L’ombra del falso ideologico sulla condotta della commissione esaminatrice

E’ sufficiente ad integrare l’elemento soggettivo del dolo la consapevolezza della c.d. immutatio veri dei verbali di una prova concorsuale, senza che sia necessaria la volontà di nuocere o avvantaggiare se stessi o gli altri.

E’ quanto emerge dalla sentenza n. 29662 della Corte di Cassazione, depositata il 9 luglio 2014. Il caso. I componenti la commissione esaminatrice di un concorso per funzionario pubblico erano stati accusati di falso ideologico per aver formato un elenco di voti delle prove scritte dei candidati ammessi alla prova orale, per la ragione che tale graduatoria – pubblicata sul sito internet della Provincia Autonoma di Trento – era da considerarsi falsa in quanto redatta in assenza dei verbali attestanti lo svolgimento delle prove del concorso. Ai componenti la commissione, inoltre, si contestava di avere formato falsi verbali relativi al concorso. La vicenda aveva formato oggetto di un procedimento penale giunto davanti alla Suprema Corte già nel 2011 su iniziativa del Procuratore Generale che aveva censurato la sentenza di assoluzione pronunciata dalla Corte d’appello di Trento. Ad avviso del Procuratore Generale, però, la Corte incaricata del giudizio di rinvio non aveva fatto buon governo dei principi affermati, di talché si rendeva necessario adire nuovamente il giudice di legittimità. Falsità ideologica in atto pubblico. La cassazione con rinvio della prima pronuncia della Corte d’appello, effettuata durante il giudizio rescindente, aveva riscontrato con certezza la falsità ideologica dei verbali redatti che erano stati confezionati” in un unico contesto e non secondo l’effettiva e storica progressione delle varie fasi del procedimento amministrativo e concorsuale. Le valutazioni e le motivazioni delle prove scritte dei candidati giudicati non idonei erano state infatti create” a distanza di giorni. Inoltre, era stata compromessa la garanzia dell’anonimato delle prove scritte, atteso che le votazioni ufficiali erano state attribuite dopo l’apertura delle buste contenenti i nomi dei candidati. Secondo la Cassazione, formare e pubblicare l’elenco dei voti prima dei verbali costituisce una procedura obiettivamente falsa in quanto l’atto successivo viene formato in assenza della documentazione dell’atto che lo procede. Infatti, sebbene la redazione del verbale attestante il compimento di determinate attività può che essere formato contestualmente o in un momento successivo, lo scarto temporale nella compilazione formale e definitiva deve rimanere entro tali limiti che sono quelli di consentire o non pregiudicare il ricordo di quanto avvenuto e non far seguire il verbale all’atto che lo incorpora, lo riassume, lo esteriorizza e che lo presuppone, vale a dire l’elenco dei voti già divulgato. Lesa la fede pubblica. Nel caso concreto era stato accertato che erano mancati l’attribuzione dei voti agli elaborati scritti dei candidati e, quindi, l’abbinamento tra ciascuna prova e il suo autore non vi era alcuna prova documentale che i voti sugli elaborati scritti non siano stati apposti per rispecchiare quelli della graduatoria e non viceversa. Per questi motivi, pur non essendo stato dimostrato il compimento di condotte fraudolente, dirette a pilotare la procedura concorsuale, la condotta aveva concretamente leso il bene giuridico della fede pubblica, vale a dire l’affidamento collettivo sulla veridicità di quanto attestato negli atti pubblici. Da annullare anche l’esito del giudizio di rinvio. La Corte d’appello aveva fatto tesoro delle indicazioni della Corte di Cassazione ritenendo sussistente l’elemento materiale del delitto di falso ideologico in atto pubblico, sia riguardo all’elenco dei voti pubblicato prima della redazione dei verbali che ne costituiscono presupposto sia riguardo ai verbali compilati in un unico contesto e con motivazioni – sugli elaborati giudicati non idonei – redatte a giorni di distanza dall’attribuzione delle votazioni. Tuttavia, i giudici di merito avevano escluso il profilo soggettivo della consapevolezza del falso in capo agli imputati, perché gli esaminatori erano giudicati come incorsi in errore per superficialità o negligenza. Ciò faceva la Corte d’appello richiamando l’esito del giudizio davanti al giudice amministrativo. L’annullamento delle procedure concorsuali. Infatti, parallelamente al procedimento penale, aveva preso avvio la procedura davanti al giudice amministrativo per l’annullamento delle procedure concorsuali. Nelle