La corretta tenuta dei registri dei consumi non è mero formalismo privo di conseguenze

L’inosservanza di prescrizioni imposte con l’autorizzazione alle emissioni in atmosfera è reato formale e di pericolo integrato quando siano realizzati comportamenti incidenti in negativo sul sistema di autorizzazioni e controlli previsto dalla normativa di settore.

E’ quanto emerge dalla sentenza n. 24334/14 della Corte di Cassazione, depositata il 10 giugno scorso. Il caso. I legali rappresentanti di una società di motonautica ricorrevano davanti alla Suprema Corte per vedere annullata la sentenza di condanna al pagamento di un’ammenda, emessa a loro carico per violazione delle norme in materia di tutela dell’aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera. Secondo l’accusa, la ditta aveva violato le prescrizioni contenute nell’autorizzazione provinciale all’attività, prescrizioni con cui si disciplinano le emissioni in atmosfera derivanti dall’assemblaggio di motori marini. Elemento costitutivo del reato, secondo i giudici, era dato dal fatto che la ditta era sprovvista del registro obbligatorio, regolarmente vidimato, per l’annotazione dei consumi di prodotto verniciato e, pertanto, con tale condotta omissiva avrebbe ostacolato le attività degli organi deputati al controllo e alla tutela dell’ambiente. Reato di pericolo. L’estensore della sentenza conferisce alla pronuncia gradevole sapore didattico, contribuendo ad erudire il lettore sulla natura intima delle scelte legislative, anche di quelle oggetto di una nicchia di studiosi, qual è il settore del diritto penale dell’ambiente. Approfittando dell’argomentazione da dare alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso sottoposto al vaglio della Cassazione, il Consigliere relatore mette in luce la natura di reato formale di pericolo della norma incriminatrice. Fondamento razionale dell’incriminazione è, dunque, non solo quello di tutelare l’ambiente, attraverso la punizione del superamento di valori-limite di emissione e di qualità dell’aria a questa esigenza, infatti, si aggiunge quella di consentire alle autorità di controllo di poter monitorare in modo adeguato e con strumenti efficaci – anche formali – quale sia lo stato dell’ambiente e della salute collettiva nonché quali siano i rischi che determinate attività possono arrecare ai predetti beni giuridici. Tale controllo avviene tramite il rilascio di titolo abilitativo all’esercizio di determinate attività e l’imposizione di specifici obblighi di comunicazione e di prescrizioni che possono essere contenute anche nel titolo abilitativo . Disposizioni finalizzate al controllo. Il legislatore ha voluto che il bene dell’ambiente fosse tutelato non solo davanti a lesioni dell’integrità, quindi a seguito di condotte produttive di effetti negativi concreti ma anche in via anticipata a ciò assolve un sistema di autorizzazioni e controlli che mirano a monitorare, contenere e regolare i fenomeni inquinanti, vale a dire potenzialmente incidenti su un bene collettivo di grande rilievo, qual è l’ambiente. Lungi dall’avere mera natura formale, le attività di controllo e regolamentazione sono funzionali alla tutela ambientale, con la conseguenza che una condotta, astrattamente idonea ad impedire o rendere difficile l’espletamento dei controlli deputati alla pubblica amministrazione, è dotata di offensività perché incide sulle funzioni di controllo a queste attribuite. Superamento dei limiti? L’autorizzazione mira ad indicare quale siano i limiti di prodotto da utilizzare e, secondo gli imputati, nonostante la mancanza dei registri, i limiti non sarebbero stati superati, con la conseguenza, a loro dire, che non vi sarebbe reato perché non vi sarebbe stato, in concreto, superamento dei limiti. Quel che conta è l’omessa tenuta del registro obbligatorio. Di contrario avviso i giudici che hanno evidenziato come la vicenda sottesa alla condanna riguardasse l’omessa tenuta di un registro vidimato obbligatorio, così come richiesto dall’autorizzazione, dove annotare i consumi di prodotto verniciante e, per tale via, pervenire al monitoraggio dei consumi e del potenziale superamento dei limiti previsti nell’autorizzazione. Poiché le prescrizioni imposte con l’autorizzazione erano state disattese, in tale comportamento di omessa tenuta del registro va rintracciato l’elemento costitutivo del reato che valorizza il comportamento incidente negativamente sul sistema di autorizzazioni e controlli funzionalmente orientato alla tutela dell’ambiente.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 13 maggio – 10 giugno 2014, n. 24334 Presidente Teresi – Relatore Ramacci Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale di Forlì - Sezione Distaccata di Cesena, con sentenza del 24.5.2013 ha affermato la penale responsabilità di B.E. e Z.O. , che ha condannato alla pena dell'ammenda, in ordine al reato di cui all'art. 279, comma 2 d.lgs. 152/06 perché, nella loro qualità i legali rappresentanti della NUOVA MOTONAUTICA di B.E. & amp C.”, violavano le prescrizioni contenute nell'autorizzazione provinciale e relative alle emissioni in atmosfera derivanti dall'assemblaggio di motori marini, essendo risultati sprovvisti dell'obbligatorio registro vidimato per l'annotazione dei consumi di prodotto verniciato OMISSIS . Avverso tale