Modelli per l’autista medio: non Nostradamus, ma neanche Alonso

Per quanto riguarda l’accertamento della sussistenza dell’aggravante della colpa con previsione in un caso di incidente stradale, il giudice deve necessariamente riportarsi alle modalità dell’azione ed alle condizioni di fatto esistenti al momento del sinistro. In questo modo è possibile verificare se l’imputato si sia o meno rappresentato l’astratta possibilità della realizzazione del fatto in realtà non voluto, ma comunque verificatosi.

Lo stabilisce la Corte di Cassazione nella sentenza n. 16232, depositata il 14 aprile 2014. Il caso. Il gup del Tribunale di Velletri condannava un imputato, accusato di omicidio colposo, commesso con violazione delle norme della circolazione stradale e riconosceva anche l’aggravante, prevista dall’art. 61, numero 3 , c.p., di aver agito nonostante la previsione dell’evento. L’imputato, procedendo ad una velocità di gran lunga maggiore al limite consentito, aveva investito una bambina, che attraversava le strisce pedonali, La Corte d’appello di Roma, al contrario, escludeva l’aggravante e diminuiva la pena. Non sarebbero emersi, secondo i giudici di secondo grado, degli elementi fattuali indicativi che l’imputato avesse scorto il passaggio pedonale e la presenza di pedoni, essendo più plausibile che l’autista, in quanto neopatentato, non fosse in grado di configurarsi i potenziali pericoli. Il Procuratore Generale ricorreva in Cassazione, contestando l’esclusione dell’aggravante, in quanto, dalle circostanze emerse, l’imputato avrebbe ben potuto prevedere l’evento dannoso. Colpa aggravata contro dolo eventuale. Analizzando la domanda, la Corte di Cassazione ricordava che il concetto di colpa aggravata dalla previsione dell’evento aggravante dei delitti colposi , delinea l’atteggiamento psicologico di chi agisce rappresentandosi l’astratta possibilità della realizzazione del fatto, tuttavia accompagnata dalla convinzione che esso non si realizzerà. Questo è un profilo psicologico diverso rispetto a quello che caratterizza il dolo eventuale, che qualifica la condizione volitiva di chi, oltre a rappresentarsi la possibilità della realizzazione del fatto, accetta il rischio che esso, non direttamente voluto, si verifichi. Di conseguenza, è diverso l’atteggiamento psicologico dell’agente nei due casi di colpa con previsione e dolo eventuale. Considerare tutte le circostanze. La Corte continuava affermando che, per quanto riguarda l’accertamento della sussistenza dell’aggravante della colpa con previsione in un caso di incidente stradale, il giudice deve necessariamente riportarsi alle modalità dell’azione ed alle condizioni di fatto esistenti al momento del sinistro. In questo modo è possibile verificare se l’imputato si sia o meno rappresentato l’astratta possibilità della realizzazione del fatto in realtà non voluto, ma comunque verificatosi. Nel caso di specie, i giudici d’appello non avevano considerato, ai fini della delibazione, tutti gli elementi di giudizio e le circostanze acquisiti agli atti e non opponevano delle adeguate argomentazioni al giudice di primo grado, che aveva ritenuto sussistente l’aggravante. La Corte di secondo grado richiamava solo parte delle circostanze acquisite, trascurando, però, il contesto complessivo e attribuendo decisiva rilevanza all’argomento secondo cui era da ritenersi plausibile che l’imputato non avesse visto il passaggio pedonale su cui stava attraversando la bambina, ma senza spiegarne le ragioni. Venivano, così, trascurate, senza motivazione, tutte quelle circostanze che portavano a ritenere che l’imputato dovesse prevedere l’evento. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 9 gennaio – 14 aprile 2014, n. 16232 Presidente Sirena – Relatore Foti Ritenuto in fatto -1- Con sentenza del 7 gennaio 2010, il Gup del Tribunale di Velletri ha ritenuto P.T. colpevole del delitto di omicidio colposo commesso, con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, in pregiudizio di S.N., di anni cinque, e, ritenuta l'aggravante di cui all'art. 61 n. 3 cod. pen., riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di subvalenza rispetto alle aggravanti contestate, applicata la diminuente del rito, lo ha condannato alla pena di tre anni, sei mesi di reclusione nonché al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separato giudizio, in favore delle costituite parti civili, alle quali ha assegnato una provvisionale di 150.000,00 euro. -2- Il giudice ha ricostruito l'incidente nei seguenti termini. Il