more del giudizio penale, era dunque intervenuta la sentenza del Consiglio di Stato che aveva rilevato come la commissione esaminatrice era incorsa in errore colposo”. Tuttavia, ad avviso della Cassazione - nuovamente chiamata a pronunciarsi sulla sentenza del giudizio di rinvio su impulso del Procuratore Generale - le indicazioni del giudice amministrativo erano state enfatizzate in modo illogico e arbitrario dalla Corte d’appello. Le valutazioni del Consiglio di Stato erano funzionali al solo riscontro della legittimità degli atti amministrativi impugnati che il giudice amministrativo aveva annullato mentre la questione relativa alla responsabilità penale che, peraltro, ha presupposti e funzioni ben diversi non era stata affrontata. La cognizione del giudice amministrativo, infatti, conosce limiti intrinseci che non consentono di indagare e accertare la sussistenza dei reati e dei relativi elementi oggettivi e soggettivi. Da qui l’impossibilità di sostenere che la sentenza del Consiglio di Stato avesse sostanzialmente confermato la tesi difensiva degli imputati circa l’insussistenza dell’elemento soggettivo dolo , solo perché il giudice amministrativo si era espresso definendo la condotta degli imputati quale caratterizzata da errore colposo”. È richiesto solo il dolo generico La Suprema Corte, nella verifica della sentenza di rinvio, ha ribadito che il reato di falsità in atto pubblico richiede il solo dolo generico i delitti di falso, per consolidata giurisprudenza, sono integrati dalla consapevolezza della c.d. immutatio veri , senza che sia necessaria la volontà di arrecare pregiudizio o di ingannare. Pertanto, era errato quanto aveva affermato la sentenza censurata, vale a dire che per integrare la fattispecie incriminatrice fosse necessaria la consapevole volontà dell’illiceità della condotta e di commettere un falso. Come noto, infatti, ad integrare la condotta psicologica è sufficiente la volontà e consapevolezza della falsa attestazione mentre non è necessario il dolo specifico, inteso quale atteggiamento psicologico legato a peculiari perseguite ovvero l’intento di nuocere o avvantaggiare se stessi o gli altri. che deve essere accertato con seria indagine fattuale. La Cassazione, nell’annullare la sentenza con rinvio, non si astiene dal precisare che l’affermazione circa la sussistenza del dolo deve pur sempre essere frutto di un’indagine fattuale che escluda che la falsità sia riconducibile ad un comportamento meramente colposo, dovuto a negligenza o ignoranza. Invero, pur non essendo necessaria la consapevolezza dell’illiceità della condotta e della sua rilevanza penale, deve verificarsi se gli imputati fossero stati consapevoli di inserire nei verbali del concorso pubblico attestazioni non rispondenti alla realtà delle operazioni compiute. Omessa la declaratoria di falsità degli atti. In ogni caso, il ricorso alla Cassazione era fondato anche nella parte in cui si addebitava alla Corte d’appello di non aver pronunciato la falsità dei verbali, secondo quanto dispone l’art. 537, commi 1 e 4. codice di rito, attività processuale dovuta anche in caso di pronuncia di assoluzione.

Corte di Cassazione, sez. I Penale, sentenza 2 aprile – 8 luglio 2014, n. 29662 Presidente Chieffi – Relatore Boni Ritenuto in fatto 1. Con sentenza resa in data 14 maggio 2010 la Corte di Appello di Trento riformava parzialmente la pronuncia del G.U.P. dello stesso Tribunale del 14 gennaio 2009 ed assolveva perché il fatto non sussiste gli imputati T.C. , V.S. , P.A. e Z.I. , già mandati assolti perché il fatto non costituisce reato, dai delitti di falsità ideologica, loro contestati per avere, nella qualità di componenti di commissione esaminatrice del concorso per funzionario presso la provincia autonoma di Trento, il V. quale presidente, la Z. quale segretaria, formato un elenco di voti delle prove scritte dei candidati ammessi alla prova orale, pubblicato sul sito internet della provincia e quindi trasmesso agli altri organi competenti, da considerarsi falso, in quanto redatto in mancanza dei verbali attestanti lo svolgimento delle prove del concorso capo A e per avere nelle stesse qualità formato falsi verbali relativi al predetto concorso, asseritamente compilandoli sulla base di appunti contenuti in un file esistente nel computer della segretaria, rispetto al quale, comunque, presentavano discrepanze, relative alla data di formazione, alla omessa indicazione delle date di riunione della Commissione, alle motivazioni dei giudizi e delle votazioni, alla diversità delle votazioni stesse capo B , fatti commessi il omissis . 