Presunzione illegittima di pericolosità del reo? La Corte Costituzionale si esprima

Ripercorrendo la giurisprudenza costituzionale e di legittimità in tema di recidiva facoltativa, la Corte di Cassazione ritiene fondata la questione di legittimità costituzionale dell’istituto della recidiva obbligatoria in riferimento agli artt. 3 e 27, comma 3, Cost In particolare la questione concerne la presunzione di applicazione che sembrerebbe operare in caso di recidiva obbligatoria ex art. 99, comma 5, c.p. e che determinerebbe un illegittimo automatismo ed una disuguaglianza punitivi.

E' stato così deciso dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n. 37433, depositata il 10 settembre 2014. La recidiva obbligatoria caratteri e presupposti. La recidiva ex art. 99, comma 5, c.p. ha natura obbligatoria. La lettera stessa della norma allontana qualsiasi interpretazione volta a negare il carattere obbligatorio della recidiva. Inoltre la Corte Costituzionale con la sentenza n. 192/2007 ha indicato nel quinto comma dell’art. 99 c.p. l’unica previsione espressa dell’obbligatorietà della recidiva. Tale figura, peraltro, affianca le diverse forme di recidiva semplice, monoaggravata, pluriaggravata, reiterata creando altrettante figure che ne superano la facoltatività Cass., n. 46875/2009 e n. 48655/2012 . Presupposto perché possa applicarsi la recidiva obbligatoria è l’esistenza di uno dei reati catalogati nell’art. 407, comma 2, lett. a , c.p.p Controversa è, tuttavia, la questione se il reato de quo debba essere quello oggetto della precedente condanna o il nuovo delitto in relazione al quale dovrà applicarsi la recidiva o, ancora, indifferentemente l’uno o l’altro o entrambi. Le Sezioni Unite, dopo un consolidato orientamento giurisprudenziale, hanno affermato nella sentenza n. 20798/2011 come l’applicabilità della recidiva obbligatoria si configuri nel caso in cui il nuovo delitto sia riconducibile all’elenco di cui all’art. 407, comma 2, lett. a . Colpevolezza e pericolosità. In tema di recidiva facoltativa sia la giurisprudenza di legittimità che quella costituzionale C. Cost. ordinanza n. 409/2007 , hanno affermato come necessaria, ai fini del giudizio sulla recidiva, l’indagine della più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità del reo nel rapporto tra il nuovo delitto ed i precedenti. La pericolosità del reo non deve, dunque, essere presunta in via assoluta ed astratta dalla commissione sic et simpliciter del nuovo delitto. La maggiore attitudine a delinquere del soggetto deve essere valutata in concreto nell’ambito di una relazione qualificata del nuovo delitto e dei precedenti del reo, avuto riguardo alla natura, ai tempi di commissione di questi ultimi e ad ogni altro parametro significativo della pericolosità e della personalità del reo SSUU n. 20798/2011 . Solo in questo modo, non operando presunzioni di sorta, si salva” la ratio prima dell’istituto la riconoscibilità di una maggiore pericolosità e di una maggiore colpevolezza del reo. Presunzione di recidiva? L’indagine descritta, tuttavia, risulta estranea dall’applicazione della recidiva obbligatoria la quale sembra invece operare in base ad una sorta di presunzione legislativa. L’art. 99, comma 5, c.p. infatti preclude al giudice la possibilità di accertare concretamente la maggiore pericolosità del soggetto nel rapporto tra il nuovo delitto ed i precedenti. È evidente come l’esistenza dei criteri indice di maggiore pericolosità e colpevolezza che la giurisprudenza di legittimità ha individuato per l’applicazione della recidiva facoltativa non possono essere presunti con riferimento ai delitti ex art. 407, comma 2, lett. a c.p.p. sol perché considerati dal legislatore espressivi” di una maggiore idoneità a delinquere. Quest’ultima deve essere infatti accertata in concreto al fine di non privare l’istituto della recidiva obbligatoria di una base empirica che esprima una maggiore pericolosità ed una più accentuata colpevolezza del reo. Risulta, pertanto, ragionevole e fondata la questione di legittimità posta in riferimento alla violazione degli articoli 3 e 27, comma 3, Cost. da parte dell’art. 99, comma 5, c.p. che la Corte di Cassazione con l’ordinanza in commento rimette al vaglio costituzionale. Privare l’applicazione della recidiva obbligatoria dell’analisi sulla concreta pericolosità del reo, significherebbe creare un automatismo punitivo, in relazione ai reati catalogati” come presupposto per l’applicazione dell’istituto, foriero di disuguaglianze sia nell’ an che nel quantum della pena. Senza tale analisi, infatti, si dà luogo ad una illegittima identità di trattamento in situazioni concretamente diverse. L’identità di disciplina della recidiva, aldilà della natura obbligatoria o facoltativa, si manifesta nella sua necessità.