pronuncia i predetti propongono congiuntamente ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia. 2. Con un unico motivo di ricorso deducono la violazione di legge ed il vizio di motivazione, rilevando di essere stati condannati per una violazione meramente formale, atteso che risulterebbe dimostrato che non vi sarebbe stato il superamento dei limiti di prodotto verniciante imposti dall'autorizzazione, stravolgendo così la ratio della norma incriminatrice, chiaramente finalizzata ad impedire il superamento effettivo dei limiti di consumo, rispetto ai quali la tenuta del registro è solo funzionale ad evitare che tale superamento venga in concreto effettuato. Aggiungono che il controllo dei consumi sarebbe stato comunque possibile sulla base della documentazione fiscale regolarmente tenuta dagli imputati, come dichiarato da un teste escusso nel corso dell'istruzione dibattimentale. Insistono, pertanto, per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto 3. Il ricorso è inammissibile. L'art. 279, comma 2 d.lgs. 152/06, nell'attuale formulazione, sanziona, con pena alternativa arresto o ammenda , la violazione dei valori limite di emissione o le prescrizioni stabiliti dall'autorizzazione, dagli Allegati I, II, III o V alla parte quinta, dai piani e dai programmi o dalla normativa di cui all'art. 271 o le prescrizioni altrimenti imposte dall'autorità competente ai sensi del Titolo Primo. Se i valori limite o le prescrizioni violati sono contenuti nell'autorizzazione integrata ambientale si applicano le sanzioni previste dalla normativa che disciplina tale autorizzazione. Nella originaria stesura, vigente all'epoca dei fatti e fino al 25.8.2010, la fattispecie considerata era identica per ciò che concerne l'inosservanza delle prescrizioni, mancando il riferimento, poi inserito, ad alcuni Allegati ed all'autorizzazione integrata ambientale. La disposizione si pone, del tutto pacificamente, per ciò che qui rileva, in posizione di continuità rispetto alla previgente disciplina in materia di inquinamento atmosferico regolata dal d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, prevedendo, nell'articolo 24, comma 4, la sanzione penale per chi, nell'esercizio di un nuovo impianto, non osservava le prescrizioni dell'autorizzazione o quelle imposte dalla autorità competente nell'ambito dei poteri ad essa spettanti. Tale continuità è stata già riconosciuta dalla giurisprudenza di questa Corte v. Sez. III n. 18774, 18 maggio 2010 Sez. III n. 4536, 29 gennaio 2008 Sez. III n. 47081, 19 dicembre 2007 . 4. Questa Corte si è altresì pronunciata sulla tipologia delle prescrizioni contemplate dalla norma in esame, facendo rilevare come il riferimento alle prescrizioni dell'autorizzazione non contenga alcuna specificazione, con la conseguenza che esse possono avere il contenuto più ampio, con la precisazione che il provvedimento non deve comunque risultare affetto da eccesso di potere, come nel caso in cui la prescrizione non sia in alcun modo ricollegabile alle esigenze di precauzione e di controllo sottese all'investitura del potere autorizzazione in capo all'amministrazione pubblica così, con riferimento all'art. 24, comma 4 d.P.R. 203/88, Sez. III n. 4514, 3 febbraio 2006. In senso conforme, relativamente a fatti rientranti nell'attuale disciplina, Sez. III n. 29967, 27 luglio 2011 . 5. Ciò posto, deve rilevarsi che la contravvenzione in esame ha pacificamente natura di reato formale di pericolo. Lo scopo del legislatore, come si deduce dal tenore complessivo dell'art. 279, è infatti non soltanto quello di assicurare il rispetto dei valori limite di emissione e di qualità dell'aria, ma anche quello di consentire alle autorità preposte, attraverso il rilascio del titolo abilitativo e l'imposizione di specifiche prescrizioni e di obblighi di comunicazione, un controllo adeguato finalizzato ad una efficace tutela dell'ambiente e della salute che l'espletamento di determinate attività può, anche potenzialmente, porre in pericolo. Tale affermazione non può peraltro prescindere dall'ulteriore considerazione che una previsione così ampia di limitazioni all'esercizio di un impianto, la cui imposizione è possibile anche attraverso specifiche prescrizioni inserite nel titolo abilitativo, è ampiamente giustificato non soltanto dalla natura del bene tutelato, di cui si è già detto, ma anche dalla necessità di conformare alla disciplina generale situazioni tra loro diverse e relative ad impianti ed insediamenti complessi. Si tratta, a ben vedere, di un discorso estensibile a tutte le tipologie di attività potenzialmente incidenti sull'ambiente e sulla salute delle persone, poiché dette attività si pensi, ad esempio, tanto per rimanere nell'ambito del d.lgs. 152/06, alle acque ed ai rifiuti sono caratterizzate dallo svolgimento di operazioni eterogenee, effettuate in strutture talvolta ampiamente articolate, con il coinvolgimento di più soggetti e che implicano la soluzione di problemi tecnici complessi. Di ciò si è reso dunque conto il legislatore, lasciando ai soggetti preposti al rilascio dei titoli abilitativi un ampio margine di discrezionalità che, sebbene non possa - ovviamente - sconfinare nell'arbitrio, richiede misure adeguate per assicurare l'osservanza di quanto imposto nell'atto amministrativo autorizzazione. Tale situazione è peraltro più facilmente intuibile con riferimento, ad esempio, all'autorizzazione integrata ambientale AIA , rispetto alla quale, facendo ricorso al principio dell'”approccio integrato”, di derivazione comunitaria e superando il sistema settoriale”, si è venuta ad operare una valutazione complessiva e coordinata degli impatti ambientali di un insediamento, anche al fine di evitare le conseguenze di fenomeni complessi dovuti al contestuale rilascio di più agenti inquinanti, il che pure giustifica il ricorso a prescrizioni estremamente dettagliate e l'esigenza di un puntuale rispetto delle stesse. 