B&B sotto sequestro: il mancato guadagno non equivale a pericolo

Una delle condizioni, previste dall’art. 321 c.p.p., che disciplina il sequestro preventivo di una cosa pertinente al reato, è che il possesso del bene nella disponibilità dell’agente, in senso penalistico, possa aggravarne o protrarne le conseguenze.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza n. 17628, depositata il 22 aprile 2014. Il caso. Il tribunale di Lecce, sezione per il riesame, disponeva il sequestro preventivo di un immobile, di proprietà di un imputato, accusato del reato, di cui all’art. 392 c.p. esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose . I giudici accoglievano la ricostruzione del pm, secondo cui l’imputato, nel corso di una controversia con la denunciante a cui, in seguito al sequestro, era stato affidato l’immobile, con facoltà d’uso , l’avrebbe estromessa dalla gestione di un Bed & amp Breakfast, condotta all’interno dell’edificio, sostituendo arbitrariamente la serratura delle porte ed impedendole, così, di poter accedere ai locali per svolgere l’attività. Il tribunale ravvisava la sussistenza di un fondato pericolo nel fatto che la completa disponibilità del bene, da parte dell’imputato, potesse aggravare le conseguenze economiche per la denunciante, sotto forma di mancato introito dei ricavi provenienti dall’attività alberghiera. L’uomo ricorreva in Cassazione, lamentando il mancato periculum in mora dei fatti contestatogli, in quanto non potrebbe assumere rilievo il possibile danno economico derivante dal reato ipotizzato. La condotta integra il reato. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione riconosceva che, effettivamente, la condotta dell’imputato integrava pienamente la fattispecie prevista dall’art. 392 c.p Serve il periculum in mora. Tuttavia, una delle condizioni, previste dall’art. 321 c.p.p., che disciplina il sequestro preventivo di una cosa pertinente al reato, è che il possesso del bene nella disponibilità dell’agente, in senso penalistico, possa aggravarne o protrarne le conseguenze. Al contrario, nel caso di specie, l’immobile, oggetto di controversia, era di proprietà del ricorrente e le conseguenze derivanti dall’esserne rientrato in possesso venivano individuate, indirettamente, nei mancati ricavi che la gestione del Bed & amp Breakfast avrebbe consentito alla denunciante di conseguire. Il lucro cessante non basta per il sequestro preventivo. Queste, a giudizio della Cassazione, non erano conseguenze direttamente derivanti dal reato in esame, quanto di lucro cessante per la donna, la quale sosteneva di poter esercitare delle facoltà derivanti dall’accordo convenuto con l’imputato, suscettibili di riconoscimento, ma in sede civile. Di conseguenza, mancava il presupposto del periculum in mora per l’applicabilità del sequestro preventivo. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso e annullava, senza rinvio, l’ordinanza.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 18 marzo – 22 aprile 2014, n. 17628 Presidente Agrò – Relatore Villoni Ritenuto In Fatto 1. Con l'ordinanza sopra indicata il Tribunale di Lecce, Sezione per il Riesame, in accoglimento dell'appello proposto dal Procuratore della Repubblica presso lo stesso Tribunale avverso l'ordinanza del GIP del 4/02/2013, nel procedimento nei confronti di G.R. , ha disposto il sequestro preventivo dell'immobile di proprietà dello stesso G. , posto al piano terra dello stabile ubicato in via omissis del Comune di , affidandolo in custodia a S.M. con facoltà d'uso. In particolare, il Tribunale ha accolto la prospettazione del PM che ravvisa nei fatti oggetto di procedimento l'ipotesi di reato di cui all'art. 392 cod. pen. a carico del G. il quale, nel corso di una controversia intercorrente con la denunziante S. , l'avrebbe estromessa dalla gestione dell'attività di un Bed & amp Breakfast condotta all'interno dell'immobile, procedendo alla arbitraria sostituzione della serratura del portone d'ingresso e delle porte di altri vani e impedendole di poter accedere ai locali e procedere allo svolgimento dell'attività già avviata. Quanto al periculum in mora , il Tribunale ha ravvisato la sussistenza di un fondato pericolo che la libera disponibilità del bene da parte del G. potesse aggravare le conseguenze, soprattutto di carattere economico, del reato denunziato dalla S. , sotto forma di mancato introito dei ricavi provenienti dallo svolgimento dell'attività ricettiva. 