Di chi è il bene? Chi lo usa? Chi ne dispone? Prima si risponde, poi si sequestra

Ai fini dell’adozione di un sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, nella nozione di disponibilità dell’indagato, al pari di quella civilistica del possesso, rientrano tutte quelle situazioni in cui i beni, che s’intendono sottoporre al vincolo, ricadano nella sfera degli interessi economici del reo, anche se il potere dispositivo su di essi venga esercitato per il tramite di terzi.

È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 18766, depositata il 6 maggio 2014. Il caso. Il tribunale del riesame di Palermo confermava il decreto del gip, che aveva disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni e valori di un appartamento, di proprietà del figlio di un imputato. Anche se il proprietario era il figlio, si riteneva che il bene fosse nella disponibilità del padre, che lo aveva acquistato, inizialmente, con delle somme di denaro proveniente, secondo le accuse, da fatti di truffa. Il figlio ricorreva in Cassazione, affermando che l’appartamento era un bene di cui era formalmente e di fatto titolare, che egli era estraneo ai fatti per cui si procedeva e che i genitori risultavano titolari esclusivamente di una quota pari ad 1/20 dell’usufrutto del bene. Di conseguenza, contestava la possibilità di procedere al sequestro di un bene, che non era né di proprietà né nella disponibilità dell’indagato. Si trattava, infatti, di una donazione indiretta effettuata dai genitori, senza intenti simulatori, in favore del ricorrente, con un prezzo da essi interamente pagato, e, in quanto tale, avente ad oggetto l’immobile, non la somma utilizzata per il suo acquisto. Perciò, i giudici di merito avrebbero confuso il concetto di disponibilità con quello di donazione in favore di un terzo. È necessaria la disponibilità da parte dell’indagato Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che, ai fini dell’adozione di un sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, nella nozione di disponibilità dell’indagato, al pari di quella civilistica del possesso, rientrano tutte quelle situazioni in cui i beni, che s’intendono sottoporre al vincolo, ricadano nella sfera degli interessi economici del reo, anche se il potere dispositivo su di essi venga esercitato per il tramite di terzi. Quindi, per disponibilità deve intendersi la presenza di una relazione effettuale dell’indagato con il bene, connotata dall’esercizio di poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà, non essendo, invece, necessaria, la formale titolarità del soggetto. anche tramite terzi. Questo potere di fatto può essere esercitato direttamente o a mezzo di altri soggetti, che a loro volta possono detenere la cosa nel proprio interesse o in quello altrui, per cui la nozione di disponibilità va estesa non solo alla mera presenza di una relazione naturalistica o di fatto con il bene, ma anche a quelle situazioni in cui il bene ricada nella sfera degli interessi economici dell’indagato anche se il potere viene esercitato tramite terzi . In questi casi, possono assumere rilievo sia l’interposizione fittizia, cioè le situazioni in cui il bene, anche se formalmente intestato a terzi, ricada nella disponibilità effettiva dell’indagato, sia quella reale”, o fiduciaria, che ricorre quando l’interponente trasferisce o intesta, alcuni beni all’interposto, ma con l’accordo fiduciario sottostante che questi beni saranno detenuti, gestiti o amministrati nell’interesse del dominus e secondo le sue direttive. È necessario, tuttavia, che venga dimostrata la disponibilità del bene da parte dell’indagato e che sia riscontrabile, pertanto, una divergenza con il dato apparente di una situazione connotata dall’intestazione solo formale dell’atto. Nel caso di specie, non bastava il rilievo legato al mero dato formale di una modesta quota di usufrutto riservata ai genitori del ricorrente, ossia di una clausola, il cui inserimento, in astratto, non escludeva l’effettiva disponibilità da parte dell’indagato. Mancando, quindi, una valutazione specifica, anche in termini di semplice probabilità, del collegamento di tali beni con le attività delittuose poste in essere dall’indagato, la Corte di Cassazione annullava la sentenza impugnata e la rinviava per una nuova analisi.