6. Non si tratta, dunque, di meri formalismi, inopportunamente sottoposti a sanzione penale, bensì di imposizioni impartite al fine di assicurare un completo ed efficace controllo di situazioni potenzialmente incidenti su beni collettivi di preminente rilievo. Il bene giuridico tutelato dalle disposizioni in precedenza richiamate è, evidentemente, l'ambiente, la cui integrità viene tuttavia assicurata non soltanto attraverso la previsione di sanzioni per condotte produttive di effetti negativi concreti o determinanti situazioni di pericolo, ma anche attraverso un articolato sistema di autorizzazioni e controlli finalizzato al monitoraggio, al contenimento ed alla regolamentazione dei fenomeni inquinanti. Anche tali ultime attività sono, pertanto, certamente funzionali alla tutela dell'ambiente, cosicché non può validamente sostenersi che sia priva di offensività una condotta astrattamente idonea ad impedire o rendere meno agevole, attraverso l'inosservanza di una specifica disposizione imposta con l'autorizzazione, l'espletamento dei compiti attribuiti alla pubblica amministrazione. 7. L'ampio ambito di operatività della disposizione in esame sembra possa inoltre trovare ulteriore conferma in quanto disposto dall'art. 278 d.lgs. 152/06 in tema di potere di ordinanza. La disposizione, infatti, prevede l'esercizio di tale potere, da parte delle autorità competenti, in caso di inosservanza delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione ferma restando l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 279 e delle misure cautelari disposte dall'autorità giudiziaria” e, nel calibrare gli interventi secondo la gravità dell'infrazione, non si riferisce soltanto ad ipotesi in cui si manifestino lett. b o si determinino lett. c situazioni di pericolo per la salute o per l'ambiente, ma anche lett. a alle mere irregolarità, prevedendo, in tali casi, la diffida e l'assegnazione di un termine entro il quale eliminarle. 8. Venendo al caso in esame, si osserva che lo stesso riguarda l'omessa tenuta di un registro vidimato obbligatorio, richiesto dall'autorizzazione per l'annotazione dei consumi di prodotto verniciante al fine di poter valutare il rispetto dei limiti di consumo previsti dall'autorizzazione così è precisato nella sentenza impugnata e riconosciuto dagli stessi ricorrenti nell'atto di impugnazione . È evidente che lo scopo di tali annotazioni è quello di consentire, anche attraverso il confronto di dati diversi, un agevole controllo delle condizioni di operatività dell'impianto e, conseguentemente, il raggiungimento di quelle finalità di prevenzione e contenimento dell'inquinamento che la normativa di settore si prefigge. La mancata istituzione del registro non può conseguentemente considerarsi quale mera inosservanza di una prescrizione formale del tutto priva di conseguenze, perché direttamente incidente sulle funzioni di controllo attribuite alla pubblica amministrazione. Va poi aggiunto che, avuto riguardo a quanto appena rilevato, non rileva la circostanza, addotta dai ricorrenti che il controllo dei consumi sarebbe stato comunque effettuato sulla base della documentazione fiscale tenuta dagli imputati poiché, in disparte la circostanza che il riferimento riguarda un dato fattuale non verificabile in questa sede, stante la preclusione dell'accesso agli atti del processo nella specie, il verbale delle dichiarazioni testimoniali rese al dibattimento al giudice di legittimità, detta evenienza rappresenterebbe una fortuita coincidenza che non sottrae rilievo alla astratta idoneità della condotta ad incidere sulle attività di controllo demandate alle autorità competenti e strumentali alla tutela dell'ambiente. 9. Va dunque affermato il principio secondo il quale, il reato di cui all'art. 279, comma 2 d.lgs. 152/06, relativo all'inosservanza delle prescrizioni imposte con l'autorizzazione alle emissioni in atmosfera, è reato formale e di pericolo che si perfeziona anche mediante comportamenti incidenti negativamente sul complesso sistema di autorizzazioni e controlli previsto dalla normativa di settore, che è comunque funzionale alla tutela dell'ambiente, la quale è assicurata anche attraverso la regolamentazione, il contenimento ed il monitoraggio di attività potenzialmente inquinanti. 10. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilità - non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa dei ricorrenti Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186 - consegue l'onere delle spese del procedimento, nonché quello del versamento, in favore della Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 1.000,00 per ciascuno di essi. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.