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 3 luglio – 10 settembre 2014, n. 37443 Presidente Lombardi – Relatore Caputo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza deliberata il 21/12/2011, la Corte di assise di Napoli aveva dichiarato F.N. colpevole dei reati di cui all'art. 600 cod. pen. per avere ridotto e mantenuto in stato di soggezione la minore S.E.M., conducendola dalla omissis , approfittando del suo stato di inferiorità psichica e di necessità, sottraendole la carta di identità, impedendole di uscire, se non accompagnata, e di far rientro in Romania quando ne aveva fatto richiesta, costringendola a prostituirsi nei luoghi prescelti, indicandole le somme di denaro da chiedere ai clienti e impossessandosi delle stesse capo A e all'art. 600 bis , primo comma, cod. pen. per avere - con la condotta descritta nel precedente capo di imputazione - indotto alla prostituzione e sfruttato la prostituzione della minore S.E.M. capo B applicate le circostanze attenuanti generiche, esclusa la contestata recidiva non ravvisandosi un'attuale maggiore capacità a delinquere del reo o una sua attuale accresciuta pericolosità sociale e ritenuta la continuazione tra i reati, il giudice di primo grado aveva condannato F.N. alla pena di cinque anni e sei mesi di reclusione. La Corte di assise di Napoli aveva inoltre dichiarato M.N. colpevole, in concorso con F.N. , del reato di cui all'art. 600 bis , primo comma, cod. pen. e, applicate le circostanze attenuanti generiche e la circostanza attenuante di cui all'art. 114 cod. pen., l'aveva condannata alla pena di giustizia, assolvendola dall'imputazione ex art. 600 cod. pen. per non aver commesso il fatto. Investita dell'appello degli imputati e di quello del P.G., la Corte di assise di appello di Napoli, con sentenza deliberata il 05/07/2013, in parziale riforma della sentenza di primo grado - limitata la dichiarazione di responsabilità di M.N. alla condotta di sfruttamento di cui all'art. 600 bis , primo comma, cod. pen. - ha, con riferimento alla posizione di F.N. , accolto l'impugnazione del P.G. in ordine all'obbligatorietà della recidiva risultando l'imputato gravato da un precedente penale per il reato di rissa ex art. 588 cod. pen. , sicché, individuato come più grave il reato sub A e ritenute le attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti della recidiva e di cui all'art. 602 ter cod. pen., ha rideterminato la pena in otto anni e due mesi di reclusione anni otto per il reato più grave, aumentata come sopra per la continuazione , confermando nel resto la sentenza di primo grado. In particolare, il giudice di appello, da una parte, ha dato atto della credibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, evidenziandone l'attendibilità intrinseca e la coerenza con le risultanze emergenti dall'intervento della polizia giudiziaria nell'immediatezza del fatto la presenza di indumenti e del telefonino della minore nella baracca in cui viveva con gli imputati, ma l'assenza dei suoi documenti e di somme di denaro, laddove la carta di identità fu rinvenuta in altra baracca indicata da F. e, dall'altra, ha sottolineato l'inverosimiglianza sia della versione difensiva, non ravvisandosi motivi che giustificassero l'ospitalità a titolo gratuito della persona offesa, sia della prospettazione di F. in ordine al trasporto in Italia della ragazza. Altro dato significativo - nella ricostruzione della Corte di assise di appello di Napoli - è rappresentato dalla registrazione dei dati estrinseci delle comunicazioni relative all'utenza in uso alla minore, dalla quale emerge che nel periodo di interesse settembre 2010 - febbraio 2011 su tale utenza giunsero numerose chiamate circa seicento proprio dall'utenza intestata a F. esclusivamente in orario serale tra le ore 19,00 e 01,00 , mentre è risultato davvero esiguo il numero delle chiamate in altri momenti della giornata, il che conferma ulteriormente quanto dichiarato dalla persona offesa in ordine alle funzioni di controllo esercitate su di lei dall'imputato, smentendo, allo stesso tempo, gli intenti munifici prospettati da quest'ultimo. La Corte di assise di appello - ribadita la configurabilità del concorso formale dei due reati ascritti all'imputato già ritenuta dal primo giudice - ha poi motivato in ordine alla sussistenza, nel caso di specie, dello stato di soggezione della persona offesa connesso allo stato di inferiorità psichica e di necessità in cui la minore versava, richiamando, al riguardo, molteplici circostanze la persona offesa era minorenne, non parlava e non capiva l'italiano, non aveva risorse economiche né dimora, non era in condizione di mettersi in contatto con i propri famigliari e si era di conseguenza trovata in una condizione di totale solitudine, ostaggio del sostegno materiale dell'imputato. Per altro verso, lo stato di soggezione è dimostrato, nel percorso motivazionale della sentenza impugnata, dall'approntamento di un rigido controllo sui movimenti della ragazza, confermato dalle risultanze di cui ai tabulati telefonici - sopra richiamate - e realizzato mantenendola priva di denaro, non lasciandola mai sola, sottraendola ad ogni contatto con terzi diversi dai clienti. 2. Avverso l'indicata sentenza della Corte di assise di appello di Napoli ha proposto ricorso per cassazione, nell'interesse di F.N. e di M.N. , il difensore avv. G. Iacobelli. 2.1. Il ricorso denuncia, in primo luogo, vizi di motivazione la sentenza impugnata, secondo il ricorrente, ha omesso di motivare in ordine agli elementi che, contraddicendo la tesi accusatoria, dimostrano la totale libertà e autonomia di vita e di gestione della minore, le cui scelte in ordine all'ingresso e alla permanenza in Italia e all'esercizio della prostituzione sono stati improntate alla più completa autodeterminazione mentre la difesa aveva chiesto un nuovo esame della teste, per verificare come le sue dichiarazioni fossero prive di credibilità logica, la Corte di assise di appello - osserva ancora il ricorrente - non ha motivato in ordine alla prova dell'effettiva riduzione o mantenimento in stato di soggezione della minore. 