Compila e firma a nome di un altro soggetto: non lo sta sostituendo, ma …

Il soggetto che falsamente attesti nell’apposito modulo di comunicazione dei dati del conducente, inviato al comando della polizia stradale, che alla guida dell’autovettura, oggetto della violazione del codice della strada, vi fosse un altro soggetto diverso dal dichiarante apponendovi in calce la firma apocrifa di quest’ultimo, è responsabile penalmente per il reato di cui all’articolo 483 c.p. falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico .

E’ quanto emerge dalla sentenza n. 33177 della Corte di Cassazione, depositata il 25 luglio 2014. Il caso. La Corte d’appello di Salerno, in parziale riforma del giudizio di primo grado, che aveva condannato l’imputato per il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico art. 483 c.p. , rideterminava in senso più favorevole al reo il trattamento sanzionatorio. Ricorreva per cassazione l’uomo, lamentando vizio di motivazione dell’impugnata sentenza, stante l’impossibilità di configurare il reato ex art. 483 c.p., poiché egli non aveva affermato nell’atto inviato alla polizia stradale che alla guida dell’autovettura vi fosse un altro soggetto, ma semplicemente si era limitato a sostituirsi al suddetto soggetto nella compilazione del modulo, ritenendo erroneamente che questi si trovasse alla guida dell’autoveicolo in questione. Inammissibile il ricorso che non individui vizi di logicità e Il ricorso - afferma la Corte Suprema – non può essere accolto in quanto inammissibile. Innanzitutto poiché il ricorrente si limita ad esporre censure che si risolvono in una mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, sulla base di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, senza che a ciò si accompagni l’individuazione di vizi di logicità tali da evidenziare la sussistenza di ragionevoli dubbi, ricostruzione e valutazione, quindi, in quanto tali, precluse in sede di giudizio di cassazione Cass., n. 42369/2006 . quando sia manifestamente infondato. In secondo luogo, l’ulteriore causa di inammissibilità del suddetto ricorso deve individuarsi – specifica la Cassazione – nella manifestata infondatezza a sostegno dello stesso. Come evidenziato, infatti, dalla Corte territoriale, con motivazione approfondita e immune da vizi, l’imputato ha formato consapevolmente un atto falso, rappresentato dal modulo contenente un espresso rinvio alle responsabilità e alle sanzioni penali nel caso di false attestazioni , sicchè tale falsa sostitutiva dichiarazione di certificazione resa ai sensi del d.lgs n. 445/2000 integra chiaramente il delitto ai sensi dell’art. 483 c.p D’altra parte, non è ravvisabile nessun comportamento colposo nella condotta del ricorrente, poiché, a prescindere dalle ragioni che lo hanno indotto a farlo, ha scientemente compilato il modulo di comunicazione dei dati del conducente e falsificato la firma di un altro soggetto, che tra l’altro, ha disconosciuto l’atto e precisato di non aver mai posseduto o guidato l’autoveicolo in questione. L’imputato aveva quindi rappresentato una situazione totalmente diversa dalla realtà. La Cassazione dichiara, quindi, inammissibile il ricorso.

