Sopravvenuta convenzione con il Comune? Viene meno il periculum in mora

In materia di lottizzazione abusiva, il periculum in mora che, ai sensi dell’art. 321 c.p.p., legittima il sequestro preventivo e consiste nella necessità di evitare che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato possa provocare l’aggravarsi o il protrarsi delle conseguenze di esso, deve essere attuale, con la conseguenza che qualora, anche per fatti sopravvenuti nel caso di specie, stipula di una convenzione urbanistica con il Comune , le esigenze di cautela vengano meno, deve farsi luogo alla revoca ai sensi dell’art. 321, comma terzo, c.p.p

Lo ha stabilito la sez. III Penale della Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18321, depositata il 5 maggio 2014. Il sequestro preventivo L’art. 321 c.p.p. costituisce la seconda misura cautelare reale prevista dal codice di rito. Essa fu introdotta con il codice del 1988 per meglio regolamentare una materia in precedenza affidata alla polizia giudiziaria. In occasione della riforma, il legislatore ha voluto chiarire la materia, tipizzare i provvedimenti, garantire i controlli giurisdizionali e disciplinare i collegamenti dell’istituto ex art. 321 c.p.p. nelle leggi speciali e nella pratica giudiziaria. Il sequestro è un istituto giuridico che si adatta alle molteplici finalità previste dalle diverse fonti normative, aventi come denominatore comune l’imposizione di restrizioni sostanziali o formali all’utilizzo svincolato di un bene, spesso finalizzate all’espropriazione definitiva a favore dello Stato e dunque alla confisca . Sul piano esecutivo, il sequestro preventivo avviene mediante la fisica apprensione, materiale e/o formale del bene sequestrato, eseguito dal pm anche mediante la polizia giudiziaria, con le stesse modalità previste per il sequestro probatorio, atteso l’esplicito richiamo contenuto nell’art. 104 disp. att. c.p.p., in virtù del quale per il sequestro preventivo si applicano le disposizioni concernenti il sequestro probatorio. In generale, dall’enunciazione di cui all’art. 321, commi 1 e 2, c.p.p., si individuano tre diverse ipotesi di sequestro preventivo quando vi è il pericolo che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso quando v’è il pericolo che la cosa possa agevolare la commissione di altri reati nell’ultima ipotesi contemplata nel caso di specie , che prevede il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca , il sequestro preventivo costituisce un istituto specifico e autonomo rispetto a quello disciplinato dal comma 1, caratterizzantesi per la peculiarità del presupposto la mera confiscabilità del bene da sottoporre a vincolo e dello scopo garantire la conservazione della cosa sequestrata nelle more del procedimento sanzionatorio . Ne consegue che l’adozione di tale ultima tipologia di confisca deve parametrarsi sulla falsariga dell’atto la confisca, appunto che essa va ad anticipare” il periculum in mora si ricollega alla confiscabilità del bene, che non è correlata alla pericolosità sociale dell'agente, come nel caso di cui sopra, ma a quella della res . e l’obbligo di motivazione del relativo provvedimento. Il ricorso del pm, di cui alla sentenza in commento, relativa ad un caso di sequestro preventivo disposto nell’ambito di un’operazione di contrasto ad una lottizzazione abusiva, è stato censurato dalla sez. III Penale della Suprema Corte di Cassazione, sul presupposto che il provvedimento impugnato, il quale aveva disposto la parziale revoca del sequestro preventivo originariamente accordato, era adeguatamente motivato. La pronuncia de qua consente di rimarcare che spesso, nella pratica giudiziaria, specie in sede di Riesame, si assiste al venir meno del fondamentale ruolo di garanzia e di controllo della legalità che la legge attribuisce all’organo giudicante. In particolare, è difficile comprendere come a volte il Collegio Giudicante ometta di tenere nel debito conto tutte le contestazioni difensive, ampiamente esposte tanto nell’istanza di riesame del sequestro, quanto nella relazione tecnica quasi sempre allegata dal consulente di parte. Ciò a conferma del fatto che, troppo spesso, il Tribunale del Riesame consapevolmente abdica alla propria funzione di controllo di legalità e di garanzia delle prerogative difensive, attribuitogli per legge, privilegiando obiettivi di sbrigativa” deflazione delle impugnazioni. Orbene, a fronte di decisioni che non tengono in debita considerazione le motivazioni ed allegazioni favorevoli a chi subisce il