Basta al malavitoso intestare la società di famiglia alla moglie per sottrarsi a misure di prevenzione?

Ai fini della configurabilità del delitto ex art. 12- quinquies d.l. n. 306/1992, inerente il trasferimento fraudolento di beni atto ad evitare la sottrazione di patrimoni anche solo potenzialmente assoggettabili a misure di prevenzione, rilevano anche intestazioni simulate che coinvolgono gli stretti congiunti ed il coniuge dell’interessato.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 37375, depositata il 9 settembre 2014. Il caso. Il pubblico ministero impugnava per cassazione l’ordinanza del Tribunale con la quale era stata annullata l’ordinanza del Gip di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dell’indagato, per delitti qualificati ex art. 12- quinquies del d.l. n. 306/1992 fraudolento trasferimento di valori , aggravati dall’art. 7 del d.l. n. 152/1991. Nello specifico, l’indagato veniva giudicato in quanto, al fine di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniali, nonché di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa Cosa nostra, avrebbe fittiziamente intestato alla moglie la titolarità di quote di una s.r.l Trasferimento fraudolento di beni. La Corte di Cassazione accoglie le doglianze relative all’intestazione della quota ampiamente maggioritaria della società di famiglia alla moglie dell’indagato. La configurabilità del reato di cui all’art. 12- quinquies non è esclusa dal fatto che i beni, la cui titolarità o disponibilità sia stata oggetto di un’attribuzione fittizia, siano stati intestati ad un familiare del soggetto sottoposto o sottoponibile ad una misura di prevenzione patrimoniale, trattandosi di condotta comunque capace di mettere in pericolo l’interesse protetto dallo Stato, tenuto conto che l’esistenza di una mera presunzione relativa di elusività nella intestazione di beni ai familiari del proposto ai sensi dell’art. 2- ter della l. n. 575/1965 non è certo elemento idoneo ad escludere ex se l’offensività del contestato delitto di concorso ex art. 12- quinquies l.n. 306/1992, commesso al deliberato scopo di eludere, appunto attraverso la propria interposizione fittizia, la efficacia di adottande misure di prevenzione patrimoniale Cass., Sez. I, n. 31884/11 . In altri termini, non vanno confusi gli elementi integranti la fattispecie incriminatrice in esame con i criteri di giudizio ovvero con le presunzioni iuris tantum previste dalla disciplina delle misure di prevenzione reale ai fini dell’adozione di siffatti provvedimenti di natura ablatoria. L’art. 12-quinquies d.l. n. 306/1992. La Corte di Cassazione non condivide la tesi secondo la quale, per la sussistenza del reato di trasferimento fraudolento di valori, non basterebbe la sola fittizietà della intestazione in favore di un qualsiasi soggetto terzo, ma occorrerebbe la presenza di ulteriori elementi di fatto che siano capaci di concretizzare la capacità elusiva dell’operazione, in quanto tale esegesi finirebbe per richiedere la sussistenza di elementi costitutivi della fattispecie incriminatrice non previsti dall’art. 12- quinquies , attribuendo tale veste a elementi fattuali che potrebbero avere solo una rilevanza ai fini della verifica della esistenza del necessario elemento psicologico del reato. Oggetto giuridico del delitto di trasferimento fraudolento di beni si identifica con l’interesse ad evitare la sottrazione di patrimoni anche solo potenzialmente assoggettabili a misure di prevenzione Cass., Sez. VI, n. 27666/11 . Nel caso di specie, il Tribunale non è parso discutere la specifica strumentalità dell’operazione messa a fuoco dal pm procedente. Il Giudice del rinvio dovrà, pertanto, valutare nuovamente la richiesta di riesame dell’indagato, facendo applicazione del principio per il quale rilevano ex art. 12- quinquies anche intestazioni simulate che coinvolgano gli stretti congiunti ed il coniuge dell’interessato. Per questi motivi la Corte accoglie il ricorso e annulla con rinvio l’ordinanza impugnata.