L’ordinanza di custodia cautelare per l’indagato di associazione per delinquere deve essere riesaminata nel merito: i presupposti per confermarla non ci sono!

Il subentro di un soggetto nel ruolo apicale di una società coinvolta in una serie di delitti strutturati non determina, di per sé, la successione di tale soggetto nella posizione dell’eventuale predecessore aderente ad un sodalizio criminoso.

E’ quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 30302/14, depositata il 10 luglio scorso. Il caso. Nell’ambito di un’indagine relativa alla indebita richiesta di incentivi concessi dal Gestore Servizi Energetici s.p.a. da parte di una società attiva nel settore degli impianti fotovoltaici, il legale rappresentante veniva indagato per il reato di associazione per delinquere art. 416 c.p. finalizzata alla violazione delle procedure previste dalle norme urbanistiche e di settore riguardanti la realizzazione di impianti fotovoltaici art. 12, comma 3, d.lgs. 387/2003 nonché alla commissione dei delitti di falso e di indebite percezioni di erogazioni a danno dello Stato art. 316 ter c.p. . In particolare, con imputazione provvisoria, all’indagato veniva contestato di essere subentrato ad uno degli originari soci e, per l’effetto, di essere succeduto altresì nella responsabilità relativa alle procedure volte all’ottenimento delle autorizzazioni indispensabili per la realizzazione degli impianti fotovoltaici – già in parte compiute – che si radicavano nella falsa attestazione di conformità degli interventi alle norme urbanistiche e nella falsa attestazione del possesso del titolo abilitativo edilizio, in realtà non esistente. L’ordinanza non veniva eseguita perché il destinatario era definito latitante” in quanto si trovava fuori Italia, ma veniva impugnata davanti al Tribunale del Riesame che rigettava il ricorso con provvedimento oggetto dell’odierna censura davanti alla Corte di legittimità. L’argomentazione del provvedimento è logica? Spetta alla Cassazione valutare se l’ iter motivazionale del provvedimento censurato – id est , nella fattispecie, l’ordinanza con cui il Tribunale del Riesame rigettava il ricorso dell’indagato avverso l’ordinanza di custodia cautelare – appaia logico alla luce delle risultanze probatorie. Nel caso oggetto di verifica, la Suprema Corte ha ritenuto che il Tribunale del Riesame non abbia adeguatamente motivato circa la sussistenza dei presupposti legittimanti il mantenimento della misura cautelare custodiale sotto il duplice aspetto della carenza dei gravi indizi di colpevolezza art. 273 c.p.p. e della sussistenza delle tassative esigenze cautelari art. 274 c.p.p. , che, peraltro, devono non solo esistere nel momento genetico, ma anche perdurare per la durata della misura se applicata . Compendio indiziario di un pactum sceleris? Ad avviso della Corte di legittimità, il capo di imputazione addebitato in via provvisoria all’interessato ipotizzava l’associazione per delinquere di cui avrebbe fatto parte l’indagato quale socio amministratore delle società. Secondo l’accusa tale sodalizio sarebbe sorto negli anni 2007-2008 per perseguire l’ottenimento di erogazioni pubbliche, quale risultato di violazioni della normativa urbanistica e la realizzazione di reati di falso. In altre parole, secondo la ricostruzione operata nell’ordinanza censurata, nel pactum sceleris si distinguevano, la finalità principale della fruizione di incentivi statali e i reati accessori” che miravano a far conseguire tale risultato primario questi ultimi delitti si estrinsecavano nelle false attestazioni di conformità urbanistica degli impianti realizzati in realtà irregolari nonché dei tempi di ultimazione dei lavori indispensabili per l’erogazione degli incentivi. Tutti questi illeciti, poi, costituivano reati-fine dell’associazione per delinquere. Nessuna gravità indiziaria! Per valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza sufficienti per legittimare