2. Proposto ricorso per cassazione da parte del Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Trento, la Corte di Cassazione, sezione quinta penale, con la sentenza del 12 maggio 2011 annullava con rinvio la pronuncia di appello. Rilevava che - i delitti di falso sono puniti a titolo di dolo generico, sicché gli stessi restano integrati dalla consapevolezza della immutatio veri senza sia richiesta la volontà di arrecare pregiudizio o di ingannare - i verbali della commissione esaminatrice, redatti in data 19 e 20/11/2007 con date anteriori erano da considerarsi non veritieri, come già affermato anche dai giudici di merito - la qualificazione giuridica del delitto di cui al capo A , riguardante la falsità dell'atto contenente le votazioni, era condizionata dalla natura e dagli effetti dell'atto, perché, se mero elenco riassuntivo, esso costituiva certificazione, mentre se integrante la vera graduatoria del concorso era frutto di un'attività pregressa di valutazione e certificazione per cui doveva individuarsi quale atto pubblico proveniente dalla commissione esaminatrice. 3. Con sentenza resa il 9 gennaio 2013 all'esito del giudizio di rinvio la Corte di Appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, confermava l'assoluzione di tutti gli imputati perché il fatto non costituisce reato. Rilevava al riguardo che - l'assoluzione pronunciata dalla stessa Corte di Appello con la sentenza annullata nei confronti degli imputati T. e P. quanto al reato di cui al capo A non era stata oggetto di annullamento e quindi era passata in giudicato - non sussistevano i presupposti per disporre la parziale rinnovazione dell'istruttoria onde acquisire la conversazione telefonica, che sarebbe intervenuta tra la parte civile e il direttore dell'Ufficio , trasfusa in un file, perché oggetto di produzione tardiva e comunque costituente prova non decisiva e rilevante, anche in ragione dell'assenza di garanzia di autenticità, trattandosi di conversazione captata ad insaputa dell'interlocutore, e di veridicità, non provenendo da teste consapevole di essere tale riguardo a fatti del processo, mentre la Corte era già in grado di decidere allo stato degli atti - l'elenco di voti assegnati alle prove scritte dei candidati partecipanti al concorso indetto dall'Amministrazione provinciale di doveva considerarsi atto pubblico perché formato all'esito dell'attività di valutazione e certificazione svolta dalla commissione esaminatrice, risultante da atti esistenti in minuta e non in base a verbali ufficiali e, come tali, sottoscritti - i verbali della commissione esaminatrice erano stati sicuramente formati in date successive, ossia il 19 e 20 novembre 2007, a quelle in essi riportate sulla base degli appunti inseriti in un documento informatico, custodito nel computer in uso alla segretaria Z. , come riconosciuto nel verbale nr. 09 ove si era dato atto dell'approvazione del verbale precedente e della sottoscrizione di quelli contrassegnati dai nr.i da 01 a 09. - In punto di elemento soggettivo dei contestati reati, doveva tenersi conto di quanto già rilevato nella sentenza del Consiglio di Stato del 24/4/2012, ossia che, sebbene la verbalizzazione, avvenuta un mese dopo il compimento delle relative operazioni di valutazione fosse stata effettuata in violazione delle regole di anonimato e dei principi di trasparenza e certezza, tanto da rendere sussistente l'elemento materiale dei delitti di falso contestati, ciò nonostante la commissione esaminatrice era incorsa in un errore colposo, come rivelato dall'esistenza di una prassi consolidata nell'amministrazione di riferimento, attestata dalla comunicazione del 3/12/2007, circa la formazione progressiva e ritardata degli atti, rispecchianti quanto già accertato e deciso, riconducibile a mera irregolarità o a negligenza. 