sequestro, è dovere della difesa eccepire, in sede di legittimità, la contraddittorietà o addirittura l’assenza come erroneamente ritenuto dal pm nella fattispecie in esame della motivazione, ai fini dell’annullamento del provvedimento di sequestro impugnato, ogniqualvolta tale contraddittorietà sia interna all'apparato motivazionale posto a sostegno della decisione attinente il punto oggetto di censura. Il periculum in mora. La sentenza in commento richiama pure l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, in tema di sequestro preventivo, il periculum in mora previsto dall'art. 321 c.p.p. non può ritenersi sussistente nel caso in cui sia avvenuto il trasferimento del bene ai sensi dell'art. 1376 c.c. infatti, nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento di una cosa determinata, la proprietà si acquista con il consenso delle parti ed anche quando il contratto è affetto da un vizio del consenso quale quello previsto dall'art. 1427 c.c., il negozio giuridico produce i suoi effetti finché non venga annullato. Peraltro, l'avvenuto legittimo trasferimento della proprietà del bene fa venir meno il periculum in mora anche sotto il profilo dell'aggravamento o della protrazione delle conseguenze dannose del reato ascritto all'indagato, anche in considerazione del profilo ormai realizzato da quest'ultimo.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 7 marzo – 5 maggio 2014, n. 18321 Presidente Fiale – Relatore Pezzella Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale del Riesame di Pavia, pronunciando sull'appello avanzato da D.A. , D.P. e dalla GREEN CAMPUS srl in persona del l.r.p.t. avverso il provvedimento con cui il GIP presso il Tribunale di Pavia il 3.8.2013 aveva rigettato la richiesta di revoca del sequestro preventivo disposto in data 4.3.2013 sulle aree della società ricorrente site in omissis , revocava parzialmente il sequestro preventivo disposto sull'area di proprietà di GREEN CAMPUS srl in omissis e per l'effetto ordinava la restituzione dei suddetti beni agli aventi diritto, ad eccezione degli immobili già oggetto di compravendita, i cui proprietari non abbiano sottoscritto o non abbiano successivamente aderito alla Convenzione 11.7.2013 con il Comune di Pavia. Il GIP, su conforme richiesta del Pm, aveva disposto il sequestro preventivo degli immobili ipotizzando il reato di lottizzazione abusiva, ritenendo che l'opera, così come realizzata e regolata, non potesse considerarsi in nessun caso quale residenza universitaria bensì un intervento edilizio di puro carattere residenziale. 2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione il Pubblico ministero presso il tribunale di Pavia deducendo un unico motivo di violazione di legge ai sensi dell'articolo 606 co. 1 lett. b cod. proc. pen Il ricorrente ricorda come il Gip di Pavia con ordinanza del 4.3.2013 aveva disposto il sequestro preventivo dell'area, evidenziando, in estrema sintesi, come l'intervento edilizio realizzato rivestisse puro carattere residenziale, in contrasto con le previsioni urbanistiche articolo 24 delle NTA del PRG che al comma 21 stabilisce è ammesso l'intervento diretto del privato per la realizzazione di servizi pubblici sua area di proprietà privata solo previa redazione di specifica convenzione regolante le modalità e le forme di utilizzazione del servizio . Il permesso di costruire, in tal senso, sarebbe stato illegittimamente rilasciato in quanto, al posto della prescritta convenzione, era stato sottoscritto un atto unilaterale d'obbligo da parte dei proprietari, nel quale era contenuto un mero impegno, per sé e per gli aventi causa, ad affittare le unità immobiliari a studenti universitari, dipendenti dell'ateneo, professori ed assimilati, in contrasto con le sopra citate previsioni urbanistiche, e a tutte le altre norme dettagliatamente richiamate nel decreto di sequestro volte a garantire la vocazione pubblica dell'area e ad assicurare una gestione unitaria del servizio. Dopo che furono ultimati i lavori, il proprietario aveva invece iniziato a vendere, previo frazionamento catastale, i singoli appartamenti, palesando la reale finalità di realizzare un insediamento puramente residenziale, inserendo negli atti di vendita il richiamo all'atto d'obbligo, ciò che asseritamente avrebbe garantito il rispetto della destinazione degli immobili, previsione ritenuta del tutto insufficiente dal giudice. L'impostazione del Gip - come ricorda il pm ricorrente - veniva inizialmente condivisa dal Tribunale del riesame