“The end” sul crac Parmalat

La Corte di Cassazione nella sentenza n. 32352, depositata martedì 22 luglio, ha chiuso, dopo più di 10 anni, la vicenda Parmalat, confermando quasi totalmente le pene già disposte dalla Corte d’appello di Bologna nel 2012. Unico, piccolo, sconto di pena a causa della prescrizione per il reato di associazione a delinquere.

Fine del percorso giudiziario. La Suprema Corte ha messo la parola fine sulla vicenda Parmalat con la sentenza n. 32352, depositata oggi. I giudici della Cassazione hanno sostanzialmente approvato e confermato in pieno la decisione della Corte d’appello di Bologna, che nel 2012 avevano condannato i vertici della società per il suo dissesto. Solo due le eccezioni da una parte, è stato prescritto il reato di associazione a delinquere, che ha comportato una diminuzione di 5 mesi di pena detentiva per il patron Calisto Tanzi, il quale, comunque, si è visto confermare la condanna al carcere per 17 anni e 5 mesi. Dall’altra, verrà celebrato un nuovo processo per Fausto Tonna, ex braccio destro di Tanzi, per la rideterminazione della pena. Ricostruzione confermata. Per il resto, la Cassazione ha ritenuto corretta la ricostruzione dei giudici territoriali è, quindi, certo, che il dissesto del gruppo fosse non già soltanto prevedibile, ma certamente previsto , a causa dello squilibrio economico progressivamente accentuato dalle illecite iniziative assunte di volta in volta . La posizione del patron. Nel mirino, ovviamente, soprattutto il padrone dell’azienda non è contestabile che la condotta di Calisto Tanzi sia pure col concorso di quanti si sono prestati a tradurre in fatti concreti le sue direttive, sia collegata al dissesto . Il crac della società, causato da falsificazioni ed operazioni, è arrivato in seguito a direttive da lui impartite con coscienza e volontà . Amministratore inerte. Per quanto riguarda la posizione di Fausto Tonna, è risultata inutile la tesi difensiva, secondo cui l’uomo non aveva assunto cariche formali nella società o di averle dismesse nel marzo 2003 era rimasta intatta, difatti, la sua permanenza nei consigli di amministrazione di Parmalat e Parmalat Finanziaria fino al default. In più, è punibile, ricordano i giudici di legittimità, per il reato di bancarotta anche l’amministratore colpevolmente inerte. La Cassazione ha inoltre riconosciuto un suo dolo diretto per aver privato di rilevanza i segnali d’allarme e per aver studiato e creato gli strumenti tecnici illeciti e fraudolenti per mascherare la situazione . Tuttavia, come anticipato, la sua pena dovrà essere ricalcolata, a causa dell’ insufficiente apprezzamento della collaborazione . Infine, condannato a 6 anni anche il commercialista della famiglia, Luciano Silingardi, che, come gli altri, ha goduto di un piccolo sconto di pena nel suo caso 3 mesi per la prescrizione del reato di associazione a delinquere. Per gli altri imputati, invece, condanna confermata in toto .

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 7 marzo – 22 luglio 2014, n. 32352 Presidente Ferrua – Relatori Oldi e De Marzo