4. Avverso detta sentenza ha nuovamente proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Trento, il quale ne ha chiesto l'annullamento per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione inosservanza della disposizione dell'articolo 627, comma 3, cod. proc.pen. ed omessa pronuncia sulla falsità degli atti in riferimento alla disposta assoluzione di tutti gli imputati dal delitto di cui al capo B e del V. e della Z. dal delitto di cui al capo A , nonché l'omessa pronuncia di falsità dei verbali di concorso da 1 a 8 e dell'elenco voti incriminati. Secondo il ricorrente, la Corte di Appello era incorsa in un macroscopico errore logico, laddove aveva rilevato che il dato della tardiva formazione e sottoscrizione dei verbali nr. 1-8 era emerso proprio dalla documentazione della stessa commissione esaminatrice, sequestrata dalla polizia giudiziaria ed in atti, senza avvedersi che tale attestazione era stata necessitata dal primo intervento della Guardia di Finanza, avvenuto il 16 novembre 2007, che aveva reso noto agli imputati di essere oggetto d'indagine e che a questa data non esisteva nemmeno nei documenti informatici contenenti la minuta la manifestazione dell'intenzione di sottoscrivere tardivamente il 20 novembre 2007 i verbali delle operazioni di valutazione degli elaborati scritti. Inoltre, era altrettanto illogica l'affermazione, riportata nella sentenza impugnata, secondo la quale non risultavano accertate valutazioni e motivazioni differenti rispetto a quelle approvate dall'intera commissione, mentre già la sentenza rescindente aveva rilevato la carenza, anche negli appunti informali, dei giudizi sulle prove dei candidati ritenuti idonei ed era dimostrato che la commissione aveva inventato la motivazione del giudizio per candidati quali la parte civile ed altri inidonei, in precedenza del tutto inesistenti. Non corretto ed illogico era l'utilizzo della pronuncia del Consiglio di Stato, dalla quale la Corte territoriale aveva ricavato elementi di giudizio senza considerare i limiti intrinseci alla cognizione del giudice amministrativo, che mai avrebbe potuto accertare reati ed il relativo dolo e dalla ritenuta conformazione da parte degli imputati ad una prassi vigente presso l'amministrazione provinciale da quanto attestato nel verbale nr. 9 discendeva che costoro avevano consapevolmente retrodatato i verbali, li avevano compilati ex post con le votazioni e le avevano riferite falsamente ad elaborati anonimi. Anche in riferimento all' immutatio veri , la Corte di Appello non si era attenuta ai chiari principi di diritto, contenuti nella sentenza della Suprema Corte, che aveva già rilevato come formare e pubblicare prima l'elenco voti e poi i verbali della commissione esaminatrice espressivi di tali votazioni costituisce una procedura obiettivamente falsa, in quanto l'atto successivo viene redatto in assenza del suo necessario presupposto, mentre poi la Corte di merito aveva negato il profilo volontario della falsità per essere stati gli imputati non consapevoli dell'illiceità della condotta, ma consci dei comportamenti posti in essere, il che era già sufficiente per ravvisarne la responsabilità penale. Infine, anche il rilievo critico sulla mancata impugnazione della pronuncia assolutoria degli imputati T. e P. dal delitto di cui al capo A era incomprensibile, mentre la loro assoluzione era dipesa dal fatto di non avere essi partecipato alla formazione e sottoscrizione dell'elenco voti in contestazione. La Corte di Appello aveva comunque omesso di pronunciare la falsità dei verbali ai sensi dell'art. 537 cod. proc. pen., commi 1 e 4, la cui declaratoria non era impedita dall'assoluzione perché il fatto non costituisce reato. 5. Con memoria depositata in data 20 marzo 2014 la difesa degli imputati T. e P. ha dedotto che il principio di diritto espresso nella sentenza di annullamento della Corte di Cassazione aveva riguardato la configurabilità della falsità in caso di redazione di verbali in data successiva al compimento dell'atto presupposto, ossia dopo la pubblicazione dell'elenco dei voti delle prove scritte. Pertanto, i due predetti imputati, che non avevano predisposto, né firmato tale elenco, tanto da essere stati assolti con pronuncia irrevocabile dal delitto capo A , non potevano avere alcuna consapevolezza di commettere il falso ideologico loro contestato a erano stati redatti in unico contesto e non secondo l'effettiva e storica progressione delle varie e successive fasi del procedimento amministrativo, il che rendeva il falso rilevante b le valutazioni delle prove scritte dei candidati giudicati inidonei erano state create a distanza di molti giorni c era stata compromessa la garanzia dell'anonimato, in quanto le votazioni ufficiali erano state attribuite, non prima, ma dopo l'apertura delle buste contenenti i nomi dei candidati, dal momento che i verbali erano stati compilati dopo lo pubblicazione della graduatoria. Inoltre, non era mai stato chiarito che tipologia di falsità fosse stata contestata, se materiale, oppure ideologica, senza fosse configurabile anche questa seconda fattispecie, dal momento che nessuno aveva mai messo in dubbio che le attività documentate nei