2.2. Con esclusivo riferimento alla posizione di F.N. , il ricorso censura, in secondo luogo, il ritenuto concorso dei reati contestati, in quanto il quid pluris del reato di riduzione in schiavitù è assorbito dal reato di sfruttamento della prostituzione o, al contrario, la condotta del reato di cui all'art. 600 bis cod. pen. assorbe quella del reato di cui all'art. 600 cod. pen 2.3. In terzo luogo, il ricorso denuncia l'erroneità della sentenza impugnata, laddove, in parziale accoglimento del ricorso del P.G., ha aumentato la pena irrogata all'imputato F. , non essendo condivisibile il giudizio di obbligatorietà di applicazione della recidiva, in quanto il potere di applicazione o meno della stessa deve ritenersi facoltativo qualora la tesi difensiva non dovesse essere condivisa, il ricorso eccepisce l'illegittimità costituzionale degli artt. 99 e 69 cod. pen., dell'art. 407, comma 2, cod. proc. pen. in riferimento agli artt. 3, 25, 27 e 111 Cost. Considerato in diritto 1. È rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 99, quinto comma, cod. pen. in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost 2. La questione è rilevante, in quanto, nella fattispecie concreta, sussistono, alla luce dei consolidati orientamenti giurisprudenziali di seguito esaminati, i presupposti per l'applicazione della recidiva obbligatoria di cui alla norma censurata. In premessa, rileva il Collegio che, all'esito della delibazione delle censure del ricorrente richiamate sub 2.1. del Ritenuto in fatto , delibazione svolta alla luce della motivazione della sentenza della Corte di assise di appello sopra sinteticamente ripercorsa e sufficiente ai fini dello scrutinio della rilevanza della questione - dovendosi escludere la necessità di un'anticipazione del giudizio circa le doglianze attinenti alla dichiarazione di responsabilità dell'imputato in ordine ai reati per i quali si procede cfr., in analoga fattispecie, Corte costituzionale, sentenza n. 78 del 2002 - , viene in rilievo l'esame del motivo relativo all'applicazione della norma sospettata di illegittimità costituzionale. Al medesimo esito conduce la delibazione delle censure richiamate sub 2.2. del Ritenuto in fatto , a proposito delle quali, peraltro, deve osservarsi, che entrambi i reati per i quali si procede artt. 600 e 600 bis , primo comma, cod. pen. sono inclusi nel catalogo di cui all'art. 407, comma 2, lett. a , cod. proc. pen. precisamente, al numero 7 bis , sicché qualsiasi soluzione in ordine alla doglianza del ricorrente comporterebbe la conferma della condanna intervenuta nei gradi di merito per - almeno - uno dei due delitti espressivi della recidiva obbligatoria, il che, come si vedrà, è sufficiente ad integrare il presupposto applicativo della norma censurata. Allo scopo di dar conto del giudizio di rilevanza della questione, è, dunque, necessario mettere in evidenza gli approdi giurisprudenziali in ordine alla natura obbligatoria della recidiva ex art. 99, quinto comma, cod. pen., ai suoi rapporti con le diverse figure di recidiva prese in considerazione dai commi precedenti del medesimo articolo e ai presupposti della stessa recidiva obbligatoria. 2.1. Del tutto pacifica è la natura obbligatoria della recidiva ex art. 99, quinto comma, cod. pen., già evocata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 192 del 2007 che aveva indicato nella figura in esame l'unica previsione espressa di obbligatorietà della recidiva” e poi confermata dal successivo consolidamento della ricostruzione della disciplina introdotta dall'art. 4 della legge n. 251 del 2005, incentrata sulla contrapposizione tra le diverse figure di recidiva delineate dai primi quattro commi dell'art. 99 cod. pen. e quella, appunto, obbligatoria prevista dal quinto comma cfr., ex plurimis , Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010 - dep. 05/10/2010, P.G., Calibè e altro . La formulazione della norma . l'aumento della pena per la recidiva è obbligatorio . rende impraticabili letture della stessa orientate ad escludere il carattere obbligatorio della figura di recidiva in esame, posto che, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza costituzionale, l'univoco tenore della norma segna il confine in presenza del quale il tentativo interpretativo deve cedere il passo al sindacato di legittimità costituzionale” sentenze n. 232 del 2013 n. 78 del 2012 . 