la misura cautelare occorre, come noto, far riferimento alla consistenza indiziaria degli elementi a carico dell’indagato, tale che deve emergere lo spessore di tali elementi nel qualificare la probabilità di attribuire un fatto all’indagato e, quindi, di rivolgere allo stesso un giudizio di responsabilità ben determinato. Nel caso scrutinato, tuttavia, tale gravità indiziaria non emergeva in modo sufficiente dall’ordinanza del Riesame, atteso che, intanto, da un lato, il Tribunale sosteneva che il vincolo associativo si presentava come avente un programma criminoso indeterminato e, dall’altro e contraddicendosi affermava che, alla luce del quadro normativo vigente e delle specifiche condotte degli indagati, era assolutamente prevedibile quali sarebbero stati i delitti inevitabili rispetto al fine programmato di percepire indebiti incentivi statali da realizzare da parte degli aderenti al sodalizio criminoso. Di poi, peraltro, la Cassazione ha evidenziato come il Tribunale territoriale non abbia neppure chiarito quali fossero i reati-fine dell’associazione criminosa, limitandosi a meri enunciati generici privi della necessaria determinatezza. Ancora più fumosa la posizione specifica dell’interessato Il ricorrente, infatti, era subentrato nella posizione societaria di uno dei presunti associati. In proposito, secondo la Corte, l’ordinanza non è sufficientemente motivata nella parte in cui, in forza di una sorta di proprietà transitiva” attribuisce al subentrante un ruolo nel sodalizio criminoso, quale successore” rispetto all’originario presunto aderente al programma criminoso iniziale, in quanto, anche a voler ammettere che il subentrante abbia commesso reati-fine quale il falso, ad esempio , non vi sono elementi per affermare che tale soggetto sia anche consapevolmente subentrato nel ruolo associativo. E se fosse mero concorso? Nel tentativo di demolire l’ipotesi associativa, la difesa ha evidenziato la struttura del reato concorsuale, caratterizzato da una identità e unicità del disegno criminoso e nella violazione di diverse disposizioni di legge o di più violazioni della medesima disposizione di legge, sottoponendo tale osservazione anche al Tribunale del Riesame che però non si è soffermato sul punto. Tale condotta è stata censurata dalla Cassazione che ha sottolineato come l’ordinanza non sia chiara rispetto alla soluzione al quesito della determinatezza o indeterminatezza del programma criminoso nell’un caso configurandosi concorso di persone” nella commissione di reati, dovuto a identico modus operandi e nel secondo caso, ipotizzandosi associazione per delinquere”, previa dimostrazione delle interconnessioni soggettive tra i sodali e l’organizzazione criminosa. Non vi è alcuna esigenza cautelare da soddisfare. La ritenuta sussistenza di pericolo di reiterazione di reati della stessa specie, a parere dei Giudici di legittimità, non merita adesione in quanto l’indagato ha lasciato i ruoli di gestione della società oggetto di indagine e non è neppure più azionista delle società partecipate, come documentato in atti. Tali circostanze travolgono il requisito della necessaria concretezza e attualità del pericolo di reiterazione dei reati, non potendosi affermare che la misura cautelare debba essere mantenuta per assolvere a tale scopo. L’indagato non è latitante. Neppure il pericolo di fuga può dirsi concreto” atteso che l’indagato viveva all’estero Repubblica Popolare Cinese già da tempo e comunque da un tempo precedente a quello in cui venivano realizzate le condotte attribuitegli. Non solo il suo allontanamento non può essere qualificato come sintomatico della volontà di sottrarsi all’esecuzione della misura cautelare personale, di talché non è consentito qualificarlo quale latitante , con la conseguenza che neppure può parlarsi di concreto pericolo di fuga di un soggetto che, già prima della contestazione dei fatti, viveva all’estero. In altre parole, il mancato rientro in Italia successivamente all’emissione del provvedimento cautelare restrittivo non può essere interpretato come volontà dell’indagato di sottrarsi alla giustizia con l’ulteriore conseguenza che la circostanza non può assurgere a sostenere l’esigenza cautelare c.d. pericolo di fuga.