve essere accolto e, di conseguenza, deve essere disposto l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente all'entità della rideterminazione della pena conseguente al riconoscimento del fatto di lieve entità, tenendo a base del calcolo la pena base ritenuta per il reato più grave con la sentenza d'appello in data 13 luglio 2011, con rinvio ad altra sezione della medesima Corte d'appello per un nuovo giudizio sul punto. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena, con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Firenze per nuovo giudizio sul punto.