Procedimenti identici se c’è connessione oggettiva e probatoria

Possono essere utilizzate intercettazioni, disposte per un’indagine diversa, se tra i due procedimenti vi sia connessione sotto il profilo probatorio ed oggettivo.

Lo afferma la Corte di Cassazione nella sentenza n. 27473, depositata il 24 giugno 2014. Il caso. Il Tribunale del riesame confermava il sequestro preventivo di beni intestati fittiziamente all’indagato, per il reato di cui all’art. 12 quinquies l. n. 306/1992 trasferimento fraudolento di valori . Avverso tale ordinanza ricorreva in Cassazione il soccombente, lamentando la violazione degli artt. 270 utilizzazione in altri procedimenti e 273 condizioni generali di applicabilità delle misure c.p.p Secondo il ricorrente gli indizi a suo carico erano stati desunti da intercettazioni telefoniche inutilizzabili, perché riferite ad altro procedimento penale. Le stesse, secondo la difesa, erano state disposte nell’ambito di un diverso procedimento indipendente da quello per il quale era stato disposto il sequestro. Quando il procedimento è identico? La Cassazione, investita della questione, ricorda il principio fondamentale in base al quale due procedimenti possono ritenersi identici. Precisamente, in tema di intercettazioni di conversazioni, la nozione di identico procedimento, che esclude l’operatività del divieto di utilizzazione previsto nell’art. 270 c.p.p., prescinde da elementi formali come il numero di iscrizione nel registro delle notizie di reato ed impone una valutazione sostanziale con la conseguenza che il procedimento è considerato identico quando tra il contenuto dell’originaria notizia di reato, alla base dell’autorizzazione, e quello dei reati per cui si procedeva vi sia una stretta connessione sotto il profilo oggettivo, probatorio o finalistico Cass., n. 46244/2012 . Quindi le intercettazioni sono utilizzabili. La Corte suprema conferma il giudizio di riesame, perché, benché nel caso di specie fossero state predisposte intercettazioni, nei confronti dell’imputato, nell’ambito di un’indagine relativa ad un’ipotesi di sfruttamento della prostituzione, le emergenze derivanti dalle stesse avevano portato alla luce l’esistenza di fatti e condotte integranti il reato di trasferimento fraudolento di valori e/o intestazione fittizia di beni. Fatti strettamente connessi all’originaria indagine in corso, sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo probatorio. Queste fattispecie di reato, apparentemente diverse, si innescavano in effetti in una trama di iniziative imprenditoriali e commerciali strettamente connesse e collegate, aventi un’unica qualificata regia, difatti erano gestite e coordinate dell’imputato. La Cassazione quindi rigetta il ricorso, confermando la decisione del Tribunale del riesame.

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 29 maggio – 24 giugno 2014, n. 27473 Presidente Gentile – Relatore Rago Fatto 1. Con ordinanza del 12/11/2013, il Tribunale del Riesame di Messina confermava l'ordinanza con la quale, in data 07/10/2013 il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto aveva disposto il sequestro preventivo, ex artt. 321 cod. proc. pen. e 12 sexies d.l. 306/1992, dei beni intestati fittiziamente a L.R.S. e R.S. ma, di fatto, appartenenti a L.R.G. , soggetti tutti indagati, in concorso, per il reato di cui all'art. 12 quinquies d.l. 306/1992. 2. Avverso la suddetta ordinanza, L.R.G. , L.R.S. e R.S. , con un unico ricorso, a mezzo del comune difensore, hanno proposto ricorso per cassazione deducendo i seguenti motivi 2.1. violazione degli artt. 270-273 cod. proc. pen. i ricorrenti, dopo aver premesso che gli indizi a carico del L.R.G. erano stati essenzialmente desunti dalle intercettazioni telefoniche, rilevano che la motivazione con la quale il tribunale aveva disatteso l'eccezione secondo la quale le suddette intercettazione erano inutilizzabili, era errata. I ricorrenti, infatti, sostengono che le intercettazioni sarebbero inutilizzabili sia perché disposte nell'ambito di un diverso procedimento, iscritto ad iniziativa della Procura di Patti, sia perché il limite dell'art. 270 cod. proc. pen. non resterebbe superato dalle eccezioni poste dallo stesso articolo, né dall'art. 380 cod. proc. pen. in quanto l'art. 12 quinquies non rientra fra i reati per i quali è previsto l'arresto in flagranza. Ad avviso dei ricorrenti, il tribunale aveva errato nel ritenere che, per l'utilizzabilità delle intercettazioni, fosse sufficiente la semplice connessione fra il procedimento in cui l'intercettazione era stata