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 18 marzo – 10 luglio 2014, n. 30302 Presidente Squassoni – Relatore Grillo Ritenuto in fatto 1.1 Con ordinanza dell'11 ottobre 2013 il Tribunale di Lecce - Sezione Riesame - rigettava il ricorso proposto nell'interesse di R.L.J.I. - indagato per il reato di associazione per delinquere art. 416 commi 1, 3 e 4 cod. pen. finalizzata alla realizzazione di impianti fotovoltaici in violazione delle procedure di cui all'art. 12 comma 3 del D. Lgs. 387/03, oltre che alla commissione dei delitti di falso ed indebite percezioni di erogazioni a danno dello Stato - avverso l'ordinanza del 13 settembre 2013, rimasta ineseguita per lo stato di latitanza dell'indagato, con la quale il GIP del Tribunale di Brindisi aveva emesso la misura cautelare della custodia in carcere. 1.2 Il Tribunale leccese, richiamata in parte qua l'articolata motivazione dell'ordinanza di custodia cautelare in carcere e disattesa in via preliminare una eccezione di nullità sollevata dalla difesa del R.L. relativa ad un asserito difetto di motivazione dell'ordinanza medesima con specifico riferimento al quadro indiziario, ricostruiva il quadro normativo di riferimento costituito dal complesso di norme urbanistiche e di settore riguardante la realizzazione di impianti fotovoltaici con specifico riferimento alla materia delle autorizzazioni indispensabili per la loro realizzazione, così pervenendo alla conclusione che all'epoca dei fatti estate del 2008 quando la S.A.E.E s.r.l. società della quale il R. sarebbe divenuto successivamente amministratore e legale rappresentante subentrando ad uno degli originari soci sarebbe stato necessario il rilascio della Autorizzazione Unica Regionale e non della semplice D.I.A. procedura seguita dalla società a seguito di una parcellizzazione dei terreni in distinte aree sui superficie compatibile con una produzione energetica inferiore ad un MWe , in vista della fruizione, da ritenere indebita in violazione dell'art. 316 ter cod. pen., di incentivi concessi dal GSE Gestore Servizi Energetici s.p.a. sul presupposto non veridico di una conformità degli interventi alla normativa urbanistica e del possesso, in realtà insussistente, del necessario titolo abilitativo edilizio. 1.3 Muovendo da tali premesse il Tribunale ribadiva la sostanziale unitarietà dell'impianto realizzato, solo in apparenza riferibile a singoli interventi su distinte aree, peraltro tra loro contigue ne conseguiva, a giudizio del Tribunale, la configurabilità anche del delitto associativo la cui sussistenza era stata posta in discussione dalla difesa, in quanto si sarebbe trattato non già di associazione per la commissione di delitti, ma di contravvenzioni, nella specie urbanistica ed ambientale, come tale, non prevista dal codice penale . Ricostruiva, a tale proposito, la struttura della societas sceleris , ripercorrendo e rivisitando i ruoli dei soci della S.A.E.E. s.r.l. ed i rapporti tra gli altri indagati, ivi compreso per quanto qui rileva, il R.L. subentrato al socio S.R. già amministratore della ENERGETICA WING s.r.l. e della ENERGETICA WING II s.r.l. e di seguito delle società proprietarie degli impianti fotovoltaici e qualificava sotto il profilo penale il ruolo rivestito dal R.L. nella commissione del delitto. Infine, ribadiva la sussistenza delle esigenze cautelari non solo con riguardo al pericolo di fuga, stante la latitanza del R.L. , ma anche al pericolo di reiterazione di condotte delle stessa specie in relazione alle modalità esecutive attuate. 