Poliziotto falsifica documenti per extracomunitari, disposta la custodia domestica

Nel caso in cui sussista il rischio concreto che l’indagato possa commettere ulteriori condotte illecite in ragione del radicamento ambientale e territoriale derivante dal servizio o lavoro svolto, è giustificata l’applicazione di una misura cautelare che possa arginare ulteriori episodi criminosi.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 16176 dell’11 aprile 2014. Documenti falsi. Il gip presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere applicava con ordinanza la misura cautelare degli arresti domiciliari per una serie di reati di corruzione propria antecedente e di connessi reati di falsità ideologica in atti pubblici e di soppressione di atti pubblici. Tali reati venivano contestati ad un assistente capo della Polizia di Stato in servizio presso l’ufficio immigrazione della Questura di Caserta e consistiti nell’aver ricevuto denaro, con l’interposizione di coimputati corruttori per istruire pratiche favorevoli al rilascio o al rinnovo di permessi di soggiorno di cittadini extracomunitari, formando una pluralità di documenti falsi. Il giudice della cautela applicava la misura suddetta, sulla base di una serie di indizi di colpevolezza derivanti da articolati servizi di intercettazione telefonica e ambientale, e dalle dichiarazioni accusatorie di più persone. Una condotta spregiudicata. In sostanza il gip riteneva giustapposte le esigenze cautelari connesse al pericolo di recidiva criminosa e non fronteggiabili se non con l’applicata misura inframurale domestica. Il Tribunale del riesame confermava la persistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 274, lett c c.p.p., emergente dalla spregiudicatezza con cui l’indagato aveva eluso per ragioni di lucro i suoi doveri funzionali, compiendo azioni corruttive in un ambito assurto a sistema” corruttivo dotato del carattere della stabilità. Una misura più blanda. Avverso la decisione del riesame ricorreva l’indagato per cassazione, deducendo che le predette esigenze cautelari fossero state enunciate in termini vaghi e indefiniti, ricondotti alla sola qualità professionale dell’indagato. Lamentava inoltre che non fosse stato preso in considerazione il fatto che l’uomo era stato sospeso dal servizio, per cui di fatto impossibilitato nell’eseguire qualsiasi pratica concernente cittadini extracomunitari, e che in realtà non vi fosse alcun elemento certo da cui si poteva desumere l’abitualità o stabilità dei comportamenti criminosi. Chiedeva pertanto l’applicazione di una misura meno invasiva di quella applicata. Condotta grave giustifica la misura adottata. Il ricorso per il Collegio deve essere rigettato, in quanto correttamente il Tribunale ha inquadrato la gravità della condotta del prevenuto e dei reati da lui commessi con abuso di funzioni in un considerevole lasso di tempo e nel quadro di una metodica esecutiva senza’altro allarmante e non frutto di occasionalità o di casuale incapacità di respingere offerte di denaro dagli stranieri. Congruamente i giudici del riesame hanno valutato il concreto e stabile rischio di ulteriori condotte illecite del reo in ragione della sua persistente posizione soggettiva, accreditata dal suo radicamento socio-ambientale e territoriale, derivante proprio dal lungo servizio svolto in seno all’ufficio immigrazione. La Corte aggiunge inoltre che trattasi di posizione di cui si è avvalso per commettere i fatti di corruzione e di falso accertati nel corso delle indagini tuttora in fase evolutiva, ancorché non siano allo stato emersi episodi criminosi ulteriori rispetto a quelli contestatigli con l’ordinanza cautelare generica . È proprio alla luce di tale radicamento e dell’indubbia continuità temporale degli episodi criminosi attribuiti all’uomo che il Tribunale, con lineare giudizio di fatto espresso nel rispetto del canone del minor sacrificio possibile della libertà personale, ha ritenuto applicabile l’attuale custodia domestica, non sostituibile con una meno onerosa.

Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 3 – 11 aprile 2014, n. 16176 Presidente De Roberto – Relatore Paoloni Fatto e diritto 1. Con ordinanza del 23.10.2013 il g.i.p. presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ha applicato a G.F. la misura cautelare degli arresti domiciliari per una serie non meno di cinque episodi di reati di corruzione propria antecedente e di connessi reati di falsità ideologica in atti pubblici e di soppressione di atti pubblici. Reati compiuti dal F., durante il 2012, nella sua qualità di assistente capo della polizia di Stato in servizio presso l'ufficio Immigrazione della Questura di Caserta e consistiti nell'avere ricevuto denaro, con l'interposizione di coimputati corruttori tra cui il legale A.R. per istruire pratiche favorevoli al rilascio o al rinnovo di permessi di soggiorno di cittadini extracomunitari, formando una pluralità di atti falsi anche inducendo in errore ex art. 48 c.p. i funzionari della Questura suoi superiori gerarchici ovvero sopprimendo o occultando atti veri funzionali ai vari patti corruttivi. Il giudice della cautela ha ritenuto il F. raggiunto da gravi indizi di colpevolezza derivanti da articolati servizi di intercettazione telefonica e ambientale, da dichiarazioni accusatorie di più persone, dal materiale documentario acquisito dalla p.g. Indizi cui il g.i.p. ha ritenuto giustapposte esigenze cautelari connesse al pericolo di recidiva criminosa e non fronteggiabili se non con l'applicata misura inframurale domestica. 