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 18 febbraio – 6 maggio 2014, n. 18766 Presidente Agrò – Relatore De Amicis Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 9 luglio 2013 il Tribunale del riesame di Palermo ha rigettato la richiesta proposta nell'interesse del terzo G.C. avverso il decreto emesso dal G.i.p. presso quel Tribunale in data 17 giugno 2013, che aveva disposto, tra l'altro, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni e valori, tra cui un appartamento di civile abitazione in proprietà dell'istante, facente parte di un fabbricato sito in Palermo, via Sammartino n. 116 riportato in catasto del Comune di Palermo, fg. 44, part. 283/3, zona cens. 3, cat. A/3, cl. 2, vani 6,5 . Il sequestro è stato adottato sul presupposto che il bene era nella disponibilità del padre, G.F., e risultava acquistato e ristrutturato con somme di denaro provento di un sistema consolidato di condotte truffaldine a lui addebitate. 2. Avverso la su indicata ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del G.C., deducendone la nullità per violazione degli artt. 321 c.p.p. e 322-ter, 240 c.p., in relazione agli artt. 640-bis c.p. e 2 del D. Lgs. n. 74/2000, poiché si tratta di un bene che si trova nella titolarità formale e di fatto del ricorrente, soggetto del tutto estraneo ai fatti per cui si procede, mentre i suoi genitori, G.F. ed A.C., risultano titolari esclusivamente di una modesta quota pari ad un ventesimo ciascuno dell'usufrutto del bene. E' dunque impossibile procedere al sequestro di un bene che non risulta di proprietà dell'indagato e nemmeno nella sua effettiva disponibilità, trattandosi di una donazione indiretta effettuata dai genitori, senza intenti simulatori, in favore del ricorrente, con un prezzo da essi interamente pagato, e in quanto tale avente ad oggetto l'immobile, non già la somma utilizzata per il suo acquisto. Il vizio di fondo che caratterizza il provvedimento impugnato è, in definitiva, quello di aver confuso il concetto di disponibilità con quello di donazione in favore di un terzo. Considerato in diritto 3. Il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni di seguito indicate. 4. Emerge dal provvedimento impugnato che il ricorrente è persona estranea ai fatti per i quali si procede, e che l'immobile in sequestro è stato acquistato il 4 luglio 2011 dai suoi genitori - G.F. ed A.C. - che hanno versato il prezzo, mantenendo l'usufrutto vitalizio con diritto di accrescimento reciproco sulla quota di 1/20, mentre la nuda proprietà, per la quota di 19/20, è stata conferita al figlio. Sulla questione di diritto oggetto della principale doglianza difensiva, incentrata sull'assenza dei presupposti del vincolo cautelare reale, in quanto applicato su un bene il cui trasferimento non appariva schermato da alcuna forma di intestazione fittizia, risultando lo stesso nella piena titolarità, formale e sostanziale, di un terzo estraneo ai fatti, non è stata offerta, tuttavia, alcuna risposta nella motivazione del provvedimento impugnato. 5. Sul punto deve rilevarsi, preliminarmente, che, ai fini dell'adozione di un sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, nella nozione di disponibilità dell'indagato, al pari di quella civilistica del possesso, rientrano tutte quelle situazioni nelle quali i beni che s'intendono sottoporre al vincolo ricadano nella sfera degli interessi economici del reo, ancorché il potere dispositivo su di essi venga esercitato per il tramite di terzi v. Sez. 3, n. 15210 del 08/03/2012, dep. 20/04/2012, Rv. 252378 . A tale riguardo, si è più volte affermato in questa Sede da ultimo, v. Sez. 2, n. 22153 del 22/02/2013, dep. 23/05/2013, Rv. 255950 Sez. 6, n. 11902 del 27/01/2005, dep. 25/03/2005, Rv. 231234 , il principio secondo cui per disponibilità deve intendersi la presenza di una relazione effettuale dell'indagato con il bene, connotata dall'esercizio di poteri di fatto corrispondenti al diritto di proprietà. Tale nozione coincide con la signoria di fatto sulla res, indipendentemente dalle categorie delineate dal diritto privato, riguardo al quale il richiamo più appropriato sembra essere quello riferito al possesso nella definizione che ne dà il disposto di cui all'art. 1140 c.c Non è necessario, quindi, che i beni siano nella formale titolarità del soggetto indagato o condannato, ma è necessario e sufficiente che egli eserciti un