Calza leggera sul viso: inutile e dannosa. Scatta l’aggravante

Ai fini della sussistenza della circostanza aggravante del travisamento nel delitto di rapina, è sufficiente una lieve alterazione dell’aspetto esteriore della persona, conseguita con qualsiasi mezzo, anche rudimentale, purché idoneo a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona stessa.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 21890, depositata il 28 maggio 2014. Il caso. La Corte d’appello di Brescia condannava un imputato per il reato di rapina aggravata dal travisamento, in quanto, secondo l’accusa, avrebbe, con il volto coperto da una calza di nylon, spingendo la porta di casa della vittima e minacciandola, preso una somma minima di denaro e due cellulari. L’imputato ricorreva in Cassazione, lamentando la ritenuta sussistenza della circostanza aggravante collegata al travisamento, poiché la calzamaglia indossata sul viso era così leggera da non impedire alla vittima di individuarne i tratti somatici, descritti, infatti, puntualmente in seguito. Difficoltà del riconoscimento. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione reputava che non rilevasse il fatto che la calza, per la sua leggerezza, non avesse impedito del tutto la visualizzazione dei tratti somatici, in quanto, ai fini della sussistenza della circostanza aggravante del travisamento nel delitto di rapina, è sufficiente una lieve alterazione dell’aspetto esteriore della persona, conseguita con qualsiasi mezzo anche rudimentale, purché idoneo a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona stessa. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 3 aprile – 28 maggio 2014, n. 21890 Presidente De Roberto - Relatore Conti Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Brescia confermava la sentenza in data 23 aprile 2009 del Giudice della udienza preliminare del Tribunale di Brescia, con la quale P.A., all'esito di giudizio abbreviato, era stato condannato, con le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, alla pena di due anni, sei mesi, venti giorni ed euro 700 di multa in quanto responsabile dei reati di rapina - aggravata dal travisamento - in danno di A.F. e di porto ingiustificato di coltello con lama lunga 21 cm. in Villa Carcina, il 6 luglio 2005 . Rilevava la Corte di merito essere stato accertato che l'imputato, con il volto travisato da una calza di nylon, con violenza costituita dall'avere spinto energicamente la porta di casa aperta dalla vittima e con minaccia costituita dalla frase non ti faccio niente, dammi i soldi che so dove ce li hai , si era impossessato della somma di euro 15 e di due cellulari sottraendoli ad A.F. essendo inoltre egli stato trovato in possesso di un coltello. 2. Ricorre per cassazione l'imputato, a mezzo del difensore avv. S.R., che deduce i seguenti motivi. 2.1. Vizio di motivazione e violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante collegata al contestato travisamento, posto che la calzamaglia indossata sul viso era talmente leggera da non impedire alla vittima di individuarne i tratti somatici, che venivano poi dalla stessa dettagliatamente descritti. 2.2. Vizio di motivazione e violazione di legge in ordine al ritenuto uso sia della violenza, essendosi l'A. introdotto nell'abitazione della F. approfittando del fatto che questa gli aveva aperto la porta, sia della minaccia, essendosi il medesimo limitato a dire non ti faccio niente, dammi i soldi che so dove ce li hai , e avendo, una volta entrato in casa, semplicemente rovistato nell'armadio della camera da letto circostanze in base alle quali il fatto doveva ritenersi configurare la fattispecie di furto aggravato e non di rapina. 2.3. Vizio di motivazione e violazione di legge in ordine al mancato riconoscimento dell'attenuante del danno lieve relativo all'impossessamento di 15 euro e di due cellulari di modesto valore , alla mancata valutazione di prevalenza delle attenuanti generiche e alla quantificazione della pena, tenuto conto della minima offensività della condotta. Considerato in diritto 1. Il ricorso deduce questioni manifestamente infondate o per altro verso inammissibili. 2. Circa la sussistenza della circostanza aggravante del ricorso al travisamento, è stato accertato, e non è contestato, che l'imputato, nel momento in cui gli venne aperta la porta di casa, indossava sul volto una calza di seta, proprio al fine di celare i suoi lineamenti. Non rileva che la calza, data la sua leggerezza, non impediva del tutto la visualizzazione dei tratti somatici, dato che, come esattamente osservato nella sentenza impugnata, ai fini della sussistenza della circostanza aggravante del travisamento nel delitto di rapina è sufficiente una lieve alterazione dell'aspetto esteriore della persona, conseguita con qualsiasi mezzo anche rudimentale, purché idoneo a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona stessa v. Sez. 2, n. 18858 del 27/04/2011, Di Camillo, Rv. 250114 Sez. 1, n. 5053 del 02/04/1979, Passalacqua, Rv. 142128 . L'uso della violenza è stato esattamente individuato nell'energica spinta impressa dall'imputato all'anta della porta che la F., accortasi del pericolo, stava cercando di chiudere e, quanto alla frase il cui significato minatorio è stato contestato, essa, nell'incensurabile apprezzamento dei giudici di merito aveva il chiaro senso che l'agente non avrebbe fatto dei male alla vittima solo se questa non si fosse opposta alle sue pretese illecite. Correttamente è stata negata la circostanza attenuante del danno lieve, posto che, oltre alla modesta somma di denaro, vennero sottratti alla persona offesa due cellulari. Quanto, infine, alla valutazione di equivalenza e non di prevalenza delle attenuanti generiche e al trattamento sanzionatorio, la Corte di appello ha puntualmente osservato che le relative statuizioni tenevano conto sia delle modalità del fatto sia delle precedenti condanne per reati della medesima indole. 3. Alla inammissibilità dei ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in mille euro. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille in favore della cassa delle ammende.