2. Adito da istanza di riesame del provvedimento restrittivo, il Tribunale distrettuale di Napoli con l'indicata ordinanza dell'11.11.2013 ha respinto il gravame. Sia condividendo il giudizio di gravità della piattaforma indiziaria delineatosi nei confronti del F. alla luce delle vicende emerse in fase investigativa. Sia valutando la persistenza delle esigenze cautelari di cui all'art. 274, lett. c , c.p.p., emergente dalla spregiudicatezza con cui l'indagato ha eluso per ragioni di lucro i suoi doveri funzionali, inscrivendo le sue antigiuridiche condotte in un ambito relazione assurto a sistema corruttivo dotato del carattere della stabilità. Elementi tutti non sminuiti, secondo i giudici del riesame, dalla sospensione dal servizio del F. intervenuta medio tempore, né suscettibili di consentire la sostituzione della misura domiciliare con altra misura meno afflittiva, perché le indagini hanno portato in luce un profondo radicamento dell'indagato nel tessuto socio-ambientale teatro delle vicende criminose, correlato alla deprecabile attitudine dei cittadini extracomunitari presenti nell'area territoriale di riferimento a ricorrere a pratiche corruttive per conseguire permessi di soggiorno o consimili autorizzazioni per rimanere in Italia. 3. Contro l'ordinanza del Tribunale del riesame ha proposto ricorso per cassazione il difensore di G.F. con riguardo alle sole valutazioni espresse in tema di esigenze cautelari, deducendo violazione degli artt. 274 e 275 c.p.p. e contraddittorietà e illogicità manifesta della motivazione. Le esigenze cautelari reputate dal Tribunale sottese all'ipotizzato pericolo di recidiva sono enunciate in termini vaghi e indefiniti, ricondotti alla sola qualità professionale dell'indagato, senza prendere in dovuta considerazione non soltanto la sospensione dal servizio del F. che gli impedisce di occuparsi di qualsiasi pratica concernente cittadini extracomunitari , ma anche un dato rilevante del tutto trascurato dal Tribunale. L'indagato dalla fine del 2012 è stato trasferito dall'ufficio Immigrazione all'ufficio Pronta Reperibilità della Questura di Caserta e la prosecuzione delle indagini non ha fatto emergere altri episodi criminosi oltre quelli già contestatigli. Episodi, per altro, in numero modesto rispetto alla gran quantità di pratiche regolarmente trattate dal F., quando si consideri che per quasi tutto l'anno 2012 lo stesso è stato sottoposto a dissimulati controlli che hanno monitorato l'intera attività. Non comprendendosi da quali circostanze il Tribunale desuma l'ipotizzata abitualità o stabilità dei comportamenti criminosi del prevenuto, solo apparente deve reputarsi la motivazione con cui il Tribunale non ha giudicato tutelabili le ipotizzate esigenze cautelari con una misura meno invasiva di quella della custodia domestica. 4. Il ricorso va rigettato per infondatezza delle censure afferenti alle esigenze cautelari giustificanti il perdurante regime restrittivo domiciliare imposto all'indagato. Correttamente il Tribunale ha inquadrato l'apprezzamento delle esigenze cautelari involgenti la posizione processuale del F. nella indiscutibile gravità e pluralità dei reati commessi con abuso delle funzioni e dei connessi poteri dal prevenuto in un arco temporale certamente non breve e nel quadro di una metodica esecutiva quanto ai rapporti con l'intermediario-corruttore avv. R. o con altri soggetti stranieri interpostisi nel perorare pratiche di immigrazioni compiacenti o di favore senz'altro allarmante e non frutto di occasionalità o di casuale incapacità di respingere sporadiche profferte di denaro provenienti da cittadini stranieri. Gravità che è una delle componenti degli indici di consistenza delle esigenze cautelari e segnatamente del pericolo di commissione di altri reati dello stesso tipo di quelli accertati o di altra possibile natura. In questo quadro prospettico ha ben ragione il Tribunale nel rimarcare la particolare disinvoltura con cui l'indagato, esperto funzionario di polizia, ha commesso una significativa e variegata serie di fatti reato di falsità documentale legati da strumentale vincolo attuativo ai già di per sé gravi episodi di corruzione propria. Sul piano della concretezza e attualità delle ravvisate esigenze di natura socialpreventiva non hanno pregio i rilievi critici esposti in ricorso, che pongono l'accento sulla intervenuta sospensione cautelare dal servizio dell'indagato. Nei reati contro la pubblica amministrazione, infatti, la infausta prognosi comportamentale per gli effetti di cui all'art. 274, lett. c , c.p.p. non è elisa dalla circostanza che l'indagato non eserciti più per effetto, del resto, di una misura amministrativa temporanea e sempre revocabile le funzioni o il servizio nell'ambito dei quali ha realizzato i fatti reato ascrittigli v., ex multis Sez. 4, 10.4.2012 n. 18851, Schettino, rv. 253861 Sez. 6, 10.1.2013 n. 19052, De Pietro, rv. 256223 . Congruamente i giudici del riesame hanno valutato concreto e stabile il rischio di ulteriori condotte illecite del F. in ragione della sua persistente posizione soggettiva accreditata dal suo radicamento socio-ambientale e territoriale derivante proprio dal lungo servizio svolto in seno all'ufficio Immigrazione della Questura di Caserta. Posizione di cui egli si è avvalso per commettere i fatti di corruzione e di falso accertati nel corso di indagini tuttora in fase evolutiva, ancorché non siano allo stato emersi episodi criminosi ulteriori rispetto a quelli contestatigli con l'ordinanza cautelare genetica. E' proprio alla luce di tale radicamento e dell'indubbia continuità temporale degli episodi criminosi attribuiti al F. che il Tribunale, con lineare giudizio di fatto espresso nel rispetto del canone del minor sacrificio possibile della libertà personale art. 275 c.p.p. e – quindi - immune da censure apprezzabili in questa sede, ha valutato quale unico presidio per una efficace tutela delle ravvisate esigenze cautelari l'attuale custodia domestica, non sostituibile con altra misura meno onerosa. Al rigetto dell'impugnazione segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali del grado. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.