verbali fossero realmente avvenute, per cui sarebbe oggetto di imputazione una falsità per intempestività dell'atto, ma ciò comporta l'esclusione della volontà di commettere un falso. Se poi si ammette che il verbale possa essere redatto a distanza di giorni dalle operazioni, nulla esclude che i voti fossero stati già assegnati in via definitiva nel momento in cui erano stati decisi ed abbinati ai nomi dei concorrenti per effetto dell'apertura delle buste piccole, per cui l'immediata pubblicazione dei risultati ha reso impossibile l'aggiustamento successivo, che sarebbe stata consentita dalla scansione dei tempi suggerita dalla Corte di Cassazione. La pronuncia del Consiglio di Stato aveva affermato che la condotta della commissione esaminatrice era stata inficiata da errore senza fare riferimento ad alcun falso, il che avvalora l'ipotesi di un comportamento colposo ed aveva escluso il riconoscimento del danno morale al ricorrente perché le sue aspettative ad accedere ad alla posizione di lavoro cui aspirava potevano essere soddisfatte col nuovo esperimento della procedura. 6. Anche la parte civile in data 3 marzo 2014 ha fatto pervenire una memoria con la quale, ferma la piena condivisione degli argomenti posti a fondamento dell'impugnazione del P.G., ha richiamato il principio di immanenza della costituzione di parte civile e ribadito il proprio interesse al pronunciamento su tutte le richieste formulate nei gradi precedenti, anche in punto di liquidazione delle spese di costituzione. Considerato in diritto Il ricorso è fondato e, pertanto, merita accoglimento. 1. La sentenza impugnata è fondata su uno sviluppo argomentativo carente ed illogico e presenta errori di diritto, puntualmente denunciati dal Procuratore ricorrente. 1.1 Va premesso, per replicare ad un dubbio di fondo, espresso nella memoria degli imputati T. e P. , che l'addebito del quale essi ed i coimputati sono chiamati a rispondere riguarda condotte di falsità ideologica in atto pubblico tanto è esplicitato nell'accusa articolata nel capo B dell'imputazione e risulta pacificamente affermato in tutte le precedenti pronunce, anche di legittimità, mentre l'indicazione della norma di cui all'art. 476 cod. pen. deve ritenersi inserita nel capo d'imputazione soltanto al fine di indicare il trattamento sanzionatorio applicabile. 1.2 Ciò posto, è necessario richiamare le precise e chiare indicazioni contenute nella sentenza rescindente della quinta sezione penale di questa Corte, laddove, premesse alcune nozioni teoriche sul dolo nei delitti di falso, si è riscontrato in punto di fatto la certezza, come tale ritenuta anche dai giudici di appello, della falsità ideologica dei verbali redatti in data 19 e 20 novembre 2007 e che tanto risultava, non per la discrasia tra data di compilazione e data di compimento delle relative attività in essi attestate, ma perché - erano stati redatti in unico contesto e non secondo l'effettiva e storica progressione delle varie e successive fasi del procedimento amministrativo concorsuale, il che rendeva il falso rilevante - le valutazioni e relative motivazioni delle prove scritte dei candidati giudicati inidonei erano state create a distanza di molti giorni, stante l'assenza, non solo degli atti ufficiali antecedenti la pubblicazione della graduatoria, ma anche di appunti informali - era stata compromessa la garanzia dell'anonimato, in quanto le votazioni ufficiali erano state attribuite, non prima, ma dopo l'apertura delle buste contenenti i nomi dei candidati, dal momento che i verbali erano stati compilati dopo la pubblicazione della graduatoria. La Corte di Cassazione aveva dunque concluso che formare e pubblicare” prima l'elenco dei voti e poi i verbali che tali voti indicano costituisce una procedura obiettivamente” falsa, in quanto l'atto successivo viene formato in assenza della documentazione dell'atto che lo precede . Aveva poi rilevato in linea generale sulla scorta della giurisprudenza amministrativa che, sebbene la redazione del verbale riguardante il compimento di determinate attività non può che essere formato contestualmente o in un momento ad esse successivo, lo scarto temporale nella compilazione formale e definitiva deve mantenersi entro limiti, tali, da un lato da consentire o non pregiudicare il ricordo di quanto avvenuto, dall'altro da non far seguire il verbale all'atto che lo incorpora, lo riassume, lo esteriorizza e che necessariamente lo presuppone, in questo caso l'elenco dei voti già divulgato. Inoltre, nel caso concreto pervenuto nuovamente