di Pavia, che rigettava numerosi ricorsi, sottolineando in particolare l'assenza della necessaria convenzione tra il soggetto realizzatore del complesso, l'università ed il Comune di Pavia, ritenuto l'unico strumento capace di disciplinare le modalità e le forme di utilizzazione della struttura residenziale in modo confacente alla sua destinazione a residenza universitaria pur per il previsto apporto privato. A seguito della sottoscrizione in data 11/7/2013 di una convenzione tra il Comune di Pavia, la società Green Campus e altri 41 acquirenti proprietari di singole unità immobiliari veniva presentata istanza di dissequestro sul presupposto che, senza entrare nel merito del fumus del reato, l'atto sottoscritto renderebbe attualmente conforme l'intervento alle previsioni urbanistiche, con conseguente venir meno del periculum in mora anche in considerazione dell'impossibilità, in forza della stessa convenzione, di disporre la confisca dell'area anche in caso di condanna. Successivamente al rigetto dell'istanza di dissequestro da parte del Gip, il Tribunale di Pavia in sede di appello accoglieva il ricorso e disponeva il parziale dissequestro dell'area nei termini di cui si è detto in precedenza. Il pubblico ministero ricorrente dissente nettamente dalle argomentazioni di cui all'impugnata ordinanza, in quanto, a suo avviso, contrastanti con gli elementi di fatto e di diritto desumibili dagli atti del procedimento e rileva quelle che a suo dire sarebbero molteplici violazioni, o quanto meno erronee applicazioni di norme con riferimento all'individuazione dei presupposti del reato di lottizzazione abusiva contestato e in materia di confisca. L'aspetto da valutare attentamente secondo il Tribunale - ricorda il ricorrente - sarebbe quello costituito dalla stipula di una convenzione ex post tra il Comune di Pavia, la società Green Campus ed alcuni proprietari dei singoli appartamenti già venduti, che costituisce il reale novum rispetto alla precedente situazione, per valutare se in essa sia contenuta una disciplina in ordine alla conservazione della destinazione d'uso, che garantisca una gestione unitaria del complesso e una uniformità nell'erogazione del servizio. Dunque - rileva ancora il ricorrente - lo stesso tribunale ritiene, così come pm ed il gip, indispensabile una gestione unitaria del complesso immobiliare e del relativo servizio pubblico fornito per rispettare la previsione urbanistica dell'area destinata ad un servizio pubblico di interesse generale qual è quello di residenza universitaria. Orbene basterebbe valorizzare, secondo il ricorrente, solo questo primo aspetto per evidenziare un'insanabile contraddizione tra la premessa e le conclusioni a cui perviene il tribunale, laddove ritiene che la nuova convenzione consente di rispettare il vincolo urbanistico imposto dalle norme di piano, giustificando il dissequestro la restituzione dei soli immobili appartenenti a soggetti che hanno sottoscritto la nuova convenzione. Il fatto che non tutti i proprietari abbiano proceduto a tale sottoscrizione, tanto da indurre il tribunale ad emettere un provvedimento parziale di dissequestro del complesso immobiliare, impedisce, infatti, ad oggi, secondo la tesi proposta dal pm ricorrente, quella gestione unitaria del complesso del servizio anche in virtù del fatto che per i proprietari non sottoscrittori continua a valere solo l'atto unilaterale d'obbligo, più volte ritenuto insufficiente dallo stesso tribunale. Il pm ricorrente lamenta che contrariamente a quanto sostenuto dal tribunale ancor prima della mancanza della convenzione, è lo stesso frazionamento, secondo le concrete modalità poste in essere dalla società proprietarie dei soggetti indagati, che si pone radicalmente in contrasto con le finalità di perseguimento dell'interesse pubblico che avrebbe dovuto essere alla base della realizzazione del complesso immobiliare in questione, secondo le norme urbanistiche di piano, e che invece rileva un chiaro intento di preordinata elusione a tali previsioni, che il tribunale indebitamente avrebbe trascurato. Il ricorrente precisa di non avere mai sostenuto l'esistenza di un vincolo di inalienabilità assoluta di natura conformativa o espropriativa sui suoli di cui si discorre, ma di avere al contrario sostenuto l'illiceità della parcellizzazione dell'insediamento in singoli lotti, vendibili a scopo residenziale e senza reali vincoli, in quanto tale operazione, ponendosi in antitesi con la fornitura di un servizio di interesse generale sottoposto