2.2. La giurisprudenza di legittimità ha poi affrontato il quesito se a ciascuna delle forme di recidiva semplice, monoaggravata, pluriaggravata, reiterata corrisponda una figura di recidiva obbligatoria. Superando precedenti incertezze, il quesito ha trovato risposta affermativa, come sostenuto dalle Sezioni unite di questa Corte Sez. U, n. 20798 del 24/02/2011 - dep. 24/05/2011, P.G. in proc. Indelicato , secondo cui l'incipit della norma se si tratta di uno dei delitti indicati all'art. 407, comma 2, lett. a , cod. proc. pen. e la sua stessa collocazione rendono evidente che la previsione contenuta nel quinto comma dell'art. 99 cod. pen. affianca alle diverse forme di recidiva facoltativa, disciplinate dai primi quattro commi, altrettante forme di recidiva obbligatoria, sottoposte, di regola, ai medesimi aumenti di pena previsti per le corrispondenti ipotesi di recidiva facoltativa, salvo che per il caso previsto per la recidiva obbligatoria monoaggravata, per la quale l'aumento di pena spazia da un terzo alla metà art. 99, commi secondo e quinto, cod. pen. , mentre la corrispondente ipotesi di recidiva facoltativa prevede un aumento fino alla metà”, sicché la funzione del quinto comma è quella di prefigurare, in rapporto a ciascuna delle forme di recidiva facoltativa in precedenza disciplinate, altrettante ipotesi di recidiva obbligatoria”. Ricollegandosi a un indirizzo già affermato dalla giurisprudenza di legittimità Sez. 1, n. 46875 del 12/11/2009 - dep. 09/12/2009, Moussaid e altri, Rv. 246254 , la tesi autorevolmente sostenuta dalle Sezioni unite ha trovato conferma nella successiva giurisprudenza di legittimità, che ha sottolineato come il comma quinto dell'art. 99 cod. pen. non individui una nuova forma di recidiva ma una particolare qualificazione delle ipotesi di cui ai quattro precedenti commi, avendo l'unica funzione di superare la facoltatività che le connota Sez. 5, n. 48655 del 15/11/2012 - dep. 14/12/2012, Amato, Rv. 254560 . La tesi in esame, del resto, trova un solido riscontro normativo nel secondo comma dell'art. 62 bis cod. pen. - anch'esso novellato dalla legge n. 251 del 2005 - la cui disciplina è riferita ai casi previsti dall'articolo 99, quarto comma, in relazione ai delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a , del codice di procedura penale .” come è stato rilevato in dottrina, l'ipotesi presa in considerazione dal secondo comma dell'art. 62 bis cod. pen. è quella della recidiva obbligatoria rilievo, questo, sottolineato anche dalla sentenza n. 183 del 2011 della Corte costituzionale , sicché se la disciplina dettata dall'art. 99, quinto comma, cod. pen. si riferisse non a tutte le figure di recidiva, ma solo a quella reiterata, l'articolato riferimento operato dal secondo comma dell'art. 62 bis cod. pen. non troverebbe giustificazione, in quanto sarebbe stato sufficiente il mero richiamo, appunto, all'art. 99, quinto comma, cod. pen Nel caso di specie, la qualificazione come obbligatoria della recidiva semplice applicata all'imputato è, dunque, in linea con l'orientamento accreditatosi nella giurisprudenza di legittimità. 2.3. Il problema interpretativo connesso al quesito se, ai fini della configurabilità della recidiva obbligatoria ex art. 99, quinto comma, cod. pen., il reato ricompreso nel catalogo di cui all'art. 407, comma 2, lett. a , cod. proc. pen. debba essere quello oggetto della precedente condanna ovvero il nuovo delitto in relazione al quale deve applicarsi la recidiva obbligatoria ovvero indifferentemente l'uno o l'altro o entrambi problema interpretativo il cui mancato esame ha determinato alcune declaratorie di inammissibilità di questioni aventi ad oggetto la norma in esame cfr., ad esempio, l'ordinanza n. 171 del 2009 ha trovato anch'esso risposta nel consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità. La tesi secondo cui la recidiva, semplice, reiterata o infraquinquennale, è obbligatoria, in forza della previsione dell'art. 99, comma quinto, cod. pen., nel caso in cui il soggetto commetta un nuovo delitto incluso fra quelli indicati dall'art. 407, comma secondo, lett. a , cod. proc. pen., non rilevando se il delitto per il quale vi è stata precedente condanna rientri o meno nell'elencazione di cui al menzionato art. 407 Sez. 1, n. 46875 del 12/11/2009 - dep. 09/12/2009, Moussaid e altri, Rv. 246254 conforme, ex plurimis , Sez. 1, n. 36218 del 23/09/2010 - dep. 11/10/2010, Pisanello e altri, Rv. 248289 ha ricevuto conferma ad opera delle Sezioni unite di questa Corte secondo Sez. U, n. 20798 del 24/02/2011 - dep. 24/05/2011, P.G. in proc. Indelicato l'applicabilità della previsione contenuta nel quinto comma dell'art. 99 cod. pen. solo qualora il nuovo reato sia riconducibile all'elenco dell'art. 407, comma 2, lett. a cod. proc. pen.” trova fondamento in vari argomenti l'interpretazione sistematica del quinto comma alla luce di quelli precedenti, che fondano la sussistenza della recidiva sulla commissione di un nuovo o di altro delitto cfr. in particolare commi primo, secondo e quarto , rende evidente che il legislatore ha voluto attribuire rilievo alla circostanza che il nuovo delitto sia ricompreso nell'elenco di cui all'art. 407, comma 2, lett. a , cod. proc. pen. D'altronde, la circostanza che solo nel caso della recidiva specifica il legislatore abbia espressamente attribuito rilievo anche alla omogeneità tra il reato oggetto della previa condanna e quello successivamente posto in essere è ulteriormente indicativa del fatto che, nelle altre ipotesi, tale profilo è irrilevante. Tale lettura è confortata, inoltre, dal rinvio contenuto nell'art. 99, comma quinto, cod. pen., ai casi indicati al secondo comma , contenente a sua volta l'espresso riferimento alla commissione di un nuovo delitto non colposo cfr. nn. 1, 2, 3 dell'art. 99, comma secondo, cod. pen. ”. Il consolidato indirizzo confermato dalle Sezioni unite di questa Corte rende