potere di fatto sui medesimi e ne abbia la effettiva disponibilità. Ovviamente, tale potere di fatto ben può essere esercitato direttamente o a mezzo di altri soggetti, che a loro volta possono detenere la cosa nel proprio interesse detenzione qualificata o nell'interesse altrui detenzione non qualificata , con la conseguenza che la nozione di disponibilità non può essere limitata alla mera presenza di una relazione naturalistica o di fatto con il bene, ma va estesa, come si è accennato poc'anzi, a tutte quelle situazioni nelle quali il bene stesso ricada nella sfera degli interessi economici del prevenuto, ancorché il medesimo eserciti il proprio potere su di esso per il tramite di altri soggetti. In tal senso ben possono venire in rilievo, legittimando il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente, i meccanismi propri della interposizione fittizia, vale a dire tutte quelle situazioni in cui il bene, pur essendo formalmente intestato a terzi, ricada nella sfera di disponibilità effettiva dell'indagato o del condannato. Nella medesima prospettiva, peraltro, occorre precisare che può assumere rilievo anche la diversa figura della c.d. interposizione reale o fiduciaria, che ricorre allorquando l'interponente trasferisce o intesta, ad ogni effetto di legge, taluni beni all'interposto, ma con l'accordo fiduciario sottostante che detti beni saranno detenuti, gestiti o amministrati nell'interesse del dominus e secondo le sue direttive, ossia tutte quelle situazioni in cui l'interposto ne è l'effettivo titolare erga omnes, purché legato da un rapporto fiduciario con l'interponente cfr. Sez. 2, n. 41051 del 26/10/2011, dep. 11/11/2011, Rv. 251542 . È necessario, tuttavia, che venga dimostrata la presenza di una disponibilità, secondo la nozione sopra delineata, del bene da parte dell'indagato e che sia riscontrabile, pertanto, una divergenza con il dato apparente di una situazione connotata dall'intestazione solo formale dell'atto. Nel caso in esame non può certo ritenersi sufficiente, ai fini qui considerati, e in difetto di ulteriori elementi connotati da una specifica valenza sintomatica, il rilievo legato al mero dato formale di una modesta quota di usufrutto riservata ai genitori del ricorrente, ossia di una clausola il cui inserimento, valutato nel quadro complessivo dell'operazione negoziale, di per sé non esclude la formale titolarità e la effettiva disponibilità dell'immobile da parte dell'acquirente. Ne discende, anche in relazione al connesso profilo dell'accertamento della sussistenza del periculum di cui all'art. 321 c.p.p., che la possibilità di sottoporre a sequestro preventivo beni formalmente nella disponibilità di terzi estranei al procedimento penale impone una pregnante valutazione, sia pure in termini di semplice probabilità, del collegamento di tali beni con le attività delittuose poste in essere dall'indagato, sulla base di elementi sintomatici, che appaiano concretamente indicativi della loro effettiva disponibilità da parte dell'indagato arg. ex Sez. 6, n. 27340 del 16/04/2008, dep. 04/07/2008, Rv. 240573 Sez. 5, n. 11287 del 22/01/2010, dep. 24/03/2010, Rv. 246359 . Situazioni, quelle ora generalmente prospettate, che possono verificarsi a vario titolo e secondo distinte modulazioni negoziali, in ragione del carattere meramente fittizio della intestazione - con il sostanziale effetto dell'acquisto del bene in capo al soggetto interponente - ovvero sulla base di un sottostante accordo fiduciario con quest'ultimo - secondo cui il bene viene detenuto, gestito o amministrato dall'interposto nell'interesse e secondo le direttive del dominus - o, infine, di particolari rapporti in atto fra il terzo titolare e l'indagato, da cui possa fondatamente desumersi la presenza di un consapevole intento elusivo dell'applicazione di norme imperative ex art. 1344 c.c. , attraverso la definizione di un'intesa indirettamente orientata al raggiungimento di un risultato illecito con la distorsione della funzione tipicamente ricollegabile all'utilizzo dello strumento negoziale in concreto prescelto. 6. S'impone, dunque, l'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato, per un nuovo esame che dovrà colmare le lacune sopra indicate, uniformandosi ai principii stabiliti da questa Suprema Corte. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Palermo.