Omesso versamento IVA: il fallimento porta alla libertà o alla pena?

In materia di reati tributari, commessi dopo la dichiarazione di fallimento del reo, il giudice di merito deve considerare la tipologia dell’imposta, la natura giuridica delle somme da versare da parte del contribuente, l’eventuale obbligo di accantonamento ed ogni altra circostanza del caso specifico, compresa la distrazione di beni personali nel periodo coincidente o meno alla scadenza dell’obbligo fiscale.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 22912, depositata il 3 giugno 2014. Il caso. Il tribunale della libertà di Macerata rigettava l’istanza di riesame proposta da un imputato per il reato di omesso versamento dell’IVA, ai sensi dell’art. 10- ter d.lgs. n. 74/2000. L’uomo ricorreva in Cassazione, contestando ai giudici di merito di non aver considerato l’esistenza di una sentenza di fallimento che gli aveva impedito di corrispondere l’imposta in base all’assunto dell’art. 44 l. fall., secondo cui sono sanzionati con l’inefficacia i pagamenti eseguiti dal fallito dopo la sentenza dichiarativa di fallimento. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione verificava che il tribunale aveva rigettato l’istanza per il solo fatto che il ricorrente era titolare di numerose proprietà immobiliari, essendo stato condannato per bancarotta per distrazione in ordine al fallimento dichiarato prima della scadenza per il pagamento dell’IVA. Poteri del fallito. Secondo i giudici di legittimità, anche se il fallimento non comporta il venir meno dell’impresa, ma solo la perdita della legittimazione sostanziale e processuale del titolare, a cui subentra il curatore, l’art. 42, comma 1, l. fall. stabilisce che la sentenza dichiarativa di fallimento priva, dalla sua data, il fallito dell’amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento. Inoltre, l’art. 44, comma 1, l. fall. sanziona con l’inefficacia, rispetto ai creditori, i pagamenti eseguiti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento. L’obbligo rimane o no? Tuttavia, ciò non significa necessariamente che il contribuente, a seconda della tipologia delle singole imposte, sia esonerato, in caso di intervenuto fallimento, dagli obblighi, anche penalmente sanzionati, di versamento delle somme all’erario, né che il successivo adempimento dell’obbligazione tributaria comporti l’inefficacia dei pagamenti. Indagini del giudice. Questa è una verifica che deve compiere il giudice di merito, il quale non può limitarsi a motivare la sussistenza dell’obbligo tributario con un’argomentazione che ometta totalmente di considerare la tipologia dell’imposta, la natura giuridica delle somme da versare da parte del contribuente, l’eventuale obbligo di accantonamento ed ogni altra circostanza del caso specifico, compresa la distrazione di beni personali nel periodo coincidente o meno alla scadenza dell’obbligo fiscale. Nel caso di specie, il tribunale non poteva, quindi, limitarsi ad asserire che il ricorrente fosse titolare di numerose proprietà immobiliari, essendo stato condannato per bancarotta per distrazione in ordine al fallimento. Al contrario, era necessaria un’indagine più approfondita che valutasse l’esistenza dei requisiti necessari per la configurabilità del reato nonostante l’intervenuta dichiarazione di fallimento. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 6 marzo – 3 giugno 2014, n. 22912 Presidente Fiale – Relatore Di Nicola Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale della libertà di Macerata, con ordinanza resa in data 25 settembre 2013, ha rigettato l'istanza di riesame proposta da M.B. avverso il decreto si sequestro preventivo emesso dal Gip presso il medesimo Tribunale per violazione dell'art. 10 ter d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 rimproverandosi al M. l'omesso versamento nei termini prescritti dell'IVA dovuta per l'anno di imposta 2009 per un ammontare complessivo di 232.728,00 Euro. 2. Per l'annullamento dell'impugnata ordinanza ricorre per cassazione, tramite il difensore, M.B. affidando il gravame a due motivi con i quali deduce 1 mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione al motivo di gravame con il quale si faceva valere nel caso di specie l'esistenza di una sentenza di fallimento che aveva impedito al ricorrente, secondo il suo assunto, di corrispondere l'imposta in considerazione del principio ex art. 44 Legge Fallimentare che sanziona con l'inefficacia i pagamenti eseguiti. dal fallito dopo la sentenza dichiarativa di fallimento primo motivo 2 mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione nella parte in cui l'ordinanza impugnata fa leva, per rigettare il gravame, sulla sentenza di condanna per bancarotta fraudolenta in capo all'indagato nonché alla titolarità in capo allo stesso di numerose proprietà immobiliari oggetto della distrazione fallimentare secondo motivo . Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato sulla base del primo motivo, avendo il Tribunale del riesame omesso di motivare su un punto decisivo del tema cautelare, circostanza che integra il vizio di violazione di legge il quale legittima il ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 325 cod. proc. pen 2. Il Collegio cautelare ha rigettato l'istanza sull'esclusivo rilievo che il ricorrente fosse titolare di numerose proprietà immobiliari, essendo stato condannato per bancarotta per distrazione in ordine al fallimento dichiarato nel giugno del 2010 ed invocato dalla difesa a giustificazione dell'omesso pagamento dell'Iva che doveva essere corrisposta entro il 27 dicembre 2010. In tal modo, dando atto che la condotta omissiva si è consumata dopo la dichiarazione di fallimento, il Tribunale non ha motivato sulla questione posta dal ricorrente e cioè se egli fosse tenuto o meno ad adempiere l'obbligazione tributaria nonostante lo spossessamento conseguente all'apertura della procedura concorsuale. Pur essendo fuori discussione che il fallimento non comporta il venir meno dell'impresa, ma solo la perdita della legittimazione sostanziale e processuale da parte del suo titolare, nella cui posizione subentra il curatore fallimentare, l'art. 42, comma 1, L.F. chiarisce che la sentenza dichiarativa del fallimento priva, dalla sua data, il fallito dell'amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento e l'art. 44, comma 1, stessa legge, sanziona con l'inefficacia, rispetto ai creditori, i pagamenti eseguiti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento, configurandosi come logica conseguenza del principio ex art. 42 L.F. che appunto sancisce la perdita della disponibilità dei beni acquisiti al fallimento per preservare l'integrità dell'attivo, assicurando la par condicio creditorum . Sebbene la norma in questione, alla luce del tenore letterale dell'espressione pagamenti eseguiti dal fallito , nonché del presupposto sul quale si fonda e della finalità che essa persegue, sia riferibile agli atti estintivi di obbligazioni del solvens , compiuti con prelievo dal suo patrimonio e con connesso trattamento preferenziale dello accipiens , non è affatto scontato che il contribuente, a seconda della tipologia delle singole imposte nella specie, Iva , sia esonerato, in caso di intervenuto fallimento, dagli obblighi, anche penalmente sanzionati, di versamento delle somme all'erario e che, in caso di adempimento dell'obbligazione tributaria, le somme corrisposte comportino l'inefficacia dei pagamenti. Una tale verifica, implicando accertamenti di fatto, rientra nei compiti del giudice del merito e l'onere motivazionale circa la ritenuta sussistenza dell'obbligo tributario, penalmente sanzionato, non può, a fronte di un rilievo come quello dedotto dal ricorrente, essere assolto attraverso un apparato argomentativo che ometta totalmente di tenere in conto la tipologia dell'imposta, la natura giuridica delle somme da versare da parte del contribuente, l'eventuale obbligo di accantonamento ed ogni altra circostanza del caso specifico, compresa la distrazione di beni personali con incetta delle provviste nel periodo coincidente o meno alla scadenza dell'obbligo fiscale. Il Collegio cautelare si è limitato ad asserire che il ricorrente fosse titolare di numerose proprietà immobiliari, essendo stato condannato per bancarotta per distrazione in ordine al fallimento. La prospettazione difensiva meritava invece una maggiore considerazione ed un apparato argomentativo che non concludesse con un convincimento espresso in modo lacunoso. Per questa ragione l'ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio, difettando totalmente di motivazione circa l'esistenza dei requisiti necessari per la configurabilità o meno del reato nonostante l'intervenuta dichiarazione di fallimento. P.Q.M. Annulla con rinvio la ordinanza impugnata al Tribunale di Macerata.