È un doppio lavoro, ma qualcuno lo deve pur fare: al giudice d’appello i compiti di cancellare e decidere

Una sentenza d’appello che riformi totalmente il giudizio assolutorio di primo grado deve confutare specificamente le ragioni poste dal primo giudice a sostegno della decisione assolutoria, dimostrando l’insostenibilità, sul piano logico e giuridico, degli argomenti più rilevanti della prima sentenza. Deve, quindi, corredarsi di una motivazione che si sovrapponga in pieno a quella della decisione riformata. Il giudice di legittimità, in questa situazione di conflitto, può esaminare la sentenza di primo grado e valutare se il secondo giudice, nel sostituire il proprio modo di vedere a quello risultante dalla sentenza appellata, abbia tenuto conto delle argomentazioni esposte da quest’ultima.

Lo ha affermato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 16249, depositata il 14 aprile 2014. Il caso. La Corte d’appello di Ancona riformava la sentenza assolutoria di primo grado e condannava un imputato, accusato di guida in stato d’ebbrezza, ex art. 186, comma 2, lettera c , cds. L’uomo era entrato in un veicolo, di proprietà altrui, convinto che fosse il suo, ed aveva tolto il freno a mano, permettendo all’auto di iniziare la marcia, essendo la strada in discesa. I giudici si basavano sulle affermazioni del proprietario dell’auto e del carabiniere intervenuto. L’imputato ricorreva in Cassazione, lamentando il vizio motivazionale in relazione alla riconosciuta valenza probatoria delle dichiarazioni del proprietario dell’auto, in quanto i giudici di merito avevano ritenuto credibile che la macchina fosse stata lasciata con il freno a mano inserito, ma con la portiera non chiusa a chiave. Onere maggiore. Secondo la Corte di Cassazione, una sentenza d’appello che riformi totalmente il giudizio assolutorio di primo grado deve confutare specificamente le ragioni poste dal primo giudice a sostegno della decisione assolutoria, dimostrando l’insostenibilità, sul piano logico e giuridico, degli argomenti più rilevanti della prima sentenza. Deve, quindi, corredarsi di una motivazione che si sovrapponga in pieno a quella della decisione riformata. Perciò, in caso di contrasto tra le due decisioni di merito in ordine allo stesso fatto, il giudice d’appello deve analizzare congruamente e dettagliatamente le argomentazioni della sentenza appellata e spiegare il motivo per cui ritenga che le ragioni esposte nella prima decisione non siano condivisibili. Possibilità del giudice di legittimità. Il giudice di legittimità, in questa situazione di conflitto, può esaminare la sentenza di primo grado e valutare se il secondo giudice, nel sostituire il proprio modo di vedere a quello risultante dalla sentenza appellata, abbia tenuto conto delle argomentazioni esposte da quest’ultima. Nel caso di specie, la sentenza impugnata non si adeguava al maggior onere probatorio, in quanto, per superare quanto riferito dal proprietario dell’auto, secondo cui l’auto era chiusa a chiave, riteneva semplicemente non veritiera tale affermazione. Tuttavia, reputava, al contrario, credibile la dichiarazione dello stesso teste sul fatto che il freno a mano fosse inserito. Per questi motivi, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso.

Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 18 marzo – 14 aprile 2014, n. 16249 Presidente Sirena – Relatore Massafra Ritenuto in fatto Con sentenza del 27.4.2012 la Corte di Appello di Ancona in riforma di quella assolutoria del Tribunale di Camerino affermava la penale responsabilità di V.C. in ordine al reato di cui all'art. 186 comma 2 lett. c C.d.S. tasso alcolemico pari a 1,88 g/I e 1,86 g/I , con l'aggravante d'aver commesso il fatto in ora notturna, condannandolo alla pena di mesi sei di arresto ed € 2.000,00 di ammenda oltre alla sospensione della patente di guida per la durata di anni tre. La Corte territoriale, diversamente da quanto ritenuto dal giudice di primo grado che escludeva la sussistenza di prova certa sul punto, accogliendo l'appello del P.M. e la tesi da quello sostenuta, riteneva accertato, sulla scorta della deposizione dei teste F.O. proprietario dell'auto e P.F., carabiniere intervenuto, che l'imputato, in stato di alterazione alcolica, secondo quanto risultato dall'alcoltest, fosse entrato nell'auto Renault, convinto che si trattasse della propria auto ed avesse tolto il freno a mano, permettendo così all'autovettura di iniziare la marcia essendo stata parcheggiata su una strada in discesa l'auto si era fermata, poi, contro un marciapiede e alla sua guida era stato colto l'imputato dai carabinieri. Avverso la sentenza della Corte marchigiana ricorre per cassazione V.C. deducendo i motivi di seguito sinteticamente riportati. 1. Il vizio motivazionale in relazione alla riconosciuta valenza probatoria delle dichiarazioni dei testi F.O. valutate secondo una logica palesemente contraddittoria laddove si riteneva credibile, sulla scorta delle giustificazioni addotte dal teste, che l'auto fosse stata lasciata con il freno a mano inserito ma con la portiera non chiusa a chiave e P.F. 2. Il vizio motivazionale laddove era stata esclusa ogni valenza probatoria alle dichiarazioni rese dall'imputato nel corso dell'esame. 3. La violazione di legge ed il vizio motivazionale in ordine alla mancata applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena. Considerato in diritto Il ricorso è fondato e merita accoglimento. E' stato affermato che la sentenza di appello di riforma totale del giudizio assolutorio di primo grado deve confutare specificamente, pena altrimenti il vizio di motivazione, le ragioni poste dal primo giudice a sostegno della decisione assolutoria, dimostrando puntualmente l'insostenibilità sul piano logico e giuridico degli argomenti più rilevanti della sentenza di primo grado, anche avuto riguardo ai contributi eventualmente offerti dalla difesa nel giudizio di appello, e deve quindi corredarsi di una motivazione che, sovrapponendosi pienamente a quella della decisione riformata, dia ragione delle scelte operate e della maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente valutati Cass. pen., sez. VI, 20.4.2005, n. 6221 . Insomma, nel caso di contrasto come nella specie, totale tra due decisioni di merito in ordine allo stesso fatto, e cioè tra la sentenza di primo grado e quella di appello, il giudice di secondo grado deve analizzare congruamente e dettagliatamente le argomentazioni della sentenza appellata, e spiegare perché ritenga che le ragioni ivi addotte non siano condivisibili, ed altro sia il ragionamento in direzione della verità. Il giudice di legittimità, in tale situazione di contrasto da parte dei giudici di merito, ben può esaminare la sentenza di primo grado e valutare se il secondo giudice, nel sostituire il proprio modo di vedere a quello risultante dalla sentenza appellata, abbia tenuto nel debito conto, sia pure per disattenderle, le argomentazioni esposte da quest'ultima la valutazione del giudice di secondo grado, soprattutto se la difformità concerne l'affermazione o l'esclusione della responsabilità dell'imputato, non può essere infatti superficiale o arbitraria e tale invece si rivelerebbe qualora disattendesse in modo irragionevole o se omettesse di prendere in esame i contrari argomenti del primo giudice. Ma la sentenza impugnata non ottempera al maggior onere motivatorio che la risoluzione di riforma della pronuncia di primo grado le imponeva ed anzi offre una motivazione palesemente contraddittoria e carente. Invero, per superare quanto riferito dal teste, proprietario dell'auto, secondo il quale l'auto era stata lasciata chiusa a chiave, la Corte territoriale ha semplicemente ritenuto la non veridicità di siffatta affermazione, ciò desumendo dalla circostanza che non erano stati rinvenuti segni di effrazione al contempo, però, le dichiarazioni del medesimo teste sono state ritenute veridiche nella parte in cui ha riferito d'aver lasciato lauto con il freno a mano inserito. La contraddizione della valutazione della medesima deposizione testimoniale è di tutta evidenza. Ma a ciò s'aggiunga come, alla stregua della pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte di legittimità Ordinanza n. 34472 del 19.4.2012, Rv. 252933, secondo la quale Le decisioni della Corte EDU che evidenzino una situazione di oggettivo contrasto - non correlata in via esclusiva al caso esaminato - della normativa interna sostanziale con la Convenzione EDU assumono rilevanza anche nei processi diversi da quello nell'ambito del quale è intervenuta la pronunzia della predetta Corte internazionale , la vicenda esaminata rientri compiutamente in quella fattispecie affrontata dalla Corte EDU nella sentenza in data 5.7.2011 nel caso Dan c. Moldavia, per la quale il giudice di secondo grado, che, discostandosi dall'epilogo assolutorio della sentenza di primo grado, intenda condannare l'imputato sulla base delle dichiarazioni di un teste già ascoltato in primo grado, ha l'obbligo di sentire nuovamente e personalmente il suddetto teste. Infatti, anche nel presente procedimento è stato accolto l'appello della parte pubblica e riformata in peius la sentenza assolutoria di primo grado senza udire nuovamente i testimoni ma semplicemente dando una diversa valutazione ed attribuendo una incisiva valenza probatoria negata dal primo giudice alle dichiarazioni rese da costoro. Rimangono assorbite le ulteriori censure articolate. Consegue l'annullamento la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Perugia per nuovo giudizio. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Perugia per nuovo giudizio.