disposta e quello in cui erano poi state utilizzate, in quanto ai fini del divieto di utilizzazione previsto dall'art. 270/1 cod. proc. pen. la nozione di procedimento diverso va collegata al dato della notizia di reato che deve derivare da un fatto storicamente diverso da quello oggetto di indagine nell'ambito di altro, differente, anche se connesso, procedimento, e non quindi dal medesimo filone investigativo da cui traggono origine procedimenti connessi, relativi alla medesima fattispecie criminosa, com'è avvenuto nel caso in esame”. Nel caso di specie, era successo che, nei confronti del L.R.G. , erano state disposte intercettazioni nell'ambito di un'indagine, svolta dalla Procura di Patti, relativa ad un'ipotesi di sfruttamento della prostituzione. Nel corso delle suddette intercettazioni, erano, poi, emersi indizi relativi al reato di cui all'art. 12 quinquies d.l. cit., rientrante nella competenza della Procura di Barcellona Pozzo di Gotto, peraltro per nulla connessi con l'indagine sulla prostituzione. 2.2. illogicità della motivazione i ricorrenti sostengono che il tribunale, in modo illogico, ha affermato che L.R.S. e R.S. , sono dei semplici collaboratori, subordinati, di L.R.G. , non tenendo conto dei dati documentali che provano, invece, che sia R. che L.R.S. , in realtà, sono soci effettivi dell'Autoservice alla quale il L.R.G. è del tutto estraneo. Peraltro, il tribunale non aveva considerato che l'art. 12 quinquies prevede un reato istantaneo ad effetti permanenti, sicché non assumono rilevanza né le condotte antecedenti il fatto specificamente contestato né quelle successive che possono assumere una valenza solo ove vengano poste in essere nuove operazioni volte a rendere meno agevole il controllo della proprietà reale dei beni. Il tribunale, poi, aveva omesso ogni considerazione in ordine all'elemento soggettivo del reato. Diritto 1. violazione degli artt. 270-273 cod. proc. pen. la doglianza è infondata per le ragioni di seguito indicate. In punto di diritto, va rammentato che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, In tema di intercettazioni di conversazioni, la nozione di identico procedimento, che esclude l'operatività del divieto di utilizzazione previsto dall'art. 270 cod. proc. pen., prescinde da elementi formali come il numero di iscrizione nel registro delle notizie di reato ed impone una valutazione sostanziale, con la conseguenza che il procedimento è considerato identico quando tra il contenuto dell'originaria notizia di reato, alla base dell'autorizzazione, e quello dei reati per cui si procede vi sia una stretta connessione sotto il profilo oggettivo, probatorio o finalistico” Cass. 46244/2012 Rv. 254285 Cass. 49930/2012 Rv. 253916. In punto di fatto, il tribunale, ha ritenuto che fra i due procedimenti vi sia connessione, sulla base della seguente testuale motivazione invero, benché tali intercettazioni fossero state autorizzate e disposte nell'ambito del procedimento denominato Dolce vita avente ad oggetto un'associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, le emergenze scaturenti dalle stesse hanno consentito di far venire alla luce l'esistenza di fatti e condotte integranti il reato di trasferimento fraudolento di valori e/o intestazione fittizia di beni. Fatti - reato, questi ultimi, tuttavia, ad avviso del collegio, strettamente connessi all'originaria indagine in corso, sia sotto il profilo oggettivo, che soggettivo e probatorio. Tali apparentemente diverse fattispecie di reato, infatti, si innescano in una trama di iniziative imprenditoriali e commerciali strettamente connesse tra di loro sicché aventi un'unica qualificata regia, nella misura in cui gestite e coordinate in modo occulto dal L.R.G. , con la collaborazione di soggetti, alcuni dei quali quelli rivestenti la veste di amm.ri, soci o preposti a tali attività non gravati da pregiudizi penali e/o non attenzionati dagli investigatori. Riguardo alla prima di tali attività, quella relativa alla gestione dei citati circoli privati, che si accertava fossero utilizzati per l'esercizio della prostituzione, verificavano gli inquirenti il ruolo in tale attività di occulto promotore ed organizzatore dal L.R. svolto cosi come i conseguenti consistenti illeciti proventi da quest'ultimo e dagli altri sodali conseguiti. Proventi questi ultimi che, attesa la falsa situazione reddituale al limite della povertà, denunziata dall'indagato ritenuto dagli inquirenti da tempo a capo della malavita organizzata operante nel contesto territoriale del Comune di Caronia , potevano quale naturale