Provocato, ma un livido non giustifica comunque un colpo di pistola: niente sconto di pena

L’attenuante della provocazione deve essere negata ogni qualvolta la sproporzione tra il fatto ingiusto altrui ed il reato commesso sia talmente grave da portare all’esclusione di un nesso causale effettivo e plausibile tra il fatto ingiusto subito e l’azione delittuosa attuata.

Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza n. 30001, depositata il 9 luglio 2014. Il caso. La Corte d’assise d’appello di Torino condannava un imputato per omicidio volontario, aggravato dai futili motivi. L’uomo ricorreva in Cassazione, contestando il riconoscimento dell’aggravante dei futili motivi e, allo stesso tempo, la mancata applicazione dell’attenuante della provocazione. Analizzando il ricorso, la Corte di Cassazione ricorda che per i giudici d’appello la causa psichica che aveva scatenato l’imputato era stata quella di risolvere una controversia con la vittima affermando il proprio prestigio e sfogando, così, la propria carica criminale. La lite era nata a causa di risibili timori di un’infedeltà della compagna, che per pochi attimi si era intrattenuta in casa della vittima. Questo stimolo veniva giudicato lieve, banale e sproporzionato. Futilità del motivo. Tuttavia, la Corte di Cassazione sottolinea che il motivo deve ritenersi futile quando la spinta al reato manca di quel minimo di consistenza che la coscienza collettiva esige per operare un collegamento logicamente accettabile con l’azione commessa, risultando, perciò, completamente sproporzionato all’entità del fatto. Non si tratta, quindi, tanto di una causa dell’evento, quanto, piuttosto, di un mero pretesto per l’agente di dare sfogo al proprio impulso criminale ed alla propria reattività e malvagità. Nel caso di specie, l’imputato provava dei forti sentimenti di gelosia, che aveva esternato alla vittima, la quale, subito prima di essere uccisa, in risposta a tali affermazioni lo aveva colpito con due pugni alla testa, subito dopo che la macchina, in cui si trovavano entrambi, era stata fermata bruscamente. Questa ricostruzione si poneva in contrasto con l’idea che l’azione omicida avesse costituito un mero pretesto per lo sfogo di un impulso criminale. Di conseguenza, la Corte di Cassazione accoglie questo motivo di ricorso, intimando alla Corte d’appello di approfondire la questione relativa all’applicazione dell’aggravante. Un fatto minimo ed una reazione eccessiva. Allo stesso tempo, però, l’azione omicida risultava comunque sproporzionata rispetto al litigio avvenuto in macchina. Considerando ciò, oltre alle reciproche provocazioni tra i due, correttamente la Corte d’appello escludeva l’attenuante della provocazione. Infatti, questa circostanza deve essere negata ogni qualvolta la sproporzione tra il fatto ingiusto altrui ed il reato commesso sia talmente grave da portare all’esclusione di un nesso causale effettivo e plausibile tra il fatto ingiusto subito e l’azione delittuosa attuata. Alla luce di tali considerazioni, la Corte di Cassazione respinge la domanda di applicazione dell’attenuante della provocazione.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 5 giugno – 9 luglio 2014, numero 30001 Presidente Chieffi – Relatore Locatelli Ritenuto in fatto Con sentenza del 29.5.2012 il Giudice delle indagini preliminari dei Tribunale di Cuneo, all'esito del giudizio abbreviato, dichiarava C.S. colpevole dei reato previsto dagli artt. 575 e 577 comma 1 numero 4 e 61 numero 1 cod. penumero perché, esplodendo due colpi di pistola Beretta cal. 7,65 contro D.C.M. ne cagionava volontariamente la morte 2 del reato di porto illegale della pistola Beretta utilizzata per l'omicidio e di detenzione illegale di 38 cartucce cal. 7.65. Fatti commessi in Cuneo e Napoli dal 10 al 26 settembre 2011, con la recidiva specifica infraquinquennale e reiterata. Per l'effetto, esclusa la contestata aggravante dei futili motivi, lo condannava, quanto al reato indicato al capo A alla pena di anni 16 di reclusione e quanto al reato indicato al capo B alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione ed euro 500 di multa. La Corte di assise