2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l'indagato, deducendo inosservanza o erronea applicazione della legge penale, in particolare dell'art. 321 cod. proc. pen. in ordine tanto al fumus commissi delicti quanto al periculum in mora del reato ipotizzato, nonché degli artt. 192, commi 3 e 4 e 371, comma 2 cod. proc. pen. con riferimento agli omessi riscontri rispetto alle dichiarazioni rese dalla parte lesa. Con riferimento al primo motivo, si deduce l'impossibilità di sussumere la fattispecie nella figura di reato di cui all'art. 392 cod. pen. per la decisiva ragione che la licenza per la gestione del Bed & amp Breakfast è intestata al ricorrente, la cui condotta di riappropriarsi della gestione dello esercizio, temporaneamente affidato alla S. , non può rivestire connotati di arbitrarietà riguardo al secondo motivo, non potendo assumere rilievo il possibile danno economico derivante dal reato ipotizzato quanto al terzo, per avere il Tribunale omesso di apprezzare l'assenza di riscontri alle dichiarazioni rese dalla parte lesa, a sua volta indagata in un procedimento collegato ai sensi dell'art. 371, comma 2 lett. b cod. proc. pen. a quello pendente a carico del ricorrente. Considerato In Diritto 3. Il ricorso è fondato in relazione al secondo motivo di censura. Nella fattispecie in esame non viene, invero, in discussione la sussistenza del fumus commissi delicti in relazione alla figura di cui all'art. 392 cod. pen., atteso che la vicenda descritta integra pienamente gli estremi del reato di ragion fattasi mediante violenza sulle cose art. 392 cod. pen. e che la sostituzione delle serrature di porte di accesso di immobili oggetto di controversia ad insaputa della parte lesa ne costituisce una delle condotte più frequenti da ultimo v. Cass. Sez. 6 n. 25190 del 19/06/2012, Crisafulli, Rv. 253027 che lo ha ravvisato nel caso del proprietario di immobile - il cui diritto di proprietà sia giudizialmente contestato dal fratello nell'ambito di vicenda di natura ereditaria - che sostituisce la serratura della porta di accesso al fine di impedire al medesimo fratello l'esercizio del compossesso . Tuttavia una delle condizioni cui l'art. 321, comma 1 cod. proc. pen. subordina la possibilità di procedere a sequestro preventivo di una cosa mobile o immobile pertinente al reato è che il possesso della res nella disponibilità dell'agente in senso penalistico possa aggravarne o pro-trarne le conseguenze. Nel caso di specie, invece, risulta quale dato del tutto pacifico che l'immobile oggetto di controversia è di proprietà del ricorrente G. , mentre le conseguenze derivanti dall'esserne egli rientrato in possesso - in maniera illegittima secondo la prospettazione della querelante accolta dall'impugnata decisione - sono state dal Tribunale individuate, facendo uso di una locuzione indiretta, nei mancati ricavi che la gestione del Bed & amp Breakfast le avrebbe consentito di conseguire. Sembra, dunque, evidente che non di conseguenze direttamente derivanti dal reato trattasi come ad es. sarebbe nell'ipotesi di condotta analoga a quella in esame, implicante l'esistenza di beni mobili di proprietà della parte offesa soggetti ad inevitabile deperimento determinato o aggravato dalle condizioni statiche o di manutenzione dell'immobile , quanto di lucro cessante per la querelante, che sostiene di poter esercitare facoltà derivanti dall'accordo a suo dire convenuto con il ricorrente, certamente suscettibili di riconoscimento da parte del competente giudice civile. 4. Difettando dunque uno dei presupposti periculum in mora per l'applicabilità del sequestro preventivo, l'ordinanza impugnata deve essere annullata senza rinvio restano assorbiti gli altri motivi di ricorso. P.Q.M. annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e ordina la restituzione di quanto in sequestro al ricorrente. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 626 cod. proc. pen