e logica ipotesi investigativa avere il loro naturale sbocco in investimenti e/o iniziative commerciali ed imprenditoriali apparentemente lecite, quali appunto l'attività della autoservice s.r.l. sotto il profilo penale di cui in contestazione emersa in tale contesto investigativo, anche sulla scorta di alcune assai eloquenti intercettazioni telefoniche. Ipotesi investigativa, quest'ultima, viepiù suffragata in punto gravità indiziaria dal ruolo di primo piano anche in tale società occultamente rivestito dal L.R. al quale, secondo quanto è dato appunto univocamente evincere dal contenuto di alcune di tali conversazioni intercettate, la detta attività era in prima persona riconducibile. Attività questa che, in relazione al parco macchine ed ai beni societari rinvenuti, aveva evidentemente goduto di cospicui investimenti, sulla cui provenienza, in relazione alla loro riconducibilità al responsabile e promotore occulto della medesima, non appare allo stato delle iniziali indagini lecito dubitare costituendo tale circostanza l'anello di congiunzione delle due condotte di reato. Proprio per tali ragioni, nel rimarcare che tali fatti e situazioni siano state accertate in uno stesso contesto storico-temporale, vale in conclusione evidenziare come le stesse presentino evidenti aspetti di profonda connessione soggettiva e probatoria, con ciò avvalorando il precedente assunto di utilizzabilità, quantomeno in questa fase cautelare”. I ricorrenti, come si è detto, sostengono che fra i due procedimenti non vi sarebbe alcuna connessione perché la nozione di procedimento diverso va collegata al dato della notizia di reato che deve derivare da un fatto storicamente diverso da quello oggetto di indagine nell'ambito di altro, differente, anche se connesso, procedimento, e non quindi dal medesimo filone investigativo”. La questione, posta nei termini astratti indicati dai ricorrenti, è mal posta. Infatti, come si desume dai principi enunciati dalla costante giurisprudenza di questa Corte, la connessione fra due procedimenti va valutata, in concreto, sotto il profilo oggettivo, probatorio o finalistico . Nel caso di specie, come risulta dall'amplissima motivazione addotta dal Tribunale, non vi è alcun dubbio sul fatto che fra i due procedimenti vi sia una stretta connessione sotto tutti e tre i profili indicati, sicché la censura, che, ripetesi, è del tutto aspecifica e generica rispetto ai puntuali rilievi effettuati in punto di fatto dal tribunale, va disattesa. 2. illogicità della motivazione l'articolata censura dedotta dai ricorrenti e tendente a confutare sia la sussistenza dell'elemento soggettivo dolo specifico che dell'elemento materiale intestazione fittizia del reato loro contestato, è infondata. Sul punto, va preliminarmente rammentato che, a norma dell'art. 325 cod. proc. pen., avverso i provvedimenti di sequestro, possono essere dedotti, con il ricorso per cassazione, i soli vizi di violazione di legge e non quelli relativi ai vizi motivazionali salvo per le ipotesi di omessa o apparente motivazione. In ordine all'elemento soggettivo, la motivazione addotta dal tribunale, contrariamente a quanto ritenuto dai ricorrenti, è amplissima e coerente con gli evidenziati elementi fattuali, sicché, non essendo ravvisabile alcuna violazione di legge, ad essa non resta che rinviare pag. 8-9 dell'ordinanza impugnata . Quanto all'elemento oggettivo, come si è detto, i ricorrenti sostengono che L.R.S. e R.S. , contrariamente a quanto ritenuto dal tribunale, sono i soli, reali ed esclusivi titolari dell'Autoservice s.r.l Sennonché, va replicato che, sul punto, la motivazione addotta dal tribunale sulla fittizietà dell'intestazione, è logica e coerente con l'ampio compendio probatorio costituito da numerosi, gravi e convergenti indizi pag. 9-10 , sicché, anche sotto questo profilo, non sono ravvisabili violazioni di legge di alcun genere avendo il tribunale correttamente applicato i principi di diritto enunciati da questa Corte di legittimità e puntualmente richiamati pag. 5-7 ordinanza . Infatti, tutte le doglianze dedotte dai ricorrenti, a ben vedere, vertono, più che altro, su pretese carenze motivazionali cfr pag. 3-6 del ricorso che, però, devono ritenersi insussistenti, avendo il Tribunale puntualmente risposto a tutte le censure anche a quelle di stretto diritto in ordine ad un preteso post factum non punibile pag. 9 dell'ordinanza , tralaticiamente riproposto in questa sede pag. 6-7 ricorso . In conclusione, l'impugnazione deve rigettarsi con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.