ragione, anche sotto questo profilo, della qualificazione come obbligatoria della recidiva applicata nel caso di specie all'imputato, posto che, come si è anticipato, entrambi i reati per i quali è intervenuta condanna sono ricompresi nel catalogo di cui all'art. 407, comma 2, lett. a , cod. proc. pen 3. La questione di legittimità costituzionale dell'art. 99, quinto comma, cod. pen. non è manifestamente infondata in riferimento all'art. 3 Cost., sotto il duplice profilo della manifesta irragionevolezza della norma censurata e dell'identità di trattamento di situazioni diverse cui essa da luogo, e all'art. 27, terzo comma, Cost 3.1. I vari problemi interpretativi sorti a seguito della sostituzione, ad opera dell'art. 4 della legge n. 251 del 2005, dell'art. 99 cod. pen. nella versione, a sua volta, frutto della sostituzione operata dall'art. 9 del d.l. 11/04/1974, n. 99, convertito dalla L. 07/06/1974, n. 220 hanno consentito di mettere a fuoco -oltre alla natura facoltativa delle figure di recidiva di cui ai primi quattro commi dell'art. 99 cod. pen. a fronte dalla connotazione obbligatoria rivestita dalla disciplina di cui al quinto comma del medesimo articolo vd. supra , par. 2.1. -la fisionomia dell'istituto, attraverso non solo la piena consapevolezza della sua natura circostanziale e delle conseguenze derivanti da detto inquadramento , ma anche l'individuazione del suo fondamento e - in stretta connessione con essa - dei criteri applicativi della recidiva facoltativa. A questo proposito, in una feconda progressione in parallelo della giurisprudenza costituzionale e di quella di legittimità, si è fatto riferimento alla più accentuata colpevolezza e alla maggiore pericolosità del reo Corte cost., sentenza n. 192 del 2007 alla stregua dei criteri in tema di recidiva facoltativa, pertanto, l'aumento di pena per il fatto per il quale si procede può essere disposto solo allorché il nuovo episodio delittuoso appaia concretamente significativo, in rapporto alla natura ed al tempo di commissione dei precedenti, sotto il profilo della più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità del reo” Corte cost., ordinanza n. 409 del 2007 conf., ex plurimis , ordinanze nn. 33 del 2008, 90 del 2008, 193 del 2008 . In linea con l'impostazione adottata dal Giudice delle leggi, le Sezioni unite di questa Corte hanno sottolineato, da una parte, che il giudizio sulla recidiva non riguarda l'astratta pericolosità del soggetto o un suo status personale svincolato dal fatto reato” e, dall'altra, che il riconoscimento e l'applicazione della recidiva quale circostanza aggravante postulano, invece, la valutazione della gravità dell'illecito commisurata alla maggiore attitudine a delinquere manifestata dal soggetto agente, idonea ad incidere sulla risposta punitiva - sia in termini retributivi che in termini di prevenzione speciale - quale aspetto della colpevolezza e della capacità di realizzazione di nuovi reati, soltanto nell'ambito di una relazione qualificata tra i precedenti del reo e il nuovo illecito da questo commesso, che deve essere concretamente significativo - in rapporto alla natura e al tempo di commissione dei precedenti, e avuto riguardo ai parametri indicati dall'art. 133 cod. pen. - sotto il profilo della più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità del reo” Sez. U, n. 20798 del 24/02/2011 - dep. 24/05/2011, P.G. in proc. Indelicato . Il richiamo, operato dalle Sezioni unite, ad una necessaria relazione qualificata tra i precedenti del reo e il nuovo illecito da questo commesso” giova a mettere in luce, fin d'ora, l'ineludibile riferimento - già univocamente emergente dalle richiamate pronunce della Corte costituzionale - ad un accertamento nel caso concreto dell'applicabilità della recidiva facoltativa in base ai criteri richiamati e in linea con lo stesso fondamento dell'istituto infatti, nelle ipotesi previste dai primi quattro commi dell'art. 99 cod. pen., compito del giudice è quello di verificare in concreto se la reiterazione dell'illecito sia effettivo sintomo di riprovevolezza e pericolosità, tenendo conto [ .] della natura dei reati, del tipo di devianza di cui sono il segno, della qualità dei comportamenti, del margine di offensività delle condotte, della distanza temporale e del livello di omogeneità esistente fra loro, dell'eventuale occasionalità della ricaduta e di ogni altro possibile parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero ed indifferenziato riscontro formale dell'esistenza di precedenti penali” Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010 - dep. 05/10/2010, P.G., Calibè e altro . I criteri indicati dalle Sezioni unite riflettono le condizioni sostanziali per l'applicazione della circostanza aggravante, fungendo così da strumento necessario ad assicurare che, nel caso concreto, l'applicazione della recidiva sia coerente con il suo fondamento, ossia, con la riconoscibilità, nella ricaduta nel delitto, di una più accentuata colpevolezza e di una maggiore pericolosità del reo. Viene qui in chiaro rilievo la netta e irreversibile discontinuità tra la fisionomia della recidiva assunta a seguito dei vari interventi novellatori e della convergente elaborazione giurisprudenziale della Corte costituzionale e della Corte di cassazione e quella delineata nell'impostazione originaria del codice penale, un'impostazione, quest'ultima, al lume della quale la recidiva definita dal più autorevole studioso di quegli anni come una questione di diritto e non di fatto comportava inderogabilmente e automaticamente un effetto di aggravamento della pena salva la ipotesi della recidiva facoltativa di cui all'art. 100 cod. pen., poi abrogato , tanto che questo era strettamente conseguente alla relativa iscrizione nel casellario giudiziale e alla formale contestazione” Sez. U, n. 5859 del 27/10/2011 - dep. 15/02/2012, Marcianò . 