allo scrutinio di legittimità, diversamente da quanto sostenuto dalle difese degli imputati, la Suprema Corte ha riscontrato che in punto di fatto erano mancati l'attribuzione dei voti agli elaborati scritti dei candidati e quindi l'abbinamento tra ciascuna prova e suo autore, quali operazioni compiute con certezza in un momento antecedente l'apertura delle buste, contenenti i loro nominativi, in quanto il verbale nr. 7 era stato compilato dopo tale apertura e la pubblicazione dell'elenco dei voti, sicché non vi è alcuna prova documentale, appunto, che i voti sugli elaborati scritti non siano stati apposti per rispecchiare quelli della graduatoria e non viceversa . Pertanto, pur non essendo dimostrato il compimento di condotte fraudolente, dirette a pilotare la procedura concorsuale, ciò nonostante condotta concretamente lesiva del bene giuridico della fede pubblica, inteso quale affidamento collettivo sulla veridicità di quanto attestato negli atti pubblici. 2. Ebbene, la Corte che ha celebrato il giudizio di rinvio, pur avendo preso atto del contenuto della sentenza della Corte di Cassazione e pur essendosi allineata ai rilievi in questa operati in punto di diritto, ha ritenuto sussistente l'elemento materiale dei delitti di falso ideologico, sia in relazione all'elenco voti pubblicato prima della redazione dei verbali che ne costituivano il necessario presupposto, sia a detti verbali, compilati in unico contesto tra il 19 ed il 20 novembre 2007 e con motivazioni riguardanti gli elaborati giudicati inidonei, confezionate a distanza di molti giorni dall'attribuzione delle votazioni, ma ha escluso il profilo soggettivo della consapevolezza del falso in capo agli imputati, perché costoro sarebbero incorsi in un mero errore per superficialità o negligenza. Ha fondato tale conclusione su tre elementi a quanto rilevato nella sentenza del Consiglio di Stato del 24/4/2012 sull'errore colposo nel quale era incorsa la commissione esaminatrice b la documentata esistenza di una prassi consolidata nell'amministrazione di riferimento, attestata dalla comunicazione del 3/12/2007, circa la formazione progressiva e ritardata degli atti, rispecchianti quanto già deciso e contenuto nelle minute delle operazioni compiute c l'attestazione contenuta nel verbale nr. 9 dei tardivi adempimenti quanto ai verbali precedenti. 2.1 Il percorso valutativo di tali elementi è compromesso nella sua tenuta logica da alcune omissioni nella considerazione dei dati probatori acquisiti. 2.1.1 In primo luogo le indicazioni contenute nella pronuncia del Consiglio di Stato sono state enfatizzate in modo illogico ed arbitrario dalla Corte di Appello per desumerne giudizi non significativi e comunque non vincolanti su un presunto errore colposo commesso dagli imputati non si è però tenuto conto che tali valutazioni erano funzionali al solo riscontro della legittimità degli atti amministrativi impugnati e non alla verifica condotta per l'individuazione di responsabilità penali. Pertanto, non può razionalmente sostenersi che la sentenza del Consiglio di Stato abbia confermato l'assunto difensivo circa l'insussistenza dell'elemento soggettivo del dolo. Si trascura poi che il giudice amministrativo ha comunque disposto l'annullamento delle procedure concorsuali, nel cui compimento ha riscontrato i vizi denunciati dal ricorrente M. , tanto da aver riconosciuto che qualora l'irregolarità del verbale sia tale da non consentirgli di assolvere tale naturale funzione il provvedimento è inficiato dall'impossibilità di ricostruire la legittimità del procedimento che ha portato alla sua formazione , situazione riscontrata perché la verbalizzazione non può intervenire 'ex post' come avvenuto nel caso di specie . Tanto è sufficiente per contrastare le obiezioni delle difese, riproposte anche in sede di discussione, sull'assenza di rilievi all'operato della commissione esaminatrice da parte dell'amministrazione e su un presunto travisamento dei fatti, sostenuto nelle memorie difensive, imputabile alla Corte di Cassazione. 