Grava sul locatore subentrato per eredità l’obbligo di verifica dei canoni di sicurezza dell’immobile

L’accettazione dell’eredità, come fonte del subingresso nella posizione del locatore, è sufficiente per l’attivazione ex art. 1576 c.c. degli obblighi di manutenzione della cosa locata in capo al locatore. L’obbligo opera indipendentemente da una segnalazione od un impulso del conduttore. Né può operare come scusante l’ignoranza degli obblighi devenienti dal subingresso nel contratto.

In questo senso si è pronunciata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 36924 depositata il 4 settembre 2014. L’obbligo di manutenzione. Nei reati omissivi la responsabilità penale è subordinata all’esistenza di un dovere giuridico e del potere effettivo di impedire l’evento dannoso. Deve, dunque, esistere una norma di diritto privato o di diritto pubblico che sancisca in capo ad un soggetto l’obbligo di intervenire per impedire il verificarsi di un certo evento. Accanto a ciò, il titolare della posizione di garanzia deve essere in grado concretamente di adempiere all’obbligo in questione. Fatta questa premessa di parte generale, la Corte di Cassazione nell’indicata sentenza evidenzia come esista in capo al locatore un generale obbligo di manutenzione della cosa locata. L’art. 1576 nn. 1 e 2 c.c. impone al locatore la consegna e la manutenzione per l’uso convenuto della cosa locata. Tale obbligo evidentemente sussiste anche in riferimento alla necessaria verifica di funzionalità di quegli impianti, potenzialmente pericolosi, esistenti all’interno dell’immobile locato, la cui non corretta o trascurata manutenzione può causare danni al conduttore. Il subingresso per eredità. Nel caso affrontato dai giudici di legittimità, il locatore subentrava nel contratto di locazione dell’immobile per accettazione dell’eredità. Tale subingresso è ragione sufficiente, agli occhi della Corte, perché possa esigersi l’obbligo di manutenzione derivante dalla posizione di garanzia assunta ex art. 1576 c.c Non rileva in questo senso la necessità di un qualsivoglia tipo di impulso ad adempiere da parte del conduttore. La momentanea indisponibilità della cosa locata in capo al locatore è indice, inoltre, del potere che lo stesso ha in riferimento al controllo sulla struttura e sugli impianti. Risultano, quindi, esistenti le condizioni perché si possa configurare un reato omissivo ed, in specie, il reato di lesioni colpose ex art. 590 c.p Nessuna scusante. Nell’affermare la corretta condanna dei giudici di merito, la Corte di Cassazione nella sentenza riportata precisa come non possa essere invocata come scusante alla responsabilità penale omissiva l’ignoranza degli obblighi di manutenzione derivanti dalla posizione di locatore. L’obbligo infatti discende direttamente da una norma del Codice Civile. L’ignoranza della stessa si configura come errore su legge extrapenale integratrice del precetto che in tema di responsabilità penale risulta irrilevante ex art. 5 c.p

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 2 luglio – 4 settembre 2014, n. 36924 Presidente Sirena – Relatore Iannello Ritenuto in fatto 1. Pronunciando in grado d'appello in data 27/1/2014 il Tribunale di Savona confermava la sentenza con la quale, in data 20/11/2012, il Giudice di Pace di Savona aveva ritenuto B.M. responsabile del reato p. e p. dall'art. 590, commi primo e ultimo, cod. pen. ad essa ascritto perché, divenuta proprietaria per effetto di successione ereditaria di un appartamento già concesso in locazione dalla propria dante causa, ometteva di controllare, pur avendone l'obbligo nella qualità di locatrice, la funzionalità e l'adeguatezza di un apparecchio scalda acqua ivi già presente nel vano cucina, privo della necessaria apertura di ventilazione e collocato all'interno di un mobile pensile con insufficiente ricambio d'aria, così cagionando lesioni personali, consistite in intossicazione da monossido di carbonio, alle persone che conducevano in locazione l'immobile fatto commesso in data 8/10/2005. Concesse le attenuanti generiche, l'imputata era stata condannata alla pena di mille euro di multa, oltre che al risarcimento dei danni nei confronti delle costituite parti civili da liquidarsi in separata sede, con la concessione di provvisionali variabili