1.4 Ricorre avverso l'ordinanza suddetta l'indagato a mezzo del proprio difensore di fiducia con articolati motivi che, qui di seguito, sinteticamente si espongono. A carenza assoluta di motivazione in ordine alla rilevata insussistenza di un unico centro di interessi come invece ritenuto dal Tribunale che aveva ipotizzato in modo del tutto erroneo la necessità di ricorrere alla perpetrazione di illeciti penalmente rilevanti nella installazione degli impianti fotovoltaici. Del tutto errata, oltre che carente sul piano motivazionale, la ricostruzione operata dal Tribunale salentino in merito alla struttura organizzativa della ritenuta associazione delinquenziale, non mancando di rilevare come, quanto meno sotto il profilo soggettivo, il R.L. , nel subentrare al precedente amministratore, si fosse trovato di fronte a D.I.A. già richieste sotto la vigenza della precedente normativa che consentiva, per l'appunto, per quanto afferisce alla Regione Puglia la realizzazione degli impianti , di guisa che nessun interesse avrebbe potuto avere l'odierno ricorrente amministratore della GSF SICAR s.a.r.l. all'aggiramento della disciplina autorizzativa ritenuto, invece, dal Tribunale. B Violazione di legge per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale art. 416 cod. pen. per avere il Tribunale ritenuto configurabile il fumus criminis in mancanza del requisito della indeterminatezza del programma criminoso a giudizio della difesa, si sarebbe in presenza, a tutto voler concedere, di un unico disegno criminoso comprendente più violazioni della medesima violazione di legge e di diverse disposizioni di legge con conseguente sussumibilità della condotta nella diversa ipotesi di concorso di persone nella commissione di reati. C Violazione di legge per illogicità manifesta della motivazione in punto di valutazione delle esigenze cautelari - con esplicito riferimento alla possibilità di commissione di fatti della stessa specie - avendo il Tribunale omesso di considerare la mancanza di uno specifico ruolo gestionale del R.L. nella società GSF SICAR s.r.l. oltre che la intervenuta dismissione di socio azionista. D Vizio analogo con riferimento alla ritenuta esigenza rappresentata dal pericolo di fuga, osservando che non poteva qualificarsi il R.L. come latitante come invece affermato dal Tribunale in quanto questi, già dal 2009, viveva con la famiglia nella Repubblica Popolare Cinese, sicché il mancato rientro in Italia in epoca successiva alla emissione del provvedimento restrittivo non avrebbe potuto essere interpretata - come invece aveva ritenuto il Tribunale - come volontà del R. di sottrarsi alla giustizia. Osserva ulteriormente la difesa che, in ogni caso, la motivazione di tale esigenza è carente anche sotto il diverso profilo che la nazionalità straniera dell'indagato sarebbe, di per sé, indice sintomatico del pericolo di fuga, mentre nessuna rilevanza poteva assumere la circostanza che alcune società del gruppo GSE SICAR s.r.l. avessero sede all'estero in diverse Nazioni anche extraeuropee. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato per le ragioni che qui di seguito si enunciano. 2. Va, anzitutto, premesso che in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, come ripetutamente affermato da questa Corte Suprema, è consentito il ricorso in sede di legittimità in ordine alla consistenza indiziaria o per violazione di legge sotto il profilo della sua inosservanza e/o erronea applicazione , ovvero per manifesta illogicità della motivazione, fermo restando il divieto di formulare censure in fatto miranti ad una alternativa ricostruzione della vicenda processuale rispetto a quella effettuata dal giudice del riesame. Compito di questa Corte quindi quello di verificare se il percorso argomentativo seguito dal giudice del riesame per la parte riguardante la consistenza dei gravi indizi sia il frutto di una valutazione logica rispetto alle risultanze probatorie per tutte Sez. 6, 8.3.2012 n. 11194, Lupo, Rv. 252178 . 