2.1.2 Quanto all'esistenza di una prassi vigente presso l'amministrazione provinciale trentina di ritardare la compilazione dei verbali delle procedure di concorso rispetto alle attività della relativa commissione, la stessa investe soltanto uno dei profili di falsità contestati, ossia quello temporale, inerente alla discrasia tra compimento delle operazioni valutative delle prove e redazione degli atti formali che ne danno conto e le ufficializzano, ma non riguarda la creazione postuma delle motivazioni dei giudizi sugli elaborati ritenuti inidonei e la compromissione dell'anonimato nell'assegnazione delle votazioni quale attività posta in essere dopo l'apertura delle buste con i nomi dei candidati. In altri termini, l'esistenza della prassi valorizzata in sentenza attiene soltanto al profilo cronologico ed al differimento della compilazione degli atti ufficiali, che, per quanto riferito nella nota del 3/12/2007, citata testualmente nella stessa sentenza impugnata, si afferma avvenire nelle sedute finali prima dell'approvazione degli atti da parte della Giunta provinciale sulla scorta della minutazione e/o schema di verbale già predisposto dal segretario progressivamente con il procedere delle operazioni. Ma nulla ovviamente si dice sulla possibilità di redigere in via postuma rispetto alla pubblicazione dei risultati delle prove scritte i giudizi e le relative motivazioni, quindi di intervenire sul contenuto dell'attività valutativa e comparativa tra i candidati, che rappresenta l'essenza dello scrutinio e che deve necessariamente precedere l'assegnazione dei voti e la pubblicazione del relativo elenco. Nel caso concreto, non rileva nemmeno che la commissione avesse in precedenza fissato i criteri di giudizio da seguire nello scrutinio degli elaborati d'esame, quanto l'assenza di prova di una verbalizzazione rispecchiante quanto accertato e deciso pag. 9 sentenza impugnata , dal momento che, come già riscontrato nella sentenza di annullamento, nei due files informatici, reperiti nel computer della segretaria della commissione, non erano riportate le motivazioni dei giudizi attribuiti ai candidati inidonei, come la parte civile M. e non vi era alcuna certezza sui tempi di scritturazione di tali appunti, se coevi o successivi alla correzione delle prove scritte. 2.1.3 Ma il profilo di più evidente illogicità della motivazione della sentenza impugnata riguarda la valutazione dell'attestazione contenuta nel verbale nr. 9 del 20/11/2007. In primo luogo, è palesemente stato oggetto di travisamento il dato esposto dai giudici di appello, laddove hanno rilevato l'assenza di prova che la commissione stessa non avesse già deciso in precedenza di riunirsi il 20 novembre per redigere i verbali sino a quel momento mancanti e per sottoscriverli come evidenziato dal ricorrente, in tutti i precedenti gradi era emerso come pacifico che negli appunti contenuti nei documenti informatici sequestrati il 16/11/2007 dalla Guardia di Finanza non vi era alcuna indicazione circa la già avvenuta calendarizzazione di una riunione, fissata per successive date del 19 e 20 novembre, mentre era presente la convocazione per l'11 dicembre per lo svolgimento delle prove orali del concorso, il che conferma esattamente il contrario di quanto ritenuto in sentenza. Inoltre, non è stata dedicata alcuna attenzione al fatto che l'intervento della polizia giudiziaria ed il sequestro del materiale avevano reso nota all'amministrazione che aveva bandito il concorso ed alla commissione l'esistenza di indagini penali sull'operato di quest'ultima, sicché le due sedute del 19 e 20 novembre si erano rese improvvisamente necessarie per dare vita ad atti sino a quel momento inesistenti e sanare quelle carenze che erano già evidenti, sia ai candidati che avevano richiesto la documentazione a fini di impugnazione in sede amministrativa, ottenendo dall'amministrazione una risposta elusiva e sospetta, sia agli investigatori. Oltre a ciò, va considerato quanto attestato nel verbale nr. 9 del 20 novembre, ove la commissione aveva fatto constare che in quel momento era avvenuta l'approvazione definitiva e la sottoscrizione dei verbali precedenti da 1 a 8 . Secondo la Corte di merito tale attestazione escludeva la volontà dei componenti la commissione di commettere alcuna falsità anche perché non risultano accertate e provate valutazioni e motivazioni rilevanti differenti rispetto a quelle approvate dall'intera commissione . Anche su tale punto le considerazioni esposte nella motivazione sono travisanti le risultanze probatorie, già evidenziate nella stessa sentenza della quinta sezione di questa Corte dagli atti sequestrati ad opera della Guardia di Finanza, richiamati nel ricorso e nelle precedenti sentenze, risulta che, né nel documento informatico contenente gli appunti o la minuta dei verbali, né sugli elaborati scritti, per alcuni candidati inidonei, fra i quali la parte civile M. , era stata espressa alcuna motivazione al giudizio negativo formulato e riportato nella graduatoria provvisoria