da un minimo di € 1.000 a un massimo di € 6.500. Rigettando specifici motivi di gravame sul punto proposti, il Tribunale riteneva che il proprietario succeduto iure hereditatis in un contratto di locazione è tenuto a verificare la sicurezza e conformità a legge degli impianti ivi presenti, essendo a tal fine irrilevante che chi conduce in locazione l'immobile non gli abbia segnalato il malfunzionamento dell'impianto. Soggiungeva che, peraltro, nel caso di specie, il contratto di locazione dalla ultima scadenza quadriennale si era rinnovato quando già l'imputata ne era divenuta proprietaria. Riteneva, inoltre, giustificata la liquidazione della provvisionale operata dal primo giudice, in relazione alle indicazioni del perito medico-legale circa la necessità di procedere a una rivalutazione dei danno nel corso dei tempo, stante l'insidiosità dell'intossicazione. 2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l'imputata, per mezzo dei proprio difensore, articolando tre motivi. 2.1. Con il primo deduce violazione di legge in relazione all'affermazione della penale responsabilità. Sostiene non essere condivisibile l'assunto del Tribunale che ha equiparato la posizione di chi concede in locazione un proprio immobile con quella di chi subentra nella posizione dei precedente proprietario, senza avere la materiale disponibilità del bene locato. Rileva che, in tal modo, i giudici di merito hanno completamento tralasciato la valutazione dell'elemento soggettivo del reato, che deve essere operata tenendo presenti le circostanze conosciute o conoscibili al momento della condotta. 2.2. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione per travisamento di prova, con riferimento alla mancata esclusione della condanna provvisionale ovvero alla mancata riduzione degli importi a tal titolo liquidati. Rileva che, diversamente da quanto ritenuto in sentenza a sostegno della decisione sul punto, il perito medico legale nominato in primo grado, nell'escludere la sussistenza di postumi invalidanti riconducibili all'evento, non ha mai accennato all'insidiosità dell'intossicazione, né alla necessità dì procedere nel tempo alla valutazione dei danni. 2.3. Con il terzo motivo deduce, infine, vizio di omessa pronuncia sulla richiesta di riduzione delle spese liquidate in primo grado in favore delle parti civili, in quanto commisurate in importo € 6.500 del tutto sproporzionato rispetto ai parametri di legge. 3. In data 1/7/2014 è pervenuta memoria difensiva redatta nell'interesse delle parti civili, con la quale si deduce l'inammissibilità e comunque l'infondatezza dei motivi tutti di ricorso. Considerato in diritto 4. È necessario preliminarmente evidenziare che, alla data della odierna decisione, non può considerarsi maturato il termine prescrizionale, in quanto prorogato - fino al 15/9/2014 - per effetto delle sospensioni verificatesi nel corso dei due gradi di giudizio di merito e, segnatamente, per i rinvii disposti alle udienze dei 26/5/2009, 15/11/2011 e 19/9/2013 rispettivamente a quelle dei 26/1/2010, 12/6/2012 e 28/11/2013 per un totale di 525 giorni per l'adesione dei difensori alle astensioni dalle udienze proclamate dagli organismi di categoria. 5. È infondato il primo motivo di ricorso. È noto che, in tema di reati omissivi, il fondamento della responsabilità è correlato all'esistenza di un dovere giuridico di attivarsi per impedire che l'evento temuto si verifichi. Il titolare di quest'obbligo versa in posizione di garanzia, le cui componenti essenziali costitutive sono da un lato, una fonte normativa di diritto privato o pubblico, anche non scritta, o una situazione di fatto per precedente condotta illegittima, che costituisca il dovere di intervento dall'altro lato, la esistenza di un potere giuridico, ma anche di fatto attraverso il corretto uso del quale il soggetto garante sia in grado, attivandosi, di impedire l'evento v. ex multis Sez. 4, n. 8217 del 21/05/1998 - dep. 09/07/1998, Fornari ed altro, Rv. 212144 . Con riferimento alla fattispecie in esame non può dubitarsi della sussistenza di tali presupposti, in relazione alla incontestata qualità dell'imputata di proprietaria e locatrice dell'immobile al cui interno era presente l'impianto ad origine dei fatto illecito lesivo. Tale qualità impone, infatti, alla