ad una gestione unitaria e a un reale controllo da parte della pubblica amministrazione, configura una tipica ipotesi di lottizzazione abusiva cosiddetta negoziale, in spregio alla disciplina urbanistica di piano. Nel ricorso viene ricordato il rinvenimento presso quelli che erano di fatto gli uffici della Green Campus, che evidenzierebbe l'effettivo scopo edificatorio perseguito dai soggetti coinvolti, di una scrittura privata tra la precedente proprietaria dell'area Arco srl e gli attuali proprietari risalente al 30/9/2008, da cui emergeva in modo inequivoco la volontà speculativa di realizzare un intervento di edilizia abitativa che consenta la libera vendita anche a soggetti che non siano studenti, dipendenti e/o ospiti dell'Università, dello IUSS o di enti con essi convenzionati . Ancora, si evidenzia il consistente aumento di valore dell'area dove sorge l'immobile, passato da 1,8 milioni di Euro pagati da Arco Srl per acquistare l'area agli oltre 6 milioni pagati dalla IMM.CO srl poi divenuta Green Campus srl che non troverebbero altrimenti spiegazioni se non nella trasformazione della destinazione dell'area derivante dalla volontà di realizzare un complesso di carattere squisitamente residenziale. In definitiva, sul punto viene ribadito che sarebbero possibili atti di alienazione ma solo se riguardassero porzioni del complesso, ciascuna compatibile con una reale gestione unitaria del servizio e non, invece, ogni singolo alloggio, con annesso posto auto, come invece realizzato dalla società proprietaria, perché in tal modo si configurerebbe una pura e semplice operazione di speculazione immobiliare. Già sotto questo primo aspetto, dunque, la decisione risulterebbe viziata, posto che il parziale dissequestro non consentirebbe una gestione unitaria, svolta da un unico soggetto, del servizio pubblico di interesse generale e dunque resisterebbe immutato, sia il fumus del reato che il periculum , posto che per i pro-prietari non aderenti alla convenzione nulla è cambiato. Non essendo modificata l'antigiuridicità della lottizzazione il sequestro quindi doveva essere mantenuto quale misura preordinata la confisca. Il pm ricorrente contesta la motivazione del tribunale del riesame circa gli effetti sananti della convenzione sopravvenuta. Viene evidenziato, in particolar modo, che non è prevista alcuna ipotesi di sanatoria per il reato di lottizzazione abusiva, come specificamente indicato dalle norme ed anche pacificamente sostenuto dalla dottrina e dalla giurisprudenza costante vengono citate questa sez. 3 n. 23184 del 18/5/2006, n. 24451 del 26/4/2007 . Non condivisibile sarebbe poi, ad avviso del pm ricorrente, il richiamo scolastico a tutti gli istituti conservativi del diritto civile ed amministrativo, che risulterebbe del tutto inconferente, non attagliandosi alcuno di essi alla fattispecie che occupa. In particolare, viene ricordato come le pronunce citate di questa Suprema Corte facciano esplicito riferimento, in tema di lottizzazione abusiva, ad una successiva adozione di un cosiddetto piano di recupero urbanistico o alla successiva autorizzazione a lottizzare rilasciata dal consiglio comunale. Nel caso in esame sarebbe stato perciò impropriamente richiamato il principio generale della sanatoria degli atti giuridici illegittimi, che non trova applicazione in caso di lottizzazione abusiva, con riferimento all'estinzione del reato, con conseguente applicazione della confisca come conseguenza inevitabile in caso di condanna degli imputati. Viene ancora evidenziato con forza che nel caso di specie non si tratta soltanto di una ipotesi di un titolo edilizio mancante o illegittimo, che in astratto potrebbe essere integrato, sempre che siano seguite le procedure corrette ciò che non è accaduto , bensì di una illecita e premeditata condotta materiale che ha portato ad una destinazione diversa, rispetto a quella prevista, delle residenze universitarie realizzate in forza del titolo. Ci si dilunga, poi, sui contenuti della convenzione e sulla mancata previsione in ordine alle vendite già compiute e su altri aspetti di assunta carenza della stessa anche dal punto di vista procedimentale. Il pm ricorrente chiede quindi che venga annullata l'impugnata ordinanza con rinvio al Tribunale di Pavia. 