di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del Giudice delle indagini preliminari appellata dal pubblico ministero e dall'imputato, ritenuta la sussistenza della circostanza aggravate dei futili motivi in relazione al capo A , lo condannava alla pena di anni 30 di reclusione esclusa la circostanza aggravante di cui all'articolo 61 numero 2 cod. penumero quanto al reato indicato al capo B , riduceva la pena ad anni 1 e mesi 2 di reclusione, rideterminando a norma dell'articolo 78 cod.penumero la pena complessiva inflitta in anni 30 di reclusione. Avverso la sentenza del giudice di appello il difensore dell'imputato ricorre per i seguenti motivi 1 mancanza, manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in merito alla qualificazione giuridica del fatto quale omicidio volontario anziché quale omicidio preterintenzionale, risultando l'assenza dell'animus necandi ed avendo il ricorrente posto in essere una mera attività di difesa 2 erronea applicazione della legge penale e carenza di motivazione in merito al riconoscimento della aggravante dei futili motivi 3 violazione di legge e vizio della motivazione in merito al mancato riconoscimento dell'attenuante della provocazione 4 violazione di legge e mancanza di motivazione in merito al diniego delle circostanze attenuanti generiche laddove la Corte ha omesso di valutare anche solo un singolo dato tra quelli indicati all'articolo 133 cod.penumero 5 violazione di legge nella parte in cui la Corte di assise di appello ha ritenuto la sussistenza di una ipotesi obbligatoria di applicazione della recidiva, non essendo stata contestata l'ipotesi prevista dall'articolo 99 comma 5 bensì quella prevista dall'articolo 99, 3 cpv. cod.penumero Considerato in diritto Il ricorso è parzialmente fondato. 1. Il primo motivo è infondato. La Corte di assise di appello ha rigettato la richiesta di derubricazione dei contestato delitto di omicidio volontario in omicidio preterintenzionale richiamando il contenuto delle dichiarazioni rese dai testi P.B. e C.N, i quali avevano riferito che C., alla guida della autovettura, aveva avuto una discussione per motivi di gelosia con C., seduto sul sedile posteriore, il quale lo aveva colpito con due pugni alla testa C. aveva immediatamente arrestato il veicolo, ne era sceso seguito da C., portandosi nella parte posteriore dei veicolo dove, da una distanza di circa un metro e mezzo, esplodeva due colpi di pistola contro C., attingendolo mortalmente al torace. Secondo la Corte di assise di appello, da tale ricostruzione risultava evidente che C. , nel momento in cui fece fuoco, aveva agito con dolo propriamente omicida, avendo voluto alternativamente uccidere o ferire gravemente la vittima. La motivazione è conforme ai canoni razionali ed incensurabile nel merito. Le doglianze svolte nel motivo di ricorso si sostanziano nella richiesta al giudice di legittimità di travalicare il proprio ambito cognitivo compiendo una valutazione diretta della rilevanza degli atti probatori, il cui apprezzamento in fatto è invece rimesso al sindacato esclusivo del giudice di merito che lo ha esercitato in conformità al principio dei libero convincimento logicamente motivato. 2. La Corte di assise di appello, in riforma della sentenza dei giudice di primo grado, ha affermato la sussistenza della circostanza aggravante dei futili motivi prevista dall'articolo 61 numero 1 cod.penumero in quanto la causa psichica che aveva mosso l'imputato era quella di risolvere la controversia con D.C. affermando in maniera indiscutibile il proprio prestigio e dando sfogo alla propria carica criminale , considerato che la discussione era insorta per risibili timori di C. di una condotta infedele della P., con la quale aveva una relazione, nei pochi attimi in cui la ragazza si era intrattenuta nell'abitazione di D.C. e che tale stimolo, risulta indubbiamente lieve, banale e sproporzionato rispetto alla gravità del reato . La motivazione non è giuridicamente corretta e non è aderente alla ricostruzione dei fatti operata dallo stesso giudice di merito. Premesso la natura immanente della sproporzione tra motivo a delinquere e condotta omicida, non dandosi ipotesi di