3.2. L'accertamento, nel caso concreto, della significatività del nuovo episodio delittuoso sotto il profilo della più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità del reo è, invece, estraneo alla disciplina della recidiva obbligatoria dettata dalla norma qui censurata l'art. 99, quinto comma, cod. pen., infatti, preclude al giudice l'accertamento della concreta significatività del nuovo episodio delittuoso - in rapporto alla natura e al tempo di commissione dei precedenti e avuto riguardo ai parametri indicati dall'art. 133 cod. pen. - sotto il profilo della più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità del reo Corte cost., sentenza n. 183 del 2011 , una preclusione, questa, che deriva - come rilevato dalla stessa sentenza n. 183 del 2011 appena citata - da un automatismo basato su una presunzione. Attesa, evidentemente, l'identità del fondamento della recidiva facoltativa e di quella obbligatoria, l'oggetto di detta presunzione coincide con le condizioni sostanziali per l'applicazione della circostanza aggravante, sicché lo scrutinio di legittimità costituzionale della norma censurata rinvia, in prima battuta, alla valutazione della ragionevolezza della presunzione assoluta di più accentuata colpevolezza e di maggiore pericolosità del reo delineata dal legislatore con riferimento ai delitti espressivi ricompresi nel catalogo di cui all'art. 407, comma 2, lett. a , cod. proc. pen. si tratta, in altri termini, di valutare se i criteri in forza dei quali il giudice, nei casi di cui ai primi quattro commi dell'art. 99 cod. pen., accerta se in concreto la reiterazione del delitto sia espressione di più accentuata colpevolezza e di maggiore pericolosità possano legittimamente formare oggetto di una presunzione assoluta costruita normativamente esclusivamente sull'individuazione di determinati reati espressivi. 3.3. La risposta negativa al problema di legittimità costituzionale enunciato si ricollega alla stessa configurazione della recidiva, ossia ai canoni della perpetuità e della genericità che la caratterizzano, e alle connotazioni intrinseche dei parametri applicativi della recidiva facoltativa oggetto della presunzione assoluta di cui al quinto comma dell'art. 99 cod. pen. Premesso, infatti, che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale, le presunzioni assolute, specie quando limitano un diritto fondamentale della persona, violano il principio di eguaglianza, se sono arbitrarie e irrazionali, cioè se non rispondono a dati di esperienza generalizzati, riassunti nella formula dell'id quod plerumque accidit”, potendosi cogliere l'irragionevolezza della presunzione assoluta tutte le volte in cui sia agevole formulare ipotesi di accadimenti reali contrari alla generalizzazione posta a base della presunzione stessa” Corte cost., sentenza n. 139 del 2010 , l’”agevole possibilità di ipotizzare casi in cui, a fronte della commissione, da parte di un soggetto già condannato per un delitto non colposo, di un nuovo delitto richiamato dal quinto comma dell'art. 99 cod. pen., la reiterazione del delitto non sia espressione di più accentuata colpevolezza e di maggiore pericolosità del reo, si ricollega alla preclusione della verifica della relazione qualificata tra i precedenti del reo e il nuovo illecito da questo commesso” Sez. U, n. 20798 del 24/02/2011 - dep. 24/05/2011, P.G. in proc. Indelicato il riferimento ad un determinato reato espressivo ovvero a una categoria o a un elenco di reati espressivi è in radice inidoneo a fornire alla presunzione in cui si sostanza la norma censurata dati di esperienza generalizzati in ordine alla sintomaticità del nuovo episodio delittuoso sotto il profilo della più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità del reo Corte cost., sentenza n. 183 del 2011 , sintomaticità il cui accertamento, come si è visto, richiede la verifica in concreto di una serie di elementi la natura dei reati, il tipo di devianza di cui sono il segno, la qualità dei comportamenti, il margine di offensività delle condotte, la distanza temporale e il livello di omogeneità esistente fra loro, l'eventuale occasionalità della ricaduta e ogni altro possibile parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, nella sintesi offerta da Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010 - dep. 05/10/2010, P.G., Calibè e altro insuscettibili di trovare effettiva espressione nella mera indicazione del titolo del nuovo delitto commesso e, dunque, di formare oggetto della presunzione assoluta di cui alla norma censurata. Svincolata dall'accertamento in concreto sulla base dei criteri applicativi indicati e affidata alla sola indicazione del titolo del nuovo delitto, l'applicazione obbligatoria della recidiva viene