3. In data 20 febbraio 2014 è stata depositata memoria nell'interesse di D.A. , D.P. e della Green Campus Srl con cui si ripercorre la cronologia dei fatti della vicenda e si ricorda come, impregiudicate le questioni di diritto, la società Green Campus abbia preferito seguire l'impostazione del giudice del riesame e quindi stipulare con il Comune di Pavia in data 11 luglio 2013 una convenzione nella quale ha recepito puntualmente tutto quanto ritenuto necessario dai consulenti del Comune medesimo per garantire la destinazione di piano regolatore. Nella stessa, infatti, tra l'altro a. si ribadisce l'obbligo di destinazione degli edifici a residenza universitaria, vale a dire l'obbligo di locare a studenti, docenti o assimilati e dipendenti dell'Università di Pavia, con il divieto di uso diretto da parte di proprietari non studenti o che dopo l'ingresso della residenza abbiano perduto tale qualità dunque per non più di tre anni oltre la durata del corso di laurea al quale erano iscritti b. si specifica che almeno il 70% dell'immobile deve essere in ogni caso locato solo a studenti c. si stabilisce che il canone di locazione non potrà superare per tutti gli utenti i valori indicati nell'accordo per la città di Pavia d. si precisano le modalità di gestione unitaria del complesso, comprensiva delle necessarie funzioni di supporto al mero uso abitativo, tramite un soggetto a ciò deputato che risulta gravato da ulteriori stringenti obblighi e. si contemplano pesanti penali, oltre ovviamente alla sanzione di legge in caso di abusi edilizi, a carico pure a titolo sussidiario di Green Campus per l'ipotesi di violazione degli obblighi assunti tramite la convenzione medesima f. in aggiunta, non si manca di prevedere l'impegno di Green Campus di mantenere in perfetto stato di conservazione opere e spazi comuni nonché di disciplinare l'accesso della collettività alle aree destinate a parco. Viene evidenziato come tutti i provvedimenti che hanno preceduto quello impugnato avevano posto l'accento sul fatto che mancasse la convenzione con il Comune che garantisse la destinazione a residenza universitaria e che tale convenzione ora è sopravvenuta. Viene contestata l'affermazione della Procura ricorrente secondo cui il dissequestro, essendo solo parziale, impedirebbe la gestione unitaria indispensabile perché esista una residenza universitaria. Si evidenzia che solo due delle quasi trecento unità immobiliari facenti parte del complesso sono riconducibili a proprietari che non hanno sottoscritto la convenzione e come la gestione unitaria sia assicurato dall'esistenza di un soggetto che vigila sul rispetto della destinazione, verificando i requisiti del locatore e garantendo i servizi comuni pulizie, lavanderie, gestione degli spazi di ristoro e studio, tutti già in pieno esercizio , soggetto in concreto operante in esecuzione della menzionata convenzione. Viene ricordato anche come la Procura ricorrente abbia essa stessa autorizzato, per le due unità ancora sequestrate, l'utilizzo da parte degli studenti. E ciò, quindi, a confutare la sussistenza del periculum in mora . Ci si riporta a quelle che vengono indicate come condivisibili argomentazioni pagg. 7-8 del provvedimento impugnato nell'ottica di un dissequestro fondato sul venir meno del pericolo. È, infatti, indubbio, ed il tribunale lo afferma espressamente, che ad una condanna degli indagati per lottizzazione abusiva si potrà in futuro pervenire, malgrado la stipula della convenzione. Ma se il giudice del dibattimento ravvisasse una diversa fattispecie di reato urbanistico - sostengono i resistenti - la regolarizzazione del permesso di costruire assumerebbe un decisivo rilievo. D'altro canto viene anche evidenziato che anche una condanna per lottizzazione abusiva comporterebbe null'altro l'ordinanza impugnata dice la verifica dell'applicabilità della sanzione accessoria in presenza della suddetta regolarizzazione. Di più, come ripetutamente sottolineato, la confisca delle residenze universitarie non sarebbe in alcun modo preclusa dal funzionamento nelle more delle stesse ove il giudice, ritenendo irrilevante il sopravvenire della convenzione, disponesse siffatta misura. Viene pertanto chiesta la conferma dell'ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. I motivi ampiamente illustrati in premessa sono infondati e pertanto il ricorso proposto dal PM presso il Tribunale di Pavia va rigettato. 