3. Quanto, poi, alla identificazione dei gravi indizi di colpevolezza sufficienti per giustificare il mantenimento della misura cautelare - premesso che si tratta di un concetto del tutto diverso rispetto ai gravi indizi richiesti per la affermazione della penale responsabilità - deve farsi riferimento, in questa particolare fase processuale, alla consistenza indiziaria come sintomatica di una qualificata probabilità in ordine alla responsabilità ed attribuibilità del fatto all'indagato relativamente ai reati di cui alla contestazione provvisoria Sez. 4, 12.7.2013 n. 38466, Kolgjini, Rv. 257576 per completezza, va dato atto di un contrastante indirizzo nella giurisprudenza di questa Corte in ordine alla applicabilità, o meno, con riferimento all'adozione di misura cautelare personale, del comma 2 dell'art. 192 cod. proc. pen. in correlazione con l'art. 273 comma 1 bis stesso codice nel senso della non applicabilità del citato comma 2 stante il mancato richiamo dell'art. 273 comma 1 bis, v. da ultimo oltre a Sez. 4, 38466/13 cit, anche Sez. 5, 5.6.2012, Fracassi e altri, Rv. 253511 Sez. 2, 15.3.2013 n. 26764, Ruga, Rv. 256731 nel senso opposto della operatività del menzionato comma 2 dell'art. 192 in presenza di prove indirette v. da ultimo, Sez. 4, 18.7.2013 n. 31448, Ficara, Rv. 257781 idem 21.6.2012 n. 40061, P.M.T. in proc. Tritella, Rv. 253723 . 4. Alla stregua di tali principi di diritto, occorre, allora, vedere se il Tribunale del Riesame si sia attenuto a quei criteri di valutazione sopra esposti la risposta nel caso in esame non è positiva con specifico riferimento al capo di imputazione provvisoria riguardante il delitto associativo. 4.1 Secondo quanto è dato leggere nella ordinanza impugnata, l'ipotizzata associazione, della quale avrebbero originariamente fatto parte soggetti diversi dall'odierno ricorrente il quale sarebbe subentrato ad uno dei soci della S.A.E.E. s.r.l. S.R. quale amministratore in quasi tutte le società impegnate nell'acquisto degli impianti oggetto del procedimento in esame v. pag. 14 dell'ordinanza impugnata , sarebbe sorta negli anni 2007-2008 con il programmato scopo di ottenere erogazioni pubbliche mediante violazione della disciplina urbanistica di settore e la realizzazione dei delitti di falso volti ad indurre in errore gli enti pubblici competenti in ordine al possesso in capo ai richiedenti del requisiti richiesti dalla legge per la costruzione di impianti fotovoltaici, onde poter beneficiare degli incentivi richiesti vds. pag. 12 dell'ordinanza suddetta . Nel programma delittuoso, oltre alla finalità principale di ottenere incentivi statali, non conseguibili per la irregolarità degli impianti da realizzare rispetto alla normativa urbanistica, rientrava anche la commissione di future false attestazioni relative alla conformità urbanistica degli interventi suddetti e false attestazioni circa la data di ultimazione dei lavori indispensabili ai fini dell'ottenimento di quelle provvidenze. 4.2 Si legge a pag. 14 dell'ordinanza impugnata che, in conclusione, il Tribunale sarebbe pervenuto alla conferma dalla ipotesi associativa prospettata dalla Pubblica Accusa sulla base di tre elementi a vincolo associativo stabile destinato a durare anche oltre la realizzazione dei delitti programmati b indeterminatezza del programma criminoso c esistenza di una struttura organizzativa con suddivisione dei ruoli tra i consociati, volta ad attuare il fine dell'associazione medesima. 4.3 Si tratta di affermazioni che, al di là della evidente astrattezza in linea di principio con riferimento alla nozione penalistica delineata nell'art. 416 cod. pen., non sembra affatto in linea con quanto affermato nelle pagine precedenti dal Tribunale del Riesame secondo cui l'organizzazione costituita all'epoca dei fatti avesse il fine suindicato è reso palese dalla assoluta prevedibilità, in virtù del quadro normativo vigente e della concreta previsione in considerazione delle specifiche condotte assunte dagli indagati, di quanto sarebbe poi occorso successivamente e dei delitti che inevitabilmente al fine di giungere all'obiettivo programmato la percezione degli incentivi statali sarebbe stato necessario porre in essere . così, testualmente pag. 12 dell'ordinanza sub paragrafo 11 . 