privata di una base empirica adeguata a preservare il fondamento della circostanza aggravante ossia l'attitudine della ricaduta nel delitto ad esprimere una più accentuata colpevolezza e una maggiore pericolosità del reo , risolvendosi in una presunzione assoluta -appunto - di più accentuata colpevolezza o di maggiore pericolosità del tutto irragionevole. Esemplare, in questo senso, è la fattispecie concreta oggetto del presente giudizio pur erroneamente obliterando la disciplina di cui all'art. 99, quinto comma, cod. pen. applicabile al caso di specie, il giudice di primo grado aveva escluso, valutando in reciproca correlazione il delitto fondante una rissa e i delitti per i quali si procede, la sussistenza delle condizioni sostanziali dell'applicazione della recidiva, applicazione, invece, imposta dalla norma censurata. La manifesta irragionevolezza della norma sospettata di illegittimità costituzionale trova ulteriore conferma nel criterio legislativo di individuazione dei reati espressivi della recidiva obbligatoria, criterio incentrato sul catalogo di cui all'art. 407, comma 2, lett. a , cod. proc. pen., che contiene un elenco di reati ritenuti dal legislatore, a vari fini, di particolare gravità e allarme sociale” Corte cost., sentenza n. 192 del 2007 invero, una valutazione di gravità e allarme sociale di determinati reati effettuata in relazione ad istituti processuali quali la durata delle indagini preliminari ovvero la sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare è priva di correlazione con l'accertamento della sussistenza, nel caso concreto, delle condizioni applicative della recidiva. Più in generale, né la gravità del nuovo delitto rispetto alla quale, peraltro, deve osservarsi che nel catalogo cui rinvia la norma censurata non sono ricomprese molteplici figure delittuose di gravità - quanto alla comminatoria edittale - maggiore o uguale rispetto a quella di delitti invece richiamati dall'art. 407, comma 2, lett. a, cod. proc. pen. , né l'allarme sociale ad esso associabile valorizzato, invece, da Sez. 2, n. 6950 del 09/02/2011 - dep. 23/02/2011, Bianco e altro, Rv. 249458, che ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 99, quinto comma, cod. pen., pur riconoscendo nella norma i connotati di un’automatismo sanzionatorio correlato ad una presunzione iuris et de iure di pericolosità sociale” sono in alcun modo indicativi di una relazione qualificata tra i precedenti del reo e il nuovo delitto idonea ad offrire un congruo fondamento giustificativo al giudizio di più accentuata colpevolezza e di maggiore pericolosità in cui si sostanzia deve sostanziarsi l'applicazione della recidiva. Del resto, l'argomentare sviluppato dalle richiamate sentenze delle Sezioni unite al fine di corroborare la tesi della facoltatività della recidiva fuori dell'ipotesi disciplinata dal quinto comma dell'art. 99 cod. pen. conferma l'impostazione qui seguita l'interpretazione contrastata dalle Sezioni unite, infatti, finisce per configurare una sorta di presunzione assoluta di pericolosità sociale del recidivo reiterato ed un conseguente duplice automatismo punitivo indiscriminato -dunque foriero di possibili diseguaglianze - nell'an e nel quantum previsto in misura fissa , operante sia nei casi in cui la ricaduta nel reato si manifesti quale indice di particolare disvalore della condotta, di indifferenza del suo autore alla memoria delle precedenti condanne e, in definitiva, verso l'ordinamento, di specifica inclinazione a delinquere dell'agente, sia nei casi in cui, al di là del dato meramente oggettivo della ripetizione del delitto, il nuovo episodio non appaia concretamente significativo - in rapporto alla natura ed al tempo di commissione dei precedenti, ed avuto riguardo ai parametri indicati dall'art. 133 c.p. - sotto il profilo della più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità del reo Corte cost., n. 192/2007 ” Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010 - dep. 05/10/2010, P.G., Calibè e altro . Ribadita l'identità del fondamento della recidiva indipendentemente dal regime di facoltatività o di obbligatorietà della relativa disciplina ed esclusa, alla luce delle considerazioni svolte, l'idoneità della mera indicazione legislativa di reati ritenuti di particolare gravità e allarme sociale ad esprimere, secondo la logica della presunzione, la concreta significatività del nuovo episodio delittuoso sotto il profilo della più accentuata colpevolezza o della maggiore pericolosità del reo, il ripudio, imposto dalla giustificazione costituzionale dell'istituto, di qualsiasi automatismo, ossia dell'instaurazione presuntiva di una relazione qualificata tra status della persona e reato commesso” Sez. U, n. 20798 del 24/02/2011 - dep. 24/05/2011, P.G. in proc. Indelicato rende ragione - anche - della prospettata questione di legittimità costituzionale diversamente da quanto ritenuto da Sez. 2, n. 8076 del 21/11/2012 - dep. 20/02/2013, Consolo, Rv. 254535, che, richiamando l'argomentare delle Sezioni unite - teso, come si è detto, a confermare in chiave sistematica la facoltatività della recidiva nelle ipotesi considerate -, ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale della norma in esame . 