locatrice non solo di consegnare al conduttore la cosa locata in buono stato di manutenzione ma anche di mantenerla in istato da servire all'uso convenuto art. 1576 nn. 1 e 2 cod. civ. obbligo che, con riferimento ad impianti tecnologici potenzialmente pericolosi, specie se collocati all'interno dell'abitazione, si declina anche nel senso della necessaria verifica della loro funzionalità e rispondenza a norme tecniche di sicurezza. La decisione impugnata è coerente a tale quadro normativo di riferimento e tiene adeguatamente conto delle circostanze di fatto emergenti dal processo, mentre le osservazioni svolte in punto di fatto e di diritto dal ricorrente non appaiono idonee a contrastare in alcun modo la coerenza e logicità giuridica della motivazione posta a fondamento della affermazione della penale responsabilità. In particolare, la fonte del subingresso dell'imputata nella posizione di proprietaria e locatrice dell'immobile successione ereditaria non può certamente valere, di per sé, ad escluderne la corrispondente attivazione della posizione di garanzia, non potendosi dubitare che tale effetto si determini comunque per effetto della consapevole e volontaria determinazione dei chiamato di accettare l'eredità, la quale a sua volta comporta l'onere per lo stesso di prendere cognizione dei beni caduti in successione la connessa presunzione che ciò, nella specie, sia avvenuto è dei resto avvalorata dalla prosecuzione dei rapporto per oltre quattro anni dall'apertura della successione prima dell'accaduto e, inoltre, dal fatto che in tale periodo il contratto, come pure rimarcato in sentenza, si è rinnovato tra le parti . Il subingresso - che ne discende - anche nel contratto di locazione in corso, con la conseguente assunzione degli obblighi di manutenzione posti per legge a carico dei locatore, costituisce di per sé ragione sufficiente per rendere attuale ed esigibile l'obbligo di verifica delle condizioni dell'immobile e dell'adeguatezza degli impianti ivi esistenti, indipendentemente da segnalazioni di eventuali guasti. La temporanea sottrazione della cosa alla disponibilità dei locatore è, infatti, compatibile con la permanenza di un effettivo potere fisico di controllo sulle unità immobiliari, con conseguente obbligo di vigilanza sullo stato di conservazione e sull'efficienza delle strutture edilizie e degli impianti cfr. Cass. Civ., Sez. 3, n. 6407 del 22/07/1987, Rv. 454687 obbligo che certamente prescinde dalla segnalazione o dall'impulso del conduttore. 5.1. Anche con riguardo all'elemento soggettivo le considerazioni svolte dal ricorrente non appaiono idonee a segnalare circostanze che, in particolare sotto il profilo della successione cronologica degli eventi rilevanti, possano indurre a revocare in dubbio la rimproverabilità dell'accaduto all'imputata. È da escludere, anzitutto, che l'eventuale ignoranza degli obblighi di manutenzione derivanti dall'acquisto, iure successionis, della proprietà dell'immobile possa assumere rilievo escludente della colpevolezza. Ed infatti, trattandosi di obbligo derivante direttamente dalla norma citata dei codice civile, che costituisce fondamento della posizione di garanzia nella specie considerata, tale ignoranza si risolve in errore su legge extrapenale integratrice dei precetto penale, come tale irrilevante ai sensi dell'art. 5 cod. pen Ma è altresì da escludere che possa fondatamente invocarsi l'impossibilità, nella situazione data, di rendersi conto della sussistenza di una situazione di fatto tale da rendere effettivamente attivo ed esigibile il dovere di intervenire sull'impianto. In proposito la sentenza impugnata rimarca l'esistenza di alcune circostanze, di ordine cronologico, che rendono irrilevanti le obiezioni ìn tal senso svolte dalla difesa tali in particolare il decorso di oltre quattro anni dall'apertura della successione dalla precedente locatrice 12/7/2001 al fatto delittuoso per cui è processo 8/10/2005 la conseguente rinnovazione dei contratto intervenuta quando già l'odierna imputata era divenuta proprietaria dell'immobile. È evidente che in tale arco temporale la subentrata locatrice avrebbe avuto tutto il tempo per rendersi conto, in adempimento dei proprio dovere di vigilanza, della non rispondenza dello scaldabagno - per la sua collocazione in cucina all'interno di un mobile pensile con insufficiente ricambio d'aria e per la mancanza della necessaria apertura di ventilazione e collocato all'interno - a elementari norme di sicurezza. 