4.4 Si è dunque in presenza di una affermazione assertiva che da per scontato uno specifico ruolo degli originari associati nella ricerca dei terreni siti nel territorio brindisino, poi concessi in locazione alle società che, sulla base della presentazione di singole D.I.A., hanno realizzato gli impianti fotovoltaici nel territori interessato. 4.5 E, a conferma della apoditticità dell'affermazione di cui sopra, non può non sottolinearsi che in effetti il Tribunale non spiega - se non in termini genericissimi - quali fossero i reati-fine dell'associazione si tratta di mere enunciazioni dettate dall'intuitività né chiarisce adeguatamente se in effetti quelle erogazioni siano state chieste ed ottenute e soprattutto - di fronte alle precise contestazioni della difesa volte a prospettare la sussistenza, a tutto concedere, di una ipotesi concorsuale - nessuna argomentazione degna di tal nome viene sviluppata. 4.6 La lacuna sopra detta appare ancora più evidente con riferimento alla posizione dell'odierno ricorrente che risulta essere subentrato nella posizione di uno dei presunti associati il S. dopo alcuni anni. 4.7 Viene dato per certo - ma senza che tale affermazione assuma la rilevanza attribuita dal Tribunale - che il R.L. , nell'attivare la procedura necessaria al fine di della richiesta al Gestore Servizi Energetici s.p.a. GSE dell'erogazione degli incentivi statali riguardanti gli impianti, avrebbe presentato attestazioni false circa la data di ultimazione dei lavori per dimostrare il rispetto della normativa urbanistica e per potere beneficiare del Secondo Conto Energia pag. 14 dell'ordinanza impugnata . 4.8 Se, però, può dirsi corretta la prospettazione del reato di falso a carico del R. , costituisce un vero e proprio salto logico l'affermazione successiva secondo la quale, così facendo, il R. avrebbe consapevolmente partecipato all'associazione, desumendosi ciò dal ruolo di vertice assunto dal R.L. in tutte le società operanti in quel settore il riferimento è, anzitutto, alla GLOBAL SOLAR FUND S.c.a SICAR con sede legale nel Granducato di Lussemburgo, controllante la SOLAR PUGLIA I S.a.r.l. e la SOLAR PUGLIA II S.a.r.l., rispettivamente sode uniche della ENERGETICA WING s.r.l. e della ENERGETICA WING II s.r.l. controllanti, a loro volta, tutte le società proprietarie degli impianti fotovoltaici realizzati in precedenza. 4.9 Non appare, quindi, adeguatamente motivata, se non sulla base di un principio di transitività S.R. è il dominus precedente che avrebbe aderito al programma iniziale e il R.L. , subentrandogli con il ruolo apicale precedentemente descritto e ponendo in essere le condotte delittuose accertate dalla P.G. i delitti-fine avrebbe perpetuato, condividendone gli scopi, il ruolo associativo all'interno dell'organizzazione . 4.10 In questo senso appare, allora, corretta la deduzione della difesa circa la necessità di verificare - dati per scontati i compiti svolti dal R.L. dopo il subentro - se non fosse il caso di ipotizzare un concorso di persone nel reato continuato caratterizzato da una identità ed unicità del disegno criminoso così pag. 12 del ricorso altro è parlare di identico modus operandi ed altro è individuare le interconnessioni soggettive tra il R.L. e gli altri sodali e la presunta associazione o almeno alcuni dei soggetti rivestenti ruoli specifici - i cd. sviluppatori . Sul punto le argomentazioni del Tribunale sono sostanzialmente assenti. 