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 6 maggio– 9 settembre 2014, n. 37375 Presidente Ippolito– Relatore Leo Ritenuto in fatto 1. È impugnata l'ordinanza in data 27/12/2013 del Tribunale di Palermo, con la quale, in accoglimento del ricorso per riesame avanzato nell'interesse di F.G. , è stata annullata l'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale, depositata il 4 dicembre 2013, di applicazione della misura cautelare della custodia in carcere nei confronti dello stesso F. , per delitti qualificati ex art. 12-quinquies del decreto-legge n. 306/1992, aggravati a norma dell'art. 7 del decreto-legge n. 152/1991. 2. Va premesso che le imputazioni preliminari si riferiscono ai seguenti fatti nel dicembre 2007 F. , al fine di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniali, nonché di agevolare l'attività dell'associazione mafiosa Cosa nostra e la commissione dei delitti di cui agli artt. 648, 648-bis e 648-ter cod. pen., avrebbe fittiziamente intestato alla moglie B.F. la titolarità di quote della s.r.l. F.G. , del valore nominale di 80.110 Euro capo 3 della rubrica dell'ordinanza cautelare, indicato come capo A nel ricorso oggetto di trattazione nel marzo 2010 lo stesso F. , istigando in tal senso la citata B. , e con le finalità già indicate, avrebbe fittiziamente attribuito alla figlia F. la carica di amministratore unico della stessa società commerciale capo 4 della rubrica dell'ordinanza cautelare, indicato nel ricorso come capo B nella medesima epoca l'indagato avrebbe istigato le figlie F. e V. a prelevare da conti correnti bancari loro intestati la somma complessiva di duecentomila Euro, da lui stesso versata sui conti citati circa tre anni prima, occultandone la destinazione. 2.1. Dopo avere affermato che le contestazioni si riferirebbero essenzialmente a manovre elusive in vista della possibile applicazione di misure di prevenzione anche data la recente assoluzione del F. dall'imputazione concernente il reato associativo , il Tribunale ha ritenuto che l'art. 12-quinquies non si applichi a condotte di investitura fittizia dell'amministratore di una società, posto che tali condotte, a differenza del trasferimento di quote, non conferiscono un valore, in ipotesi suscettibile di sequestro e confisca. 2.2. Relativamente agli accrediti effettuati in favore delle figlie nel 2007, a poche settimane dalla perquisizione subita nell'ambito delle ricerche del latitante M.D.M. di cui F. è cugino , il Tribunale ha ritenuto che, per il trasferimento effettuato in favore di uno dei soggetti indicati al comma 3 dell'art. 2-bis della legge n. 575/1965, sia necessaria una dimostrazione particolarmente puntuale dell'intento e dell'effetto elusivo. Ciò in quanto i beni intestati a quei soggetti, tra i quali sono annoverati i figli, possono essere direttamente aggrediti nel procedimento prevenzionale. Nella specie la dimostrazione non sarebbe stata compiuta. L'operazione del 2007 che aveva riguardato solo una parte della somma che a F. era pervenuta in rapporto all'attività della sua impresa edile sarebbe stata troppo grossolana per il fine di evitare un sequestro, e del resto le somme erano rimaste sui conti delle figlie per ben tre anni, per essere occultate solo dopo l'arresto dell'indagato per l'imputazione associativa dalla quale, poi, è stato prosciolto. Dunque non sarebbe credibile, per il Tribunale, che il pregresso trasferimento fosse stato operato con le finalità indicate dalla norma incriminatrice. 2.3. Analoghi criteri e principi sono stati applicati per il trasferimento di quote sociali dal F. alla moglie, avvenuto del resto ad oltre un anno dalla perquisizione che, nell'impostazione accusatoria, avrebbe indotto l'interessato alla dissimulazione del proprio patrimonio. 3. Ricorre il Pubblico ministero, anteponendo un'ampia premessa in fatto ai motivi dell'impugnazione. 