Mancata notifica: il giudice penale devia le liti verso quello tributario

In materia di reati tributari, in ogni caso, un’eventuale omessa notifica dell’avviso di accertamento non impedisce, comunque, al contribuente pro tempore di impugnare in Commissione Tributaria l’atto successivo, cioè l’avviso di mora o la cartella di pagamento, facendo valere in tale sede le proprie ragioni.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza n. 20638, depositata il 20 maggio 2014. Il caso. La Corte d’appello de L’Aquila confermava la condanna nei confronti di un indagato per i reati di omesso versamento di ritenute certificate e di IVA, ex artt. 10 bis e 10 ter d.lgs. n. 74/2000. L’imputato ricorreva in Cassazione, lamentando un errore nell’indicazione della data di commissione del reato nel capo di imputazione, che integrerebbe una violazione del divieto di correlazione tra accusa e sentenza, e non un mero errore materiale, come affermato, invece, dai giudici di merito. Inoltre, contestava alla Corte d’appello di aver ritenuto sussistente la notifica dell’avviso di accertamento, facendo genericamente riferimento alla documentazione prodotta dal pm e alla denuncia presentata dall’Agenzia delle Entrate, ma senza darne la prova. Errori essenziali. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che, in tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta, in cui si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio del diritto alla difesa. Perciò, la violazione non sussiste quando l’imputato, attraverso l’ iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione. Nel caso di specie, il mero errore nella data di commissione del reato non determinava quelle conseguenze dannose per il diritto alla difesa. Possibilità alternative. Per quanto riguardava la mancata notifica dell’avviso di accertamento, i giudici di legittimità ritenevano che, in ogni caso, un’eventuale omessa notifica dell’avviso di accertamento non avrebbe, comunque, impedito al contribuente pro tempore di impugnare in Commissione Tributaria l’atto successivo, cioè l’avviso di mora o la cartella di pagamento, facendo valere in tale sede le proprie ragioni. Per questi motivi, la Corte di Cassazione rigettava il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 30 aprile – 20 maggio 2014, n. 20638 Presidente Mannino – Relatore Orilia Ritenuto in fatto 1. La Corte d'Appello di L'Aquila, con sentenza 14.11.2013 per quanto ancora interessa ha confermato la colpevolezza di D.D. in ordine al reato di cui agli artt. 10 bis e 10 ter D. L.vo n. 74/2000 omesso versamento di ritenute certificate e di IVA per l'anno di imposta 2005 rilevando che la diversa data del commesso reato contenuta nel capo di imputazione era frutto di un mero errore materiale che la notifica dell'avviso di accertamento risultava dalla documentazione prodotta dal Pubblico Ministero ed in particolare dalla denunzia del 9.12.2008 a firma del Dirigente dell'Ufficio di vasto, da cui risultava che l'esito del controllo era stato regolarmente notificato in data 24.10.2008. 2. Il difensore ricorre per cassazione censurando il giudizio di responsabilità con tre motivi. Considerato in diritto 1. Col primo motivo il ricorrente denunzia erronea applicazione dell'art. 521 cpp e manifesta illogicità della motivazione, rilevando in particolare che l'errore nell'indicazione della data di commissione del reato nel capo di imputazione 13.10.2005 in luogo del 27.12.2006 integra violazione del divieto di correlazione tra accusa e sentenza, e non già mero errore materiale come arbitrariamente ritenuto dalla Corte d'Appello. Il motivo è manifestamente infondato e pertanto va dichiarato inammissibile ai sensi dell'art. 606 ultimo comma cpp. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, in tema di correlazione tra imputazione contestata e sentenza, per aversi mutamento del fatto occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l'ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un'incertezza sull'oggetto dell'imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa ne consegue che l'indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l'imputato, attraverso l'iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all'oggetto dell'imputazione, cfr. Sez. U, Sentenza n. 36551 del 15/07/2010 Ud. dep. 13/10/2010 Rv. 248051 Cass. Sez. 4, Sentenza n. 16900 del 04/02/2004 Ud. dep. 09/04/2004 Rv. 22804 . Nel caso di specie, si è palesemente fuori dalla violazione del suddetto principio perché, come correttamente osservato dalla Corte d'Appello, il mero errore nella data di commissione del reato che per le violazioni relative all'anno 2005, è quella del 27.12.2006, come ormai chiarito anche dalla sezioni unite cfr. s.u. sentenza 28 marzo 12 settembre 2013 n. 37424 non determina affatto quelle conseguenze dannose per il corretto esercizio del diritto di difesa che la citata giurisprudenza richiede. 2. Col secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 13 e 14 del D. Lvo n. 74/2000 e la manifesta illogicità della motivazione sulla mancata notifica all'imputato dell'avviso di accertamento. Rileva che la Corte d'Appello ha ritenuto sussistente detta notifica con generico riferimento alla documentazione prodotta dal PM e alla denunzia presentata dalla Agenzia delle Entrate, ma non ne ha dato la prova. Precisa di essere vento a conoscenza dell'omesso versamento solo con la notifica dell'avviso di conclusione delle indagini, il che gli ha impedito di contestare l'accertamento oppure di accedere alle procedure conciliative previste dalle norme tributarie e di usufruire delle attenuanti di cui agli artt. 13 e 14 del D. Lvo n. 74/2000. Il motivo merita la stessa sorte del precedente. Il controllo del giudice di legittimità sui vizi della motivazione attiene solo alla coerenza strutturale della decisione di cui si saggia l'oggettiva tenuta sotto il profilo logico argomentativo. Al giudice di legittimità è infatti preclusa in sede di controllo sulla motivazione la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti preferiti a quelli adottati dal giudice del merito perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa . Queste operazioni trasformerebbero infatti la Corte nell'ennesimo giudice del fatto e le impedirebbero di svolgere la peculiare funzione assegnatale dal legislatore di organo deputato a controllare che la motivazione dei provvedimenti adottati dai giudici di merito a cui le parti non prestino autonomamente acquiescenza rispetti sempre uno standard minimo di intrinseca razionalità e di capacità di rappresentare e spiegare l'iter logico seguito dal giudice per giungere alla decisione cass. Sez. 6, Sentenza n. 9923 del 05/12/2011 Ud. dep. 14/03/2012 Rv. 252349 . Nel caso di specie, costituisce tipico accertamento in fatto il rilievo, da parte del giudice di merito, della avvenuta notifica dell'avviso di accertamento e la motivazione adottata dalla Corte d'Appello non appare censurabile laddove ha esplicitato le ragioni del convincimento in ordine alla avvenuta notifica desumendole dagli atti specificamente indicati. In ogni caso, come affermato dalla Sezione tributaria di questa Corte, una eventuale omessa notifica dell'avviso di accertamento non avrebbe comunque impedito al contribuente pro tempore di impugnare in Commissione Tributaria l'atto successivo, cioè l'avviso di mora o la cartella di pagamento, facendo ivi valere le proprie ragioni Sez. 6 5, Ordinanza n. 3374 del 02/03/2012 Rv. 621462 Sez. 5, Ordinanza n. 6721 del 04/05/2012 Rv. 622367 . 3. Inammissibile per manifesta infondatezza si rivela, infine, anche il terzo motivo con cui il ricorrente denunzia la mancanza di motivazione in ordine all'applicazione dell'art. 81 cp osservando che la Corte d'Appello, una volta pronunciata l'assoluzione per omesso versamento dell'IRAP, avrebbe dovuto provvedere a riquantificare la pena anche in ordine al concorso di reati non più contestabile. La manifesta infondatezza emerge dal fatto che il giudice d'Appello ha evidentemente chiaramente l'aumento per la continuazione laddove ha rideterminato in otto mesi di reclusione la pena dal primo giudice fissata in dieci mesi proprio a seguito dell'assoluzione del D. per il mancato versamento dell'IRAP la diminuzione è stata dunque operata in misura di mesi due. Non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sentenza 13.6.2000 n. 186 , alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria ai sensi dell'art. 616 cpp nella misura indicata in dispositivo. P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro. 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.