2. L'art. 325 cod. proc. pen. prevede, infatti, contro le ordinanza in materia di appello e di riesame di misure cautelari reali il ricorso per cassazione per sola violazione di legge. È vero, tuttavia, che la giurisprudenza di questa Suprema Corte, anche a Sezioni Unite, ha più volte ribadito come in tale nozione debbano ricomprendersi sia gli errores in iudicando o in procedendo , sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice vedasi Sez. U, n. 25932 del 29.5.2008, Ivanov, rv. 239692 conf. Sez. 5, n. 43068 del 13.10.2009, Bosi, rv. 245093 . E che ancora più di recente è stato precisato che è ammissibile il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo, pur consentito solo per violazione di legge, quando la motivazione del provvedimento impugnato sia del tutto assente o meramente apparente, perché sprovvista dei requisiti minimi per rendere comprensibile la vicenda contestata e l' iter logico seguito dal giudice nel provvedimento impugnato, così sez. 6, n. 6589 del 10.1.2013, Gabriele, rv. 254893 nel giudicare una fattispecie in cui la Corte ha annullato il provvedimento impugnato che, in ordine a contestazioni per i reati previsti dagli artt. 416, 323, 476, 483 e 353 cod. pen. con riguardo all'affidamento di incarichi di progettazione e direzione di lavori pubblici, non aveva specificato le violazioni riscontrate, ma aveva fatto ricorso ad espressioni ambigue, le quali, anche alla luce di quanto prospettato dalla difesa in sede di riesame, non erano idonee ad escludere che si fosse trattato di mere irregolarità amministrative . Di fronte all'assenza, formale o sostanziale, di una motivazione, atteso l'obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, viene dunque a mancare un elemento essenziale dell'atto. Nel caso in esame, però, la motivazione da parte del Tribunale del Riesame di Pavia c'è. Ed infatti i motivi di ricorso hanno natura esclusivamente fattuale e tendono a richiedere a questa Corte di legittimità una rivalutazione degli elementi posti a sostegno della misura cautelare non consentita in questa sede. 3. Va evidenziato che il ricorso è incentrato sulla sussistenza o meno del solo periculum in mora . Il Tribunale di Pavia, infatti, ha ritenuto fondati i motivi di appello, disposto il dissequestro parziale del complesso immobiliare, sulla scorta di doglianze proposte su tale unico aspetto cfr. pag. 6 del provvedimento impugnato . Del resto, come visto in precedenza, anche gli stessi odierni resistenti, nell'ottica di un ottenuto dissequestro fondato sul venir meno del solo periculum in mora , si sono riportati a quelle che vengono indicate come condivisibili argomentazioni di cui alle pagg. 7-8 del provvedimento impugnato, laddove il Tribunale di Pavia afferma espressamente la sussistenza del fumus commissi delicti , e quindi convengono che ad una condanna degli indagati per lottizzazione abusiva, se ritenuta tale dal Giudicante la fattispecie sottopostagli, si potrà in futuro pervenire, malgrado la stipula della convenzione. Una convenzione, peraltro - va qui aggiunto - di cui non risulta nemmeno documentata l'avvenuta trascrizione. In tali ristretti ambiti di giudizio esistenza di una violazione di legge e di una motivazione in materia di periculum in mora il ricorso del PM di Pavia non può trovare accoglimento. Il periculum in mora che, ai sensi dell'art. 321 cod. proc. pen., legittima il sequestro preventivo e consiste nella necessità di evitare che la libera disponibilità della cosa pertinente al reato possa provocare l'aggravarsi o il protrarsi delle conseguenze di esso deve essere attuale, con la conseguenza che, qualora, anche per fatti sopravvenuti, le esigenze di cautela vengano meno, deve farsi luogo alla revoca ex art. 321, comma terzo cod. proc. pen. così sez. 2, n. 25996 del 17/04/2003, Rossi, rv. 227318 conf. sez. 2, 5649 del 11/01/2007, Ferri ed altri, rv. 236122 . Appare evidente, dunque, che il Tribunale di Pavia ha dovuto operare una valutazione in ordine alla concretezza ed attualità del pericolo, che tenesse conto della situazione esistente in tal senso nulla vieterebbe, se quest'ultima venisse a mutare, l'adozione di un nuovo provvedimento cautelare . E in ragione della sopravvenuta convenzione dell'11.7.2013 tra il Comune, l'Università di Pavia e la gran parte dei proprietari degli immobili già compravenduti, di fronte alla documentata attuale destinazione a residenza universitaria, con un soggetto unico che ne gestisce i servizi, ha argomentato in maniera logica e coerente - in tal senso non potendosi ravvisare la lamentata violazione di legge per assenza di motivazione - in ordine al venir meno, limitatamente agli immobili di proprietà degli acquirenti che hanno sottoscritto la convenzione, del requisito del periculum in mora che aveva giustificato l'adozione della misura cautelare reale. P.Q.M. rigetta il ricorso del PM.