3.1. In particolare la s.r.l. F.G. era stata costituita nel febbraio del 2006 tra l'indagato e la moglie, cui era stata attribuita la quota maggioritaria del capitale 9.000 Euro su 10.000 nel dicembre 2006 F. aveva subito la già citata perquisizione nel novembre 2007 il capitale della società era stato aumentato, mediante conferimento della ditta individuale del F. , che dunque era divenuto socio di maggioranza 75.400 Euro, contro i 9,000 della B. nel dicembre 2007 l'indagato aveva donato alla moglie gran parte della propria quota rimasta nelle sue mani per soli 4.220 Euro nel marzo 2010, subito dopo il suo arresto, F. aveva indotto la moglie a nominare la figlia F. , in sostituzione dello stesso F. , quale amministratore unico della società il carattere fittizio della designazione sarebbe insuperabilmente documentato dal tenore dei colloqui intrattenuti in carcere tra F. e F.G. , oggetto di intercettazione. 3.2. Tanto premesso, il ricorrente deduce anzitutto vizio di motivazione relativamente all'assoluzione del F. dall'imputazione associativa ormai più volte citata. Il dato era noto al Giudice delle misura cautelare, che l'aveva considerato e ritenuto soccombente a fronte di fatti ed argomenti che il Tribunale non avrebbe preso nella minima considerazione. Sono poi denunciate molteplici violazioni di legge. 3.3. Sarebbe erroneo, in primo luogo, l'assunto per il quale la fittizia designazione di un amministratore non potrebbe essere ricondotta alla previsione dell'art. 12-quinquies. Il Tribunale avrebbe trascurato il disposto dell'art. 10, comma 4, della legge n. 575/1965, il quale estende i divieti e le decadenze che conseguono all'applicazione delle misure di prevenzione a società di cui l'interessato sia amministratore. Poiché tali misure avrebbero carattere patrimoniale, dovrebbe desumersene la rilevanza, alla luce della norma incriminatrice indicata, delle condotte volte ad eludere la disposizione. Nella specie, F.F. sarebbe stata designata quale amministratore della società di famiglia al fine dichiarato nel corso di conversazioni intercettate di evitare che detta società incorresse nelle decadenze e nei divieti previsti dalla legge, e con l'intesa, altrettanto esplicita, che la direzione effettiva dell'attività sarebbe rimasta nella mani dell'odierno indagato. 3.4. Sarebbe errata anche la tesi dell'esclusione o irrilevanza di un intento elusivo nella condotta di intestazione fittizia di beni che potrebbero essere direttamente assoggettati a sequestro e confisca, in quanto riferiti a prossimi congiunti del proposto. L'assunto condurrebbe ad una abrogazione de facto della previsione incriminatrice, perché la norma invocata per il preteso effetto scriminante comprende, in realtà, una vasta serie di soggetti, ben oltre il coniuge ed i figli dell'interessato. Il Tribunale avrebbe confuso il piano del precetto penale con quello della sanzione amministrativa, che opererebbero invece in contesti procedimentali diversi, ed affermato per tale ragione una tesi già smentita dalla giurisprudenza di legittimità. Considerato in diritto 1. Il ricorso è parzialmente fondato, e deve dunque essere accolto nei limiti che saranno appresso indicati. Va premesso come questa Corte, in composizione parzialmente diversa, abbia già considerato i fatti e le questioni cui si riferisce l'odierno giudizio, trattando del ricorso proposto dal Pubblico ministero palermitano contro l'ordinanza che aveva definito la procedura di riesame promossa da B.F.M. , cioè dalla moglie dell'odierno ricorrente, riguardo ai fatti che le venivano contestati in concorso, appunto, con F.G. . Il Collegio ritiene di condividere le valutazioni espresse in quella sede Sez. 6, Sentenza n. 20769 del 6/05/2014 , cioè che non rileva, ai sensi dell'art. 12-quinquies del decreto-legge n. 306/1992, la simulata designazione di un determinato amministratore per una società commerciale, quand'anche la condotta sia finalizzata ad eludere l'applicazione di misure patrimoniali di contrasto alla mafia. Rileva invece per la stessa norma, e sempre che il quadro indiziario risulti adeguato, la condotta di simulato trasferimento di beni compiuta al medesimo fine, quand'anche detto trasferimento favorisca persone che potrebbero essere assoggettate in via immediata e diretta alle misure in discorso. Poiché le questioni da trattare sono identiche a quelle già risolte con l'indicata sentenza, può farsi ampio ricorso a citazioni testuali. 