Collana strappata dal collo della donna: furto con strappo? No, rapina in piena regola

Respinta la tesi difensiva, secondo cui l’episodio andava valutato come di minore gravità. Decisiva la valutazione dell’oggetto, particolarmente in riferimento al corpo della donna ciò ha comportato inevitabilmente che la violenza, messa in atto dall’uomo, si ripercuotesse anche sulla donna, e non solo sulla cosa. Confermati i due anni di carcere.

Colpo fulmineo collana strappata alla donna. Ma la fuga del criminale dura pochissimo E, una volta ‘beccato’, egli si trova a dover fronteggiare non la contestazione del furto con strappo”, bensì quella della rapina. Conseguenziale, e corretta, la condanna a oltre due anni di reclusione, con multa di 500 euro. Cassazione, sentenza numero 17348, sezione seconda penale, depositata oggi Violenza. Posizione dura, quella assunta dai giudici di primo e di secondo grado, i quali concordano sulla sanzione nei confronti di un uomo, colpevole di avere scippato una collana a una donna due anni e venti giorni di reclusione – e 500 euro di multa – perché la condotta è valutabile come rapina. Su questo punto si sofferma il legale dell’uomo, sostenendo, in Cassazione, che il fattaccio andasse piuttosto qualificato come semplice furto con strappo”. Erronee, quindi, le valutazioni compiute dai giudici di merito? Assolutamente no, chiariscono i giudici del ‘Palazzaccio’, confermando integralmente la condanna nei confronti dell’uomo. Decisiva la ricostruzione dell’episodio, da cui emerge che la violenza è stata direttamente esercitata contro la donna difatti, l’uomo ha strappato con violenza la collana, cioè una cosa particolarmente aderente al corpo del possessore e che, evidenziano i giudici, non poteva essere sottratta se non con violenza alla persona . Ciò basta a considerare acclarato il reato di rapina , che, come da giurisprudenza, si concretizza quando la res sia particolarmente aderente al corpo del possessore e la violenza si estenda necessariamente alla persona, dovendo il soggetto attivo vincerne la resistenza e non solo superare la forza di coesione inerente alla normale relazione fisica tra il possessore e la cosa sottratta .

Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 2 – 18 aprile 2014, n. 17348 Presidente Gentile – Relatore Gallo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 21/5/2012, la Corte di appello di Roma, confermava la sentenza del Tribunale di Roma, in data 15/11/2011, che aveva condannato B.B. in concorso con P.S. alla pena di anni due, giorni venti di reclusione ed €. 500,00 di multa per i reati di rapina e lesioni personali. 2. La Corte territoriale respingeva le censure mosse con l'atto d'appello, in punto di qualificazione giuridica del fatto, e confermava le statuizioni del primo giudice, ritenendo accertata la penale responsabilità dell'imputato in ordine ai reati a lui ascritti, ed equa la pena inflitta. 3. Avverso tale sentenza propone ricorso l'imputato per mezzo del suo difensore di fiducia, sollevando un unico motivo di gravame con il quale si duole di motivazione apparente in ordine alla qualificazione giuridica del fatto, da valutarsi alla stregua dell'art. 624 bis cod. pen. Considerato in diritto 1.Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi manifestamente infondati. 2. Rispetto alla linea di discrimine fra il furto con strappo e la rapina, la giurisprudenza di questa Corte ha osservato che integra il reato di furto con strappo la condotta di violenza immediatamente rivolta verso la cosa e solo in via del tutto indiretta verso la persona che la detiene, mentre ricorre il delitto di rapina quando la res sia particolarmente aderente al corpo del possessore e la violenza si estenda necessariamente alla persona, dovendo il soggetto attivo vincerne la resistenza e non solo superare la forza di coesione inerente alla normale relazione fisica tra il possessore e la cosa sottratta Cass. Sez. 2, Sentenza n. 41464 del 11/11/2010 Ud. dep. 23/11/2010 Rv. 248751 . 3. Nel caso di specie, correttamente la Corte territoriale ha ritenuto integrato il delitto di rapina in quanto la violenza è stata direttamente esercitata contro la persona poiché l'agente ha strappato con violenza la collana, cioè una cosa particolarmente aderente al corpo del possessore, che non poteva essere sottratta se non con violenza alla persona. 4. Ai sensi dell'articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l'imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché - ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità - al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, si stima equo determinare in euro 1.000,00 mille/00 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende. Così deciso, il 2 aprile 2014.