giorno 16 luglio 2007, poco prima delle ore 20, l'autovettura Hyundai Atos condotta da P.T. ha investito la piccola S.N. mentre attraversava, sulle strisce pedonali, la via Lungomare delle Meduse, nel centro abitato di Torvaianica a seguito delle gravi ferite riportate, la bimba è deceduta il giorno successivo. La strada ove è avvenuto l'incidente era ad unica carreggiata, larga circa 7,35 metri, a doppio senso di circolazione, rettilinea e pianeggiante ed in buono stato di manutenzione, con diverse traverse laterali e passi carrabili. Al momento del sinistro, la visibilità era buona, anche per la presenza di luce solare, e sul tratto di lungomare teatro dell'incidente si trovavano diversi pedoni intenti ad attraversare, nei due sensi, la carreggiata stradale. Dai rilievi eseguiti sul luogo e dagli accertamenti tecnici eseguiti, è emerso che l'auto del Pinna, che aveva da poco tempo conseguito la patente di guida, procedeva alla velocità di circa 100 km orari, a fronte del previsto limite di 50. -3- Il Gup, nell'affermare la responsabilità dell'imputato, con riferimento all'aggravante concernente la previsione dell'evento, ha rilevato come le modalità dell'incidente e le circostanze di fatto accertate erano tali da ritenere che egli si fosse ben prospettata la possibilità che la sua condotta di guida, giudicata pericolosa, spregiudicata e sconsiderata, potesse provocare l'evento dannoso non voluto e tuttavia verificatosi, pur nella convinzione che la propria abilità l'avrebbe comunque evitato. Condizione psicologica che lo stesso giudice ha ritenuto configurare l'aggravante in questione. -4- Su impugnazione proposta dall'imputato, la Corte d'Appello di Roma, con sentenza del 26 marzo 2012, esclusa l'aggravante di cui all'art. 61 n. 3 cod. pen. e ritenute le attenuanti generiche già concesse equivalenti alla residua aggravante, ha ridotto a due anni, quattro mesi di reclusione e 240,00 di mula la pena inflitta dal primo giudice. Ha ritenuto la corte territoriale di escludere la predetta aggravante, sul rilievo che non fossero emersi elementi fattuali indicativi che il P. avesse scorto il passaggio pedonale e la presenza di pedoni in fase di attraversamento della carreggiata stradale e che, nonostante ciò, avesse ritenuto di potere evitare l'evento, essendo più plausibile ritenere che il giovane, appena patentato e non in grado di configurarsi i potenziali pericoli che potevano derivare dalla sua condotta di guida, non si fosse neanche accorto, se non all'ultimo momento, della presenza delle strisce pedonali e delle persone in fase di attraversamento. -5- Avverso detta sentenza propongono ricorso per cassazione il Procuratore Generale presso la Corte d'Appello di Roma e l'imputato. 5.1 Il primo denuncia i vizi di violazione di legge e di motivazione della sentenza impugnata con riguardo all'esclusione dell'aggravante prevista dall'art. 61 n. 3 del codice penale. Sostiene il ricorrente che erroneamente la corte territoriale ha ritenuto che non potesse riscontrarsi nell'imputato l'astratta previsione dell'evento dannoso poi verificatosi tale previsione, invero, avrebbe dovuto desumersi dalla condizione dei luoghi. In particolare, si sostiene nel ricorso che il procedere, in una giornata estiva ad elevata velocità lungo la via affollata di un centro abitato, caratterizzata dalla presenza di attraversamenti pedonali presegnalati e munita di semafori, non poteva non indurre l'imputato a rappresentarsi la possibilità di investire uno dei numerosi passanti. Tali argomentazioni non sono state tenute in considerazione dal giudice d'appello, che si è solo soffermato a considerare se il Pinna avesse o no scorto le strisce pedonali. 5.2 L'imputato deduce il vizio di motivazione della medesima sentenza, con riguardo alla determinazione della pena. Considerato in diritto -1- Il ricorso del procuratore generale territoriale è fondato. Come è noto, il concetto di colpa aggravata dalla previsione dell'evento c.d. colpa cosciente , che costituisce un'aggravante dei delitti colposi art. 61 n. 3 del codice penale delinea l'atteggiamento psicologico di chi agisce rappresentandosi l'astratta possibilità della realizzazione del fatto, tuttavia accompagnata dalla convinzione che esso non si realizzerà, confidando, ad esempio, nel caso del conducente di un'auto, nella propria abilità di guida. Si tratta dunque di un profilo psicologico del tutto diverso rispetto a quello che caratterizza il dolo eventuale, che qualifica la condizione volitiva di chi, oltre a rappresentarsi