2. Conviene prendere le mosse dalla designazione di F.F. figlia del ricorrente e della B. quale amministratore della società di famiglia. In proposito, nella sentenza già citata, si è osservato è ben vero che - così come evidenziato dal ricorrente - anche le misure di prevenzione indicate nell'art. 10 legge n. 575 del 1965, in quanto comportano l'inibizione del normale svolgimento dell'attività di impresa, implicano una deminutio patrimonii e, pertanto, sono di natura patrimoniale, con la conseguenza che l'intestazione fittizia a terzi della titolarità di beni o altre utilità al fine di eludere tale disposizione parrebbe integrare comunque il reato di cui all'art. 12-quinquies del d.l. n. 306 del 1992, convertito nella legge n. 356 del 1992 in questo senso Sez. 6, n. 29816 del 06/07/2001, rv. 221334 tuttavia, per la configurabilità di tale delitto è in ogni caso necessario che vi sia l'attribuzione fittizia ad altri della titolarità o della disponibilità di denaro, beni o altre utilità , formula questa che, nel rispetto del principio di tassatività vigente in materia penale, non è suscettibile di una interpretazione estensiva o analogica in malam partem, talché, anche in presenza dello scopo illecito sopra riportato, non può farsi rientrare la condotta di chi fittiziamente trasferisce la mera titolarità dei compiti di amministrazione di una società commerciale”. Insomma, pur sembrando adeguata la rappresentazione compiuta dal Tribunale in ordine al carattere strumentale della designazione, formalmente riferibile alla B. e ragionevolmente attribuita alla volontà dell'odierno ricorrente, difetta nella condotta contestata una effettiva corrispondenza al tipo legale. Nella parte corrispondente, dunque, il ricorso del Pubblico ministero deve essere respinto. 3. Vanno invece accolte, come già si è anticipato, le doglianze concernenti il l'intestazione della quota ampiamente maggioritaria della società di famiglia alla moglie del F. , B.F. . Anche in questo caso è utile e sufficiente la citazione dei motivi a sostegno della decisione già assunta nel procedimento incidentale concernente la B. questa Corte ha già avuto modo di evidenziare come la configurabilità del reato di cui al citato art. 12-quinques non è esclusa dal fatto che i beni, la cui titolarità o disponibilità sia stata oggetto di un'attribuzione fittizia, siano stati intestati ad un familiare del soggetto sottoposto o sottoponibile ad una misura di prevenzione patrimoniale, trattandosi di condotta comunque capace di mettere in pericolo l'interesse protetto dello Stato, tenuto conto che l'esistenza di una mera presunzione relativa di elusività nella intestazione di beni ai familiari del proposto ai sensi dell'art. 1-ter della legge n. 575 del 1965 non è certo elemento idoneo ad escludere ex se l'offensività del contestato delitto di concorso ex art. 12-quinquies legge n. 356 del 1992, commesso al deliberato scopo di eludere, appunto attraverso la propria interposizione fittizia, la efficacia di adottande misure di prevenzione patrimoniale Sez. 1, n. 31884 del 06/07/2011 . In altri termini, non bisogna confondere gli elementi integranti la fattispecie incriminatrice in esame con i criteri di giudizio ovvero con le presunzioni iuris tantum previste dalla disciplina delle misure di prevenzione reale ai fini dell'adozione di siffatti provvedimenti di natura ablatoria, anche perché assimilare le due situazioni, aventi presupposti operativi ed effetti completamente differenti, finirebbe per comportare l'arbitraria, e perciò inammissibile, creazione di una sorta di zona franca , di una causa di esclusione della punibilità a norma del menzionato art. 12-quinquies. A tale esito è pervenuta questa Corte anche in altra vicenda, in cui il ricorrente aveva ugualmente sostenuto che la presunzione di fittizietà dell'intestazione di cui all'art. 2-ter portava ad escludere la concorrente violazione di cui all'art. 12-quinquies, con