reazione omicida connotata da proporzionalità al di fuori dell'ambito applicativo delle cause di giustificazione normativamente stabilite artt. 50 e ss. cod. proc. penumero , il motivo deve ritenersi futile quando la spinta al reato manca di quel minimo di consistenza che la coscienza collettiva esige per operare un collegamento logicamente accettabile con l'azione commessa, in guisa da risultare assolutamente sproporzionato all'entità del fatto e rappresentare, quindi, non tanto una causa dell'evento, ma piuttosto un mero pretesto, un'occasione per l'agente di dare sfogo al proprio impulso criminale ed alla propria particolare reattività e malvagità. giurisprudenza conforme da Sez. 1, numero 719 del 22/11/1996 - dep. 03/02/1997, Patania, Rv. 206662, sino a Sez. 1, numero 59 del 01/10/2013 - dep. 02/01/2014, Femia, Rv. 258598 . L'assunto secondo cui l'azione omicida ha costituito per l'imputato l'un mero pretesto per lo sfogo di un impulso criminale è logicamente contraddetta dalla risultanze probatorie evidenziate nella stessa sentenza impugnata, in cui si rileva non solo che l'imputato manifestava sentimenti di gelosia in quanto la propria ragazza P.B. si era trattenuta all'interno della abitazione di D.C., ma soprattutto che il brusco arresto della autovettura cui seguì l'azione omicida era avvenuto immediatamente dopo che la vittima, in risposta alle esternazioni di gelosia dell'imputato, lo aveva colpito con due pugni alla testa. La sentenza deve pertanto essere annullata limitatamente alla parte in cui ha ritenuto sussistente l'aggravante dei futili motivi, con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di assise di appello di Torino. 3. I giudici di merito hanno escluso la sussistenza della circostanza attenuante della provocazione prevista dall'articolo 62 numero 2 cod.penumero perché l'azione omicida era stata assolutamente sproporzionata rispetto al precedente litigio avvenuto all'interno dell'autovettura, e perché tra l'imputato e la vittima vi erano state reciproche provocazione incompatibili con l'attenuante invocata. La motivazione è giuridicamente corretta, conformandosi alla costante giurisprudenza di questa Corte secondo cui, pur non essendo il concetto di adeguatezza e proporzione fra le opposte condotte un requisito richiesto dall'articolo 62 numero 2 cod. penumero , tuttavia la circostanza attenuante della provocazione deve essere negata ogni qualvolta la sproporzione fra il fatto ingiusto altrui ed il reato commesso sia talmente grave da escludere la sussistenza di un nesso causale effettivo e plausibile tra il fatto ingiusto subito e l'azione delittuosa attuata da ultimo in senso conforme Sez. 5, numero 604 del 14/11/2013 - dep. 09/01/2014, D'Ambrogi, Rv. 258678 . 4. La Corte di assise di appello ha rigettato la richiesta di concessione delle attenuanti generiche ritenendo non significativi gli elementi addotti dalla difesa ed evidenziando la presenza di plurimi elementi negativi, quali la fuga dopo la commissione del reato finalizzata a conseguire l'impunità, i plurimi precedenti penali risultanti dal certificato penale tra i quali la recente condanna per tentata rapina , lesioni e danneggiamento , la partecipazione ad altri episodi di violenza in occasione della frequentazione di locali pubblici. La motivazione è congrua e giuridicamente corretta. 5. Il quinto motivo è infondato. Nei confronti dell'imputato è stata pacificamente contestata e ritenuta la recidiva reiterata, specifica e infraquiquennale prevista dall'articolo 99 comma 4 cod. penumero Il giudice di appello non ha applicato un'altra tipologia di recidiva, ma ha correttamente osservato che proprio la recidiva contestata, siccome afferente al reato di omicidio volontario rientrante tra quelli previsti dall'articolo 407 comma 2 lett. a cod. proc. penumero , non poteva essere disapplicata, come richiesto dall'appellante, ostandovi il disposto dell'articolo 99 comma 5 cod. penumero . P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla aggravante dei futili motivi e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra Sezione della Corte di assise di appello di Torino. Rigetta nel resto il ricorso.