5. Le apodittiche affermazioni del Tribunale non danno, dunque, adeguato conto della indeterminatezza del programma necessario per la configurabilità del delitto associativo né appare sufficiente a superare tali obiezioni la laconica affermazione del Tribunale secondo la quale il ruolo di vertice assunto dal R.L. ed i compiti in concreto da lui svolti per la richiesta e l'ottenimento delle erogazioni pubbliche dimostrerebbe la consapevolezza dell'odierno ricorrente alla luce delle considerazioni espresse nei precedenti paragrafi pag. 15 dell'ordinanza impugnata che i singoli impianti fotovoltaici costituissero in realtà un unico impianto per la cui realizzazione era insufficiente la serie di D.I.A. occorrendo invece l'autorizzazione unica regionale con riferimento alla Regione Puglia, pag. 15 cit. . 6. Per mera completezza è utile ricordare che vicenda analoga a quella oggi in esame riguardante altro indagato per i medesimi fatti C.F. è stata oggetto di analisi da parte di questa stessa Sezione a seguito del ricorso proposto dal nominato indagato avverso l'ordinanza confermativa della misura cautelare in tale sede il provvedimento in questione - in quanto carente di motivazione tanto per il profilo indiziario relativamente al delitto associativo, quanto per quello afferente alle esigenze cautelari - è stato annullato con rinvio con sentenza n. 11571/14 del 7 febbraio 2014, C. , non massimata. 7. Sebbene l'accoglimento dei motivi afferenti alla illogica e carente motivazione in punto di sussistenza della gravità indiziaria anche con riferimento al profilo afferente alla consapevolezza del R.L. di essere entrato a far parte ex post di una associazione delinquenziale assorba i motivi afferenti agli aspetti riguardanti le esigenze cautelari, anche sotto quest'ultimo aspetto il provvedimento impugnato si presenta carente di motivazione, anzitutto in punto di ritenuta sussistenza del pericolo di reiterazione di reati della stessa specie, avuto riguardo alla intervenuta fuoriuscita del R.L. da ruoli di gestione societaria della GSF GLOBAL SOLAR FUND SICAR S.c.a., nonché alla circostanza documentata in atti che il detto indagato non era più azionista delle società controllate da detta compagine. Né può essere sufficiente, come osservato dalla difesa del ricorrente, la circostanza evidenziata dal Tribunale della possibilità che in altri settori energetici o comunque afferenti a rapporti con le Pubbliche Amministrazioni il R.L. possa tornare a delinquere attraverso condotte analoghe a quella esaminata dal Tribunale manca, oltretutto, quel requisito della concretezza ed attualità del pericolo che il Tribunale si è limitato a valutare in astratto e che invece l'orientamento giurisprudenziale di questa Suprema Corte esige come regola imperativa. 7.1 Ma anche l'aspetto afferente al concreto pericolo di fuga non appare meritevole di apprezzamento sotto il profilo motivazionale, tenuto conto della posizione anagrafica dell'indagato che lo vedeva vivere già da tempo all'estero Repubblica Popolare Cinese sin dal 2009 e dunque ben prima che venissero poste in essere le condotte a lui attribuite , sicché nessuna specifica motivazione ha ritenuto di rendere il Tribunale su tale punto, essendosi limitato a prendere atto del suo allontanamento dall'Italia qualificato come sintomatico della volontà di sottrarsi alla esecuzione della misura e qualificando il R.L. come latitante. Peraltro circostanze quali la nazionalità straniera dell'indagato o le sue ingenti disponibilità finanziarie o la rete di conoscenze anche internazionali valorizzate dal Tribunale per confermare il pericolo di fuga appaiono in contraddizione con quanto affermato dal giudice del riesame in ordine alla riconosciuta rilevanza delle argomentazioni difensive riguardanti altri significativi aspetti attinenti alla situazione anagrafica e logistica dell'indagato. 8. Conclusivamente l'ordinanza impugnata va annullata con rinvio al Tribunale di Lecce che in questa sede dovrà colmare le lacune motivazionali sopra evidenziate uniformandosi ai principi di diritto ed alle regole interpretative enunciate da questa Corte. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Lecce.