riferimento alla quale si è puntualizzato che l'ambito di operatività del predetto art. 2-ter è squisitamente processuale, poiché la disposizione regolamenta particolari aspetti del procedimento di prevenzione per le misure patrimoniali, mentre quello dell'art. 12-quinquies è penale sostanziale, poiché la disposizione punisce con la reclusione la fittizia intestazione - comunque commessa - di un bene ad un qualsiasi soggetto terzo, al fine di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniali, con la conseguenza che l'applicazione dell'una non esclude l'applicazione dell'altra in questo senso Sez. 2, n. 5595/12 del 27/10/2011, rv. 252696 . In tal senso non appare condivisibile la tesi secondo la quale, per la sussistenza del reato de quo, non basterebbe la sola fittizietà della intestazione in favore di uno dei suddetti soggetti, ma occorrerebbe la presenza di ulteriori elementi di fatto che siano capaci di concretizzare la capacità elusiva dell'operazione così Sez. 5, n. 45145 del 09/07/2013 e Sez. 1, n. 17064 del 02/04/2012 , in quanto tale esegesi finirebbe per richiedere la sussistenza di elementi costitutivi della fattispecie incriminatrice non previsti dall'art. 12-quinquies, attribuendo tale veste a elementi fattuali che potrebbero avere solo una rilevanza ai fini della verifica della esistenza del necessario elemento psicologico del delitto. Né appare oltremodo valorizzabile la circostanza che l'art. 2-ter, ultimo comma, della legge n. 575 del 1965 - ora sostituito dalla disposizione di analogo contenuto dell'art. 26, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011 - stabilisce che, fino a prova contraria, si presumono fittizi i trasferimenti e le intestazioni effettuati nei due anni precedenti alla proposta della misura di prevenzione nei confronti dell'ascendente, del discendente e del coniuge così Sez. 1, n. 4703/13 del 09/11/2012 , anche considerato che questa forma di presunzione iuris tantum, destinata ad operare nell'ambito del già avviato procedimento di prevenzione e solo per un limitato arco temporale, era stata introdotta con il d.l. n. 92 del 2008, convertito nella legge n. 125 del 2008, in epoca di gran lunga successiva alla data di entrata in vigore della disposizione incriminatrice in argomento per la cui applicabilità, come è noto, non è neppure necessario che un procedimento di prevenzione sia stato avviato, posto che l'oggetto giuridico del delitto di trasferimento fraudolento di valori si identifica con l'interesse ad evitare la sottrazione di patrimoni anche solo potenzialmente assoggettabili a misure di prevenzione così Sez. 6, n. 27666 del 04/07/2011, rv. 250356 ”. Si può solo porre in ulteriore evidenza, per ragioni di completezza, uno spunto già presente nell'argomentazione citata, e cioè la possibilità astratta che le caratteristiche concrete dell'operazione, tali da rendere la stessa particolarmente inidonea all'attuazione concreta di un intento elusivo, incidano sulla prova logica del dolo punibile, e chiamino dunque il giudice ad una valutazione particolarmente articolata del problema vi possono essere operazioni prive di senso compiutamente commerciale, e finanche simulate, che trovano origine in esigenze diverse dal contrasto all'applicazione di misure di prevenzione . Nel caso di specie, per altro, il Tribunale non è parso discutere la specifica strumentalità dell'operazione messa a fuoco dal Pubblico ministero procedente, richiamando anche, a tale proposito, significativi elementi di prova. In base a tali elementi, dunque, il Giudice del rinvio dovrà valutare nuovamente la richiesta di riesame del F. , facendo applicazione del principio per il quale, salva la prova del dolo punibile, rilevano ex art. 12-quinquies anche intestazioni simulate che coinvolgano gli stretti congiunti ed il coniuge dell'interessato. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata limitatamente al reato di fittizia attribuzione di quote sociali di cui al capo 3 o A e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Palermo. Rigetta nel resto il ricorso.