Cessione di stupefacenti: nessun consumo di gruppo in assenza di specifici indicatori

L’acquisto collettivo può rientrare nell’ipotesi di consumo di gruppo se sia in grado di rivelare che a l’acquirente sia uno degli assuntori b l’acquisto avvenga fin dall’inizio per conto degli altri componenti del gruppo c sia certa sin dall’inizio l’identità dei mandanti e la loro manifesta volontà di procurarsi la sostanza per mezzo di uno dei compartecipi, contribuendo anche finanziariamente all’acquisto.

È quanto emerge dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 17391 del 18 aprile 2014. Il fatto. La Corte d’Appello di Torino dichiarava la penale responsabilità di un uomo limitatamente all’episodio di cessione di sostanze stupefacenti. La difesa dell’imputato propone ricorso per cassazione, sostenendo la non punibilità dell’azione, in quanto inquadrabile nel consumo di gruppo. Presupposti per la configurabilità del consumo di gruppo. Il ricorso è infondato la Corte di Cassazione ricorda che l’acquisto collettivo può rientrare nell’ipotesi di consumo di gruppo se sia in grado di rivelare che a l’acquirente sia uno degli assuntori l’acquisto avvenga fin dall’inizio per conto degli altri componenti del gruppo c sia certa sin dall’inizio l’identità dei mandanti e la loro manifesta volontà di procurarsi la sostanza per mezzo di uno dei compartecipi, contribuendo anche finanziariamente all’acquisto. Nel caso di uso esclusivamente personale, l’azione può essere ricondotta al consumo di gruppo nella sola ipotesi in cui nell’accordo precedente all’acquisto venga inclusa un’intesa in ordine al luogo e ai tempi del relativo consumo. Responsabilità limitata alla sola cessione. Nell’ipotesi oggetto di esame, non è ravvisabile la fattispecie invocata l’imputato, infatti, si è procurato per proprio uso 300 euro di stupefacente e il fatto che la sostanza sia stata consumata insieme a una donna non rende la fattispecie riconducibile allo schema giuridico del consumo di gruppo, anche perché il consumo congiunto è avvenuto dopo un acquisto operato in favore della sola donna in relazione a quantitativi che la stessa avrebbe consumato per conto proprio. Non può che conseguirne il rigetto del ricorso.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 2 – 18 aprile 2014, n. 17391 Presidente Ippolito – Relatore Petruzzellis Ritenuto in fatto 1. La Corte d'appello di Torino, con sentenza del 23/05/2013, ha confermato l'affermazione di responsabilità di A.C., pronunciata dal Tribunale di quella città con sentenza del 17/09/2009, limitatamente all'episodio di cessione di sostanza stupefacente consumatosi il 29 dicembre 2007, già qualificato come fatto lieve entità ai sensi dell'art. 73 comma 5 d. P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, rideterminando la sanzione in mesi otto di reclusione ed euro 3000 di multa. 2. La difesa ha proposto ricorso con il quale si denuncia omessa motivazione sulla responsabilità dell'interessato, in quanto argomentata con integrale rimando alla pronuncia di primo grado, senza considerare le obiezioni fondanti l'atto d'appello, vizio che determina la nullità del provvedimento. 3. Con il secondo motivo si lamenta erronea applicazione della legge penale ove la sentenza ha fondato l'accertamento di responsabilità sull'attendibilità delle dichiarazioni della teste, ritenute riscontrate dalle intercettazioni, mentre si deduce in senso opposto che dagli elementi acquisiti emergeva chiaramente l'ipotesi della non punibilità dell'azione, in quanto inquadrabile nel consumo di gruppo, elemento di fatto la cui valutazione è stata omessa nella pronuncia impugnata. 4. Con memoria depositata nei termini la difesa contesta inosservanza della legge penale, ritenendo che, malgrado la presenza nella fattispecie accertata di tutti gli elementi indicatori del consumo di gruppo, per il quale è esclusa la punibilità, la Corte territoriale ne abbia disconosciuto l'esistenza, così formulando una pronuncia viziata, di cui si sollecita l'annullamento. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. Deve ricordarsi l'approdo giurisprudenziale della recente pronuncia di questa Corte a sezioni unite Sez. U, n. 25401 del 31/01/2013 - dep. 10/06/2013, p.c. in proc. Galluccio, Rv. 255258 secondo cui non ogni acquisto collettivo può rientrare nell'ipotesi di consumo di gruppo, ma solo quello che attraverso le sue specifiche modalità attuative sia in grado di rivelare che a l'acquirente sia uno degli assuntori b l'acquisto avvenga sin dall'inizio per conto degli altri componenti del gruppo c sia certa sin dall'inizio l'identità dei mandanti e la loro manifesta volontà di procurarsi la sostanza per mezzo di uno dei compartecipi, contribuendo anche finanziariamente all'acquisto. Il richiamo contenuto nella disposizione di cui all'art. 73 comma 1 bis lett a d.P.R. in esame all'uso esclusivamente personale è stato ritenuto idoneo a ricondurre l'azione al consumo di gruppo nella sola ipotesi in cui nell'accordo precedente all'acquisto venga inclusa un'intesa in ordine al luogo ed ai tempi del relativo consumo Sez. 6, n. 17396 del 27/02/2012 - dep. 09/05/2012, Bove, Rv. 252499 , cosicché ne rimane esclusa l'applicabilità nell'ipotesi in cui l'acquisto riguardi parte di sostanza eccedente l'uso immediato e diretto dei componenti del gruppo, finalizzata all'accumulo di tutti o di parte dei componenti del gruppo. La pronuncia impugnata ha limitato la responsabilità alla sola cessione curata da C. il 29/12/2007, a sostegno della quale sussiste la prova, desumibile da una conversazione telefonica, espressamente richiamata in sentenza, il cui tenore non consente di ricavare alcuno degli elementi identificativi della fattispecie invocata. Nel provvedimento di primo grado si chiarisce che l'interlocutrice ha fornito una chiara ricostruzione dell'episodio, affermando di aver utilizzato C. quale tramite per procurarsi, per il proprio uso, l'equivalente di € 300 di euro di sostanza stupefacente, circostanza poi realizzatasi. Il dato di fatto che, in contestualità alla consegna, lei e C. abbiano consumato insieme una dose ricavata dal maggiore quantitativo acquistato non rende la fattispecie riconducibile allo schema giuridico del consumo di gruppo, per la mancanza dei suoi elementi indicatori, in quanto risulta dalla ricostruzione logicamente svolta sulla base delle risultanze richiamate, che il consumo insieme seguì un acquisto operato in favore della M. relativo a quantitativi che la stessa avrebbe consumato per proprio conto, nel corso del successivo periodo, diretto quindi all'accumulo della sostanza. A fronte di tale specifica ricostruzione di fatto la difesa in atto di appello aveva ribadito la riferibilità dei fatti al consumo di gruppo, senza contestare le risultanze già esaminate nella pronuncia di primo grado, o indicare la presenza di elementi di prova di segno opposto, ingiustamente trascurati dal giudicante. La sentenza impugnata risulta aver operato il richiamo alle chiare risultanze sopra riferite, ed all'interpretativa consolidata in materia di non punibilità del consumo di gruppo, con analisi completa e coerente rispetto alle emergenze processuali, come verificate in primo grado. Contrariamente all'assunto difensivo la pronuncia risulta quindi completa, in rapporto all'ampiezza ed al tenore dell'argomentazione sviluppata nel gravame di merito, circostanza che deve condurre ad accertare l'infondatezza dell'impugnazione proposta. 3. Il rigetto dell'impugnazione impone la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.