relativa alle prove scritte, sicché la relativa giustificazione era stata creata a distanza di oltre un mese dalla pubblicazione dei risultati delle prove stesse e non in precedenza, sicché sotto il profilo considerato non si era trattato di rendere in forma ufficiale e definitiva la volontà già espressa nello schema di verbale, ma di far apparire come antecedente attività compiuta soltanto in seguito ed in riferimento al nominativo di candidati già noto. Inoltre, resta insondato da parte della Corte di Appello proprio il profilo della compromissione della garanzia di anonimato nella correzione degli elaborati dei candidati, posto che, come rilevato nella sentenza rescindente, le votazioni ufficiali, che sono quelle che compaiono sui verbali, ed eventualmente, sui compiti scritti, non certo quelle sull'appunto elettronico furono attribuite, non prima, ma dopo l'apertura delle buste contenenti i nomi dei candidati . Né ha fondamento l'obiezione difensiva, secondo la quale l'immediata pubblicazione della graduatoria aveva reso impossibile operare diversamente con un aggiustamento postumo al contrario soltanto la redazione di un verbale completo in data antecedente alla divulgazione dell'esito delle prove scritte poteva offrire certezza sui voti assegnati ad elaborati anonimi e sulla giustificazione di quei giudizi. In altri termini, non si sostiene che un corretto e trasparente agire avrebbe richiesto di rinviare la conoscenza della graduatoria delle prove scritte alla conclusione delle procedure concorsuali o al momento di sottoscrizione del verbale, ma che, come statuito anche nel giudizio amministrativo, questa operazione doveva precedere necessariamente la formazione della graduatoria alla quale avrebbe offerto certezza in termini di risultati e di giustificazione. 2.2 Va, infine, rilevata la fondatezza del ricorso che denuncia l'errore di diritto, nel quale è incorsa la sentenza in verifica, laddove ha sostenuto che per integrare la fattispecie di falsità ideologica fosse necessaria la volontà consapevole dell'illiceità della condotta e di commettere un falso e che la mancata dimostrazione dell'intento di favorire o danneggiare taluno sarebbe anche indicativa dell'assenza del dolo. 2.2.1 Sul punto già la sentenza rescindente aveva offerto le corrette coordinate interpretative della fattispecie astratta, avendo ribadito principi ormai consolidati nella giurisprudenza di questa Corte sulla natura di dolo generico dell'elemento soggettivo preteso dalla norma incriminatrice, sulla sua identificazione nella volontarietà e consapevolezza della falsa attestazione, sull'estraneità a tale atteggiamento psicologico delle finalità perseguite e dell'intento di nuocere o avvantaggiare se stessi o altri, tanto che il delitto resta integrato anche quando l'azione sia compiuta senza l'intenzione di cagionare un danno e persino nel convincimento di non produrlo. Inoltre, seppur sia richiesta un'indagine approfondita sugli elementi fattuali per escludere che la falsità sia addebitabile ad un comportamento colposo, frutto di negligenza o ignoranza, non è certamente richiesta la consapevolezza dell'illiceità della condotta e della sua rilevanza penale, ma soltanto del contenuto inveritiero quale divergenza tra le azioni il cui compimento è riportato nell'atto pubblico e quanto verificatosi nella realtà Cass. sez. 5, n. 45118 del 23/04/2013, Di Fatta e altri, rv. 257550 sez. 5, n, 35548 del 21/05/2013, Ferraiuolo e altro, rv. 257040 sez. 5, n. 15255 del 15/03/2005, Scarciglia, rv. 232138 . 2.2.2 Pertanto, l'avere escluso la Corte territoriale la volontà in capo agli imputati di commettere il reato di falso ideologico non è sufficiente ad escludere il dolo ed è frutto di erronea applicazione della norma di cui all'art. 482 cod. pen , dovendosi piuttosto verificare se essi fossero stati consapevoli di inserire nei verbali del concorso attestazioni non rispondenti alla realtà delle operazioni compiute. 3. Infine, merita accoglimento anche l'ultimo motivo di ricorso la Corte territoriale ha omesso ingiustificatamente di dichiarare la falsità degli atti concorsuali, non attenendosi a quanto prescritto dall'art. 537 cod. proc. pen., commi 1 e 4, statuizione non impedita dalla decisione di assoluzione degli imputati. Per le considerazioni svolte la sentenza impugnata va annullata con rinvio alla Corte di Appello di Trento per ulteriore nuovo giudizio che dovrà svolgersi nel rispetto dei principi e dei rilievi sopra svolti. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Trento.