Corte di Cassazione sez. V Penale, sentenza 2 marzo – 25 luglio 2014, n. 17032 Presidente Lombardi – Relatore Guardiano Fatto e diritto Con sentenza pronunciata il 31.5.2013 la corte di appello di Salerno, in parziale riforma della sentenza con cui il tribunale di Salerno, in data 12.1.2012, aveva condannato B.G. alla pena ritenuta di giustizia per il reato di cui all'art. 483, c.p., rideterminava in senso più favorevole al reo al trattamento sanzionatorio, con conseguente sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria della specie corrispondente, confermando nel resto l'impugnata sentenza. La condotta addebitata al B. è consistita nell'avere falsamente attestato, nell'apposito modulo di comunicazione dati conducente , relativo al verbale di contravvenzione n. 10000326 del 15.2.2006, per la violazione dell'art. 142, co. 9, cds., inviato al comando della polizia stradale di Terni, che alla guida dell'autovettura oggetto della suddetta contravvenzione vi fosse N. Stefano, apponendovi in calce la firma apocrifa di quest'ultimo. 2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l'annullamento, ha proposto tempestivo ricorso per cassazione l'imputato, a mezzo dei suoi difensori di fiducia, lamentando 1 violazione di legge e vizio di motivazione della sentenza impugnata, stante l'impossibilità di configurare il reato di falso di cui all'art. 483, c.p., in quanto nel caso in esame l'imputato non ha affermato nell'atto inviato alla polizia stradale che alla guida dell'autovettura vi fosse il N.L., ma si è limitato a sostituirsi al suddetto N. nella compilazione dei modulo, ritenendo per errore che quest'ultimo si trovasse alla guida dell'autoveicolo in questione 2 vizio di motivazione della sentenza impugnata, in quanto la corte territoriale, con motivazione carente, ha omesso di considerare quanto affermato, da un lato, in sede di dichiarazioni spontanee, dal B., il quale non solo ha affermato di essere caduto in errore nel ritenere che alla guida dell'autovettura vi fosse il N., ma ha anche spiegato le ragioni per le quali era in possesso di una fotocopia della carta di identità del N., avendola ricevuta da quest'ultimo, in cerca di lavoro, affinché la allegasse ad alcuni curricula vitae che gli aveva consegnato dall'altro dallo stesso N., che, pur negando di essersi trovato alla guida dell'automobile, ha confermato di essere solito accompagnare il B. nei suoi viaggi di lavoro e di avergli dato una fotocopia del suo documento di identità. 3. Il ricorso non può essere accolto, essendo inammissibili, sotto diversi profili, i motivi su cui si fonda. 4. E' inammissibile, infatti, il ricorso che, come quello in esame, si limita ad esporre censure che si risolvono in una mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, sulla base di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, senza che a ciò si accompagni l'individuazione di vizi di logicità tali da evidenziare la sussistenza di ragionevoli dubbi, ricostruzione e valutazione, quindi, in quanto tali, precluse in sede di giudizio di cassazione cfr. Cass., sez. I, 16.11.2006, n. 42369, De Vita, rv. 235507 Cass., sez. VI, 3.10.2006, n. 36546, Bruzzese, rv. 235510 Cass., sez. III, 27.9.2006, n. 37006, Piras, rv. 235508 . Ulteriore causa di inammissibilità del ricorso dei B. deve individuarsi nella manifesta infondatezza delle ragioni che lo sostengono. Come evidenziato, infatti, dalla corte territoriale, con motivazione approfondita ed immune da vizi cfr. pp. 5-6 della sentenza impugnata , il B. ha formato consapevolmente un atto falso, rappresentato dal modulo innanzi indicato, contenente, peraltro, un espresso rinvio alle responsabilità e alle sanzioni penali nel caso di false attestazioni previste dall'art. 76, d.p.r. 445/2000 , per cui non appare revocabile in dubbio, come afferma il giudice di secondo grado, che siffatta falsa dichiarazione sostitutiva di certificazione resa ai sensi del d.lgs. n. 445 del 2000, integra il delitto di cui all'art. 483, c.p. cfr., ex plurimis, Cass., sez. V, 01/03/2011, n. 23211, rv. 250452 Cass., sez. V, 14/12/2010, n. 3681, rv. 249709 . A differenza di quanto affermato dal ricorrente, pertanto, nella condotta del B. non è dato riscontrare alcun comportamento colposo. L'imputato, infatti, a prescindere dalle ragioni che lo hanno indotto a farlo, ha scientemente compilato l'anzidetto modulo di comunicazione dati del conducente e falsificato la firma del N., che, giova ricordarlo, ha disconosciuto l'atto, precisando di non avere mai posseduto o guidato l'autoveicolo in questione, rappresentando, dunque, una situazione diversa dalla realtà, anche attraverso l'utilizzazione, da ritenere del tutto abusiva in tale contesto, della copia della carta di identità del N., che lo stesso B. aveva consegnato unitamente al modulo di comunicazione dati del conducente al titolare della concessionaria automobilistica, da cui aveva ricevuto la menzionata autovettura in comodato d'uso, che, a sua volta, lo aveva inoltrato alla polizia stradale di Terni cfr. p. 3 della sentenza impugnata . 5. Sulla base delle svolte considerazioni il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente, ai sensi dell'art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento, nonché in favore della cassa delle ammende di una somma a titolo di sanzione pecuniaria, che appare equo fissare in euro 1000,00, tenuto conto della sussistenza di profili di colpa da parte dei difensori del ricorrente nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende.