Misure cautelari: necessaria un’attenta ponderazione di tutte le esigenze del caso specifico

Il principio della proporzionalità, al pari di quello di adeguatezza, opera come parametro di commisurazione delle misure cautelari alle specifiche esigenze ravvisabili nel caso concreto, tanto al momento della scelta e dell’adozione del provvedimento coercitivo, che per tutta la durata dello stesso, imponendo una costante verifica della perdurante idoneità della misura applicata a fronteggiare le esigenze che concretamente permangano o residuino, secondo il principio della minor compressione possibile della libertà personale.

È quanto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 16036 dell’11 aprile 2014. Il fatto. Il Tribunale di Milano applicava a un uomo la misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione al reato di atti sessuali con minori, disponendo il divieto di comunicazione, anche con strumenti informatici, con soggetti diversi dalla moglie convivente secondo i Giudici, infatti, vi era pericolo di inquinamento delle prove e di reiterazione del reato. Solo ed esclusivamente probabilità. L’uomo propone ricorso in Cassazione, censurando la sentenza per l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione in ordine alle presunte esigenze cautelari, deducendo l’esistenza delle stesse sulla base di ipotesi probabilistiche e futuristiche, in palese violazione dei principi di attualità e concretezza ai previsti dall’art. 274 c.p.p. Principi di proporzionalità ed adeguatezza. La censura non merita accoglimento il principio della proporzionalità, al pari di quello di adeguatezza, opera come parametro di commisurazione delle misure cautelari alle specifiche esigenze ravvisabili nel caso concreto, tanto al momento della scelta e dell’adozione del provvedimento coercitivo, che per tutta la durata dello stesso, imponendo una costante verifica della perdurante idoneità della misura applicata a fronteggiare le esigenze che concretamente permangano o residuino, secondo il principio della minor compressione possibile della libertà personale. A conferma di quanto detto, non a caso, l’art. 292 c.p.p. stabilisce che, nell’ordinanza de libertate , il giudice deve esporre le specifiche esigenze cautelari e gli indizi che giustificano in concreto la misura disposta. Principio di concretezza. In tema di misure cautelari personali, per quanto concerne, poi, il requisito della concretezza, ai fini della valutazione del pericolo di reiterazione del reato, esso si identifica con la presenza di elementi concreti sulla base dei quali è possibile affermare che l’imputato possa commettere delitti della stessa specie di quello per cui si procede, e cioè che offendano lo stesso bene giuridico. Si richiede, dunque, un rigoroso giudizio prognostico sulla pericolosità dell’indagato. Elementi incontrovertibili. Nel caso di specie, non può sindacarsi sulla ravvisabilità delle esigenze cautelari i Giudici di merito hanno esattamente individuato il pericolo di inquinamento delle prove, sottolineando la personalità dell’indagato, e di reiterazione del reato, individuando una spiccata propensione verso il soddisfacimento di pulsioni sessuali verso giovani adolescenti e verso la pedopornografia online . Nessuna violazione del diritto di difesa. Infondata anche la doglianza relativa alla asserita impossibilità di comunicare col proprio difensore, in violazione del diritto di difesa. Se è vero, infatti, che il provvedimento impugnato vietava la comunicazione con soggetti diversi dalla moglie convivente , vero è anche che all’imputato è in ogni caso consentito di comunicare con le persone che con lui coabitano o lo assistono e, in tale categoria, rientra anche il difensore che fornisce, appunto, assistenza legale. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 12 marzo – 11 aprile 2014, n. 16036 Presidente Teresi – Relatore Orilia Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 22.11.2013 il Tribunale di Milano, accogliendo l'appello del Pubblico Ministero contro l'ordinanza del GIP, ha applicato a F.C. la misura cautelare degli arresti domiciliari in relazione al reato di atti sessuali con minori, disponendo il divieto di comunicazione, anche con strumenti informatici, con soggetti diversi alla moglie convivente. Per quanto ancora interessa, il Tribunale ha ritenuto ravvisato il pericolo di inquinamento delle prove e di reiterazione del reato nella personalità dell'indagato e nelle modalità della condotta, sottolineando il modo di relazionarsi con le vittime attraverso i sensi di colpa e la possibilità di contattare i minori anche attraverso il computer, da lui utilizzato con frequenza. 2. L'indagato ricorre per la cassazione del provvedimento con due motivi. Considerato in diritto 1. Col primo motivo denunzia, ai sensi dell'art. 606 lett. b , c ed e , la violazione dell'art. 274 cpp, nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alle presunte esigenze cautelari. Osserva in particolare che il provvedimento, assimilabile più ad una condanna preliminare in palese violazione del principio di non colpevolezza sancito dall'art. 27 della Costituzione, deduce la sussistenza di tali esigenze sulla base di ipotesi probabilistiche e futuristiche, senza alcun ancoraggio alla concretezza e attualità richieste dall'art. 274 cpp. Rileva che nessuno dei soggetti escussi ha mai riferito di contatti o interventi dissuasivi da parte dell'indagato, sicché è pura attività ermeneutica l'attribuzione all'indagato di una attività di manipolazione e alla moglie un ruolo inquinante , seppur inconsapevole. Nega quindi l'esistenza di esigenze attinenti alle indagini in relazione a situazioni di concreto ed attuale pericolo per l'acquisizione e genuinità delle prove fondate su circostanze di fatto mancanti espressamente indicate nel provvedimento a pena di nullità. Contesta l'affermazione del Tribunale circa il rischio di adescamento di minori attraverso il computer ed osserva al riguardo che lo strumento non è stato neppure sequestrato e periziato per verificare eventuali accessi a siti pedopornografici e ritiene mera supposizione l'affermazione secondo cui la moglie del F. potrebbe riprendere l'attività di baby sitter. La prima censura è infondata. Il principio di proporzionalità, al pari di quello di adeguatezza, opera come parametro di commisurazione delle misure cautelari alle specifiche esigenze ravvisabili nel caso concreto, tanto al momento della scelta e della adozione del provvedimento coercitivo, che per tutta la durata dello stesso, imponendo una costante verifica della perdurante idoneità della misura applicata a fronteggiare le esigenze che concretamente permangano o residuino, secondo il principio della minor compressione possibile della libertà personale cfr. Sez. U, Sentenza n. 16085 del 31/03/2011 Cc. dep. 22/04/2011 Rv. 249324 . L'art. 292 cod. proc. pen., in attuazione dell'obbligo costituzionale, sancito per tutti i provvedimenti giurisdizionali art. 111 Cost, comma 6 e, specificamente, per qualsiasi atto di restrizione della libertà personale art. 13 Cost., comma 1 , stabilisce proprio, quale contenuto essenziale dell'ordinanza de libertate del giudice, l'esposizione delle specifiche esigenze cautelari e degli indizi che giustificano in concreto la misura disposta, con l'indicazione degli elementi di fatto da cui sono desunti e dei motivi per i quali essi assumono rilevanza . Il primo comma dell'art. 275 cpp impone al giudice di tener conto, nel disporre le misure cautelari, della specifica idoneità di ciascuna in relazione alla natura e al grado delle esigenze cautelari da soddisfare nel caso concreto cfr. cass. Sez. 6, Sentenza n. 18728 del 19/04/2012 Cc. dep. 16/05/2012 Rv. 252645 . In tema di misure cautelari personali, ai fini della valutazione del pericolo che l'imputato commetta delitti della stessa specie, il requisito della concretezza non si identifica con quello dell'attualità, derivante dalla riconosciuta esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati, ma con quello dell'esistenza di elementi concreti sulla base dei quali è possibile affermare che l'imputato possa commettere delitti della stessa specie di quello per cui si procede, e cioè che offendano lo stesso bene giuridico cfr. cass. Sez. 6, Sentenza n. 28618 del 05/04/2013 Cc. dep. 03/07/2013 Rv. 255857 Sez. 4, Sentenza n. 18851 del 10/04/2012 Cc. dep. 16/05/2012 Rv. 253864 . Si richiede dunque un giudizio prognostico rigoroso desunto anche dai criteri stabiliti dall'art. 133 c.p., tra i quali sono ricompresi le modalità e la gravità del fatto, sicché non deve essere considerato il tipo di reato o una sua ipotetica gravità, bensì devono essere valutate situazioni correlate con i fatti del procedimento ed inerenti ad elementi sintomatici della pericolosità dell'indagato cfr. sentenza cit. . Ora, nel caso di specie, l'ordinanza impugnata ha ravvisato le esigenze cautelari nel pericolo di inquinamento delle prove sottolineando la personalità dell'indagato, incline a manipolare .prove facendo leva sui sensi di colpa delle persone offese utilizzando il meccanismo dell' 'antipatia ed ottenendo una sorta di silenziatore sulle sue condotte cfr. pag. 6 ha ravvisato altresì il pericolo di reiterazione del reato sottolineando la durata delle condotte risalente ad oltre trenta anni fa secondo quanto emerso dal racconto della figlia e delle nipoti , il numero delle ragazze coinvolte nel corso degli anni oltre alle due nipoti Miriam e Giulia, parti offese nel presente procedimento, anche altre nipoti oltre che la figlia e le modalità di relazionarsi con le stesse ingenerando addirittura sensi di colpa attraverso l'appellativo antipatica da tali elementi ha desunto una condotta caratterizzata da spiccata propensione alle condotte volte a soddisfare pulsioni sessuali verso giovani nella fase della pubertà/prima adolescenza e, infine, dall'uso continuativo del computer anche per cercare donne nude, come dichiarato dalle due bambine , ha desunto il pericolo di adescamento di minori attraverso i network. A tal fine ha previsto la possibilità di acquisizione diretta del computer e di altri strumenti informatici in sede di esecuzione della misura. Infine ha considerato il pericolo che in caso di ripresa dell'attività di baby sitter da parte della moglie, possano venire affidati alla coppia altri bambini. Trattasi, come si vede, di un ragionamento completo, del tutto lineare, privo di salti logici e, come tale, insindacabile in questa sede anche perché, come è noto, la l'illogicità della motivazione per essere apprezzabile come vizio denunciatale, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi , dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento Cass. Sez. 3, Sentenza n. 35397 del 20/06/2007 Ud. dep. 24/09/2007 Cassazione Sezioni Unite n. 24/1999, 24.11.1999, Spina, RV. 214794 . 2. Col secondo motivo si denunzia ai sensi dell'art. 606 lett. b , c ed e , la violazione dell'art. 27 della Costituzione, nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla mancata previsione della possibilità di comunicare col proprio difensore, in palese violazione del diritto di difesa. Rileva che al riguardo i giudici non hanno dato alcuna giustificazione e osserva che un tale divieto impedisce al difensore finanche di informare l'assistito dell'esito del procedimento o di valutare la possibilità di scegliere un rito alternativo. Anche questo motivo è infondato. Il provvedimento impugnato, pur prevedendo il divieto di comunicazione con soggetti diversi dalla moglie convivente , va coordinato non solo con la norma dell'art. 284 comma 2 secondo comma, secondo cui all'imputato è in ogni caso consentito di comunicare con le persone che con lui coabitano o lo assistono ed in tale categoria certamente rientra il difensore, che fornisce appunto assistenza legale , ma anche con la regola generale posta dall'art. 104 comma 3 cpp in ordine al diritto dell'imputato in stato di custodia cautelare di conferire con il proprio difensore, salvo i casi di specifiche ed eccezionali ragioni di cautela, che nella fattispecie non si rinvengono affatto da ciò discende che il diritto fondamentale di difesa non subisce lesioni e dunque il pregiudizio lamentato non si spiega. P.Q.M. rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.