la possibilità della realizzazione del fatto, accetta il rischio che esso, non direttamente voluto, si verifichi. E', quindi, il diverso atteggiamento psicologico dell'agente che demarca la linea di confine, talvolta estremamente sottile, tra colpa con previsione e dolo eventuale. Tanto premesso, per quanto riguarda l'accertamento della sussistenza dell'aggravante della colpa con previsione in un caso di incidente stradale, come quello oggi oggetto di esame, il giudice deve necessariamente riportarsi alle modalità dell'azione ed alle condizioni di fatto esistenti al momento del sinistro, al fine di verificare se l'imputato si fosse o meno rappresentato l'astratta possibilità della realizzazione del fatto in realtà non voluto, e tuttavia verificatosi. Orbene, deve riconoscersi che, nella specie, i giudici del merito non hanno dato congrua contezza del percorso argomentativo seguito nel pervenire alla resa statuizione, non essendosi essi fatti carico di considerare, ai fini della delibazione, tutti gli elementi di giudizio e circostanze acquisiti agli atti, e senza opporre adeguate e coerenti argomentazioni al giudice di primo grado, che pure aveva ritenuto sussistente l'aggravante in questione. La corte territoriale, in realtà, è pervenuta alla contestata decisione richiamando solo parte delle circostanze acquisite, e neanche le più significative, avendo del tutto trascurato il complessivo cointesto nel quale l'evento si è determinato. Così, la stessa corte ha finito con l'attribuire decisiva rilevanza all'argomento secondo cui doveva ritenersi plausibile che l'imputato non avesse visto il passaggio pedonale sul quale la bimba stava attraversando la carreggiata stradale, senza tuttavia indicare le ragioni di tale convinzione, e con il trascurare valutazioni e circostanze che meritavano di esser prese in considerazione. Senza confrontarsi, inoltre, che le argomentazioni svolte in proposito dal giudice di primo grado che, nel ritenere la sussistenza dell'aggravante, aveva richiamato le modalità dell'incidente e le circostanze fattuali accertate, che lo hanno indotto a ritenere che il Pinna si fosse ben rappresentato il rischio di causare un incidente - sia pure facendo affidamento nella propria abilità di guida per evitarlo - apparso allo stesso giudice evidente in vista della condotta di guida spregiudicata dell'imputato, che transitava, con la propria auto, a velocità doppia rispetto a quella consentita, in una giornata estiva lungo un lungomare intersecato da passaggi pedonali segnalati e munito di semafori, affollato di persone e di bambini che attraversavano la carreggiata nei due sensi, per andare verso la spiaggia del mare o per venirne via. Circostanze dalle quali il primo giudice ha tratto la convinzione della presenza, nell'agente, di un atteggiamento psicologico di previsione, pur astratta, dell'evento non voluto, eppur verificatosi, e tuttavia trascurate dalla corte territoriale, che pure ben avrebbe potuto andare in contrario avviso, ma solo dopo avere indicato le ragioni della propria non condivisione delle considerazioni e dei giudizi espressi dal primo giudice. Sul punto, dunque, la sentenza deve essere annullata, con rinvio, per nuovo esame, ad altra sezione della Corte d'Appello di Roma. -2- E', viceversa, infondato il ricorso proposto dall'imputato. Inesistente è, invero, il dedotto vizio motivazionale, avendo la corte territoriale - che già attraverso la ritenuta equivalenza delle attenuanti generiche rispetto alla residua aggravante ha già contenuto la pena - adeguatamente argomentato circa le ragioni delle scelte operate in punto di determinazione della sanzione. -3- In conclusione, in accoglimento del ricorso proposto dal procuratore generale territoriale, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente alla statuizione concernente la circostanza aggravante di cui all'art. 61 n. 3 del codice penale, con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Roma. Deve essere, viceversa, rigettato il ricorso dell'imputato, che deve essere quindi condannato al pagamento delle spese processuali. La natura delle questioni trattate induce a compensare tra le parti le spese del presente giudizio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla statuizione concernente la circostanza aggravante di cui all'art. 61 n. 3 C.P., con rinvio ad altra sezione della Corte d'Appello di Roma rigetta il ricorso dell'imputato che condanna al pagamento delle spese processuali dichiara compensate tra le parti le spese del presente giudizio.