6. È poi inammissibile il secondo motivo di ricorso. Con esso, come detto, il ricorrente deduce manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione posta a fondamento del rigetto del motivo d'appello con il quale si contestava la mancata esclusione della condanna provvisionale e, in subordine, l'eccessività degli importi liquidati. Al riguardo è sufficiente rilevare che, secondo affermazione costante nella giurisprudenza di questa S.C., la pronuncia circa l'assegnazione di una provvisionale in sede penale ha carattere meramente delibativo e non acquista efficacia di giudicato in sede civile, mentre la determinazione dell'ammontare della stessa è rimessa alla discrezionalità del giudice del merito che non è tenuto a dare una motivazione specifica sul punto, con la conseguenza che il relativo provvedimento non è impugnabile per cassazione in quanto per sua natura insuscettibile di passare in giudicato e destinato ad essere travolto dall'effettiva liquidazione dell'integrale risarcimento v. in tal senso Sez. 4, n. 10098 del 20/03/1991 - dep. 10/10/1991, Mileti, Rv. 188254 conf. Sez. 5, n. 40410 del 18/03/2004 - dep. 15/10/2004, Farina ed altri, Rv. 230105 Sez. 5, n. 5001 dei 17/01/2007 - dep. 07/02/2007, Mearini e altro, Rv. 236068 v. anche Sez. 4, n. 34791 del 23/06/2010 - dep. 27/09/2010, Mazzamurro, Rv. 248348, secondo cui non è deducibile con il ricorso per cassazione la questione relativa alla pretesa eccessività della somma di denaro liquidata a titolo di provvisionale . 7. Analoga valutazione di inammissibilità deve, infine, esprimersi con riferimento al terzo motivo, per evidente genericità. Secondo pacifico indirizzo, invero, la parte che lamenta con ricorso per cassazione l'onerosità della liquidazione delle spese e degli onorari, ha l'onere di specificare gli errori addebitati al giudice di merito e le violazioni relative alle voci della tariffa professionale, al fine di consentire al Supremo Collegio di avere gli elementi necessari per il giudizio così Sez. 5, n. 10959 del 24/05/1978 - dep. 12/09/1978, Marotta, Rv. 139931 Sez. 4, n. 8330 del 19/03/1981 - dep. 24/09/1981, Panascì, Rv. 150226 . Tale onere risulta nella specie all'evidenza disatteso, essendosi il ricorrente limitato a dolersi genericamente della eccessività delle somme liquidate dal giudice di prime cure, a titolo di rimborso delle spese processuali in favore della parte civile, e, correlativamente, dei mancato esame da parte dei Tribunale della richiesta di riduzione di tali importi, senza però, anche sotto tale profilo, precisare se e quali argomentazioni erano state sul punto svolte in grado d'appello ciò che esonerava il giudice d'appello da un puntuale obbligo di motivazione sul punto e rende, in questa sede, anche tale diversa specifica doglianza inammissibile. Per pacifico indirizzo, infatti, i motivi costituiscono una parte essenziale ed inscindibile della impugnazione e, pur nella riconosciuta libertà della loro formulazione, debbono essere, ai sensi della lett. c dell'art. 581 cod. proc. pen., articolati in maniera specifica devono cioè indicare chiaramente, a pena di inammissibilità, le ragioni su cui si fonda la doglianza. In mancanza di ciò, viene meno l'obbligo dei giudice di fornire una risposta a tutte le questioni proposte, in quanto tale obbligo trova un limite nella genericità della censura. Ne consegue che la denuncia di difetto di motivazione della sentenza di appello, in ordine a motivi genericamente formulati, non ha alcun fondamento, a nulla rilevando che il giudice di merito non abbia in concreto rilevato tale vizio cfr. ex multis Sez. 1, n. 4713 del 28/03/1996 - dep. 09/05/1996, Bruno, Rv. 204548 . 8. In ragione delle considerazioni che precedono deve pertanto pervenirsi al rigetto del ricorso con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali oltre che alla rifusione, in favore delle parti civili, delle spese sostenute nel presente giudizio, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalle parti civili D.L.M., D.L.S., D.L.N. e L.N., che liquida in euro 3.000,00 oltre accessori come per legge.