“Dalla padella alla brace”: il conto lo paga la proprietaria del cane aggressivo

La proprietaria del cane, infatti, avrebbe dovuto adottare preliminarmente le banali cautele atte a rendere inoffensivo il proprio cane, anche se l’animale si trovava all’interno del recinto di casa.

E’ quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 33407/2014, depositata oggi. Il caso. Una donna veniva ritenuta responsabile del reato di lesioni colpose in danno di un’altra donna, per non aver tenuto al guinzaglio il proprio cane, che aveva aggredito la vittima ad un braccio. L’imputata, dal canto suo, nel ricorso per cassazione ha affermato che la situazione non richiedeva né il guinzaglio né la museruola. Infatti, il cane si trovava in area recintata di proprietà dell’imputata e, inoltre, quest’ultima aveva informato la vittima della presenza dell’animale. Evento non prevedibile? I giudici di Cassazione, tuttavia, hanno spiegato che la vittima - che aveva in braccio un cagnolino - aveva suonato alla porta della ricorrente per una questione di emergenza, dovuta alla presenza di 2 grossi cani da cui stava scappando. Ma non si può dire che sia stata più fortunata. Infatti, dopo che l’imputata aveva aperto il cancello, era stata azzannata dal cane che si trovava all’interno della casa dell’imputata. A parere degli Ermellini era necessario tenere l’animale – a prescindere dalla razza – al guinzaglio, visto che aveva mostrato tale aggressività. In sostanza, la ricorrente avrebbe dovuto adottare preliminarmente le banali cautele atte a rendere inoffensivo l’animale e questa mancanza – precisa la S.C. - fonda razionalmente e giuridicamente il rimprovero colposo .

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 28 maggio – 29 luglio 2014, n. 33407 Presidente Romis – Relatore Blaiotta Motivi della decisione 1. Il Giudice di Pace di Milano ha affermato la responsabilità dell'imputata in epigrafe in ordine al reato di lesioni colpose in danno di F.A. Le è stato mosso l'addebito di non aver tenuto al guinzaglio il proprio cane che aggrediva la vittima ad un braccio. 2. Ricorre per cassazione l'imputata. Si assume che apoditticamente è stata ritenuta la pericolosità del cane di razza di pitbull , sebbene l'ordinanza ministeriale in materia sia stata caducata proprio a causa della dichiarata impossibilità di valutare a priori la pericolosità in base alla razza. Inoltre il cane si trovava in area recintata di proprietà dell'imputata e di ciò non si è tenuto adeguato conto. La situazione non richiedeva guinzaglio e museruola. Inoltre il giardino aveva un alto recinto e la vittima era stata informata verbalmente della presenza di cani. Contraddittoriamente, poi, sono state ritenute attendibili le difese della ricorrente, senza che ciò abbia influito sulla decisione. Il comportamento della F. ha avuto un'esclusiva incidenza causale avendo costei sollecitato l'apertura dei cancello. La situazione verificatasi avrebbe potuto essere guardata pure sotto il profilo dello stato di necessità. L'evento, inoltre non era prevedibile ed evitabile. Infine apoditticamente è stata determinata la pena evocando genericamente i criteri di cui all'articolo 133 codice pen. 3. Il ricorso è infondato. La sentenza spiega che la vittima aveva suonato alla porta di casa del imputata per una questione di emergenza dovuta alla presenza di due grossi cani nei pressi. La ricorrente aprì in quel frangente il cane di proprietà di costei riuscì a portarsi all'esterno ed azzannò la F. al braccio nel quale teneva un cagnetto. Si aggiunge che l'imputata si è difesa assumendo di aver avvertito la F. di non poter aprire a causa della presenza dei cani in giardino e di averlo fatto solo a causa dell'emergenza segnalata. Tale pur verosimile situazione, secondo il giudice, non esonera da responsabilità. L'animale, quale che sia la razza, ha mostrato aggressività, tanto che fu difficile separarlo dalla vittima. In tale situazione sarebbe stato necessario un guinzaglio o la chiusura della porta di comunicazione. Tale apprezzamento appare immune da censure. Il nucleo essenziale del processo risiede nel fatto che l’imputata, nell'aprire la porta, non ha adottato preliminarmente le banali cautele atte a rendere inoffensivo l'animale e ciò fonda razionalmente e giuridicamente il rimprovero colposo. Quanto alla pena si è individuata una sanzione di settecento euro, ulteriormente ridotta per effetto delle attenuanti generiche a fronte della quale, considerata la sua modesta entità, appare congruo il richiamo ai criteri di legge, all'incensuratezza ed al favorevole comportamento processuale. Il ricorso deve essere conseguentemente rigettato. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.