3.4. Ad avviso di questa Corte, in senso contrario alla prospettiva qui sostenuta non è invocabile la sentenza n. 5 del 1977, con la quale fu dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 296 del d.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 recante disposizioni legislative in materia doganale sollevata in riferimento all'art. 3 Cost. ed assumendo quale termine di comparazione il regime di discrezionalità della recidiva introdotto dal citato d.l. n. 99 del 1974. Il rilievo si ricollega a due considerazioni. Per un verso, va osservato che all'epoca della pronuncia di poco successiva alla riforma del 1974 era ben lungi dall'essersi consolidata la ricostruzione della fisionomia della recidiva cui, come si è visto supra , par. 3.1. , ha contribuito in modo decisivo l'evoluzione della giurisprudenza avviata dalla sentenza n. 192 del 2007 della Corte costituzionale, un'evoluzione scandita, negli ultimi anni, da vari interventi delle Sezioni unite di questa Corte il che conferma il recente processo di consolidamento, a fronte di precedenti oscillazioni giurisprudenziali ora, è proprio sulla fisionomia della recidiva delineata oggi dal diritto vivente che la qui prospettata questione di legittimità costituzionale fa leva, censurando la presunzione assoluta di cui all'art. 99, quinto comma, cod. pen., che prevede l'obbligatoria applicazione della recidiva indipendentemente dall'accertamento in concreto e sulla base dei criteri individuati dalla giurisprudenza della sussistenza delle condizioni sostanziali per l'applicazione della circostanza aggravante. Per altro verso, deve rimarcarsi come la questione decisa dalla sentenza n. 5 del 1977 fosse articolata esclusivamente sotto il profilo della disparità di trattamento in relazione al regime di facoltatività/obbligatorietà della recidiva, rispettivamente, nella disciplina codicistica e in quella ex art. 296 cit. del tutto estraneo al thema decidendum allora affrontato dal Giudice delle leggi era il problema della tenuta , in termini di ragionevolezza, della presunzione assoluta individuata, invece, nella norma oggi censurata. Al di là della profonda diversità strutturale, rispetto all'art. 99, quinto comma, cod. pen., dell'art. 296 d.P.R. n. 43 del 1973 disciplinante una figura di recidiva non solo specifica, ma anche relativa al reato di contrabbando, caratterizzato, secondo la sentenza n. 5 del 1977, da peculiari caratteristiche collegate con la lesione di primari interessi finanziari dello Stato” , la fisionomia attribuita dal diritto vivente alla recidiva, in uno con i termini della questione qui sollevata, esclude che il precedente indicato possa essere di ostacolo alla declaratoria di illegittimità costituzionale prospettata dalla presente ordinanza. 3.5. La manifesta irragionevolezza della norma si accompagna alla violazione del principio di uguaglianza derivante dall'identico trattamento riservato, dall'art. 99, quinto comma, cod. pen., a situazioni diverse infatti, ad identica riconducibilità del nuovo delitto nel catalogo di cui all'art. 407, comma 2, lett. a , cod. proc. pen., ben possono corrispondere situazioni connotate, dal punto di vista delle condizioni sostanziali di applicazione della circostanza, da profonda diversità, avuto riguardo, ad esempio, al tipo di devianza di cui i reati sono sintomatici o all'eventuale occasionalità della ricaduta per riprendere solo alcuni tra i criteri applicativi individuati dalla più volte citata Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010 - dep. 05/10/2010, P.G., Calibè . Precludendo l'accertamento della concreta significatività del nuovo episodio delittuoso sotto il profilo della più accentuata colpevolezza e della maggiore pericolosità del reo, la norma censurata da luogo ad un'illegittima identità di trattamento di situazioni diverse. L'irragionevolezza della disciplina della recidiva obbligatoria e l'ingiustificata identità di trattamento ora prospettata danno corpo alla censura relativa all'art. 27, terzo comma, Cost., al quale la giurisprudenza costituzionale sentenza n. 251 del 2012 - talora in combinazione con l'art. 3 Cost. sentenza n. 68 del 2012 - riconduce il principio di proporzionalità della pena, sul rilievo che una pena palesemente sproporzionata - e, dunque, inevitabilmente avvertita come ingiusta dal condannato - vanifica, già a livello di comminatoria legislativa astratta, la finalità rieducativa sentenze n. 341 del 1994 e n. 343 del 1993 esito, questo, parimenti riconducibile alla preclusione dell'accertamento giurisdizionale della sussistenza, nel caso concreto, della condizioni sostanziali legittimanti l'applicazione della recidiva. 4. Pertanto, deve dichiararsi rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 99, quinto comma, del codice penale in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, con le ulteriori statuizioni indicate in dispositivo la minore età della persona offesa impone, in caso di diffusione della presente ordinanza, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi. P.Q.M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 99, quinto comma, del codice penale in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione. Sospende il giudizio in corso e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa nonché al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52 d.lgs. 196/03 in quanto imposto dalla legge.